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Autore: JEH1929    25/04/2017    4 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi sveglio ho un mal di testa tremendo. Non ricordo neanche come sono tornato a casa. L’ultima cosa che ricordo è la scenata di Kurata dopo che l’avevo staccata da quel tizio, poi tutto si fa leggermente confuso. Forse abbiamo fatto un gioco. Forse Tsuyoshi mi urlato contro qualcosa, ma non riesco a ricordare bene cosa.
Mi alzo a fatica, tenendomi la testa fra le mani e apro la porta, diretto al bagno. Magari una doccia riuscirà a rimettermi in sesto.
Ma qualcosa mi blocca a metà strada. Tutti gli sguardi dei miei amici sono puntati nella mia direzione e soprattutto non sono affatto amichevoli.
Tsuyoshi, in piedi accanto al divano, sembra che stia per scoppiare in uno dei suoi attacchi da un momento all’altro. Aya seduta sul divano, con l’espressione più severa che abbia mai visto sul suo viso. Hisae con le mani sui fianchi e la bocca piegata in una smorfia. Perfino Gomi mi guarda con disapprovazione.
- Che c’è? – chiedo alla fine.
Solo in quel momento mi rendo conto di una grande assenza. Kurata non c’è. Volto la testa, che continua a pulsare, verso il suo sgabuzzino, ma la porta è aperta e lei non c’è e non è neanche in bagno. Eppure dovrebbe quasi essere l’ora di pranzo, non salterebbe un pasto per nulla al mondo.
- Dov’è Kurata?
- Speravamo che potessi dircelo tu.
- Eh?
- Hayama, non dirmi che non ti ricordi quello che è successo ieri sera. – mi assale Hisae, chiamandomi per cognome e senza alcun onorifico.
Continuiamo a fissarci per qualche secondo, una brutta sensazione che si fa strada dentro di me, fino a quando finalmente capiscono che non ricordo niente.
- Dov’è? – chiedo di nuovo, con voce leggermente alterata.
- Stanotte non è tornata a casa e ieri sera, quando è fuggita, non siamo riusciti a tenerle dietro. Nessuno ci riesce…
Tranne me, concludo la frase nella mia testa. Un’angoscia incontrollabile inizia a farsi strada dentro di me.
- Dov’è?
- Non risponde ai messaggi e neanche alle chiamate, il suo telefono è spento…
- Dov’è?
So di sembrare un disco rotto, ma è l’unica cosa che sono in grado di dire.
- Abbiamo chiamato sua madre e non è andata lì. Sagami era disperato, penso che volesse mobilitare l’intera squadra di ricerca di Tokyo, ma la signora Kurata l’ha tranquillizzato, dicendo che Sana-chan non farebbe mai qualcosa di stupido.
- Io…che… - ho la lingua impastata e non riesco bene a parlare, - che ho fatto?
- Le hai detto che è la tua rovina. – la voce di Tsuyoshi cade come un’ascia sopra la mia testa.
Il panico mi paralizza per qualche secondo, subito dopo perdo il controllo.
 
Apro gli occhi e non riesco a capire dove mi trovo. Sicuramente non è il mio sgabuzzino, l’aria è troppo fresca e luminosa, ma non si tratta neanche della casa di mia madre. Finalmente realizzo di essere a casa di Naozumi e ricordo quello che è successo ieri sera. Alzo la testa, sono sdraiata sul suo letto, ma so con certezza che lui ha dormito sul divano. Mi alzo, indosso un pigiama di Naozumi e mi fa male la testa. Apro la porta, ma non riesco a scorgere il mio amico da nessuna parte. Alla fine, sul tavolo della cucina trovo un suo biglietto.
“Buongiorno, ti ho lasciato la colazione. Ti ho lasciato anche un cambio di vestiti in camera che mi ha procurato Maeda. Io sono andato all’intervista e penso che non rientrerò prima di stasera. Se hai bisogno di qualcosa chiamami. Puoi rimanere quanto vuoi. Nao.”
Sorrido, è così gentile. Ma poi una nuova fitta di senso di colpa mi assale. Mangio la colazione che mi ha lasciato e vado in camera a vedere il ricambio di vestiti. Un sobrio paio di pantaloni grigio scuro e una camicia bianca, perfetto. Improvvisamente mi ricordo dell’appuntamento che avevo fissato oggi con Rumi. Probabilmente sono in ritardo. Guardo il cellulare, ma la batteria è morta e adesso non posso proprio ricaricarlo.
Afferro la gonna e il top che avevo ieri sera, indosso i vestiti di Naozumi e i sandali e mi avvio verso l’uscita. Poi mi fermo e scrivo un biglietto per Naozumi.
“Grazie per la colazione, per i vestiti (fammi sapere quanto devo ridarti) e per ieri sera. Ti chiamo stasera per fissare quando vederci. Grazie ancora. Sana”
Ficco tutto in borsa ed esco di corsa diretta all’appuntamento.
 
- Ciao! – mi saluta Rumi con la mano.
Al suo fianco vedo Hiroto. Non credevo che sarebbe venuto. Ha un’espressione piuttosto cupa.
- Scusate il ritardo! – esclamo. – Ho avuto un imprevisto.
- Non preoccuparti, siamo appena arrivati.
Sorrido e ci incamminiamo per i negozi.
- Non credevo che tuo fratello andasse pazzo per lo shopping. – sussurro a Rumi, mentre Hiroto, qualche passo davanti a noi cammina con la testa bassa e le mani in tasca.
- Ieri sera ha avuto un brutto litigio con la sua ragazza. Non so cosa sia successo e Hiroto non ha voluto parlarne, ma penso che si siano lasciati.
- Ah. Mi dispiace.
- Era talmente giù che gli ho proposto di venire con me al nostro appuntamento e stranamente ha accettato.
- Bene, allora la nostra missione di oggi sarà rallegrare Hiroto! – esclamo, sollevando un pugno verso l’alto.
- Sei veramente una forza della natura, Sana-chan! – ride Rumi.
Un mezzo sorrido mi appare sulle labbra, se mi avesse vista ieri sera non la penserebbe allo stesso modo.
- Andiamo! – esclamo, prendendo Rumi sotto braccio da un lato e Hiroto dall’altro, che mi guarda con una faccia un po’ sconvolta.
Trascorriamo il resto della mattinata visitando una mostra fotografica, che scopro essere la grande passione di Hiroto, oltre alla musica. Non che io sia molto appassionata di fotografia, ma la mostra è davvero molto bella e il lieve sorriso sul volto del mio amico quando usciamo mi fa sentire veramente euforica. Ci sediamo a mangiare in un ristorante specializzato in ramen, il cibo preferito di Hiroto, nonostante io abbia sempre preferito mangiare sushi. Questo pensiero mi causa una fitta al petto, ma cerco di non pensarci. Improvvisamente mi suona il telefono, ma non è il mio cellulare personale, che aveva la batteria completamente scarica, quanto piuttosto il telefono delle chiamate di emergenza del programma radiofonico. Ultimamente ricevo meno chiamate, sia in radio che a casa, dal momento che con l’aumentare dei miei programmi televisivi era sempre più difficile stare dietro a tutto, ma tutt’ora alcune delle persone che ho aiutato in passato, mi chiamano se si trovano ad avere necessità, quindi continuo a portare questo telefono con me.
- Scusatemi. – dico a Rumi e Hiroto, accettando la chiamata.
- Pronto?
- Sana! – la voce di Fuka mi urla nelle orecchie. Lei ha continuato a lavorare al programma più frequentemente di me ed è una delle poche a conoscere questo numero.
- Come stai? Tutto bene? Che ti è successo? – continua a urlarmi contro, con voce preoccupata.
Mi rendo improvvisamente conto che ieri sera sono fuggita senza avvertire nessuno sulla mia destinazione e che, essendo il mio cellulare morto, non potevano rintracciarmi.
- Fuka! – grido, sovrastando le sue domande. – Va tutto bene! Sto bene.
- Davvero? Dove sei?
- In realtà sono a pranzo fuori con Rumi e Hiroto.
- Cosa? Noi eravamo qui preoccupati per te e tu sei a divertirti. – adesso è arrabbiata.
- Scusa, mi ero dimenticata di avvertire gli altri del mio impegno.
- Sana, sei un’idiota. Chiama tua madre e soprattutto Sagami, era così in pena per te che ha quasi mobilitato tutto Tokyo per cercarti.
Mi mordo un labbro, imbarazzata.
- E chiama anche casa tua, erano tutti preoccupati. Soprattutto Akito, avresti dovuto vederlo, sembrava impazzito.
Mi irrigidisco, sentendo il suo nome.
- Doveva pensarci prima di dirmi quello che ha detto.
- Hai ragione, ma sai com’è fatto…
- Non mi importa com’è fatto.
Sento Fuka sospirare.
- Comunque chiama tutti. – dice.
- Ok, scusa se vi ho fatti preoccupare. – riattacco.
Rumi e Hiroto mi guardano con una faccia strana.
- Tutto bene?
Annuisco.
- Scusate un attimo, devo fare un paio di chiamate e poi vi spiego tutto.
Dopo aver rassicurato mia madre e soprattutto Rei, che si è quasi messo a piangere come un bambino, decido di chiamare Aya. La voce con cui risponde al telefono è preoccupata e tesa. Ma la rassicuro in ogni modo possibile e le chiedo scusa per averla fatta preoccupare. Infine rientro nel ristorante.
- Tutto bene? – chiedono di nuovo i miei amici.
- Sì. Ieri sera ho litigato con Hayama, il mio…
- Il tuo ex, quello che vive in casa con te. – conclude Rumi.
- Sì, e sono scappata come una bambina. Mi sono rifugiata a casa del mio migliore amico, che, guarda caso, è innamorato di me dall’età di circa tre anni. Soltanto che non avevo avvertito nessuno e si sono tutti preoccupati.
- Sana Kurata, la tua vita è veramente molto incasinata. – dice Hiroto, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi dolci.
- Già. Vi dispiace se vi lascio un po’ prima di quanto avessimo programmato?
- Non preoccuparti, ci vediamo domani all’università.
- Grazie, siete degli amici.
 
Quando giro la chiave nella toppa e mi chiudo la porta alle spalle, il silenzio cala nella stanza.
- Oh, Sana-chan, eravamo così preoccupati. -  Hisae mi corre incontro e mi abbraccia.
Non credevo davvero di averli fatti preoccupare così tanto.
- Mi dispiace, ma davvero… non avreste dovuto preoccuparvi. Io sto benissimo.
Sorrido, fino a quando i miei occhi incontrano i suoi. Ha la solita espressione imperturbabile, ma io lo conosco troppo bene. Dietro a tutta quella sicurezza riesco a leggere tutta la sua preoccupazione, dietro alle mani strette a pugno la sua rabbia. Però anche lui capisce che io sono riuscita a leggere le sue emozioni e distoglie lo sguardo, entrando nella sua stanza, senza aprire bocca.
Tsuyoshi lo segue con lo sguardo.
- Non fare caso a quello che fa adesso, ma fino a quando non hai chiamato, era veramente in pensiero per te. Sembrava davvero impazzito. È corso a casa di tua madre e poi è andato da Fuka. Sembrava una furia.
- Non importa. – dico, quasi con foga.
- Ha detto di non ricordarsi niente di ieri sera. Era ubriaco.
- Sapete come si dice, no? Gli ubriachi dicono sempre la verità. – cerco di sorridere, ma probabilmente mi esce una smorfia.
   
 
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