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Autore: nikita82roma    25/04/2017    2 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Kate non aveva dormito.

Aveva passato tutto il tempo con le mani immerse nei capelli di Rick pensando a tutte le cose che avrebbe voluto dirgli. Sarebbe stato più facile se lui avesse potuto leggere veramente nella sua mente, perché lei non sapeva da dove cominciare.  Benedì il suo sonno pesante, anche in quelle condizioni precarie, su quel divano troppo piccolo per lui. Sarebbe voluta entrare nei suoi sogni per dirgli tutto quello che lì, nella realtà non sapeva se sarebbe mai riuscita a fare, ma si velò subito di tristezza, pensando che forse lui ora era tranquillo perché lontano da lì, da lei ed era un bene che non lo disturbasse.

Pensò che nel troppo breve periodo in cui erano stati insieme, forse lei non gli aveva mai dimostrato abbastanza quanto lo amasse. Si sentiva sicuramente in debito con lui, perché aveva preso più di quanto gli aveva dato. Spero di essere in grado di sdebitarsi, un giorno, di averne la possibilità. Lo guardò dormire e la sua immagine di era sovrapposta a quella del loro bambino che aveva sempre disegnato nella sua mente, un piccolo Castle che dormiva imbronciato. Ecco perché lo aveva allontanato, perché sapeva che tutto quello, con lui era inevitabile. La sensazione delle lacrime che scorrevano sulle sue guance era qualcosa a cui non era più abituata.

Quei sussulti sommessi avevano svegliato Castle che ci mise qualche istante per capire dove fosse: nell’ultimo mese e mezzo aveva raramente dormito per due notti nello stesso posto, ma adesso era diverso, si sentiva indolenzito, ma aveva una piacevole sensazione di una mano che lo stava accarezzando e quel profumo, non aveva dubbi di chi fosse. Aprì gli occhi e si voltò accorgendosi di essere appoggiato sulle sue gambe. Si alzò con un gesto repentino che colse di sorpresa tanto lui quanto lei.

- Scusami non volevo… infastidirti. - Disse Kate.

- No… sono io che non dovevo… Scusami, ero veramente stanco… il fuso orario…. - Si passò una mano sul volto e tra i capelli. 

Si guardarono per un po’ senza dirsi altro, fino a quando lui non le accarezzò il volto per togliere qualche lacrima che ancora scendeva.

- Cosa c’è, Beckett?

Scosse la testa e non rispose, togliendosi lei il resto delle lacrime.

- Non è così che funziona, Kate. Non è così che starai meglio.

- Starò meglio? - Chiese riluttante. Viveva da mesi con la consapevolezza che quel meglio non sarebbe mai arrivato.

- Sì, starai meglio. Ma non devi tenere tutto dentro. 

- Tu stai meglio? - Le sembrava impossibile che si potesse stare meglio.

- Un po’. Ma non vuol dire che ho dimenticato nulla. Capisci cosa voglio dire? Stare meglio non vuol dire dimenticare. - Rick ci tenne a precisarlo. Perché sapeva che lei aveva bisogno di condividere e lui era disposto anche a tornare indietro, a tuffarsi di nuovo nel loro dolore ed attraversarlo tutto per uscirne insieme se lei voleva. Kate lo ascoltava ed annuì mentre si stringeva e strofinava le mani nervosamente.

 

Quelli che nascevano tra loro erano silenzi spontanei, necessari per accettare quello che si stavano dicendo. Erano spesso poche parole, frasi spezzate, ma ognuna aveva il significato ed il peso di un macigno. Kate in quel momento era un bambino che doveva imparare a camminare, ed anche ogni piccolo passo, ogni incertezza, ogni volta che provava ad alzarsi da sola e stare in equilibrio, era una conquista e come tale Rick sapeva che la doveva prendere. Gli sembrava impossibile anche essere arrivati fino a lì. La Kate che aveva visto lui era ben diversa da quella descritta da Lanie. 

Forse era stata veramente una magia quella che era successa, non voleva credere che la sua presenza fosse stata per lei così importante da farla cambiare all’improvviso, perché questo voleva dire che avrebbe cominciato ad incolparsi per tutto il tempo sprecato. Ma i sensi di colpa erano inutili quanto dannosi in quella situazione. Alzava la testa ogni tanto per guardarla, sospirava ed aveva lo sguardo basso. Non aveva nulla di magico tutto quello, decisamente no. Era accaduto in quel momento e non prima perché lei era pronta per risalire, perché era caduta così in baso che poteva solo rimanere lì o cercare di venirne fuori. Si volle convincere di non essere arrivato tardi, di non aver sprecato tempo, ma di essere lì al momento giusto, perché prima sarebbe stato inutile, ed aveva già avuto delle dimostrazioni, e dopo sarebbe stato troppo tardi. Doveva sforzarsi di vedere il buono che c’era nelle cose, era quello che gli aveva detto anche lo psicologo da cui era andato qualche volta, per avere una mano, per parlare con qualcuno professionale con cui sfogarsi e non affliggere troppo Martha e Alexis. Forse avrebbe fatto bene anche a Kate parlare con una persona così, ma era troppo presto per proporglielo. Di certo credeva che fosse meglio che smettesse di vedere chi non aveva fatto altro che imbottirla di farmaci: di certo così era più semplice, ma non risolveva i problemi, semplicemente li accantonava.

 

Rick aveva gli occhi fissi sui flaconi di medicinali sul tavolo quando sentì la sua voce rivolgergli ancora la stessa domanda di poche ore prima.

- Castle… Perché sei qui? 

- Te l’ho detto, per te. - Le ripetè dolcemente cogliendo tante sfumature di nervosismo e paura in quella semplice domanda.

- Non per noi. - Lo disse in un sospiro, a bassa voce, quasi non volesse farsi sentire, quasi non volesse ammettere quella sua speranza che da un lato aprì il cuore di Castle, dall’altro lo strinse in una morsa feroce per quello che stava per dirle.

- No, Kate, per te. - Cercò di essere il più fermo possibile, ma era un’impresa titanica, per chi se avesse seguito il suo cuore avrebbe distrutto quella minima distanza tra loro e l’avrebbe stretta tra le sue braccia e si sarebbe perso nelle sue labbra. Le mancava così tanto tutto di lei.

- Certo… tu… Castle… tu e Gina… - Era giunta alla conclusione sbagliata, a quella che sapeva le faceva male, a quel tarlo che anche sua madre le aveva riferito, quella paura e quell’incertezza che più di una volta aveva mostrato, anche quel maledetto giorno.

- No! No, ma cosa pensi, Beckett che io ho un’altra donna?

- Non so cosa pensare Rick. Torni così, ed è tutto strano. Io non so…

Castle si avvicinò, le prese entrambe le mani e le tenne strette tra le sue.

- Non ci potrà essere un noi se prima tu non ritrovi te stessa. Devi stare bene, Kate. Devi sapere quello che vuoi, devi essere sicura di noi, non perché ne senti il bisogno. Non voglio bruciare le tappe, non ce la farei. Non ne uscirei vivo stavolta. 

- Castle… 

- No, Beckett, aspetta, fammi finire. Io da quando ti ho vista mi sto trattenendo dalla voglia di baciarti, perché ti amo. Non è cambiato nulla nei miei sentimenti, ti amo, esattamente come ti ho detto quel giorno al cimitero, come ti ho detto quel giorno in ospedale ed anche qui prima di andarmene. Ti amo, non è cambiato nulla in questo. Però dobbiamo fare un passo alla volta. Voglio che tu sia certa di noi.

- Pensi che io non ti amo? - Le sue paure erano vere, non gli aveva dimostrato abbastanza.

- Penso che devi essere sicura di amarmi al punto da non allontanarmi se accadrà qualcosa. Che devi amarmi al punto di essere egoista e volermi vicino quando stai male e non allontanarmi per il mio bene. Perché il mio bene è vicino a te.

- Sarai vicino a me, Castle? - Gli chiese tra le lacrime che erano tornate a scendere prepotenti.

- Sempre, Beckett. Sono qui per questo.

Accarezzò le sue mani e presto le loro dita si intrecciarono e Castle strinse forte per farle capire che lui ci sarebbe stato. Beckett guardò le loro mani unite. Si morse il labbro mentre cercava le forze per quello che stava per dire.

- Quando tu dormivi, stavo piangendo perché mentre ti guardavo, avevo davanti agli occhi l’immagine che mi ero fatta di nostro figlio. Un bambino con i capelli arruffati che dormiva imbronciato com te. Quando ti ho detto di andare via, che era finita tra noi, era anche per questo motivo, Castle. Perché sapevo che ogni volta che ti avrei visto, avrei pensato a lui. Perché tu sei quello che mi ricorda continuamente quello che è successo. Speravo che senza di te avrei dimenticato prima, avrei superato tutto più facilmente, che mi serviva solo tempo. Non è servito a nulla, niente. Mi dispiace, Castle… Non volevo farti soffrire.

 

Castle voleva essere coerente con quanto detto, voleva essere forte e voleva seguire quel percorso che si era dettato. C’erano dei momenti però, in cui tutto questo andava messo da parte. Non c’era solo Kate a stare male, sentire certe cose da lei, lo dilaniava. Era quello che lui aveva pensato tante volte, che aveva confidato a sua madre ogni tanto ma che per lo più aveva tenuto per se o aveva affidato alla carta. Aveva scritto tanto di quello che sentiva ed era stato un modo per sfogarsi. Sentirla parlare così, però, è qualcosa che andava oltre quello che si era immaginato di dover sostenere, faceva più male di quanto poteva pensare, era un tuffo indietro nei mesi appena trascorsi aggravato dal veder lei così. Pensava a come avesse fatto a sopravvivere da sola con il suo dolore chiuso dentro e capì che la coerenza non serviva in quel caso e che un abbraccio non avrebbe fatto male a nessuno.

Kate si ritrovò stretta tra le sue braccia con il viso contro il suo petto, non capiva nemmeno se si fosse avvicinato Rick o l’avesse presa e portata lui vicino a sé. Affondava in lui, respirando la sua presenza a pieni polmoni, come se il suo profumo fosse ossigeno e si sentì libera. Libera di stare male, di piangere ancora, libera di aggrapparsi a lui e tenerlo stretto come aveva bisogno da tempo di fare. Era molto più di un abbraccio. Castle la baciò tra i capelli e sembrò quasi volerla cullare tra le sue braccia, non poteva promettergli che lì nessuno le avrebbe fatto più male, che non avrebbe sofferto più, ma solo che lui ci sarebbe stato, sempre, se lei avesse voluto. E glielo disse, perché in fondo sapeva che aveva bisogno anche di questo.

- Non ti lascio più Kate, non ti lascio più.

   
 
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