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Autore: Elisa24g    26/04/2017    0 recensioni
In una terra dove la parola pace vuol dire solo un intermezzo tra una guerra e l'altra, senza possibilità di scampo dal terribile popolo del Vento, una famiglia decide di non arrendersi e di prepararsi alla battaglia, apprendendo i segreti e le magie di chi si nasconde da anni, in attesa della vendetta.
Teresa: dolce e buona;
Enn: curiosa, testarda e coraggiosa;
Rodd: di buon appetito, impaziente e sempre pronto alla risata;
Marcus: allegro e vivace, a volte provocatorio
Serin: reso muto dalla sofferenza, leale.
I genitori : innamorati, forti e coraggiosi, saranno disposti a rinunciare a tutto pur di proteggere la loro famiglia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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L'alba arrivò rapida, e ci svegliammo tutti, come al solito. Papà era già partito, non ci aveva voluto aspettare.

 

<< Sii forte, farò ritorno presto. >>aveva detto stringendo la mano di sua moglie , con un tocco che voleva dire ogni cosa, tutto il loro amore di quei quindici anni. Poi si abbracciarono, e lui partì.

 

Il viaggio verso la casa fu lungo, anche lui sentì gli odori intensi, che cambiavano avanzando, i rumori, che divenivano più forti, la paura, che insinuava dentro di lui. Non sapeva cosa sperare. Che Enn e Serin si fossero sbagliati, la donna stesse ancora lì, ed in tal caso avrebbe rischiato  la morte per mano sua, o che la casa fosse disabitata, e allora nessuna poteva sapere cosa sarebbe successo.

 

 In ogni caso, il risultato sarebbe stato un disastro. Cosa avrebbero fatto? Sarebbero scappati. Ma per dove? Quanto lontano si doveva correre, per evitare le razzie dei Signori del Vento? Esistevano villaggi al di là di quelli conosciuti da loro? Oppure dovevano aspettare. Ma aspettare cosa? Sarebbero comunque arrivati. Dovevano scappare. Preso dai pensieri non si accorse di un rumore alla sua destra, finche un cane non gli si avvicinò  ed iniziò a ringhiare. 

 

Era piccolo di statura, non sarebbe mai stato pericoloso, eppure continuava a mostrargli i denti, senza lasciarlo passare. Nella borsa aveva messo anche un piccolo coltello da caccia, con la lama affilata, per ogni evenienza. Non lo tirò fuori, non voleva uccidere nessuno. Si inginocchio, divenendo della stessa statura del cane, e lo fissò. Il cane continuò a ringhiare per un po', poi decise che non ne valeva la pena, e se ne andò per i boschi. 

 

Mio padre riprese il cammino, mostrando più attenzioni ai rumori intorno a lui, se non si era accorto di un cane, di certo non si sarebbe accorto nemmeno del Vento. Doveva stare più attento. Il sole era alto in cielo, lo poteva vedere attraverso gli alberi, i suoi figli dovevano essere già a scuola. Continuò a camminare ancora ed ancora, finche vide la curva, il rettilineo, e poi la casa in lontananza. Sentiva che non ci sarebbe stato nessuno. Non si vedevano più animali nei pareggi, non si sentivano più rumori, però fece comunque attenzione. Si nascose dietro gli alberi, allo stesso modo di Serin e di me, allo stesso modo strisciò, allo stesso modo ebbe paura prima di affacciarsi alla finestra e di vedere che non c'era nessuno. Almeno quella sera sarebbe tornato a casa. Poi avrebbero affrontato ogni cosa insieme. Poteva pure evitare di far preoccupare i ragazzi così presto, ma comunque la loro vita sarebbe cambiata di lì a poco, tanto valeva che iniziassero a pensarci. 

 

Aprì la porta e si guardò intorno. Non c'era nulla che facesse pensare a qualcuno che vivesse lì. Uscì dalla casa, mangiò un pezzo di formaggio e si decise a tornare indietro. Sarebbero dovuti partire, il prima possibile. Riprese il sentiero, ancora una volta percorse quella stretta stradina costeggiata dagli alberi. Poi sentì un rumore. Si fermò di colpo. Il cuore iniziò a battere forte, i nervi a fior di pelle. Afferrò il coltello, e si mise in attesa. Il cane uscì dal bosco e gli venne incontro.

 

<< Ancora tu. >> disse sollevato. Il cane, marroncino, con alcune macchie più scure, gli si avvicinò, e lo leccò. << Hai deciso che non sono un nemico, vero? >> disse lui accarezzandolo. Poi il cane si irrigidì, la coda appuntita, e lo sguardo perso nel bosco. Iniziò ad abbaiare, contro qualcosa di lontano, un nemico temibile e crudele. Una folata di Vento passò sulle loro teste. Un Vento freddo e pungente, capace di entrarti dentro  e che annunciava la guerra. "Stanno per arrivare, lo sento." Pensò.

 

Riprese il cammino, questa volta ad un tempo di marcia, per arrivare il prima possibile, con il cane al seguito.

 

Arrivò a casa che era sera. Sua moglie gli venne incontrò, lo abbracciò e baciò, con le lacrime agli occhi.

 

<< Ti avevo detto che sarei tornato. >> disse lui, e le strappò un sorriso bagnato.

 

<< Si, e con un amico. >> rispose mia madre accarezzando il cane.

 

<< Dobbiamo parlare. Raduna i ragazzi.>>

 

<< Sono già tutti in cucina. >>

 

Ed entrarono in casa. Teresa era in piedi, vicino alla porta. Rodd e Marcus sedevano uno accanto all'altro, io in una sedia poco distante.

 

<< Allora, >> esordì mio padre, << La casa è effettivamente vuota. Questo vuol dire che la donna che stava lì è stata portata nel loro villaggio. Non so cosa significhi, ma di certo nulla di buono. Ci sono due possibilità: restare, ed attendere il nostro destino, o scappare. Rodd, Marcus ed Enn, voi seguirete quello che decideremo, adesso uscite un momento. >> Noi protestammo un po', ma seguimmo il suo ordine.

 

<< Tes, te sei abbastanza grande, e sai cosa comporta restare. Se il resto del villaggio, deciderà di opporsi, moriremo. Se invece ci arrenderemo.. beh.. sai cosa faranno a te, tua madre, e alle altre donne del villaggio. Può anche essere che la scomparsa della donna dalla casa non significhi nulla, ma io credo che il Vento sia vicino. Per me, dobbiamo andarcene.  >>

 

<> annuì mia madre.

 

<< Ma dove andremo? >> disse Teresa, << Intorno a noi ci sono solo gli altri tre villaggi, che andranno incontro allo stesso destino, più in là c'è il fiume ed il mare, ed oltre non sappiamo cosa ci sia. Moriremo comunque. >> 

 

<< Almeno avremo tentato. >> disse mia madre.

 

<< E se tentassimo di opporci? >> chiese mia sorella.

 

<< Non c'è speranza contro il Vento. >> disse mio padre. 

 

<< Cosa dobbiamo portare? >> chiese mia madre.

 

<< Prendete più cibo possibile, è l'unica cosa che ci servirà. Ed i cavalli. Enn il suo ed io il mio, andrò nella stalla e ne sceglierò qualcuno per voi. >> nessuno della nostra famiglia, a parte me e mio padre, andava spesso a cavallo, anche se tutti sapevano montare.

 

Uscì e si diresse alle stalle. Avevamo sei cavalli, due pony e quattro puledri, tolti i nostri due, rimanevano sei animali, due per mia madre e mia sorella, due per i genitori di Serin, i due pony  per i miei fratelli. E Serin rimaneva senza cavallo, avrebbe montato dietro suo padre. Poi si diresse alla casa dei nostri fratelli nel cuore.

 

<< Sei tornato! >> esclamò sollevato Ted, il padre di Serin.

 

<< Si, ma non porto buone notizie. >>

 

<< Dunque è veramente disabitata. >>

 

<< Si. Noi partiremo domani all'alba. Ho pronti i cavalli anche per voi. L'unico problema è che Serin dovrà montare dietro qualcuno. Non abbiamo abbastanza animali.>>

 

<< Non ha importanza, ci adatteremo. Grazie per averci avvertito, e tutto il resto. >>

 

<< Siamo fratelli adesso, non c'è da ringraziare. Partiremo domani all'alba, tenetevi pronti. >> E si salutarono.

 

Poi mio padre andò in giro per le casa, bussando ad ognuna.

 

<< Cosa succede? >> risposero molte facce turbate.

 

<< La casa è disabitata, non so quando , ma presto saranno qui. Non so che intenzioni avete, ma noi partiremo domani all'alba. >> disse, senza lasciare spazio a commenti, erano molte le case che doveva visitare. Infine si diresse ad una piccola torretta. Dove un uomo gestiva tutti i piccioni viaggiatori. Erano l'unico mezzo di comunicazione con le città attorno senza dover ricorrere ai cavalli. Anche lì bussò, anche a lui disse quello che stava accadendo.

 

<< Avvisa le altre città.. >> disse mio padre.

 

<< Loro non sanno nemmeno a cosa vanno incontro..>> rispose lui.

 

<< Una ragione in più per dirglielo. Scrivi brevemente quanto sono violenti. Insomma avvertili. >>

 

<< Va bene.. >> rispose lui. Era un vecchio, con le ossa malridotte, i capelli radi, e le palpebre e guance cascanti tipiche della sua età.

 

<< Che il Vento non soffi sul vostro cammino. >> aggiunse l'uomo.

 

Nel frattempo mia sorella e mia madre stavano preparando delle sacche. Una per ognuno di noi, con dentro formaggio, pane, carne salata e gallette. Misero anche del miele e delle marmellate. Io e i miei fratelli stavamo raccogliendo l'acqua dal pozzo in quante più borracce possibili. Finito di preparare le sacche con il cibo, aggiungemmo una tunica di ricambio con dei pantaloni di pelle, e una cappa per proteggerci in caso di freddo. I miei fratelli parlavano eccitati, di cosa avremmo incontrato oltre il nostro villaggio.

 

<< Magari vedremo degli animali strani! >>

 

<< O un castello. Circondato da montagne! >>

 

<< Ma quali montagne, un castello è circondato da un fossato, con un ponte levatoio. >> e così via, per molto tempo ancora. Io non aggiungevo nulla alle loro fantasie, la mia testa era occupata a pensare a ciò che ci avevano insegnato a scuola. "I figli del Vento sono crudeli ed imbattibili, prendono le donne e ne fanno ciò che vogliono. A   undici anni non credo mi considerino una donna, però Tes.. e mamma.. Che cosa ne sarebbe stato di noi?". 

Mia madre e mia sorella parlavano di cose pratiche, di portare questo o quello, di scegliere un indumento o un altro, di quello che avremmo dovuto lasciare.

 

Poi mio padre arrivò a casa, ci chiese se tutto fosse pronto e ci mandò a dormire. La notte la passammo insonne, ognuno preso dalle proprie paure. Ognuno colto dalla nostalgia, dal dispiacere per quello che avremmo lasciato, dal terrore di venire uccisi, o peggio. Cosa sarebbe successo il giorno seguente? Avremmo fatto in tempo? Ci voleva mezza giornata di marcia verso Merra, o Gioven, una giornata per raggiungere Trenin. Noi saremmo dovuti andare oltre. La notte passò, ed il sole sorse.

 

Balzai dal letto e mi vesti rapida, lo stesso fecero i miei fratelli nella stanza accanto, mia sorella nel letto vicino al mio, i miei genitori due camere più in là, Serin, nella stanza dove morì sua sorella, e Ted e Glenn, al piano terra.

 

Mia madre doveva essere già sveglia da molto, aveva preparato una colazione abbondante.

 

<< Dobbiamo essere in forze per il viaggio. >> disse mentre si costringeva a mangiare, l'ansia aveva chiuso lo stomaco, a tutti tranne che a Rodd, l'unico a mangiare di gusto. C'era pancetta, uova, latte, mele, pane, miele e marmellata. In un quarto d'ora finimmo di mangiare. Poi mia sorella diede ad ognuno di noi il sacco di tela con dentro il nostro bagaglio. Un unico, piccolo fagotto, che racchiudeva le nostre speranze di vita, vuotato dei ricordi, o dei sogni. 

Teresa sognava di sposarsi, con quel ragazzo che conosceva appena; aveva immaginato che prima o poi si sarebbero parlati, che lui avesse trovato il coraggio per conoscerla, per innamorarsi e per sposarsi. I miei genitori sognavano la vita che stavano lasciando, avevano costruita una bella casa, avevano dei figli che amavano, un raccolto, del bestiame, dei cavalli. Stavano lasciando una bella vita, per andare incontro all'ignoto. Rodd e Marcus, nonostante tutti i discorsi eccitati del giorno prima, avevano anche loro paura. Uno sognava di diventare medico, di curare le persone come Teresa, l'altro di poter un giorno avere un enorme allevamento, con tanti cavalli ammirati da tutti. Ogni sogno doveva essere abbandonato in quella casa. Io avevo sempre sognato un viaggio, a cavallo di Azari, verso posti sconosciuti, però era un viaggio che desideravo, non una fuga. Serin ed i suoi genitori avevano perso i loro sogni con la morte della bambina e questa fuga era un altro tentativo per rimanere in vita, per continuare a combattere nonostante tutto. Anche loro avevano preparato dei sacchi di tela, con il poco cibo di cui disponevano. Mia madre aveva pensato anche a loro. Preparando tre sacche in più e dandole a Rodd, Teresa e me fino all'arrivo a casa loro.

 

Sellammo i cavalli. Cuscinetto, sella, redini e montammo. Alla testa c'era mia madre con accanto Teresa, dietro i miei due fratelli, ed a chiudere la fila mio padre ed io, che portavamo per le redini i due cavalli per i nostri fratelli nel cuore. Attraversammo la strada del villaggio, passando vicino al sentiero del bosco, e, ancora una volta, sentimmo il Vento aleggiare sulle nostre teste, con una minaccia di morte. Lungo questo primo, breve tragitto, vedemmo attorno a noi solo gli uomini e le donne che si occupavano di raccolti ed animali. Nessuno di loro aveva deciso di mettersi in marcia.

 

<< Ma cosa faranno? >> chiesi a mio padre

 

<< Non lo so. Io ho avvertito tutti. Credo che abbiamo deciso di restare e combattere, o arrendersi. >>

 

Raggiungemmo la casa di Serin che loro erano già sulla porta, ad aspettarci. Indossavano pantaloni di tela e delle camicie comode e larghe. Avevano dei piccoli sacchi, con un po' di cibo e qualche cambio d'abito. Mio padre ed io smontammo da sella, per aiutarli con i cavalli. 

 

Mio padre raccolse i tre sacchi in più da Rodd, Tes e me.

 

<< Tenete. >> disse porgendoli ad ognuno di loro.

 

<< Grazie, ancora una volta. >> rispose Ted per tutti. Mio padre e mia madre risposero con un cenno.

 

Poi diedi le redini del cavallo che portavo, un sauro, a Glenne, e l'aiutai a montare. Al padre di Serin demmo una cavalla grossa e buona, che poteva tranquillamente portare due persone. Infine, ognuno di noi in sella, con un sacco sulla spalla, ci mettemmo in viaggio.

 

<< Verso dove andiamo? >> chiese Marcus

 

<< Verso est, però eviteremo il villaggio, proseguiremo lungo la strada. >> rispose mio padre mentre dava di tacco al cavallo e si metteva in testa alla nostra carovana. Io gli stavo subito dietro. Andavamo al passo, per lo più, tranne in alcuni sentieri proprio rettilinei, dove potevamo trottare. Montavamo tutti sufficientemente bene, chi più chi meno, però sarebbe stato un viaggio lungo, e non potevamo farlo tutto al trotto, anche se io sarei voluta andare al galoppo, e volare via, più veloce che mai.

 

Il sentiero proseguiva dritto, per chilometri e chilometri. C'era un boschetto sulla destra, con pochi piccoli alberi. Sulla sinistra una pianura sconfinata. Iniziammo il viaggio molto silenziosi, ognuno perso nei propri pensieri; dopo circa mezz'ora i miei due fratelli iniziarono ad intrattenerci con alcune canzoncine. Parlavano di sogni, di viaggi, di avventure, con frasi inventate. Rodd iniziava una strofa, e Marcus la proseguiva.

 

<< Sotto il sole noi trottiam.. >>

 

<< Senza sosta camminiam.. >> , e nel giro di poco ci coinvolsero tutti. 

 

Dopo un'altra ora ci stancammo di cantare ed iniziammo a raccontare storie. Cominciai io, con:

 

<< C'era una volta un giovane stregone.. >> e così via. Occupando il nostro tempo nel tragitto

 

Dopo alcune ore ci fermammo per una sosta. C'erano degli alberi che offrivano un'ombra perfetta.

 

<< Stanchi? >> chiese mio padre. Ci eravamo seduti in cerchio, uno accanto all'altro. Ognuno aveva preso un pezzo di pane e formaggio dalla propria sacca, ed un sorso d'acqua. Dovevamo stare attenti a non mangiare troppo.

 

<< Non esagerare Rodd. >> lo ammonì mia madre.

 

<< Insomma.. >> dissi io rispondendo alla domanda di mio padre.

 

Tutti, tranne me e mio padre, avevano le cosce, la schiena e gli addominali doloranti, non essendo abituati a montare per ore di fila.

 

<< Avete idea di quanto manchi da qui a Gioven? >> chiese mia sorella.

 

<< Noi non passiamo per Gioven. >> rispose mio padre.

 

<< Si, lo so. Volevo solo saperlo. >> rispose lei, con lo sguardo basso.

 

<< Avresti voluto incontrare il tuo principe azzurro? >> chiese Marcus, rendendo mia sorella rossa dall'imbarazzo.

 

<< Marcus! >> lo rimbeccò mia madre. << Ti sembra il momento? >> La famiglia di Serin era molto silenziosa, non parlavano tanto se non per poche semplici parole in risposta a nostre domande. 

 

<< Beh, rimettiamoci in marcia. >> disse mio padre, che, evidentemente, guidava la nostra fuga. Noi tutti sospirammo, ci alzammo a fatica, e montammo a cavallo. Sarebbero ricominciate altre ore di viaggio, probabilmente fino a sera. E chissà ancora per quante ore, o giorni!

 

Durante il tragitto mi avvicinai a Serin.

 

<< Come va? >> gli chiesi. Con il fatto che non parlava, nessuno gli faceva domande. Credendo che non ci fosse modo per capirlo. I suoi genitori non gli avevano quasi rivolto parola dall'inizio del viaggio, abituati al suo silenzio. Ognuno di noi, invece, aveva provato a parlarci, una volta o due, e, non avendo risposta, avevamo smesso di farlo. Anche questa volta lui non rispose, però era il suo corpo a parlare. Aveva gli occhi bassi, leggermente chiusi, le mani abbandonate sul collo del cavallo, che camminava semplicemente seguendo il resto del branco, di certo non perché controllato da Serin; infine la schiena era curva.

 

<< Anche io sono stanca. Più per l'agitazione che per la cavalcata. >> dissi. Lui si girò a guardarmi, e accennò un sorriso. Forse avremmo potuto comunicare.

 

<< C'è un ruscello laggiù! >> indicò Rodd, che era avanzato al galoppo.

 

<< Ci possiamo fermare e prendere da bere. >> disse Marcus.

 

<< Si. >> rispose mio padre. << Però prenderemo solo l'acqua, senza fermarci a riposare o mangiare. >>

 

<< Va bene. >> risposero tristemente i due bambini.

 

Era un piccolo ruscello, che doveva arrivare da una fonte non molto lontana. Avevamo già percorso quella strada, mio padre, Tes ed io, per andare al mercato di Gioven. Qualche metro più avanti, dietro una curva, la strada avrebbe proseguito dritta fino alla città. Poche falcate e si arrivava. Noi non avremmo preso quella curva, dovevamo continuare dritti, dove il sentiero sarebbe terminato. Nessuno andava in quella direzione, che bisogno c'era per  proseguire in là? Non si sarebbero incontrati villaggi, né persone, né animali. Niente. 

Solo noi, nove persone in fuga.

 

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO:

Proseguimmo ancora, ed ancora. Ognuno iniziava a pensare che non saremmo arrivati da nessuna parte, che saremmo morti lungo il cammino, così stavamo tutti in silenzio, il nostro passo cullato solo dal suono attutito degli zoccoli sull'erba.

 

Infine il sole sparì dietro l'orizzonte. Non c'erano ripari, luoghi asciutti dove potersi nascondere. Non si vedevano più nemmeno gli alberi, solo qualche piccolo, insignificante arbusto.

 

<< Fermiamoci. >> disse mio padre.

   
 
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