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Autore: Redferne    24/04/2017    12 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 28

 

 

 

IL MIO NEMICO (SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La cartiera era situata sul fondo della vallata, nei pressi del fiume Okefenokee, a circa cinque miglia da Haunted Creek.

Mancavano ancora un paio di miglia scarse allo stabilimento quando Nick, buttando un’occhiata distratta fuori dai finestrini, si imbatté in uno spettacolo alquanto inconsueto.

Intere squadre di boscaioli erano impegnate nel disboscamento di un’intera foresta, ad entrambi i lati della strada.

Dopo aver abbattuto gli alberi ed averli privati della corteccia cominciavano ad intagliarne il tronco, riducendolo in una serie di grossi segmenti dalla forma circolare, che venivano poi caricati sui rimorchi.

Era piuttosto perplesso.

Ciò a cui stava assistendo cozzava alquanto con l’idea di cartiera che si era fatto.

Dopo un breve giretto in rete (ebbene si, contrariamente a quanto temeva il wi – fi aveva finalmente messo radici anche da quelle parti, che il cielo l’abbia in gloria e che sempre sia lodato nei secoli dei secoli, amen) aveva scoperto che in quel genere di fabbriche la materia prima arrivava sotto forma di blocchi di cellulosa ricavati da carta macerata, nel pieno rispetto delle più recenti norme per la salvaguardia dell’ambiente.

Ma l’immagine di prima gli ricordava molto di più una segheria. Qualcosa non quadrava. A meno che…

A meno che Carrington non ritenesse più conveniente per le sue tasche far reperire le materie prime direttamente sul posto: una congettura tutt’altro che infondata. Insomma, perché dover pagare i fornitori col rischio magari di indebitarsi fino al collo, quando si hanno a propria disposizione interi ettari di zona boschiva da poter ridurre ad un DESERTO, pur di ottenere i propri sporchi guadagni? Con l’assoluta certezza di non aver NESSUNO a cui dover rendere conto delle proprie azioni, visto e considerato che ispettori e funzionari vari vengono regolarmente ed adeguatamente ingrassati e foraggiati con moneta sonante?

 

Poveri alberi, pensò Nick. Qualcuno dovrebbe proprio decidersi a fare qualcosa per loro.

 

E no, stavolta non era affatto una penosa battuta con l’unico scopo di giustificare la sua scarsa attitudine al lavoro d’ufficio.

E mentre i suoi pensieri riguardo a ciò che appena visto fornivano nuova linfa alle sue fosche considerazioni, Nick giunse sul ponte in prossimità del fiume.

In realtà, per definire FIUME quello spettacolo a dir poco deprimente occorreva davvero una fervida immaginazione. Altro non era che un misero rigagnolo dalle acque giallastre e maleodoranti, dalle cui rive pendevano alberi spogli, assetti e scheletrici. Dai loro rami secchi e rattrappiti pendevano filamenti di una strana sostanza dello stesso colore dell’acqua.

Un istante dopo un tanfo nauseabondo invase l’abitacolo mettendo a durissima prova le sue narici ultrasensibili, e obbligandolo a chiudere alla svelta i parabrezza laterali nel disperato tentativo di arginare quella puzza asfissiante.

 

Cominciamo bene, caro il mio mister pezzo grosso.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il tuo fetore di carogna si sente già da qui.

E ancora non ho avuto il DISPIACERE di incontrarti, per giunta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La cartiera era un complesso gigantesco, composto da tre enormi capannoni di colore grigio, e da un ampia tettoia rugginosa che, con tutta probabilità, doveva fungere da magazzino di stoccaggio.

L’intero perimetro era recintato da un’inferriata di colore blu scuro i cui cardini fuoriuscivano da una base di cemento. Camion entravano carichi di legna tagliata e sezionata ed uscivano vuoti, a getto pressoché continuo, dall’ampio ed unico ingresso disponibile.

Nick lo osservò con attenzione, mentre si avvicinava. Una lunga sbarra elettrica bianca e rossa delimitava l’accesso ma in quel momento era sollevata, per agevolare il flusso costante di veicoli.

La sorveglianza pareva molto scarsa, per non dire inesistente. Il buon Carrington, evidentemente, non si aspettava di ricevere rogne da parte di nessuno.

Più che comprensibile. Da queste parti, stando a quel che gli avevano raccontato, di solito era lui a crearle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parcheggiò l’auto di fronte all’inferriata, si tolse la stella infilandosela nei pantaloni e cominciò ad armeggiare con il portafogli.

 

Dunque, vediamo: tecnico della caldaia, consorzio acque potabili, azienda elettrica, società autostradale...ma dov’é finito? Ah, ecco. Et voilà: ISPETTORATO DEL LAVORO!!

 

Ne era sicuro che i vecchi tesserini delle sue attività fasulle sarebbero potuti tornare utili, prima o poi. Aveva fatto bene a non gettarli alle ortiche. E a nasconderli alla vista di Judy. Se la sua partner fosse riuscita a scovarglieli, ne avrebbe senz’altro fatto un bel falò.

Arrivato all’ingresso lo attraversò di slancio, accodandosi al primo camion in entrata.

Si guardò attorno, con fare furtivo.

Davvero perfetto. Nessun testimone sul luogo del delitto. Meglio di così non poteva andare.

Si diresse verso il primo capannone ed entrò.

Al suo interno, nel seminterrato, dopo aver percorso una breve rampa di scale, Nick si accorse di aver messo piede nel reparto adibito alla produzione della cellulosa.

I dischi di legno portati dai camion venivano gettati da dei nastri trasportatori in un enorme vasca cilindrica e, una volta all’interno, sminuzzati da delle seghe circolari. L’impasto così ottenuto veniva poi convogliato in una serie di cisterne e sottoposto a vari procedimenti chimici atti ad eliminare impurità ed altre componenti non idonee, fino ad ottenere il polimero necessario alla produzione della carta.

Da quel che poteva constatare Finnick non aveva affatto mentito, riguardo alle condizioni di lavoro disastrose della fabbrica.

O meglio lo aveva fatto, sotto un certo punto di vista. Nel senso che le cose stavano ancora peggio di come gli aveva raccontato.

L’ambiente era scarsamente illuminato e c’era un frastuono a dir poco assordante. Inoltre, i lavoratori erano immersi fin quasi alle ginocchia in acqua mista a polvere di segatura ed altri liquidi di non ben precisata natura.

Vide poi un paio di tizi arrivare da dietro i macchinari e riprendere il proprio posto di lavoro mentre si riaggiustavano la cerniera dei pantaloni. A quanto pare lì dentro non erano previste nemmeno le pause fisiologiche. La questione, quando capitava, doveva essere risolta direttamente sul posto.

“Ehi, tu!”

Nick si voltò in direzione della voce che aveva appena udito. Era un leone. Uno dei capi operai, sicuramente.

“Chi diavolo sei? E che ci fai, qui?”

Nick gli mostrò il cartellino.

“Ehm...salve.” rispose. “Io sarei...”

“”Ah, ho capito.” lo interruppe l’altro. “Sei qui per il mangime, eh? Ma non eravate venuti la scorsa settimana?”

“Io...non saprei, a dire il vero. Sono nuovo di qui, e...”

“Allora apri bene le orecchie, pidocchio. Fai tutto quello che ti dice di fare il signor Carrington ma, soprattutto, accetta tutto quello che ti dirà di accettare. E senza repliche. Altrimenti, saranno dolori grossi. Mi sono spiegato?”

“C...credo di si. In effetti ero proprio venuto qui per parlare con lui. Mi saprebbe dire dove posso trovarlo, per favore?”

“Dove sta sempre. Secondo capannone, primo piano. E spicciati.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick raggiunse il secondo edificio, dove la carta veniva arrotolata in enormi bobine medianti numerosi rulli disposti in sequenza.

Questa volta gettò solo una fugace sbirciata ai macchinari. Aveva già visto abbastanza.

Notò poi un ascensore sulla destra, fermo al piano terreno. Lo prese e salì.

Non appena le porte si spalancarono, lo accolse un ambiente ben diverso. Il pavimento era tappezzato da una bella ed elegante moquette color cremisi, e le pareti erano bianche ed immacolate, con numerosi quadri appesi.

Grazie all’impianto di climatizzazione l’aria era fresca e persino aromatizzata, con un vago profumo di lavanda.

Da delle minuscole casse audio, posizionate negli angoli strategici del salone, proveniva una musichetta soft. Da un primo ascolto c’era da giurare si trattasse della versione lounge di HELTER SKELTER.

 

Tsk, bella roba: fa lavorare i suoi sottoposti in mezzo allo schifo ed intanto, nelle sue lussuose stanze, il caro direttore fa la vita da nababbo, pensò con una sensazione crescente di disgusto.

 

A circa tre quarti del corridoio c’era il bancone della reception, di color marroncino chiaro. Dietro di esso, una pecorella piuttosto in là con gli anni, intenta a riordinare alcuni fascicoli. Doveva trattarsi della segretaria.

Al termine della stanza, una una porta a doppio battente in formica, di colore blu scuro. L’ufficio del principale, con tutta probabilità.

La presunta segretaria, sentendo rumore di passi, alzò lo sguardo e lo vide.

“B-buongiorno...desidera?” Chiese titubante. Non erano previste visite quel giorno, a quanto pare.

“Carrington.” rispose Nick, semplicemente.

“M-mi scusi, signore,m-ma...ha un appuntamento, per caso?” Ribadì lei.

“Certamente. Mi sono vestito apposta, non vede?” Disse la volpe, indicando la sua camicia hawaiiana di colore verde. Poi puntò deciso le due porte in fondo.

“Ehm...signore...mi scusi, signore...dove crede di poter andare? Si fermi, per favore!!” Urlò la pecorella mentre fuoriusciva dal bancone e lo rincorreva nel vano tentativo di bloccarlo.

Nick la ignorò bellamente e le spalancò entrambe, trovandosi finalmente di fronte, in un completo con cravattino entrambi neri e camicia bianca da farlo somigliare sputato ad un impresario delle pompe funebri, il famoso o meglio famigerato Quincey Carrington. Il simpaticone che, con le sue frizzanti trovate, movimentava l’altrimenti grigia e monotona vita di Haunted Creek e dei suoi abitanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non credeva ai propri occhi.

Va bene tutto, ma questo era veramente il colmo.

Avevano proprio un bel dire quelli di Zootropolis, quando sostenevano che ognuno può essere ciò che vuole.

 

Guarda, guarda. MAIALE di razza, di specie e di fatto, a quanto vedo.

 

“Wow.” esclamò, esterrefatto. “Il trionfo dello stereotipo.”

“Come ha detto?” Replicò indispettito il suino, da dietro la sua scrivania bianca a semicerchio.

“Niente, lasci perdere.”

Sopraggiunse la segretaria, in preda al fiatone.

“Puff...pant...mi...mi scusi, signor Quincey, ma non ne ha voluto sapere di fermarsi...”

“E’ tutto a posto, Emma.” la rassicurò Carrington, con un ampio sorriso. “Anzi, perché non va a prepararci due belle tazze di buon caffè, mentre io ed il giovanotto qui presente facciamo due chiacchiere per conoscerci meglio?”

“Si...si, signore. Come desidera...” rispose lei. E richiuse le porte, scomparendo dietro di esse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Allora,” esordì Quincey, senza nemmeno alzarsi dalla poltrona. “siccome non mi risulta che ci siano altre volpi nei paraggi lei dev’essere senz’altro Nicholas Wilde, il nuovo aiutante dello sceriffo. Dico bene?”

“E’ piuttosto informato, a quanto vedo.”

“Ho i miei mezzi. Del resto, se non é ancora ripartito come aveva intenzione di fare stamattina, ne deduco che ha accettato l’offerta, non é forse così?”

“Più o meno.”

“Si spieghi meglio.”

Nick estrasse il distintivo e se lo appuntò al petto.

“Il buon vecchio Ricketts rimarrà fuori gioco per un bel pezzo. Quindi, da oggi, il qui presente é il nuovo sceriffo di Haunted Creek. E CON PIENI POTERI.”

“Beh...la notizia mi coglie un po' di sorpresa, ma...le faccio le mie più sincere congratulazioni. E’ un bell’avanzamento di carriera, anche se tutto in una volta sola. Senza contare il mio operaio che ha aggredito la sera stessa in cui ha messo piede da queste parti. Direi che si é già dato parecchio da fare, per essere qui soltanto da due giorni. Anche troppo, per i miei gusti.”

“Forse dovrebbe ricordare a quel balordo e a tutti gli altri della sua risma di tenere le mani e la lingua a posto, quando vanno in giro.”

Quincey emise un sonoro grugnito, poi riprese a parlare.

“Sgrunt! Lasci che le dica una cosa, giovanotto: nessuno, e sottolineo NESSUNO, si deve anche solo azzardare a venirmi a dire quel che devo o non devo fare, mi sono spiegato?”

“E comunque...per quale motivo é venuto fin qui?” Aggiunse poi.

“Diciamo che ho sentito raccontare un gran bene sul suo conto, e morivo dalla voglia di incontrarla di persona. Inoltre, avrei da dirle un paio di cosucce riguardanti i più recenti fatti avvenuti in paese.”

Carrington emise una sonora risata, seguita a ruota da un altro grugnito.

“Ah, ah, ah! Sgrunt! Vede, é proprio questo il grosso guaio, con voi giovinastri...siete arroganti, zotici e villani. E vi mettete a fare i dottorini non appena vi cadono i denti da latte. Vi credete i padroni del mondo, e non sapete nemmeno come funziona. Siete solo una massa di energia indistinta che non ha la minima idea su quale direzione prendere. E’ per questo, che noi non possiamo lasciarvi fare ciò che volete. Combinereste solo disastri. Non avete esperienza. Tocca a noi tenervi sotto controllo, e concedervi quel minimo di briglia quando occorre.”

Nick ridacchiò.

“E’ proprio vero che ogni cosa cambia a seconda di come la si guarda.” commentò, con tono aspro. “Il problema con voi vecchiardi, invece, é l’esatto opposto...esperienza. Tsk. Vi nascondete dietro quel vocabolo e pensate che basti pronunciare quella parolina magica per risolvere tutto ed appianare qualunque discussione. Conoscete un solo modo di vivere, il VOSTRO, e vi mettete in testa che sia l’unico e giusto possibile. Cerchiamo di farvi capire che le cose non stanno così, e ci ridete in faccia. E quando perdiamo la pazienza e vi togliamo di mezzo con una pedata nel sedere, ci accusate di essere prepotenti e presuntuosi. Ridicolo, semplicemente ridicolo...”

“Un’altra cosa, Wilde...i tipi dalla battuta pronta li apprezzo. Gli SPIRITOSI, no. A parte quando gli faccio capire a modo mio che non mi divertono per nulla.” gli intimò Quincey.

“Solitamente sono sempre molto impegnato, e non ricevo mai senza appuntamento.” continuò. “Ma per lei farò un’eccezione, stavolta. Così ne approfitterò per darle un paio di consigli riguardo al suo nuovo impiego. Ma, soprattutto, le spiegherò cosa significa essere lo sceriffo di Haunted Creek.”

“Mi dica. Sono tutt’orecchi.”

“La mia famiglia era poverissima, e ha iniziato praticamente da zero. E, nel giro di pochi anni, ha tirato su un autentico impero. Io continuo e perpetuo la sua tradizione. La mia azienda dà lavoro alla gente di tutta la valle e di quelle vicine. I miei ragazzi escono fuori di qui con un sacco di bei soldoni da spendere e fanno girare l’economia del posto, riempiendo le tasche degli esercenti e dei commercianti. Sono un autentico benefattore per questi luoghi e, in quanto tale, pretendo di meritarmi il dovuto rispetto e l’adeguata dose di riconoscenza. Anche da parte della legge.”

“Vede,” aggiunse, dopo un altro sonoro grugnito, “fino al momento dello SFORTUNATO INCIDENTE, tra me ed il vecchio Tom andava tutto a gonfie vele. Pertanto, la decisione più saggia e sensata che può prendere, in merito, é di lasciare le cose ESATTAMENTE COME STANNO. I miei operai lavorano sodo, perciò é perfettamente comprensibile che durante la loro libera uscita si lascino un po' andare e che manifestino il loro entusiasmo dandosi alla pazza gioia. Lei mi sembra un giovanotto intelligente, e sono certo che comprenderà perfettamente la situazione. Inoltre ciò che le ho appena raccomandato vale anche per TUTTO IL RESTO, ovvero la mia libera interpretazione delle leggi riguardanti sia la tutela ambientale che la sicurezza sul lavoro. Se farà come le ho detto, vedrà che io e lei andremo d’amore e d’accordo. Anzi, ben presto scoprirà con sua enorme soddisfazione che so essere molto generoso con chi non mi pesta i piedi. Sono stato abbastanza chiaro?”

“Come il sole.” rispose Nick, con espressione seria ed impassibile.

“Bene. Molto, molto bene. E ora, prima di andarsene, mi faccia pure quelle due domande che doveva farmi. Ma in fretta. Come le ho già detto, ho molto da fare.”

“Non si preoccupi.” lo rassicurò la volpe mentre avanzava verso di lui, scrocchiandosi le nocche. “Basteranno cinque minuti. Forse anche meno, adesso che la guardo bene.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

Innanzitutto vi chiedo scusa per l’assenza. Complici le ferie pasquali, sono andato via per una breve vacanzina con la mia famiglia. Niente giga sullo smartphone, niente pc, niente wi – fi. Solo una spiaggia deserta con venti persone al massimo, noi tre compresi. Caraibi? No, un’amena località tra Bibione e Caorle. Fantastico…(ok, non odiatemi! Ogni tanto bisogna pur staccare!)

Inoltre vorrei scusarmi perché, almeno all’inizio, questo capitolo doveva essere diviso in due parti. Ma poi, come spesso accade, ho visto che c’é ancora parecchia “carne al fuoco” e quindi il boccone più saporito me lo sono tenuto per l’ultima parte, che pubblicherò a breve.

Non che in questa non accada nulla: abbiamo fatto finalmente la sgradevole conoscenza di mister Quincey Carrington, quello che sembra essere il principale antagonista di Nick, almeno in questa fase della storia. E’ il primo “villain” (vale a dire capo assoluto dei cattivi e, in generale, il nemico per eccellenza del protagonista) che creo in vita mia. Che ne dite, vi sembra abbastanza carogna? E ancora non avete visto niente!

Avremo modo di riparlarne, ma credo che per creare un vero cattivo l’introspezione psicologica serva fino ad un certo punto. E’ vero, molti lo diventano perché hanno avuto una brutta esperienza che li ha allontanati dalla retta via (e Nick ne é un chiaro esempio). Un altro esempio lampante, parlando di cartoni animati, é Hokuto no Ken: lì, nessuno é veramente cattivo. Lo sono diventati in seguito alle avversità della vita e spesso, in punto di morte, capiscono di aver sbagliato e si pentono del male fatto. Molto nobile, senza dubbio.

Io cerco un’altra strada. Il cattivo vero, per essere convincente, non ha bisogno di motivazioni. Compie atti malvagi spinto dal bisogno di vincere e dominare su tutti gli altri. Deve generare paura e repulsione da parte di chi lo legge. Così, quando va incontro alla giusta punizione, non si prova pietà per lui, ma solo disprezzo.

Comunque credo che con Nick, Carrington abbia trovato chi gli tiene testa, finalmente: già dal finale, e vedendo come ha agito la nostra volpe preferita nell’ultimo periodo, si intuisce che saranno schiaffazzi che volano, nel prossimo episodio.

Ancora una cosa: mentre riguardavo le bozze di questo capitolo, mi sono imbattuto in una vecchia versione della prima parte di CICATRICI (la storia in due parti che avevo pubblicato lo scorso Natale) e ho scoperto di aver saltato un dialogo tra Nick e Judy verso la fine! AARRRGGGHHH!! Dio, come odio queste cose!!

In realtà non é niente di che, la storia va benissimo così com’é. Non aggiunge nulla. Ma era un bello scambio di battute, lo avevo scritto con l’intenzione di metterlo nella versione finale e poi…era andato perduto. Fino ad oggi. Non so se lo aggiungerò. Vedremo.

Ringrazio, come sempre, Plando (anche per i pareri sui vecchi episodi!), salamander92, DeniseCecilia (bentornata!), LittleCarrot, hera85, MizukiZukishima28, Nilson_D_Rayleigh_2001, Freez shad, nami92, zamy88 e Lord_Fener per le ultime recensioni (ben undici per un capitolo. Ho battuto il record!!).

E un altro grazie a chi segue la mia storia e l’ha messa tra le preferite. E, naturalmente, a chi la leggerà e vorrà dirmi cosa ne pensa.

Grazie ancora a tutti e alla prossima!

 

 

See ya!

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

   
 
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