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Autore: LilituDemoneAssiro    26/04/2017    1 recensioni
La scelta di Will è stata fatta: cadere e il suo bisogno di rinascere, portano lo spirito del cambiamento. La caduta, la perdita della grazia, e i nuovi occhi di Will si aprono al mondo. Le cose iniziano a prendere una piega inaspettata nel momento in cui il signor Graham comprende che la propria natura vive della sincerità delle proprie esternazioni, e il mondo ne avrebbe saggiato a breve uno spunto di tanto rinato gusto.
Genere: Horror, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedelia Du Maurier, Hannibal Lecter, Jack Crawford, Will Graham
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Mentre la tenevo tra le mie braccia, mi domandavo quale avrebbe potuto essere il peso del mio cuore.
Avevo impiegato troppa veemenza nel chiederle cortesemente di riposare e costringerla a quella piega scomposta, mi fece sentire quasi in colpa: stringevo tra le braccia il più curato agnello sacrificale visto dai tempi di Isacco, avrei dovuto esserne un degno custode.
… perché questi miei pensieri, se non mi riesce di smettere di piangere…
Il calore ed il candore emessi dalla sua pelle di porcellana, il respiro flebile e la sua fragilità alla mia mercé però mi avevano svuotato rendendomi alieno a me stesso, e io non sapevo più dov’ero. Feci solo pochi passi prima di rimanere atterrito da ciò che io stesso desideravo e mentre le gambe iniziavano a tremare convulsamente, il pianto iniziò a scendere feroce, crudele, senza limiti.
Hannibal dopo aver provveduto a chiudere la porta dietro di sé e sistemato le tende del salotto, mi raggiunse alle spalle: poggiò la sua testa sulla mia schiena e mi strinse forte ma senza pretese, se non quella di porre fine al fiume che dalle mie lacrime stava nascendo, e un giorno sarebbe stato la causa della mia morte prematura. Ma come avrebbe potuto, amor mio, se quelle lacrime nascevano proprio dalla tomba che nella mia anima mi ha aiutato a scavare e sulla quale un monumento funebre senza precedenti, mi ha aiutato ad innalzare… Non avrebbe potuto far nulla, a conti fatti.
…sono fumo…
Il peso del suo orrore gravava sulla mia vertigine ed io perso vagavo, in quel vortice. Lo sentivo e non chiedevo altro che il suo respiro continuasse a render la mia mente terra fertile e il mio corpo una primavera di colori; ma il suo sguardo non faceva altro che aprire tra i prati e le foreste della mia immaginazione profonde spaccature, dalle quali non intravedevo altro che pareti formate da centinaia, anzi che dico migliaia di corpi smembrati, ammassati l’uno sull’altro, usati come calce per tenere insieme le alte mura del girone dell’inferno che con amore e costanza avevo costruito quegli ultimi anni, da quando lui aveva fatto capolino nella mia vita e gli avevo chiesto cortesemente di non psicoanalizzarmi, perché non gli sarebbe piaciuto affatto cosa avrebbe potuto trovare in me.
In fondo avevo sempre saputo che qualcosa di oscuro e violento si nascondeva sotto la mia pelle di cristallo, ma neppure tra mille vite, avrei pensato che cercare disperatamente di impedire che quella mia avversione per la vita altrui venisse a galla, avesse potuto rivelare effetti tanto devastanti.
Il peso di Hannibal su di me era il conforto di un dannato all’inferno prima che, ancora e ancora, la sua pelle venisse strappata da tenaglie e la sua carne condannata alle fiamme in eterno; perché sentivo che lui, su di me, rendeva il mondo un luogo ospitale dove avrei potuto sentirmi a casa e, finché le sue labbra avessero continuato a posarsi sulle mie, nulla potevo temere o rimpiangere. Ma finché guardavo quella pelle rosea e profumata affacciarsi dalla scollatura della camicetta del prossimo trofeo tra le mie vittorie, stupendo regalo che il destino aveva voluto porre sul mio cammino una volta ancora, mentre vedevo il volto di Hannibal riflettersi nello stagno profumato dei miei incubi, non desideravo altro che affondare il serramanico per vedere se il cuore del mio candido cerbiatto, fosse stato altrettanto curato e pregiato.
…Hannibal, Hannibal, Hannibal, non vedo, non sento, non respiro altro che te…
Chinai la testa, in segno di penitenza.
Provai a scrollare di dosso quella sensazione di fastidiosa impotenza, e voltandomi appena verso Hannibal poggiato su di me, sdrammatizzai dicendo: “Sarà di elevata fattura, ma non ho mai sopportato il suo profumo. Credo di esser addirittura allergico, guarda che lacrime...! Meglio dirigersi in cucina, non perdiamo altro tempo, i preparativi vanno realizzati a dovere”, conclusi, ammiccando.
Mentre lo sentii sollevarsi dalla mia schiena, prese un profondo respiro portandosi innanzi a me, e, prima di iniziare a farmi strada sino alla cucina, si voltò e disse: “Finalmente. Andiamo, ora.”.
Quel tavolo di marmo su cui l’avevo lasciata era così freddo rispetto alla carne palpitante che fino a qualche secondo prima avevo tenuto stretta tra le mia braccia; la lama nella mia tasca, in compenso, bruciava.
La povera Bedelia giaceva inerme dinanzi a me, e io non sapevo più se provare sconforto per la sorte che le stava per rovinare addosso o se iniziare a preoccuparmi del fatto che lo stato di semincoscienza in cui versava avrebbe trovato a breve termine, e io trovavo mortalmente fastidioso l’idea di sentire la sua voce passare il tempo ad implorare pietà mentre io ed Hannibal preparavamo la serata del nostro primo rendez-vouz ufficiale: io, lui, e tutta la carne che fossimo stati in grado di lavorare ad hoc fino a che l’ultimo soffio di vita, non l’avesse abbandonata.
…Tu non hai avuto pietà di coloro che Hannibal ha ucciso e fatto a pezzi con te nei paraggi, perché dovrei averne ora io, maledetta cagna…
Respirare lentamente mi avrebbe aiutato a non perdere il controllo, dovevo mantenere la concentrazione, mi stavo smarrendo di nuovo nell’incubo dell’orrore e del sangue, e non volevo; mai come in quel momento sentivo il bisogno di usare la lama nascosta tra i miei occhi per tagliare il velo che separava la realtà dalla mia verità.
Irruppe però Hannibal nella retorica in cui lasciavo sciogliere i miei stessi pensieri alle volte, e disse, sparando a bruciapelo sulla mia soglia di attenzione quei giorni decisamente suscettibile agli impatti:
“Per cortesia, Will, toglile la camicetta e voltala. Ho necessità che la sua schiena sia in bella vista, dovrò essere decisamente accurato, a breve.”
…Cosa? ...
“Hannibal, cosa…”
“Ti fidi di me?”
“Non mi sembra di fare altro da quando ti conosco. Volente o nolente, febbricitante o meno. E maledizione, d’accordo, la spoglio. Aiutami solo per voltarla delicatamente, non vorrei che la bassa temperatura della pietra a contatto col viso, possa aiutarla a risvegliarsi anzitempo…”
Iniziai a sentire il cuore salirmi sino in gola tanto l’idea di spogliarla suonava stonata tra le note del requiem che il giullare nella mia testa aveva iniziato a suonare, solitario, muto.
“Di cosa ti crucci, io sono qui. Non temere. Però appena avrai fatto ciò che ti ho chiesto, spostati qui innanzi alla sua testa, ho bisogno di un favore ancora, so che non me lo negherai. Appena te lo chiederò, mettile una mano sulla bocca e fai pressione quanto più ti è possibile, devi impedirle di urlare. Ma non staccare gli occhi dai miei neppure un momento. E no, perdonami, stavolta non ho intenzione di essere il bastone su cui fanno leva i tuoi capricci. Ma saprò farmi perdonare, in questo, hai sempre potuto confidare.”, concluse inclinando la testa verso sinistra, sorridendomi come solo il diavolo sa fare.
Ribollivo di rabbia ma dalle mie gambe uscivano radici che mi saldavano a terra, desideravo le mie mani intorno al suo collo stringere tanto da spezzarlo e vedere la sua testa rovinare all’indietro senza vita, ma smettere di guardarlo e desiderarlo, nonostante tutto, mi era impossibile.
“…Va bene.”
La presi tra le mie braccia una volta ancora per poterle togliere le maniche senza scuotere il suo sonno al di là del necessario, ma a quel punto Hannibal improvvisamente aveva smesso di proferire anche solo un suono, e preferiva guardarmi, sorridendo beato, mentre da bravo obbedivo alla sua ipnosi una volta ancora.
…. Ti sfido, Hannibal. Qui ed ora. Agisci, e che sia una mossa in grado di far suonare le trombe del giudizio e saltare i cancelli del paradiso, o sarà peggio per te…
Pensai, mentre lo guardavo dal di là della spalla della dottoressa. La creatura che si nascondeva sotto la pelle, iniziò a mordere.
Dopo aver preso dal porta utensili accanto al lavabo quello che sembrava un pestello anch’esso di marmo, Hannibal iniziò a scorrere le dita lungo la spina dorsale della nostra ospite, che iniziava ora ad emettere lievi mugolii, segno che il tempo della calma volgeva al termine. Ma fui subito incuriosito, non capivo e avrei voluto capirlo, lo vedevo scandire con le labbra dei numeri, calmo e molto attento, disegnando con le dita la forma di ciascuna vertebra sino a che, giunto al numero 9, si voltò serafico verso di me e sentenziò: ”Ora”.
Il volto di Hannibal rimase impassibile tutto il tempo, seppur non ne occorse molto per realizzare ciò che aveva in mente: nulla era trapelato dalla sua espressione che mi spogliava senza alzare neppure un dito, che mi prendeva a sé e mi conduceva in una danza in punta di piedi sul fiume di sangue che ci stavamo lasciando alle spalle, nulla, a partire dal momento in cui il braccio che impugnava il pestello si era sollevato fino a quando si era di nuovo abbassato rovinando in maniera così violenta e feroce sulle ossa della dottoressa, da lasciarmi quasi di sasso.
...E’…E’…Bellissimo.
Dritto alla t9 aveva emesso un tonfo sordo che a malapena aveva coperto il rumore della vertebra che si spezzava, mentre il volto della dottoressa implodeva per il dolore provocato dal trauma: la mia mano non riusciva a contenere tutta la saliva che la sua bocca, nell’urlo che le stavo ricacciando in gola, tentava di vomitare.
Il mio Sire mi chiedeva di danzare e cantare, come avevo potuto anche solo pensare di rifiutare un suo desiderio da realizzare.
Il mio Sire era apparso accanto al Giullare che si apprestava a suonare le ultime note del requiem che sullo spartito aveva scritto col sangue, non indossando null’altro se non la pelle dell’ultimo schiavo che era stato sacrificato, carne da macello che in nessun altro modo sarebbe stato possibile impiegare.
Il mio Sire aveva sollevato quella pelle e l’aveva poggiata sulla mia tenuta mentre la corte si era ritirata nelle proprie stanze, ed ora eravamo soli, persi l’uno nell’odore del sangue sull’altro, mentre la sua mano prendeva la mia, e la portava sul pugnale che aveva nascosto sotto il mantello.
Il mio Sire innalzava il manico d’avorio intarsiato tra i dannati dell’inferno che tra le mani stringevamo, lo avvicinava alle mie labbra, e mi chiedeva un bacio sulla lama.
“Per l’amore che questa lama prova per coloro ai quali concede il dono della morte, prestami qui il tuo voto, o muori su di essa, e non fare mai più ritorno”, le sue parole.
Il mio Sire era tutto ciò che per il resto della mia inutile vita avrei voluto servire e, dopo aver baciato la lama, la usai per aprire sul mio palmo un occhio sull’incubo; al che, inginocchiandomi alla sua grandezza e stringendo la mia mano sanguinante ai suoi piedi, chinai il capo tintinnante e proferii il mio giuramento:
“Non avrò mai altro incubo all’infuori di te, non servirò mai altro orrore che non sia il piacere che posso dare a te.
Nel dolore, nell’amore, nella truculenza di questo orrore, io getto il mio sangue ai tuoi piedi, perché nulla di me ha valore se non votata a te.”
…Hannibal, ti voglio…
Mi svegliai d’improvviso da quel sogno stringendo la testa di Hannibal a me, che lo baciavo intensamente.
Bedelia aveva perso nuovamente i sensi dopo che si era conclusa la scarica di adrenalina provocata dal trauma alla colonna vertebrale e, girati gli occhi indietro, si era lasciata andare ad una posa a dir poco volgare, completamente riversa nella pozza di saliva che lei stessa aveva lasciato. La mano destra penzolante nel vuoto aveva un tic all’estremità delle dita che si muovevano a scatti, pochi istanti, poi si fermavano, scuotendo quello che di lei a breve sarebbe rimasta unica parte del corpo dotata di recettori nervosi funzionanti. Con quella frattura Hannibal probabilmente aveva cercato di sopperire alla mancanza di anestetici in grado di consentirgli di lavorare quanto più possibile con ciò che la nostra amica aveva da offrire prima che il politrauma che la stava per investire, la portasse tanto vicina alla morte da toglierle ogni forza per interloquire con i suoi attenti e amorevoli ospiti: non penso di aver mai sentito tanto trasporto nei suoi confronti come quello che provavo in simili frangenti.
“So bene da quanto tempo le spedivi ricette corredate dai più sentiti auguri. Dunque, tralasciando inutili duelli verbali senza esclusione di colpi, da cosa vorresti cominciare? A mio modesto parere, data l’altezza della frattura, le gambe… Almeno per un po’, non avrà da ridire su ciò che sta accadendo.”, dissi, dopo aver salutato un ultimo momento le sue labbra e poggiato la mia fronte alla sua.
“Io ti ho promesso grandi cose stasera, tu mi hai promesso grandi cose in questa occasione, questo è ciò che abbiamo sempre meritato, e lo prenderemo, lo strapperemo dal calice della vita. E ne godremo ampiamente amore mio, gli antichi baccanali impallidiranno a confronto… e io sarò ancora tuo, e tu sarai mio. Come stasera, ora, e sempre. Ora, dimmi cosa posso fare. Vado a cercare non so, qualcosa per contenere le emorragie? Bisturi ne hai o sai dove lei potrebbe averne? Hai bisogno di strumenti di precisione, dovrà essere una festa, non una mattanza. Perlomeno, non è richiesto...subito.”
Sorrisi compiaciuto mentre la mano del Wendigo compariva sulla mia spalle, ed io divenivo d’improvviso infinitamente potente, seppur di riflesso a ciò che in Hannibal vedevo straripare su di me.
…Fammi godere Hannibal, che niente di lei e del mio amore per la vita, sopravvivano a questa lunga notte….
“Hai già compreso la natura del gusto che voglio mostrarti, piccolo passero. La fretta nella vita non è mai una consigliera avveduta: impara ora dunque che prendere il tempo necessario alla soddisfazione del piacere, e modularlo nel tempo, renderà la tua vita degna di esser vissuta e probabilmente, a molti darà finalmente un senso seppur in vista della fine. Nel tuo piacere loro potranno brillare dunque starà a te, per impedire che divenga un vuoto omicidio fine a se stesso, raggiunto l’apice saperlo carezzare, sfiorare, baciare, e leccare ancora e ancora finché non ne sarai sazio. Io non cercherò mai di strapparti al tuo divenire: sappi solo che arò sempre accanto a te, quindi non dovrai mai aver paura nelle tenebre, perché non saranno vuote. Ora, per cortesia, dirigiti nello studiolo, quello che hai visto passando prima dall’esterno. Nello scrittoio di mogano accanto la sua poltrona, la dott.ssa Du Maurier ha una fornitissima cassetta del pronto soccorso in cui ho provveduto ad inserire un interessante doppio fondo prima della nostra partenza per Firenze. Ti andrebbe di andare a prenderla?”
Mi ritrovai letteralmente a volare per la contentezza tra le camere e nel vedere la gamba sinistra della cara Bedelia abbondantemente stretta a metà coscia con dello spago, compresi quanto la festa avrebbe rivelato connotazioni a dir poco interessanti.
“Taglia Hannibal, taglia. E ti prego, non risparmiare dettagli su ciò che sto vedendo.  Ho appena messo piede nella tana del bianconiglio e, data l’esperienza, la caduta stavolta voglio godermela.”, dissi senza alcuna remora.
“Mi stai permettendo di fare la tua storia, quindi… Io… Io… allora sappi che devi perdonarmi. E’ capitato, ma non metterò mai più in dubbio la tua parola quando sentirò dirti che mi ami. Ti amo anche io Will, e questo è sempre stato il mio dono per te. Non avrei mai potuto pensare a qualcosa di più grande dello splendore dal quale ti vedo tendermi la mano… La tua purezza devasta le mie certezze sin dalla prima volta in cui ho posato i miei occhi su di te, e ho sempre saputo che avrei potuto vederti fiorire solo raggiungendo la primavera delle tue percezioni. Bene, se ciò che cerchi è soddisfazione alla tua sete di conoscenza, vieni. La gamba della nostra amica non ha più sensibilità, vedi?”, e prese a puntarle sulla pelle l’ago di una siringa che aveva estratto dalla cassetta che gli avevo appena porto.  
“Possiamo iniziare, ho già controllato, e gli ingredienti di cui abbisogno per deliziare il tuo palato sono a mia disposizione. Stasera niente carpaccio, sono sicuro che nonostante non sia prosciutto, apprezzerai lo stesso come ho intenzione di cucinare questo tenera maialina.”
In quella Primavera di Vivaldi che iniziò a riecheggiare nell’aria, bramavo l’infinito.
Pelle, carne, vene, tendini si dissipavano tra le mani di Hannibal come la tela di Penelope perdeva la sua forma ad ogni imbrunire; e in quel sangue che a mano a mano iniziava lento a gocciolare a terra, ritrovavo me stesso. Le sorde lamentele e le inutili preghiere di Bedelia, oramai sveglia e conscia del fatto che non potendo più muovere le gambe qualcosa di più grande della sua volontà era già in moto, non sortirono alcun effetto sulla mano sapiente e amorevole che non lasciando nulla al caso, si muoveva abile clampando ove necessario e scansando, più che fosse stato possibile.
…Quelle mani saranno la mia rovina…
E un vivido rossore mi divampò in volto.
Ben presto un tovagliolo della cucina divenne un bavaglio improvvisato tanto eravamo stufi di quel chiacchiericcio e pianto isterico senza futuro cosicché la nostra amica si ritrovò ad inondare di lacrime il suo silenzio, assieme alla possibilità di avere ancora quell’arto integro di lì alle successive due ore.
Poggiandole la mano sul capo e carezzandola placidamente mi ritrovai a sussurrarle:
“Ssshhh Bedelia, ssshhh…. Non temere. Bellissima lo sei sempre stata, ma ora ancor di più. Hai ragione comunque, sarebbe davvero stato meglio tu fossi stata l’ultima delle mogli di Barba blu, una possibilità di uscire viva dalle stanze del palazzo l’avresti avuta ma sarà per la prossima vita, non temere. Perlomeno pensa che non sentirai nulla di ciò che accadrà… Beh, almeno non finché sarai sotto le cure di Hannibal. Mi preoccuperei appena lo vedrai sazio che riposa, perché là, sarà il mio turno.”
Sorrisi come solo una maledetta bambola di porcellana senza vita, sa fare.
Appena furono due e non più una, chiesi ad Hannibal cosa avessi potuto fare per rendermi utile, la pozza di sangue ora ricopriva una porzione abbondante del tavolo su cui era poggiata, e non era possibile adoperare la cucina in quelle condizioni.
“Ascolta, ora cauterizzerò la ferita quanto mi sarà possibile, poi appena sarà bendata a dovere, portala nel bagno padronale. Qui non è il maggiore dei problemi, ho prodotti a non finire per rendere di nuovo la zona immacolata: ma lei in queste condizioni a cena non la voglio, dobbiamo aiutarla a darsi un contegno. Ebbene sì Will, lei sarà una degna ospite dall’inizio della fine… E noi faremo in modo tale che nulla le venga a mancare, perlomeno non di vitale, o non ancora. Apriamo le danze mio piccolo enfant prodige, stasera voglio vederti volare.”
“Ed io, stasera, non vedo l’ora di poterti gustare.”
Mentre sollevavo quel macigno fatto di disperazione, vidi la mia strada accendersi nelle fiamme.
E ne fui compiaciuto.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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