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Autore: Niacchan    25/04/2017    1 recensioni
La storia di Josie e Alex è iniziata come una semplice storia d’amore che il tempo ha trasformato in una storia di dolore, gioia e rabbia, o forse è stata la vita stessa a trasformarla.
Non racconterò di com’era la loro vita prima che s’incontrassero, ma parlerò della loro storia. Della storia che hanno scritto insieme, della vita che hanno creato e di come hanno trasformato, capitolo dopo capitolo, la loro vita e la vita di coloro che gli stavano intorno.
Questo è il libro della storia della loro vita. Una semplice storia d'amore.
Da un capitolo qualsiasi della loro vita:
e Alex gli disse: “Era la ragazza più bella che avessi mai visto, aveva un sorriso che, dio, avrei imparato ad amare, ma i suoi occhi erano sempre così tristi…
[…]
Abbassando gli occhi e con il sorriso spento Josie sussurrò: “Il primo pensiero che ebbi su di lui fu che fosse davvero uno stronzo egocentrico, e avevo ragione.”
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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"Una parte di me diceva “ti prego, non andartene”
e l'altra parte non voleva vederti mai più."

-Tredici
 
Josie posò i piedi nudi sul pavimento gelido, aprì e chiuse gli occhi più volte per abituarsi al buio, respirò profondamente e si accarezzò con delicatezza il ventre. Quella sera la bambina dentro di lei non voleva proprio saperne di stare ferma, sospirò e piano si alzò dal letto, cercando di non svegliare il ragazzo che dormiva profondamente al suo fianco. Scese lentamente le scale e si recò in cucina, in un bicchiere d’acqua sciolse tre quattro gocce di valeriana e melissa, e si sedette sullo sgabello della cucina con parecchia difficoltà. C’era qualcosa che non andava in lei, certi giorni era così dura che le sembrava di non farcela, si sentiva così stanca e così giù di morale negli ultimi tempi. Scosse la testa energicamente e fece un respiro profondo, intenzionata a cacciare via quei pensieri, rimase a fissare il bicchiere d’acqua ancora pieno e si disse che una volta riiniziati i veri farmaci sarebbe stata meglio, almeno sperava. Doveva stare meglio per forza. Doveva stare meglio per la bambina. Accarezzo con dolcezza la pancia ormai evidente e così grande per lei, anche se il medico continuava a ripeterle che per gli standard di una donna al settimo mese era anche fin troppo piccola.
Si riscosse dai sui pensieri sentendo il calore di una carezza dietro la schiena e il lieve tocco di un bacio fugace posato tra i capelli, sospirò.
“Tutto bene?” le chiese con la voce ancora impastata dal sonno, Alex, mentre si allontanava da lei per prendere un bicchiere d’acqua. “Non ti ho sentito più nel letto e mi sono preoccupato” e bevve un sorso d’acqua senza guardarla nemmeno. Era così freddo e distante, lui, negli ultimi tempi e lei era così spaventata da tutto.
“Scusa, non riuscivo a dormire e sono venuta a prendere i tranquillanti che mi ha dato il medico. Va tutto bene, torna pure a dormire, sarai stanco. Adesso arrivo.” Gli disse bevendo tutto d’un sorso il bicchiere di fronte a lei.
Quando Josie non lo poteva vedere, Alex la guardava di nascosto, notava come i suoi occhi erano tornati ad essere bui e cupi e non riusciva a vederla di nuovo stare in quel modo, non riusciva a vederla stare di nuovo sull’orlo di crollare definitivamente.
“Sicura?” annuì vigorosamente scendendo con difficoltà dallo sgabello, cercando di non darlo a vedere e posò il bicchiere nel lavandino. “Torna a dormire, tranquillo”. Avrebbe voluto urlare che niente andava bene da quando lui passava più tempo in ufficio che con lei, proprio quando ne aveva più bisogno, ma non lo disse e lui non disse nient’altro.
Si appoggiò al mobile della cucina mentre le passava davanti e probabilmente tornava a letto, avrebbe voluto che rimanesse ma era così stanca di dovergli chiedere sempre tutto. Strinse con forza il mobile fino a farsi diventare le nocche bianche, una fitta l’aveva presa alla sprovvista; nella sua testa sentiva una voce, molto simile a quella del suo medico che le diceva che era normale e di non farci caso, ma un’altra voce nella sua testa le sussurrava che, come il solito, stava sbagliando tutto e qualcosa non andava bene. Trasse un altro respiro profondo e si accarezzò con delicatezza la pancia.
“Fai la brava piccola, che la mamma è tanto stanca” sussurrò amorevolmente e piano si diresse nel grande salone e si sedette sul divano da sola, non voleva tornare a letto.
Fissò il cielo notturno che si intravedeva dalla grande finestra del salone, faceva così caldo quella notte, forse sarebbe dovuta tornare a letto e cercare di dormire un po’, invece di starsene lì a pensare a cose stupide. Sapeva e lo avvertiva in quei sporadici momenti in cui riusciva ad avere la meglio sulla sua mente che stava di nuovo sprofondando in quel circolo vizioso da cui non riusciva proprio ad uscire, almeno finché non iniziasse di nuovo a prendere le pillole, che allo stesso tempo la facevano cadere in uno stato di torpore che impediva alle voci nella sua testa di farsi sentire. Per la sua bambina aveva deciso di non prenderle almeno finché non fosse nata, il bene della sua piccola veniva prima del suo. Sospirò infondo non andava così male quando con lei c’era Justin che la distraeva, e ultimamente Justin c’era sempre per Josie. Il problema tornava quando lui se ne andava e rimaneva sola in quella casa enorme finché non tornava Simon, ma con lui non era più uguale. Da tempo ormai era cambiato tutto.
Odiava sentire che i suoi stati d’animo più negativi prendevano il sopravvento su tutto, odiava sentire quelle maledette voci nella sua testa e odiava immensamente quel divano. Ogni volta che si sedeva lì sprofondava nei cuscini troppo morbidi e non riusciva più ad alzarsi a causa di quella pancia troppo ingombrante. Sospirò e con tutta la buona volontà cercò di alzarsi, ma invano, non sapeva che fare di solito era Justin a prenderla per le braccia e a darle una mano ad alzarsi, ultimamente non riusciva più nemmeno ad allacciarsi le scarpe, ma lui non c’era e non sapeva che fare, di certo non poteva chiamarlo a quell’ora e farlo venire fino a casa sua solo per aiutarla ad alzarsi, anche se sapeva che molto probabilmente sarebbe venuto immediatamente. Si morse il labbro di certo però non poteva rimanere sul divano tutta la notte, avrebbe dovuto chiamare Alex, qualcosa però la bloccava dal chiedere aiuto a lui, ma non poteva fare altrimenti.
“Alex” disse con voce tremante.
“Alex” ripeté alzando di poco la voce per farsi sentire da lui. Rimane qualche secondo in silenzio e non sentì nessun rumore, non l’aveva sentita.
“Maledizione, Alex!” quasi gridò, si era stancata e aveva bisogno di lui e come sempre lui non rispondeva.
Sbatte la mano chiusa a pugno con violenza e gridò di nuovo il suo nome, era così infuriata e non riusciva più a controllarsi. Questa volta senti i passi pesanti lungo le scale e qualche secondo dopo se lo ritrovò davanti con gli occhi sgranati.
“Che diavolo succede? Stai male? Dobbiamo andare all’ospedale?” disse in preda al panico, lei scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
“No sto bene, devi aiutarmi ad alzarmi” gli spiegò scocciata e incrociando le braccia al petto, mettendo in evidenza i seni gonfi.
“Sei matta? Che cazzo ti urli per così poco, mi hai fatto spaventare a morte!” imprecò lui guardandola furioso.
“Così poco? Cosi poco?” sbatté il pugno di nuovo sul bracciolo del divano.
“Cazzo, Alex sono incinta! Sono entrata nel settimo mese e tu nemmeno lo sai, non sei mai venuto con me dal medico, sai almeno se è maschio o femmina? Perché non me lo hai mai chiesto! Non ti sei mai interessato, e dici che è così poco? Maledizione, sono un pallone e non riesco alzarmi da sola da questo divano, non riesco nemmeno più ad allacciarmi le scarpe da sola! Pensi che a me piaccia? Mi sento così inutile! Non sei mai qui con me, se sempre chiuso in ufficio e avvolte non torni nemmeno a casa a dormire, non rispondi mai a quel cavolo di telefono e mi vuoi dire che adesso ti sei spaventato, ma per favore! La maggior parte del tempo lo passo con Justin, mi viene a prendere, mi alza da questo maledetto divano, mi aiuta a mettere le scarpe e mi porta dal medico, ha visto più ecografie lui che il padre, risponde appena lo chiamo a qualsiasi maledetta ora e dorme qui quando tu non ci sei! Ma è tua figlia e non la sua, sei tu il padre di questa bambina e io non riesco a capire che ti passi per la tua maledetta testa! Per te esiste solo il tuo lavoro, ma io non posso farcela da sola!”.
Aveva il respiro affannato e sentiva che da un momento all’altro il cuor le sarebbe scoppiato, ma non sapeva trattenersi, non ne era mai stata capace o forse non ne poteva semplicemente più di quella situazione. Simon la guardava e non sapeva risponderle, non le rispondeva mai, deglutì sentendosi colpevole, sentendosi uno schifo, l’aveva abbandonata davvero questa volta. Abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli ricci, tirandoli: “Mi dispiace… non so che altro dire o forse si, è che il lavoro…”
“Sempre e solo il lavoro, esiste solo quello per te. Capisco, che non era previsto, capisco che ci siamo ritrovati da un momento all’altro in questa situazione, ma è anche tua figlia ed è ora che tu ti prenda le tue responsabilità!” lo interruppe lei, usava sempre la solita scusa, ogni volta che non poteva tornare a casa per dormire, ogni volta che non poteva accompagnarla dal medico, ogni volta che lei aveva bisogno di lui, c’era sempre il lavoro prima. Aveva iniziato a tremare dall’agitazione e sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, si morse il labbro. Doveva calmarsi per la bambina e per lei, non poteva avere una crisi adesso.
Alex si inginocchiò di fronte a lei, la vedeva che cercava di trattenersi, di trattenere tutto dentro, vedeva i suoi occhi pieni di lacrime ed erano così cupi, così tristi e la cosa che gli fece più male era sapere che era lui la causa. “Mi dispiace, la verità è che non riesco a vederti così, non riesco a vedere di nuovo i tuoi occhi così tristi, non riesco a vederti star male. Mi sono buttato sul lavoro e cercavo di non lo so, cercavo di evitare il dolore che mi provoca vedere e sapere che ti senti vuota, tristi e persa come tempo fa. Non pensavo, però, di far peggio, io non ne avevo idea! Mi sono comportato da perfetto egoista, ho pensato solo al mio dolore e non ho pensato che potessi far peggio” fece una pausa e abbassò lo sguardo verso la pancia di lei, “è che ho dato la colpa a me stesso per non essere stato attento e non volevo, ma in un certo senso ho iniziato a dare la colpa anche… anche alla bambina perché ti faceva star male. Non lo so che mi sia preso…”
“Alex, io sto bene e non è colpa di nessuno, né la tua né tanto meno della bambina. È successo e basta, sono io che ho voluto interrompere i farmaci per non farle del male, ma vado dallo psichiatra una volta a settimana, per quanto possa servire, prendo calmanti naturali e se anche non riesco a dormire qualche notte, che fa? Un’ora in più un’ora in meno non cambia poi così tanto” prese un respiro profondo e si accarezzo il ventre con delicatezza, soffermandosi sul punto in cui la bambina le aveva dato un calcio.
“E poi, nei momenti in cui sto peggio penso che devo farcela, che devo stare bene per lei” continuò indicando la pancia “Alex non è colpa di nessuno e comunque una volta partorito ritornerà tutto alla normalità, quindi smettila e inizia a comportarti da padre! E da marito…” sussurrò le ultime parole, come se fossero proibite, come se non potessero essere dette.
Alex annuì e lasciò un bacio leggero sulla pancia di lei, forse fu il primo bacio in tutti quei mesi. Quasi sussultò quando sentì le sue labbra sulla sua pancia, sentiva il suo calore anche dalla maglietta che indossava. “Mi dispiace, piccola, mi dispiace per aver fatto soffrire la tua mamma, mi dispiace per tutto” sussurrò lui, posando un altro lieve bacio sulla pancia.
“Penso che questa sia la prima volta che tocchi la pancia volontariamente”.
“Bisogna recuperare” rispose lui, con un sorriso che non gli vedeva da mesi, i suoi occhi brillavano e lei ricambio il sorriso e annuì.
“Preferirò sempre quando sorridi, sei così bella” disse sedendosi sul divano e stringendola tra le sue braccia, le baciò dolcemente le labbra. Fu quasi un semplice sfiorarsi, ma fu così intimo che lei arrossì. Un contatto così intimo non lo avevano da mesi.
“Baciami ancora” sussurrò contro le sue labbra, “Mi sono così mancati i tuoi baci” e lui l’accontentò. La baciò delicatamente e man mano approfondì il bacio, accarezzandole la pancia con una delicatezza che forse non aveva mai avuto.
“Mi sei mancato” sussurrò lei tra un bacio e l’altro.
“Anche tu” e la baciò di nuovo con trasporto.
Si staccò dolcemente da lui per riprendere fiato e balbettando gli disse: “Vuoi vedere una cosa divertente, cioè Justin la trova divertente”. Alex annuì e lasciò un tenero bacio sul collo, Josie si alzò la maglia scoprendo la pancia, prese le mani di Simon e le posò sopra, trattenne il respiro per qualche secondo finché non senti la bimba muoversi proprio nel punto in cui c’era la mano di Alex.
“Guarda si vede la sua manina” gli disse lei, mentre lui fissava allibito il punto in cui la sua mano entrava in contatto con quella di sua figlia.
“È bellissimo”. Lei gli sorrise e mise la mano sopra la sua e gli diede un bacio sulla guancia.
Rimasero sul divano per tutta la notte, abbracciati cercando di recuperare tutto il tempo perduto in quei mesi, perché avvolte un mi dispiace può valere più di mille parole, avvolte due semplici parole possono far dimenticare tutto il rancore e il dolore di mesi interi. Perché avvolte due persone possono attraversare momenti difficili, ma continueranno comunque ad amarsi.
 
L’angolo dell’autrice.
Ciao a tutti!
Comincio con il dire che questo progetto è nato, beh da niente…
Comunque la storia si basa su racconti sparsi,
ovvero la storia ha sempre i stessi personaggi principali,
ma diciamo che vengono affrontati episodi che li riguardano in maniera sparsa,
come se fossero dei ricordi.
Perciò non seguirà un’asse temporale preciso, spero che l’idea vi piaccia.
Ci tengo inoltre a dire che tutti gli episodi sono ispirati a fatti realmente successi,
che poi ho modificato e ho creato questa storia,
mentre alcuni fatti saranno totalmente reali, magari con dialoghi modificati ecc…
Un’ultima cosa non so con che frequenza aggiornerò
perché è un’idea che mi è venuta dal nulla e poco tempo fa,
quindi non ho molti capitoli scritti.
  Detto ciò spero vi piaccia e se vi va fatemi sapere che ne pensate!                                             
Baci G
P.S. Se volete passate anche a dare un’occhiata alla mia altra storia:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3652803
 
   
 
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