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Autore: Pixel    26/04/2017    5 recensioni
Genova 1833.
"La verità è che Stefano nutriva dentro sè la speranza che il popolo fosse di natura un' entità romantica e avesse bisogno solo di una guida per conquistare ognuno di quegli ideali.
E per quanto poco umile potesse apparire, Stefano sapeva di essere mosso dal velleitario desiderio di essere uno di quei condottieri.
~
Era stato Mazzini a creare la Giovane Italia. Un movimento che perseguiva l'obiettivo di trasformare l'Italia in una repubblica unita e democratica. Un gruppo di ragazzi che sognava un paese fondato sui principi di libertà, indipendenza e unità.
Stefano ricordava la prima volta che ne aveva sentito parlare. Non era riuscito a dormire per l'intera notte, proprio come fa un innamorato, scosso da idee sconosciute ma talmente grandi da essere quasi tangibili.
Erano passati due anni da quella notte e quelle idee non erano più sconosciute ma sempre più vicine."
MiniLong 4 Capitoli (Completa)
[Storia partecipante al contest "Cantami, o Diva...” Indetto da Dollarbaby sul forum di EFP. Vincitrice del premio speciale “Bacio di Erato”: Alla storia d’amore più bella e coinvolgente.]
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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Capitolo 4.

28 Gennaio 1834, Genova.

 

"Lunedì 4 Febbraio." disse solo Stefano.

Il vociare di tutti i presenti si sollevò, e la domanda che usciva dalla bocca di ognuno era quasi sempre la stessa "una settimana?"

"Siamo pronti, non possiamo aspettare altro tempo. Abbiamo le armi, abbiamo il popolo dalla nostra parte, non c'è nessun motivo per rimanere ancora fermi." Intervenne Lorenzo.

"Non so, non so se siamo pronti." Replicò qualcun'altro.

"Chi non è pronto adesso, non sarà pronto mai. E allora può anche andare via ora." Sentenziò Stefano. "Ma io non intendo aspettare ancora, per vedere questa città soffocare sotto il dominio Austriaco, giorno dopo giorno. Ancora un po' e la gente smetterà anche di credere che sia possibile liberarsi. E allora si, che non avremmo più alcuna possibilità. Io voglio strappare personalmente Genova dalle mani degli stranieri. Io voglio l'Italia unità, e combatterò per prendermela, dietro le barricate costruiremo un futuro, e moriremo per farlo, se necessario. Io sono pronto, sono pronto a morire per questo, se la mia morte servirà a far capire anche ad una sola persona che c'è bisogno di liberarsi."

 

~

 

"Bel discorso questa sera." si congratulò Isabella, durante il consueto tragitto che percorreva con Stefano.

"Sei ironica?"

"Un po'. Ma non conta, l'importante è che li hai convinti."

"Io non convinco nessuno."

"Lo fai. Ed è giusto così, sei un bravo condottiero. Li convinci che possono fare quello che gli stai chiedendo. Morirebbero per te."

Lui non rispose, non pensava avesse ragione, ma non era neanche così convinto che si stesse sbagliando. Così tacque.

Ma a differenza sua, Isabella non era una così grande estimatrice di quei silenzi.

"Tu davvero sei pronto a morire?" lui si limitò ad annuire, sperando che lei si convincesse a lasciarlo in pace.

"Ma saresti anche pronto alla morte di chi ami?"

"Non c'è nessuno che ami abbastanza per dovermi porre questa domanda. A parte i miei genitori, ma non credo che li vedrò mai morire."

 

~

 

 

2 Febbraio 1833, Genova.

 

"Ricordiamoci che la nostra arma più forte sarà l'effetto sorpresa e l'appoggio del popolo che, speriamo, si unirà alla rivolta. Ergeremo barricate ovunque ma avremmo tre punti nevralgici, Piazza San Domenico, Porta Lanterna e Piazza Sarzana. Sappiamo che da quest'ultima avremmo la risposta più dura perchè hanno la loro caserma. Ma l'obbiettivo sarà proprio quelli di stancare tutte le loro forze dall'inizio. Sarò io a guidare quest'assedio. A Piazza San Domenico vi guiderà Riccardo, mentre a Porta Lanterna farete capo a Simone. Le armi le gestirà, com'è ovvio, il Pirata. "

"Ognuno di voi avrà una rivoltella e diverse munizioni. Oltre a quelli che già possedete. Qualcuno avrà anche un fucile a percussione..."

Mentre il ragazzo continuava a spiegare Stefano prese da parte Lorenzo.

"Sicuro che ti va bene?"

"Certo."

"Dimmi una parola e la guida di Piazza San Domenico è tua." ma l'altro subito lo fermò."Sarò a Piazza Sarzana quel giorno" e dopo pochi istanti di silenzio aggiunse "al tuo fianco, amico."

Stefano lo abbracciò e ringraziò il cielo per poter contare nella sua vita su almeno una persona come Lorenzo.

Quando ognuno dei ragazzi ebbe finito di spiegare il piano d'azione per il proprio gruppo, riprese la parola Stefano "per questa notte penso possa bastare. Sappiate che domani potrebbe essere il vostro ultimo giorno. Vivetevelo, godetevelo. La sera ci incontreremo qui un po' prima del solito, e all'alba del giorno dopo, insorgeremo. Nella migliore delle ipotesi, libereremo la città. Nella peggiore delle ipotesi moriremo, ma il nostro sangue rimarrà nella memoria di tutto il popolo e di chi ci succederà."

 

 

~

 

 

"Cosa farete questa notte?"

"Qualcuno farà l'amore con la propria donna, o con una prostituta probabilmente. Sono certo che Andrea suonerà il pianoforte finchè non crollerà sui tasti, qualcuno semplicemente dormirà."

"Tu?"

"Io camminerò per tutta Genova, per ricordarla così, prima che venga devastata dalle lotte."

"Posso venire con te?"

"Starai in silenzio?"

"Non te lo posso promettere."

"Va bene."

 

In realtà, rimasero veramente in silenzio per lunga parte del tragitto, intenti ad ammirare la bellezza di una città addormentata, coperta dal manto scuro del cielo di inizio febbraio.

Camminarono senza una meta, fino a quando non sentirono che nell'aria si faceva più intenso e pungente l'odore di salsedine e alghe.

Stefano arrotolò le estremità dei pantaloni in modo da lasciar scoperte le caviglie e agilmente salì su uno scoglio. Poi allungò la mano con galanteria. Lei, tirò su i lembi della veste con una mano e con l'altra accettò l'aiuto del compagno.

Si sedettero sulla pietra fredda e appuntita, stringendo i loro corpi per creare un angolo confortevole.

"Dovrai procurarti dei vestiti più comodi, o hai intenzione di combattere gli Austriaci in gonnella?"

"Posso fare qualsiasi cosa in gonnella."

"Non avevo dubbi." Fece quell'accenno di risata che Isabella aveva imparato a riconoscere come peculiarità del suo interlocutore.

"Ora mi dirai che tiro fuori gli attributi quando anche quando non ce n'è bisogno?" Chiese, scimmiottando la voce profonda del giovane.

Lui scosse la testa "No, no. Ti dico invece, che hai ragione. Che non ho mai conosciuto una persona più caparbia di te e con tanta forza d'animo, da farmi credere che davvero saresti in gradi di far sorgere il sole in questo preciso istante solo perchè lo desideri tanto."

"È forse una lusinga? Non te ne ho mai sentita fare una."

"No, non lo è. È semplicemente quello che penso."

Lei annui e alzò il sopracciglio sottile.

"Se ti dicessi che, non ho mai conosciuto una donna tanto bella..." Stefano spostò lo sguardo dal vuoto al viso della ragazza ancora puntato sull'orizzonte. Posò una mano sulla guancia e delicatamente ma deciso, costrinse lo sguardo di lei a cambiare direzione.

"o se dicessi che non avevo mai trovato occhi capaci di affascinarmi più di quanto mi affascini il mare." la mano che era rimasta a contatto con la guancia si spostò leggermente nel tenero gesto di una carezza "E se dicessi che sei la cosa che più desidero avere oggi, sapendo che presto potrei morire.." si avvicinò a lei, in modo tale da poter sentire i lunghi capelli mossi dal vento solleticargli la pelle e il suo respiro smorzato risuonare nel cervello più forte dello scroscio dell'acqua. "Se ti dicessi tutte queste cose ti starei facendo delle lusinghe."

Isabella in un gesto impulsivo distolse subito lo sguardo e accennò una risata, imitando nuovamente i modi del ragazzo. "Ovviamente." affermò solo, incapace di dire altro per l'imbarazzo. L'aveva presa in giro, e non si sentiva neanche nella posizione di poterlo biasimare. Quante vole anche lei aveva usato la seduzione per dimostrare la sua supremazia sugli altri, e lo avrebbe fatto anche con Stefano, se lui fosse stato abbastanza ingenuo da permetterglielo, come era stata lei.

Non fece in tempo a mascherare l'orgoglio ferito che di nuovo sentì la mano del ragazzo ripetere il gesto di poco prima. Costretta, si trovò nuovamente faccia a faccia con Stefano.

"Ma anche queste sono tutte cose che penso." Fu l'ultima cosa che disse prima di posare la bocca su quella tanto bramata. Isabella pensò di morire per un istante per poi riprendere a vivere dei respiri esalati dalle labbra di Stefano.

Si baciarono con una dolce foga, con l'impeto e la gentilezza che solo loro sapevano armonizzare alla perfezione.

Per qualche attimo l'unica libertà che desideravano era quella di poter essere due ragazzi che si baciano seduti su uno scoglio in riva al mare.

Ma a nessuno dei due quella libertà poteva essere concessa.

A malincuore, Isabella interruppe quel momento "Andiamo via." disse solo, senza crederci veramente.

"Cosa?"

"Dobbiamo andare via, devi andare via, da Genova intendo."

"Sei impazzita?" Quello che prima era apparso come un innocente attimo di euforia, adesso iniziava a delinearsi come qualcosa di preoccupante.

La ragazza si alzò di scatto e sgattaiolo giù dallo scoglio, lui la seguì e prima che potesse cominciare a camminare la fermò per un braccio.

"Non scappare via. Io, veramente, non capisco.." era difficile per ui ammetterlo, persino in quella situazione.

"Ti arresteranno o ti uccideranno, io non lo so. Ma in ogni caso, non voglio che succeda."

Lui sospirò ma con fare docile "Si, lo so che potrebbe capitare..."

"No!" urlò lei, liberando il braccio dalla presa. "Non potrebbe capitare, capiterà. Lunedì loro saranno pronti, vi stanno aspettando. Loro sanno tutto, i vostri nomi, dove trovarvi, cosa volete fare, lunedì sarà la fine." e mentre parlava la voce gli si ruppe in un pianto.

"Cosa stai dicendo?" Domandò come domanda chi conosce le risposte ma ne vorrebbe altre.

"Lo sai." Riuscì a malapena a singhiozzare.

"Isabella, sei una spia Austriaca?" il tono della sua voce era di una calma inquietante.

"No. Sono la figlia del maresciallo Radestcky."

Stefano non perse mai il controllo quella notte, per il semplice motivo che sapeva che se si fosse lasciato andare alla sua rabbia l'avrebbe uccisa su quella spiaggia.

"Perdonami."

"Perdonarti? Non perdonerò mai neanche me stesso per averti lasciato vivere la prima notte che ti ho vista."

"Cosa avrei potuto fare? Io sono un'austriaca, mio padre è l'uomo che più di chiunque altro vorreste vedere morto. Odio me stessa per avervi tradito, per avere tradito te. Ho sbagliato, ma la mia non è stata una posizione facile."

"Le nostre armi?"

"Le hanno già sequestrate. Mio padre le ha portate in caserma."

Rimasero in silenzio secondi interminabili, un silenzio violento, che soffocava. Che venne rotto nuovamente dalla voce della ragazza. "Io sono pentita e posso ancora aiutarvi. Se potessi stare con te dietro le barricate..."

Stefano la interruppe bruscamente "Questa notte, dovrò andare dai miei compagni a dirgli che quello che loro ritenevano il capo del movimento ha buttato all'aria il progetto di una vita per essersi fidato di una spia infame, forse mi giustizieranno, forse mi grazieranno. Ma se ti azzarderai ad avvicinarti alle barricate loro ti prenderanno, ti stupreranno, ti useranno come merce di scambio con tuo padre. E se non otterranno quello che vogliono ti rispediranno dall'altra parte delle barricate in tanti piccoli pezzi." fece la sua macabra descrizione con gli occhi completamente persi nel vuoto, non riusciva neanche a guardarla.

"Non mi importa."

"A me si." la voce, che fino a quel momento era stata asettica, gli si strozzò in gola. "Sparisci." la supplicò.

 

 

~

 

 

3 Febbraio 1834, Genova.

 

La locanda quella sera era rimasta chiusa per poter permettere ai ragazzi della Giovane Italia di prepararsi al meglio all'azione che avevano in programma per il giorno dopo. Ma nessuno avrebbe pensato che quella notte si sarebbero dovuti trovare ad affrontare quello che stava succedendo.

La tensione era all'apice, molti avevano già abbandonato per sempre la causa, altri fuori di loro dalla rabbia chiedevano immediata vendetta.

"Compagni, quello che ha fatto Stefano è l'errore peggiore che potesse fare. Ma non è stato l'unico a fidarsi di quella donna. E adesso è inutile ucciderci tra noi." Lorenzo provava a calmare gli animi.

"Cosa cambia? Domani ci arresteranno o ci ammazzeranno perchè il nostro capo" Riccardo accentò quella parola con tutto il disprezzo possibile "era troppo impegnato a rincorrere la gonnella della figlia del maresciallo Radestcky. Non possiamo più fare niente e tu stai ancora qui a parlare di cosa è utile o inutile fare."

"Questo è ingiusto. Stefano non si merita..." provò a difendere l'amico ma venne interrotto dal diretto interessato."È giusto, mi merito questo ed altro. Ma non è vero che ormai è tutto inutile. Giustiziatemi, se volete, ma lasciate che Lorenzo vi guidi nella lotta che dobbiamo portare a termine."

"Certo, con la metà delle armi e gli Austriaci che sanno i nostri piani."

"Sappiamo per certo che domani verranno per arrestarci. Quello che possiamo ancora fare è non rendergli le cose facili. Abbiamo ancora tutta una notte per coglierli di sorpresa..."

"Quale sarebbe il nuovo piano?" Chiese Riccardo mostrandosi finalmente nuovamente fiducioso nei suoi compagni, segnando così una sorta di sodalizio all'interno del movimento in tumulto.

Stefano intercettò lo sguardo del ragazzo e lo ringraziò silenziosamente per l'aiuto. Riccardo era una testa calda, ma a differenza di quello che era solito far credere, aveva veramente a cuore la causa della Giovane Italia.

"Questa notte, appena ci alzeremo dalle nostre sedie, saremo messi davanti ad un bivio: tornare alle nostre case in attesa che il sole sorga e che vengano ad arrestarci, o assaltare la caserma di Piazza Sarzana, riprenderci le nostre armi e puntarle contro il muso stupito degli Austriaci che proveranno ad entrare nella loro caserma. E mentre useranno le loro forze per cacciarci via, altri gruppi ergeranno le barricate per tutta Genova."

 

 

~

 

 

Quella notte, i ribelli insorsero sfondando la porta della caserma e occupandola. Recuperarono le loro armi e le usarono senza pietà contro ogni Austriaco provasse ad entrare.

Avevano parlato di giustizia e libertà per anni, ma nessuno di loro aveva mai visto prima di allora tutto il sangue che erano stati costretti a versare. Ma, sopratutto, nessuno di loro era realmente preparato quando arrivò la notizia che, dall'altra parte della città, il corpo di Simone giaceva in una pozza di sangue.

Cercarono di mantenere la calma, ripetendosi che era giusto, per la libertà, per l'Italia unità!

E ci credevano veramente, anche quando dovettero usare i cadaveri dei loro compagni come scudo quando gli Austriaci stavano per avere la meglio.

 

~

 

La situazione si incrinò quando una giovane staffetta fece giungere la notizia che la barricata di Piazza San Domenico era caduta, e tutti gli insorti erano stati fucilati seduta stante senza avere l'opportunità di arrendersi. A poco servirono i tentativi di Stefano e Lorenzo di far mantenere la calma. Appena la paura trovò una crepa aperta, entrò tra le fila degli insorti per fare più morti di qualsiasi arma. Per questo, quando gli Austriaci comunicarono la possibilità risparmiare la vita a chiunque si fosse arreso volontariamente, la caserma si sgomberò in pochi minuti.

"Siate furbi, gettate le armi e arrendetevi, siete circondati." Disse un uomo nerboruto, vestito in alta uniforme, che si apprestava ad entrare nella caserma popolata ormai solo da cadaveri e dai pochissimi insorti che non avevano accettato la resa.

"Preferiamo morire qua dentro. Per la libertà, per l'Italia unità!" parlò fiero Stefano, anche a nome dei compagni rimasti.

"Come volete, per me non è un problema farvi fucilare in questo momento, proprio contro la parete della mia caserma che avete profanato." Camminava in modo rilassato, con lo sguardo puntato verso l'alto e le mani incrociate dietro la schiena, come farebbe un signore al parco la domenica mattina. "Ma prima di uccidervi, mi piacerebbe capire perchè lo fate... io capisco, è bello giocare a fare la rivoluzione, ma, non che abbiate mai avuto possibilità di vincere, ormai avete perso. È finita. Perchè volete morire?"

 

"Perchè a fare la storia non è solo ciò che è successo ma anche ciò che sarebbe potuto succedere ma non è avvenuto."

 

Una voce di donna si alzò, una voce che fece sussultare sia Stefano sia l'uomo che smise immediatamente di passeggiare.

Isabella si fece spazio tra i soldati, paralizzando al suo passaggio chiunque la stesse osservando. Allarmati gli uomini cercavano direttive dal loro comandante mentre ragazza si univa ai loro bersagli.

Quando fu tanto vicina da poter puntare i suoi occhi blu in quegli increduli e per la prima volta spaventati di Stefano, si arrestò "Ora capisco cosa vuol dire."

"Non so cosa tu creda di aver capito, ma devi andartene di qua."

"No." disse prima di prendergli la mano tremante.

"Questo ragazzo ha ragione. Non è posto per una donna."

"Ti sbagli, padre. Questo è esattamente il mio posto."

"Isabella, tra qualche secondo darò ordine ai miei uomini di aprire il fuoco contro chiunque si sarà rifiutato di obbedire e..."

"E io sarò qui."

"Dovrò giustiziare anche te se rimarrai lì."

A quelle parole Stefano prese tra le mani il viso della ragazza e lo avvicinò bruscamente al suo, in modo che potesse guardare nient'altro che i suoi occhi. "Ti prego, Isabella. Ti prego, vai via." e le iridi scure si riempirono di gocce lucenti.

Lei sorrise "Allora neanche tu sei pronto a veder morire chi ami." era una rara dote che possedeva quella ragazza, saper essere sfacciata davanti alla morte.

"No, no. Sei una stupida, Isabella." Pianse, come non pensava fosse possibile piangere.

 

"Ve lo domando per l'ultima volta, volete arrendervi?" Gregor Radestcky era un maresciallo da così tanto tempo, così tanto tempo che non sapeva essere altro, neanche un padre. Questo Isabella lo aveva sempre saputo. Stefano invece era un capo, un rivoluzionario, un uomo politico, ma sapeva essere anche un giovane ragazzo innamorato, che bacia una ragazza su uno scoglio in riva al mare.

Per questo motivo, gli asciugò le lacrime e scelse l'uomo che l'avrebbe accompagnata fino all'ultimo respiro.

"Scriviamo il prologo della storia?" chiese lei.

E quando le loro labbra si unirono in un nuovo bacio, come nella notte sul mare di Genova,Isabella pensò di morire, anche se sapeva che quella volta non sarebbe tornata a vivere dei respiri esalati dalle labbra di Stefano.
 

Fine.

  
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