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Autore: Sophja99    24/04/2017    3 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo ventinove

Chiarimenti


La stanza era piombata nel silenzio più totale sin da quando Vidar se n'era andato senza dire nulla su cosa gli passasse per la testa o dove si stesse dirigendo. Silye si sedette con un tonfo sulla sedia, toccandosi la fronte con una mano; era fremente di rabbia e ciò era evidente da quanto le mani le stessero tremando. Vidar non aveva alcuna giustificazione: ciò che le aveva detto e fatto era stato un atto ignobile, ma allo stesso tempo la ragazza non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine dello sguardo sbigottito e allarmato che il dio aveva lanciato alla mano con cui le aveva stretto il polso.

La ladra se lo andò a guardare e vide che si era formato il leggero segno scuro della contusione nei punti in cui Vidar l'aveva afferrata. Si chiese il motivo di una reazione così violenta e del conseguente e fulmineo cambiamento, come se si fosse tutto a un tratto pentito della sua azione.

Si tolse la maglia ormai logora, sia perché era tutta sporca di terra e sangue, sia perché in più punti era strappata, rimanendo con una leggera maglietta senza maniche. Prese la boccetta contenente il rimedio donatole da Baldr e tolse il tappo, lasciando scivolare un po' della sostanza sul palmo della mano. Era un materiale dal colore verdastro, vischioso e umido. Lo spalmò sulla ferita al braccio e subito da essa partirono delle fitte di piacere, capaci di farle immediatamente dimenticare il dolore provato fino a quel momento. Cosparse della sostanza anche i punti che attorniavano la lacerazione e su cui si stava lentamente diffondendo l'infiammazione. Prese poi delle bende bianche e le arrotolò intorno all'arto, per poi legarle.

Restò alcuni secondi ad ammirare il suo lavoro, prima di spogliarsi completamente, stando sempre attenta a non sforzare troppo il braccio, per indossare uno dei pochi abiti che possedeva, blu scuro.

Rimase per qualche ora dentro la casa a giocare e coccolare Úlfur, fin quando non iniziò a sentire un languorio allo stomaco e si accorse che non vi erano più scorte di cibo. Andò quindi a caccia insieme al cane; sebbene girò una lunga fetta del bosco alla ricerca degli uccelli e gli animali più semplici da catturare, non vide l'ombra di Vidar, segno che non aveva nessuna intenzione di farsi trovare da lei. Tanto meglio pensò la ladra, poco prima di avvistare una ghiandaia e trafiggerla proprio nel momento in cui l'uccello stava per alzarsi in volo. Appena in tempo.

Quando rientrò nella capanna, con il corpo della ghiandaia riposto con cura nella sacca, rimase immobile all'ingresso, senza riuscire a fare un solo passo all'interno. Vidar stava seduto a terra con lo sguardo rivolto alle deboli fiamme rimaste del fuoco che avevano acceso appena tornati. Eppure, non sembrava realmente guardarlo: il suo volto era vuoto, privo di qualsiasi espressione o emozione. Il dio era fisicamente presente, ma la sua mente sembrava essere altrove. Nemmeno si volse a guardarla quando sentì la porta aprirsi, né diede segno di essersi accorto della sua presenza.

Rassicurata dal suo atteggiamento scostante, Silye si convinse a mettere piede nella stanza, sperando con tutta se stessa che il dio non decidesse di aprire bocca o dirle qualcos'altro di sprezzante come quella mattina, perché in quel caso non sarebbe riuscita a controllare le sue azioni, il che sarebbe senza ombra di dubbio andato a svantaggio del dio, poiché lo schiaffo di qualche ora prima era stato solo un assaggio di ciò che sarebbe stata davvero capace di fare in uno scatto di ira.

«Mi dispiace» disse Vidar, con una voce esente da ogni ombra di derisione e rabbia, facendo cadere tutte le intenzioni di Silye.

La ragazza non rispose, guardandolo con aria stupita. Lui però ancora non le aveva rivolto nemmeno un'occhiata, nulla oltre a quelle due misere parole, che, tuttavia, per qualche motivo erano suonate a Silye più sincere di qualsiasi discorso lui le avesse rivolto fino ad allora. Perciò rimase ferma ad attendere, per vedere quali fossero le intenzioni di Vidar.

«So perfettamente quanto tu sia infuriata con me e non nego che tu abbia tutto il diritto ad esserlo» iniziò, per poi bloccarsi come a cercare le parole giuste da dirle. Si passò una mano tra i ricci biondi, scostandoseli dalla fronte, prima di continuare. «Mi dispiace per le parole che ti ho rivolto, ma certe volte non riesco a reprimere la parte peggiore di me, quella che mi ha spinto a dire quelle cose. Ero solo nervoso per il punto morto in cui ci troviamo nella missione.»

Silye continuò a tacere, anche dopo che Vidar smise di parlare; forse per lui quel piccolo discorsetto di scuse poteva anche bastare, ma a lei no. Solo quella mattina Vidar l'aveva offesa e umiliata, con le sue frecciatine, le sue insinuazioni e i suoi commenti tutt'altro che piacevoli. Per non parlare del modo in cui le aveva afferrato il polso, lasciandole quei piccoli lividi. Una ferita da nulla, del tutto sopportabile, se non fosse stato per il fatto che colui che le aveva provocate era stato Vidar, il dio con cui aveva condiviso la sua casa durante tutta l'ultima settimana e aveva passato esperienze terribili ed esaltanti allo stesso tempo e verso cui aveva iniziato a nutrire una sorta di fiducia. Aveva bisogno di qualcosa di più convincente perché riuscisse almeno a continuare a stare con lui ogni giorno finché non avessero trovato la viverna. Tutto ciò che Vidar le stava offrendo in quel momento erano parole senza alcun valore.

Forse rendendosi conto della tacita richiesta di Silye, il dio riprese a parlare. «Non avrei dovuto trattarti in quel modo. Ti trovavi in una situazione difficile e delicata ed io non ti sono stato per niente di aiuto. È solo che questa missione non è per me un passatempo: ho bisogno di trovare Nidhöggr ed evitare le sofferenze che il suo arrivo potrebbe portare al mondo.»

«Perché?» domandò Silye. «Perché tutto questo interesse nella salvaguardia di Midgardr? Qual è il tuo secondo fine?»

«La risposta alle tue domande non c'entra nulla con il motivo per cui sto cercando di scusarmi.»

«Invece c'entra. Devo conoscere la persona che mi sta accanto per poter ricominciare a fidarmi di te.»

«Conoscere il mio passato non ti aiuterà a sopportarmi di più.»

«Mi aiuterà a comprenderti meglio.»

«Cosa c'è da comprendere di me?» la sua testa fece un movimento appena percettibile, ma sufficiente a far intendere a Silye che si era girato verso di lei, sebbene la ladra si trovasse dietro di lui.

«Fai sempre il misterioso e, come arriviamo a parlare del passato, ti chiudi dietro a delle barriere invisibili.»

«Non mi sembra di essere l'unico a farlo» esclamò lui, piccato. «Allora perché non parliamo di tuo padre?»

Silye sussultò al solo sentire quell'ultima parola.

«Io non ti ho mai fatto domande su di lui.»

Su questo la ragazza non poteva dargli torto. Lei era stata l'unica a fargli domande con tanta insistenza sul suo passato, in parte mossa dalla necessità, in parte dalla curiosità. Ma, in fondo, Hel non li aveva attaccati per dei trascorsi con Vidar di cui lui non l'aveva mai messa a parte e a cui non aveva mai neanche accennato? Forse, se fosse partita già avvertita di quel turbolento rapporto prima del viaggio nel'Helheimr, avrebbero trovato un modo per evitare le turbinose vicende là vissute e magari anche l'aiuto di Baldr.

«Le cose che mi hai detto...» disse Silye, per spostare la discussione su un altro argomento. «Lo hai fatto per la discussione avuta con Baldr?»

Vidar si alzò per prendere altra legna da aggiungere per ravvivare il fuoco ormai morente. «Sai, quella sarebbe dovuta essere una conversazione privata» fece notare.

«Non quando l'argomento principale sono io.»

Lui sospirò e, dopo aver posizionato bene la legna, si voltò a guardarla per la prima volta dagli eventi di quella mattina. «Quanto esattamente hai sentito di quello che ci siamo detti io e mio fratello?»

«La parte incentrata su di me, quando Baldr ti ha detto che non puoi fidarti di una ladra e che sarebbe indecoroso e sbagliato legarsi a me. Solo svago e divertimento, eh?» affermò, senza nemmeno cercare di celare la nota di disappunto e risentimento che traspariva dalle sue parole. Omise, però, la parte in cui il dio aveva pronunciato il nome che aveva provocato una reazione tanto rapida e violenta da parte di Vidar, - Váli. Avevano già chiarito il fatto che di lì in poi nessuno dei due si sarebbe dovuto impicciare negli affari personali e nel passato dell'altro.

«Non fargliene una colpa: persone come te non sono ben viste ad Asgard, tanto meno se un dio decide di legarsi sentimentalmente con una di esse.»

«Per il fatto che sono una ladra?»

«Non solo; semplicemente perché per gli altri dei non sei abbastanza. Non sei come loro.»

«E tu? La pensi come i tuoi amici di Asgard?»

«All'inizio sì, ma adesso... Prima non ero mai venuto nel mondo degli umani. Li consideravo semplicemente come degli esseri inferiori e deboli, ma, venendo qui e vedendoli più da vicino, mi sono reso conto che non sono affatto così. Anzi, in quanto a indoli e sentimenti, sono più simili a noi dei di qualsiasi altra specie vivente.»

«Ed ora come ci stimi?» domandò Silye, senza essersi nemmeno accorta di aver usato il pronome ci; lei, nonostante la scoperta sulla sua vera natura, si considerava ancora un'umana in tutto e per tutto, aldilà dei suoi poteri e delle visioni.

«Molti di voi sanno spesso essere spietati, arroganti ed egoisti, come è naturale che sia, poiché non esiste nessuno che abbia solo qualità positive. Ma mi sono accorto che non siete dei deboli» sollevò lo sguardo che fino ad allora aveva tenuto abbassato verso il pavimento, guardandola dritto negli occhi. «Anzi, quando siete in difficoltà o venite messi alle strette o è in pericolo la vostra stessa vita o quella delle persone a cui tenete di più, dimostrate una grandissima forza d'animo e coraggio, degni del più valido dio.»

Silye sostenne il suo sguardo. Nonostante si trovassero ai lati opposti della stanza, sentiva che sarebbe stato in grado di trapassarla con la sola forza di quegli occhi così intensi e belli. «Non sono la ladra egoista che Baldr crede che sia» affermò. «Posso anche sembrare interessata solo al denaro, ma non è così, non quando c'è di mezzo la vita di ogni altro essere umano di questa terra. Spesso ti ho dimostrato il contrario, ma l'ho fatto solo perché ero spaventata da quello che mi sta accadendo e da ciò di cui sono venuta a conoscenza. Il mio primo istinto è stato quello di tirarmi indietro e dimenticare cosa tu e le völve attraverso il libro mi avete detto, ma con il tempo mi sono accorta che non basta. Devo affrontare tutto ciò o non riuscirò mai più a vivere in pace con me stessa.»

«Ti credo» disse Vidar, risoluto.

«Eppure ti sei lasciato abbindolare dai discorsi di tuo fratello, pur conoscendomi di certo meglio di lui» esclamò Silye, senza nascondere il tono leggermente irritato.

«Temevo che, proprio perché ho passato tanto tempo con te, questo avesse limitato la mia capacità di giudizio. In quel momento ero convinto che le sue parole potessero avere un fondo di verità. In fondo, lui è più grande di me di diversi anni e credevo che avesse molta più esperienza nel mondo degli umani.»

«Beh, il suo ragionamento è sbagliato. Non si può giudicare a spada tratta una persona senza nemmeno conoscerla» affermò la ladra, sollevando una mano per andarsi a tirare i capelli dietro all'orecchio. «Comunque intendo dimostrarti che non tengo solo ai soldi, ma anche alla salvezza del mio stesso mondo. Ho una nuova pista.»

«Stavolta vera?» domandò Vidar, ma si vedeva che era interessato dal modo intenso in cui la guardava.

«Lo spero. Quando eravamo intrappolati da Hel e lei mi ha graffiata» si portò d'istinto una mano alla guancia, accorgendosi che il sangue fuoriuscito dai graffi ormai si era asciugato; si era quasi dimenticata di quelle ferite, fortunatamente solo superficiali «ho avuto una visione. È così che lei ha capito che sono una völva.»

Si interruppe quando vide Vidar alzarsi in piedi e muoversi fino al tavolo, dove prese uno dei panni che Silye aveva lasciato là quando si era andata a fasciare il braccio. «Cosa fai?»

Vidar non le rispose, ma continuò nei suoi movimenti, intingendo il panno in una scodella piena d'acqua. Quindi fece per avvicinarsi a lei, ma Silye si ritrasse. «Non voglio farti del male» disse, con voce calma e tanto sincera da convincere la ragazza.

Il dio le accostò il panno umido alla guancia e la strofinò, per levare via le macchie lasciate quando il sangue era colato dai graffi. «Continua» la invogliò, senza smettere di pulirle il viso.

Anche se con un po' di imbarazzo per la vicinanza di Vidar, che era da quella mattina che non si accostava così tanto a lei, fece come lui le aveva detto. «Ecco, nella visione c'erano Hel e il Konungr e credo che fossero al palazzo del re. O comunque in un luogo molto sontuoso. Dagli sguardi che si lanciavano sembravano... sì, complici. Alleati.»

«Ne sei sicura?» domandò, indugiando per qualche istante di più con la mano che reggeva la pezza sulla sua pelle. «Non potresti aver solo frainteso le loro espressioni?»

Lei inarcò un sopracciglio, adottando un tono scettico. «Sono certa di ciò che vedo.»

«Allora direi che non abbiamo altre strade. Dobbiamo seguire questa pista, sperando che ci conduca sulla via giusta.»

Silye annuì, ignorando il nodo in gola che le si formò al pensiero di dirigersi proprio dal Konungr. «Quando partiamo?» domandò, sebbene l'idea di abbandonare di nuovo la sua casa e Úlfur le facesse storcere il naso, dandole un senso di tristezza.

«Domani sera. Non sei ancora nelle condizioni di affrontare un viaggio così lungo fino alla capitale di Midgardr. Devi prenderti un giorno per riposare e rimetterti in forze.»

«Non ho bisogno di riposare» ribatté Silye. In quel momento quella era l'ultima cosa che aveva intenzione di fare; aveva bisogno di muoversi e fare qualcosa come distrazione.

«Partiremo lo stesso domani» disse Vidar perentorio, allontanandosi da lei e lasciando la stoffa bagnata e sporca sul tavolo. «Ti consiglio di spalmartici l'unguento elfico» aggiunse, indicandole il viso. Si avviò verso la porta, ma, proprio quando ormai era a un passo da essa, si bloccò. «Ho sempre avuto problemi nel controllare la rabbia. Mi dispiace.» E uscì, facendo rimanere ancora una volta Silye da sola con gli interrogativi che la sua affermazione le aveva fatto sorgere.

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Angolo dell'autrice:

E dopo dei più che dovuti chiarimenti, tuffiamoci a capofitto in questa nuova traccia! Già nei prossimi due capitoli la situazione si smuoverà parecchio e i due dovranno affrontare nuovi problemi (insieme all'imminente entrata in scena di un altro personaggio cardine nella storia).

A presto, carissimi! Un saluto e un enorme ringraziamento per il vostro immenso e stupendo supporto!<3

Sophja99

   
 
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