Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    24/04/2017    0 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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Capitolo 65 – Piani




Quando Emily Jane e Akh entrano nella camera di Pitch, lo trovano raggomitolato su sé stesso, intento a fare profondi respiri con l’obbiettivo di mantenere una parvenza di lucidità. All’appressarsi dei due, solleva cauto gli occhi e, scorgendo la piccola figura della bambina, li fissa su di lei senza più distoglierli.


«Ecco, te l’ho riportata, visto?» annuncia dolcemente Emily Jane, deponendo il suo leggero fardello fra le braccia tremanti del padre.


«G-grazie» soffia Pitch, accarezzando piano i capelli della bambina.


Sì, Katherine è nuovamente con lui, ora; ma per quanto ancora lo sarà? Pitch non ha scordato lo stato in cui l’ha ritrovata. Da allora non sembra che la situazione sia migliorata: Katherine è ancora priva di sensi, l’oscurità di quelle Ombre continua ad avvelenare il suo cuore.


«Ho… bisogno del tuo aiuto, Akh» mormora Pitch, agitato.


«Pff! Tanto per cambiare, giusto?» borbotta lo spirito della Luce senza riflettere.


Gli occhi di Pitch si allargano, sorpresi e sgomenti, e le sue labbra tremano d’angoscia.


«Io… n-non» balbetta incerto.


Nel mentre Akh, resosi immediatamente conto del pasticcio, si affretta a porvi rimedio.


«Accidenti, mi dispiace. Ho parlato a sproposito, come faccio quasi sempre del resto» cerca di sdrammatizzare. Ma notando, con un certo sconcerto, che l’espressione dell’altro è ancora confusa, aggiunge «Certo che ti aiuto, Pitch. Avanti, dimmi che ti serve» lo sprona, pregando di non aver combinato un guaio serio con una manciata di parole.


«Mh…» tentenna Pitch.


Le sue braccia stringono con maggior decisione Katherine a sé. Non è più così convinto di voler mettere altri a parte delle sue recenti scoperte. Eppure lei ha assoluto bisogno di aiuto, non può lasciarla in quello stato, rischierebbe di perderla, di nuovo e forse questa volta per sempre.


«C’è… una questione della quale vorrei parlarvi» tenta, spaventato dalle possibili conseguenze dell’esprimere a voce alta ciò che turbina nella sua mente da qualche ora.


Emily Jane si siede sul bordo del materasso e posa leggera una mano sul suo avambraccio, in un gesto che vuol essere tranquillizzante; Akh invece va a posarsi, come d’abitudine, sul davanzale della finestra più vicina.


«Siamo qui. Ti ascoltiamo» lo rassicura lei con un piccolo sorriso incoraggiante.


Così Pitch, tremando e interrompendosi un numero spropositato di volte, racconta loro dell’illuminante conversazione avuta con le Ombre, di ciò che ora sa e di ciò che questa scoperta comporterà.


Akh ed Emily Jane, seppur pallidi e sconvolti, rimangono in silenzio per tutto il tempo necessario a Pitch per completare la sua narrazione. Di frequente si lanciano occhiate preoccupate e si soffermano a osservare il modo in cui Pitch stringe Katherine con mani tremanti.


Alla fine il silenzio che permea la camera viene riempito dalla voce pensierosa di Akh.


«E Katherine? Che cosa le hanno fatto? Ho tentato più volte di risvegliarla, ma niente ha funzionato».


Pitch abbassa lo sguardo sulla bambina sopita.


«Avevano intenzione di prendersela e controllarla» mormora con appena un filo di voce.


«Volevano usarla per avere te?» chiede Emily Jane.


Pitch annuisce lentamente. «Anche, sì. In realtà vogliono entrambi» rivela spaventato.


«Entrambi?» domanda Akh, dubbioso. «A che scopo?».


«È ovvio, no?» si intromette lei. «Vogliono riunire l’anima divisa. Non ha poi molta importanza che ora risieda in due custodi diversi».


Akh la fissa sconvolto e poi sposta lo sguardo su Pitch, come a chiedere conferma.


«Sì, è così» ammette Pitch. «Hanno… avvelenato il suo cuore e la sua mente con la loro oscurità, in modo da indebolirla e controllarla. L’anima, anche quella di Katherine, è immortale, ma il suo corpo non lo è affatto. Credo che contino di poterlo sottomettere senza troppa fatica» bisbiglia, raccapricciato e furioso al tempo stesso.


«E noi… che cosa possiamo fare?» domanda Akh, sconvolto.


Pitch solleva su di lui i suoi occhi dorati e serra strettamente la mascella, preparandosi a quello che potrebbe rivelarsi un duro confronto.


«Dobbiamo contrastare l’oscurità che sta cercando di possederla. Creeremo per lei un piccolo nucleo di Luce che tenga lontano dal suo cuore e dalla sua mente le Ombre che la stanno insidiando».


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«Sei pazzo?» prorompe Akh, allucinato. «Gli esseri umani non hanno nuclei di energia. Come pensi possa sopravvivere Katherine, che è solo una bambina, a una cosa simile?».


Pitch lo fissa duramente. I suoi occhi mandano bagliori argentei e il suo corpo freme d’angoscia.


«Pensi che non lo sappia?» sibila arrabbiato. «Credi davvero che non ci abbia riflettuto? Cosa ritieni le accadrà, quando l’oscurità che è penetrata dentro di lei avrà invaso completamente il suo corpo e la sua anima? Non lo sai? Beh, lo dico io, allora: il suo corpo mortale cederà e, nel migliore dei casi, finirà col diventare lei stessa uno spirito, mentre nel peggiore probabilmente svanirà, con la concreta possibilità che sia la sua anima che la mia vengano seriamente danneggiate o direttamente sequestrate dalle Ombre. Ora, dimmi, quale prospettiva ti sembra più accettabile?».


Akh si passa mestamente le dita sugli occhi, desiderando di tornare a essere il solito spirito della Luce: indisciplinato e poco incline alla compagnia, desideroso solo di percorrere il cielo azzurro in lungo e in largo e nient’altro. Invece si trova incastrato in una situazione per la quale non sarà mai abbastanza preparato.


«Non lo so» risponde infine con voce incrinata. «Questo è… Non è questo il motivo per il quale sono stato creato» protesta flebilmente.


Lo sguardo di Pitch si attarda su di lui più a lungo del solito, poi scuote la testa.


«Beh, sei fortunato. Io nemmeno lo conosco il motivo per il quale sono stato creato. Anche se sospetto non esista affatto, quel motivo. La qual cosa sarebbe piuttosto disturbante, ammetto» fa ironicamente notare.


«Credi veramente che potremmo riuscirci?» chiede Akh, tremante.


Pitch si sofferma sugli occhi chiusi di Katherine e sospira.


«Lo spero, Akh. Lo spero davvero. Non vedo altra alternativa, ora come ora. Se voi… se vi venissero in mente idee migliori, sarò più che disposto ad ascoltarle, davvero» mormora Pitch, e nel suo tono, così come nel suo sguardo, c’è disperazione.


Il silenzio che segue le sue parole si protrae a lungo. Nessuno ha davvero voglia di spezzarlo, nessuno vuole davvero essere il primo a esprimere ciò che ognuno dei presenti pensa.


Pitch accarezza fra le dita una mano di Katherine. È di nuovo fredda. Tutto è così sbagliato. Ha commesso un errore? In cosa ha sbagliato, questa volta? Avrebbe dovuto prevedere che Katherine sarebbe stata un bersaglio? In che modo? Forse, quella mattina nell’abetaia, non era stato un caso che le Ombre l’avessero attaccata; forse intendevano, già allora, impossessarsene e usarla contro di lui. Sì, deve essere così; e lui non l’ha compreso in tempo. Così, ora, per colpa della sua cecità, Katherine rischia di morire o perfino peggio. Già, perché quando ci sono di mezzo le Ombre, c’è sempre qualcosa di peggiore; è sufficiente dare un’occhiata alla sua lunga, inutile esistenza segregata nell’oscurità.


«Papà».


La voce incerta di Emily Jane lo riporta al presente in uno stato d’animo perfino più turbato di prima.


«Ho… paura» soffia, serrando strettamente le labbra per evitarsi di crollare di nuovo.


«Lo so. È normale, ce l’abbiamo anche noi» prova a rassicurarlo lei. «Ad Akh tremano le ginocchia» butta lì per sdrammatizzare.


«Ehi!» borbotta contrariato Akh. Poi sbuffa, mugolando «Non sono certo l’unico».


Emily Jane abbozza un ghigno tirato e circonda il collo del padre con le braccia sottili.


«Visto? Non sei solo» mormora sulla sua guancia.


Pitch annuisce titubante. «No» esala con voce roca. «Non lo sono più».



"Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo." (Virginia Woolf)


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"Un cuore che cerca, sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto sa di cosa è stato privato." (Johann Wolfgang von Goethe)






  
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