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Autore: myqueasysmile    26/04/2017    0 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Giorno! Che è quel sorriso?». Ero appena entrata in cucina, ancora in pigiama. E a quanto pareva sorridevo come un'idiota.
Cercai di ricompormi «Niente mamma, non posso sorridere?».
Lei mi scrutò, poi annuì «Certo. Vado, a dopo».
«Ciao» risposi sedendomi a fare colazione.

Quando finii, salii in camera a vestirmi, poi accesi il telefono.
E di nuovo mi ritrovai a sorridere come un'idiota.
Mi era arrivato un messaggio. Un SUO messaggio, in cui mi dava il buongiorno.
Gli risposi, ripensando ai bei momenti della sera precedente. Non vedevo l'ora di rivederlo, mi mancava già.

Passai la mattinata a fare una torta, ascoltando musica e ballando. Sì, ero decisamente presa male...
Poi preparai il pranzo e quando arrivarono i miei mangiammo insieme.
Dopo pranzo sistemai un attimo la mia stanza, poi portai giù la chitarra e mi misi a suonare un po'. Quando suonavo in salotto era molto meglio, l'acustica era sicuramente migliore che nella mia piccola camera.

Cantai qualche canzone prima di essere interrotta dal suono del campanello.
Sbuffai e appoggiai la chitarra sul divano, poi andai alla porta e la aprii, trovandomi davanti Gabriele.
Sorrisi «Ciao». Poi mi feci da parte per farlo entrare.
«Ciao» rispose lui entrando. Poi mi si avvicinò dandomi un bacio sulla guancia. Richiusi la porta e lo guardai.

Si stava guardando in giro. Poi si infilò le mani in tasca, osservandomi con i suoi meravigliosi occhi «Mi suoni e canti qualcosa?».
Io feci una smorfia «No».
Lui aggrottò le sopracciglia «Perché?».
«Mi vergogno» risposi arrossendo.
Lui sorrise «Ti vergogni con me?».
Annuii.
Lui, in tutta risposta, mi si avvicinò.
«E se ti baciassi?» chiese abbassando la voce.
«Forse» risposi, incatenata dal suo sguardo.
«Bene» mormorò lui divertito. Poi si chinò fino a sfiorarmi le labbra, mentre una mano mi stava sulla schiena e l'altra sulla guancia.
Chiusi gli occhi e gli allacciai le braccia al collo, tenendolo stretto a me. Poi lasciai che incontrasse la mia lingua con la sua, e mi persi nel suo sapore.

«Mi sei mancato» sussurrai, affondando la testa nel suo collo e stringendomi a lui, mentre riprendevo fiato.
«Anche tu, e le mie intenzioni di andarci piano con te stanno andando a quel paese» ribatté lui.
Alzai la testa per vederlo in faccia «Ma non è colpa mia».
Lui rise «È decisamente colpa tua, stai compromettendo la mia natura di gentiluomo».
Io sorrisi e inarcai il sopracciglio. «Io non sto facendo un bel niente, e poi tu sei un gentiluomo sempre e comunque» risposi.
«Dici?» chiese lui scrutandomi divertito «Perché non...».
Lo interruppi alzandomi sulle punte dei piedi e premendo la mie labbra sulla sue. Mi feci coraggio ed esplorai la sua bocca, facendo danzare la mia lingua con la sua.

«Vedo che sai quello che vuoi» mormorò lui poggiandomi le mani in vita.
«Io ho sempre saputo quello che volevo, ma mi mancava il coraggio di prendermelo. Mi manca ancora, in realtà» spiegai.
«Lo so, ma non devi avere paura con me» rispose appoggiando la sua fronte alla mia.
«Mi sembra ancora tutto irreale» confessai.
«Invece è tutto vero, ragazzina. Adesso mi suoni qualcosa però» aggiunse prendendo le mie mani e togliendole dal suo collo. Poi mi guidò fino al divano e prese la chitarra, mettendomela in grembo.

«Fantastica» disse appena finii di suonare Grace Kelly.
«Si, è bellissima» concordai. Era una delle mie canzoni preferite di Mika.
«Non mi riferivo alla canzone, ma a te» specificò lui.
Arrossii «Oh, bé, grazie!». Poi infilai la chitarra nella custodia e presi il raccoglitore in mano. «Torno subito» aggiunsi andando verso le scale.
«Non vuoi farmi vedere camera tua?» chiese lui facendomi fermare.

Mi voltai e lo guardai. Lui si alzò, e inarcò il solito sopracciglio.
«Ehm... secondo Marco ti sentiresti... osservato» balbettai imbarazzata.
«Nah, sono pronto ad affrontare una cosa così dolorosa» rispose divertito sfilandomi la chitarra dalla spalla e prendendola lui.
«Smettila!» esclamai dandogli una sberla sul braccio. «E guarda che sono capace di portare una chitarra» aggiunsi guardandolo storto.
«Lo so» rispose salendo i gradini.
Sbuffai e lo seguii.
Lui si fermò appena prima della porta «Se non vuoi non entro».
«No, puoi venire... ma non spaventarti» conclusi ridendo.

Poi lo precedetti nella mia piccola camera. A sinistra c'era la scrivania, vicino alla finestra. Di fronte il letto, sopra al quale cominciava l'armadio che occupava tutta la parete opposta alla scrivania. Le pareti che rimanevano erano piene di poster, di Mika, dei Tokio Hotel e di Harry Potter (uno, in realtà); e le mensole piene di libri.

Poggiai il raccoglitore sulla scrivania e gli presi la chitarra dalle mani, appoggiandola al muro.
«Mi piace, anche se ci sono troppi ragazzi per i miei gusti» decretò guardandosi intorno.
«Sei geloso?» chiesi divertita.
«No, decisamente no. Io posso averti, loro no!» rispose fissandomi.
«Ma io posso guardarli invece» aggiunsi sorridendo «Bill è bellissimo».
Lui si girò a guardarlo e fece una smorfia.

«Tu mi piaci di più» aggiunsi arrossendo. Lui tornò a guardarmi, poi mi prese per la vita facendomi finire contro il suo petto, e mi abbracciò, posandomi un bacio sulla fronte.
«Lo sai, vero, che non sono abituata al contatto fisico?» chiesi circondandolo timidamente con le braccia.
«Dovrai abituarti, piccola solitaria» rispose.
«Va bene, occhi azzurri».

«È da tempo che me lo chiedo, quando mi chiami così lo fai per prendermi in giro?» chiese dopo qualche minuto.
Alzai la testa e lo guardai negli occhi, eravamo vicinissimi.
«No, o meglio, volevo trovarti un nomignolo ed è la prima cosa che mi è venuta in mente. Ora diventerò ancora più rossa di quello che già sono, ma la verità è che amo i tuoi occhi, dalla prima volta che li ho visti» spiegai sospirando.

Lui sorrise e si chinò facendo incontrare le nostre labbra per l'ennesima volta.
«Se continui così mi mancherai appena uscito da questa casa» dissi quando riuscii a parlare.
«Potrebbe essere il mio piano, che ne sai» replicò lui, scostandomi con la mano i capelli e poggiando la bocca sul mio collo.
Un brivido mi percorse da quel punto, per tutta la colonna vertebrale.
«Gabriele» mi lamentai chiudendo gli occhi.
La sua risata mi vibrò sulla pelle, facendomi perdere del tutto la concezione della realtà.

Mi riscossi con la suoneria del mio telefono.
Gabriele mugugnò contro il mio collo, e malvolentieri mi lasciò andare a rispondere.
«Marco» dissi, prima di rispondere.
Lui mi guardò e fece per uscire dalla camera, ma lo presi per la mano e lo trattenni.

"Ciao, sorellina. Come va?".
"Ciao fratello, benissimo. Tu?" risposi.
"Forse torno la prossima settimana, adesso mi organizzo. Ho voglia di andare al mare, mi serve un po' di vacanza".
"Davvero? Non vedo l'ora. Mi porti al mare con te? Ti prego, ti prego, ti prego!" chiesi eccitata all'idea.
Gabriele al mio fianco si mise a ridere e io gli lanciai un'occhiataccia.
"Ehi, c'è qualcuno con te?" chiese mio fratello sentendolo.
Sbiancai. "Si, il tuo amico Gabriele. Gli hai detto di tenermi d'occhio e lui ovviamente lo fa" aggiunsi.
"Bene" disse ridendo. "Comunque sì, volevo invitare gli altri quattro... ma puoi venire anche tu".
"Ah, allora non importa... se volevi stare solo con loro va bene" risposi con un'alzata di spalle.
"Scommetto che loro sono d'accordo, passami Gabs".
Feci una mezza smorfia a quel nomignolo, ma obbedii e gli diedi il telefono.

"Si, non ho impegni" disse lui. "Scrivilo sul gruppo intanto, non so quando ci vediamo" aggiunse guardandomi. "Per me va benissimo" e mi fece l'occhiolino.
Io ridacchiai, poi ripresi il telefono che mi porgeva e salutai Marco.

«Gli altri mi uccideranno» dissi rimettendo il telefono sulla scrivania.
«Non credo, più probabile che io uccida loro se dovessero guardarti troppo» commentò lui con un sorrisetto.
«Nah, tu non litigheresti mai con loro» replicai uscendo da camera mia. Lui mi seguì.
«Potrei, per una cosa davvero importante» confermò lui.
«Bene, io non sono una cosa così importante... e poi c'è Marco. Non potrai comunque far capire niente» decretai scendendo le scale.

«La tua percezione di te stessa è completamente sbagliata» annunciò seguendomi in cucina.
Alzai le spalle «Vuoi un po' di torta?».
«Si, ma non cambiare argomento» rispose lui.
Alzai gli occhi al cielo e andai a prendere un piattino. Solo che, come al solito, anche in punta di piedi facevo fatica ad arrivarci.
Perciò quando lui mi si avvicinò mettendomi una mano sul fianco, ebbi un deja-vu. Prese i piattini e me li porse.

«Questa cosa è già successa» dissi tagliando la torta.
«Lo so» rispose lui «ma non avevamo finito. Cosa devo fare per farti credere di più in te stessa?».
«Niente» risposi porgendogli un piatto «Mangia».
Lui rise «Sei testarda».
Andai a sedermi di fronte a lui «Grazie, te l'ho detto che ti stuferai di me».
Lui corrugò la fronte «No, non me l'hai detto». Poi mi scrutò così intensamente che io dovetti distogliere lo sguardo.
«Non guardarmi così, mi fai sentire n imbarazzo».
«E tu non dire cazzate, passami il termine».
«Va bene, capo. Ti piace?» chiesi indicando la torta.
Lui annuì «Quasi quanto te».
Io lo guardai senza parole. E lui mi strizzò l'occhio.

Ok, stavo seriamente rischiando di innamorarmi sul serio di lui. Continuando così non so come avrei fatto a stargli lontana anche solo per qualche minuto.

«Meglio che vada, adesso. Spark si starà deprimendo senza qualcuno a coccolarlo».
«Si, meglio che tu sparisca prima che arrivino i miei» concordai.
«Mi stai buttando fuori?» chiese divertito.
«Si, se non vuoi finire tra le sgrinfie di mio padre» risposi «e di Marco, che lo verrebbe a sapere».
«Prima o poi dovremo dirglielo» constatò lui.
«Ho paura che si arrabbi» confessai evitando i suoi occhi.
«Perché?».

«Perché tu sei troppo grande per me, e io troppo piccola per te... per non parlare del fatto che siete amici e non voglio mettermi fra voi».
«Non c'è questa gran differenza e comunque al massimo si arrabbia con me, non con te» specificò lui.
«Vedi tu, probabilmente avevi già la fidanzata quando io sono nata. E comunque non voglio che litighiate per me, non me lo perdonerei mai» replicai.
«Non litigheremo te lo prometto, e poi lo capirà da solo che insieme stiamo bene» concluse avvicinandomi a sé.
Gli allacciai le braccia al collo «Una cosa alla volta ok?».

Lui annuì «Sabato posso portarti a cena fuori?».
Lo guardai spiazzata «Fortuna che ci stavi andando piano con me! Solo ieri ho saputo di piacerti e siamo già al secondo appuntamento!».
Lui sorrise «Ognuno ha le sue debolezze. Allora?».
«Sì, va bene» riposi avvicinando il volto al suo collo e inspirando profondamente il suo profumo.
«Perfetto, ti porterò in un bel posto».
«Basta che non sia troppo affollato, sarebbe imbarazzante incontrare qualche compagna di scuola o qualche prof» mormorai guardandolo.
«Lo so, adesso posso baciarti?».
«E se ti dicessi di no?» lo provocai alzando un angolo della bocca.
«Non lo farei» rispose lui del tutto tranquillo.
«Gentiluomo sempre e comunque eh!» commentai «Puoi baciarmi».

Lui non se lo fece ripetere due volte. Mi infilò una mano tra i capelli facendomi incontrare le sue labbra, mi morse più volte il labbro inferiore facendomi perdere completamente la testa e poi esplorò con tutta calma la mia bocca, intrecciando le nostre lingue.
Non so quanto tempo fosse durato quel bacio, ma quando le nostre labbra si separarono entrambi stavamo ansimando. Per qualche minuto restammo in silenzio a riprendere fiato.
«Questo cos'era esattamente?» chiesi sottovoce.
«Così non ti dimenticherai di me» rispose lui, con lo stesso tono di voce.
«È impossibile dimenticarsi di te» assicurai «E anche di questo bacio».
«Perfetto. A domani, piccola solitaria!» rispose lui sciogliendo la mia presa sul suo collo e dandomi un bacio a stampo.
«Ciao» risposi ancora scossa, mentre lui si richiudeva la porta alle spalle.
  
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