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Autore: Rossella Stitch    26/04/2017    5 recensioni
Ma lei era sua. La sentiva sua in un modo viscerale, inspiegabile talvolta ed anche se sapeva che questo tipo di comportamento non era giusto, non riusciva proprio ad impedirsi di provare tali emozioni. Durante una conversazione con Alex avuta i primi mesi della sua relazione con Maggie, Kara si ritrovò a chiederle cosa si provasse ad innamorarsi di una donna. La bionda ricordava esattamente il sorriso genuino della sorella, gli occhi scintillanti di felicità e le parole che solo molto tempo dopo avrebbe capito: Lei è come un essere mitologico, a metà tra tutto ciò che ho sempre desiderato e tutto ciò che credevo di non poter mai avere. Il tutto condito con un pizzico di follia.
E da quando Lena aveva iniziato a riempire le sue giornate… tutto era diventato più comprensibile per Kara.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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LISTA DI PAROLE SCELTA: THE BABY LIST

PAROLE DI CUI E’ COMPOSTA LA LISTA:
  1. RECITAZIONE
  2. QUATTRO
  3. CENA
  4. PETALO
  5. APPLAUSO
  6. SIPARIO
  7. BARBA FINTA
  8. CANZONE
     
 
 



 
KATYSTA
 








 
“The best way to predict the future is to create it.”
Peter Drucker
 
 









 
“In conclusione Miss Luthor, ai giovani ragazzi che stanno cercando ancora la propria strada, a tutti coloro i quali traggono ispirazione da personaggi pubblici come lei e sperano in qualche sorta di spinta motivazionale… se avesse di fronte a lei uno di questi giovani, cosa consiglierebbe?”

“Vede Melinda, qualche anno fa una persona che per me oggi è fondamentale mi diede un consiglio importantissimo: sii l’eroe di te stesso. E potrà sembrare al mondo una tipica frase preconfezionata, ma posso giurare a tutti voi che quella frase è stata pura benzina gettata su un piccolo fuoco di paglia. Non avevo idea di essere così poco fiera di me prima di allora, ma ad un certo punto ho semplicemente capito che dovevo fare prima di tutto i conti con me stessa, per poter essere effettivamente ciò che desideravo essere.”

“Wow… beh se la regia ci può inquadrare in primo piano Miss Luthor, credo che a questo punto tutti siamo ansiosi di scoprire cosa ha da dire alla popolazione in erba di National City.”

“Assolutamente Melinda, l’inquadratura prima di tutto.” Disse Lena scherzando, sorridendo amabilmente verso la telecamera quando la vide posizionarsi proprio in direzione del suo viso. Si schiarì la voce e senza indugio guardò dritto di fronte a sé, come se volesse comunicare ad ogni singolo spettatore le sue parole nel modo più sincero e sentito possibile. “ A te che hai gentilmente deciso di guardare questa intervista oggi, posso dire soltanto ciò che ho ripetuto a me stessa per anni: sii a tuo agio con la tua diversità. Non devi adattarti. Non devi per forza essere come tutti gli altri. Non adattarti se ti fa male. Non avere paura di abbracciare la tua natura più autentica. Non aver paura di come ti vedrà il mondo. Mentre gli altri cercano di adattarsi al mondo, fa che sia il mondo ad adattarsi a te. Ti chiedo di cercare di diventare insensibile all’influenza delle opinioni altrui e di ergerti in una moltitudine di idee. Sicuro nel sapere che mentre gli altri si sono accontentati del quotidiano, tu hai esplorato l’eccezionale. Se non ti interessa mostrare il tuo lavoro al resto del mondo, nonostante la voce del tuo critico interiore, allora direi che sei già sulla buona strada. Ho una vita difficile, ma eccezionale. E fidatevi, se avrete coraggio… beh, ne varrà sempre la pena.*”

Qualche minuto dopo lo scroscio degli applausi emessi dalla televisione e il successivo ritmo della sigla finale appartenente al talk show, fecero capire a Kara che l’intervista oramai era giunta al termine. Afferrò con delicatezza il telecomando fino a poco prima abbandonato di fianco a lei e spense con un clic l’apparecchio.            
Era tarda serata e sapeva che Lena non sarebbe tornata prima della mezzanotte, visto che quest’ultima le aveva comunicato giorni prima di una cena di lavoro che avrebbe contribuito in maniera esponenziale alla pesantezza di quella giornata già di per sé ricca di eventi.

Consapevole del ritardo quindi, Kara decise di rilassarsi del tutto lasciandosi cullare dal tepore delle lenzuola. Affondò definitivamente il viso nei cuscini, chiuse gli occhi e concentrò la sua attenzione sul rumore costante della pioggia che si infrangeva con irruenza sulla finestra della camera. Avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe rilassata, nulla di più.

Quando Lena rientrò finalmente in casa però, erano le quattro del mattino e una volta entrata in camera non poté fare altro se non sorridere alla vista della sua bellissima ragazza raggomitolata su un fianco, un piccolo broncio a decorarle il viso e gli occhi chiusi. Probabilmente aveva tentato di aspettarla sveglia senza evidente successo e le luci soffuse della stanza ne erano la prova inconfutabile.

Decisa a non perdere altro tempo, recuperò velocemente i suoi effetti personali per poi recarsi al bagno dove si struccò con cura, lavò i denti e pettinò i lunghi capelli corvini che poi raccolse in una treccia morbida. Quando iniziò a spogliarsi, un brivido di freddo le serpeggiò lungo la schiena e si rese conto di quanto le temperature fossero basse quella sera anche a causa del mal tempo. Indossò velocemente una maglia larga che le apparteneva dai tempi dell’università e rapidamente raggiunse poi il letto, sgusciando sotto le coperte al caldo.

Con naturalezza - come se l’altra l’avesse sentita arrivare - Kara si girò in direzione di Lena e senza troppi convenevoli drappeggiò un braccio e una gamba sul corpo della mora, che sorridendo beata, strisciò sempre più vicino al corpo di lei fino ad incastrare il viso nel suo petto. Rilasciò un lungo sospiro stanco, ma felice e in poco tempo le braccia di morfeo l’accolsero con trepidazione.
 



 
***
 




Un invitante odore di burro fuso aleggiava nella stanza quando Kara aprì gli occhi per dare il buongiorno al mondo. Si rotolò per qualche minuto nell’enorme letto, stropicciandosi la faccia ed emettendo alcuni versi gutturali in risposta alla consapevolezza di dover alzarsi dal letto contro voglia.            
Il rumore del furgone della nettezza urbana imboccò in quello stesso momento la Quinta strada, il ragazzo del secondo piano che abitava nel palazzo di fronte aveva iniziato a cantare sotto la doccia e il rumore dello stormo di uccelli annidati tra i rami della quercia poco dietro l’angolo – lo stesso che emettevano ogni volta che il tizio della locanda all’angolo gettava la spazzatura – fece capire a Kara di essersi svegliata in orario. Di norma aveva il sonno molto pesante, per cui ogni sera impostava la sveglia del cellulare vero le 8.15 del mattino, in modo da godersi tutti i suoi rumori preferiti del quartiere e poter assaporare con tranquillità il tepore delle lenzuola.  

Nonostante alcuni spiacevoli inconvenienti del passato dai quali aveva imparato molto, il super udito sarebbe sempre stato una delle abilità che preferiva tra tutte: poteva essere in contatto con il mondo intero, con ogni elemento della natura e sapere di poter arrivare ad ascoltare l’inudibile l’aveva sempre ritenuto magico. Grazie a quel potere riusciva a carpire la magia dell’invisibile, era in grado di scoprire i segreti del mondo e della natura e per questo si sentiva sempre così grata e fortunata.

Il mormorio incalzante di una canzone però, le fecero capire che l’odore di burro fuso proveniva da nessun altro luogo se non la sua cucina e realizzò che quella mattina sarebbe stata fantastica in ogni caso, ma con una buona e deliziosa colazione in casa cucinata da Lena lo era ancora di più.

Scivolò fuori dalle coperte con agilità e prese un elastico dal comodino con il quale legò i suoi lunghi capelli biondi. Si diresse verso la panca posta ai piedi del letto e recuperò la larga felpa blu che anni fa aveva rubato a suo cugino e che era perfetta per lei, perché la copriva almeno fino alle ginocchia e visto che quasi tutte le mattine si svegliava indossando soltanto una maglietta larga e gli slip, non c’era modo migliore per riscaldarsi se non quello.
Uscendo dalla stanza, lanciò una veloce occhiata al calendario e si rese conto di che giorno fosse: oggi sarebbe stato il giorno del Katysta su Krypton, una festività che sul suo pianeta ricorreva ogni due anni e che si regolava in base ai cicli della luna verde.    
       
Da ragazzina, molte notti si era ritrovata a sussurrare ad Alex storie sul suo pianeta, sulla sua cultura e sulle loro tradizioni e solo Rao poteva sapere quanto lei da bambina amasse il Katysta.

In quelle notti fatte di segreti e confessioni, Alex aveva scoperto che Katysta in kryptoniano significava ‘coraggio’ e la popolazione celebrava quella giornata con grandi banchetti, giochi e prove che coinvolgevano uomini e donne. Tutto con lo scopo di omaggiare il potere del coraggio. Un coraggio che Kara aveva sempre vissuto e sentito su più livelli, perché per lei Katysta significava condivisione, sentimento, voglia di affrontare le proprie paure per migliorarsi e soprattutto significava essere uniti gli uni con gli altri, essere coraggiosi insieme per il bene comune. Perché soltanto insieme si possono superare i propri limiti ed abbracciare la vera essenza di cui siamo composti e questo Kara lo aveva imparato per esperienza.

Non aveva più festeggiato il Katysta da quando la sua navicella si era lasciata alle spalle un pianeta sulla soglia della morte, ma per il suo ventiquattresimo compleanno, Alex le aveva donato uno dei regali più belli in assoluto: la possibilità di poter festeggiare di nuovo l’evento. Sua sorella infatti, tramite ricerche, algoritmi e altre strane congetture da scienziata super intelligente, aveva scoperto le giuste coordinate della luna verde e aveva così iniziato a monitorarne la geografia. Quando poi J’onn le aveva confessato di essere un marziano, aveva anche condiviso con lei le sue conoscenze extraterresti ed aveva scoperto che l’uomo possedeva le informazioni necessarie per far si che Katysta potesse ritornare una festività ricorrente.

Quando raggiunse la cucina, le note di I love Rock n’Roll di Joan Jett invadevano prepotentemente l’ambiente e una Lena scalza, con indosso degli skinny jeans ed una larga camicia rossa a quadri era in piedi accanto ai fornelli, intenta a preparare quelli che dall’odore sembravano pancake al cioccolato. Spostò poi l’attenzione al tavolo e notò che su di esso c’era già succo di frutta, caffè, cappuccino, bacon, uova e i suoi tanto amati muffin ai frutti di bosco.

Senza pensarci due volte raggiunse la sua ragazza e appena le fu abbastanza vicina le cinse la vita con le braccia, affondando subito dopo il viso nel suo collo, cospargendolo di teneri baci.

“ Adoro quando prepari la colazione.” Borbottò Kara, tornando a baciare poi la pelle sensibile dietro l’orecchio di lei. “Si festeggia qualcosa?”

“Si, tua sorella l’altro giorno mi ha detto che oggi sarebbe stato un giorno importante per te, quindi ho deciso che una bella colazione sarebbe stata l’ideale per iniziare bene questo sabato.” Rispose gioiosa Lena, girando nel frattempo un pancake e abbassando poi il fuoco per non far bruciare il contenuto della padella.

Kara attese che l’altra poggiasse la spatola nel piattino prima di farla voltare verso di sé e stamparle un languido bacio sulle labbra, stringendole i fianchi con fermezza e iniziando a ridere felice.

“Non ci posso credere, davvero ti ha parlato del Katysta?”

“Beh no, non ho idea di cosa sia in effetti. Però mi ha detto che tu festeggi da anni una ricorrenza particolare e quindi…” Spiegò Lena, scostandosi leggermente dall’altra per spegnere i fornelli e mettere anche l’ultimo pancake assieme agli altri. “Dai, andiamoci a sedere e spiegami cosa festeggiamo oggi.” La incitò poi, prendendo con una mano il piatto pieno di pancake e con l’altra agguantò la felpa di Kara per trascinarla con sé.

Quando entrambe ebbero preso posto al tavolo ed iniziarono a servirsi, Kara notò che la superfice di quest’ultimo era ricoperta di piccole margherite. Ne raccolse una e notò che si trattava di fiori freschi, per cui l’avvicinò al naso e subito l’odore frizzantino tipico dei fiori di campo le inondò le narici.  

Senza che se ne rendesse conto però, qualche petalo le cadde nel piatto e fu inghiottito in un secondo dalla quantità industriale di sciroppo d’acero che Kara aveva spruzzato sui suoi pancake e quando posò il fiore per iniziare a mangiare tutte quelle bontà culinarie, non si accorse di aver portato nella sua bocca anche un po’ della piccola ed indifesa margherita.

“Amore…”

“Mh?” Rispose Kara, con la bocca piena di cibo.

“Non vorrei essere puntigliosa, ma credo tu abbia mangiato un po’ di pancake al retrogusto di margherita.” La rimbeccò bonariamente Lena, avendo gustato tutta la scena seduta dall’altro lato del tavolo.

Kara finì di masticare il boccone e guardò il piatto, notando che effettivamente sparsi qui e lì c’erano residui di margherita. “Beh…” Iniziò, prendendo un sorso di cappuccino. “ E’ biodegradabile, no?”

A quella risposta, Lena non poté fare altro se non scoppiare a ridere di cuore e iniziare anch’ella a mangiare ciò che aveva preparato.

Mangiarono in tranquillità, godendo della reciproca compagnia e scambiandosi qualche parola riguardante l’intervista che Lena aveva rilasciato la sera prima al talk show.  
Era sempre strano per Kara vederla alla tv, non perché non apprezzasse la notorietà dell’altra o per chissà quale altro strambo motivo. Semplicemente… ogni volta che il volto di Lena appariva sullo schermo - che fosse per una conferenza stampa o un’intervista - un misto di orgoglio e possessione le scaldava il petto e non sapeva mai come reagire. Era orgogliosa perché sapeva quanto l’altra avesse lavorato sodo affinché la popolazione di National City la vedesse come una donna capace e sincera, oltre che una Luthor. Ma l’idea che ogni cittadino potesse vedere un po’ di lei e magari averla per qualche momento… la rendeva nervosa. Non era mai stata una donna possessiva o gelosa, soprattutto perché si fidava ciecamente di Lena e durante tre anni di relazione non le aveva mai dato modo di dubitare di lei.        
Ma lei era sua. La sentiva sua in un modo viscerale, inspiegabile talvolta ed anche se sapeva che questo tipo di comportamento non era giusto, non riusciva proprio ad impedirsi di provare tali emozioni. Durante una conversazione con Alex avuta i primi mesi della sua relazione con Maggie, Kara si ritrovò a chiederle cosa si provasse ad innamorarsi di una donna. La bionda ricordava esattamente il sorriso genuino della sorella, gli occhi scintillanti di felicità e le parole che solo molto tempo dopo avrebbe capito: Lei è come un essere mitologico, a metà tra tutto ciò che ho sempre desiderato e tutto ciò che credevo di non poter mai avere. Il tutto condito con un pizzico di follia.         
E da quando Lena aveva iniziato a riempire le sue giornate… tutto era diventato più comprensibile per Kara.

Circa una mezz’ora dopo entrambe si spostarono sul divano in un groviglio di braccia e gambe, beandosi del reciproco calore.   
Lena era distesa, immersa tra i cuscini e in mezzo alle sue sua gambe poggiata sul suo busto c’era Kara, che stringeva la vita dell’altra con le braccia e aveva il viso comodamente poggiato sul seno di lei.

“Quindi dai, parlami di questa festività di Krypton. Di cosa si tratta esattamente?” Domandò curiosa Lena, iniziando a giocherellare con alcune ciocche bionde dell’altra.

“ Si chiama Katysta, è una festività che ricorreva su Krypton ogni due anni, in base ai mutamenti della luna verde.” Iniziò a raccontare Kara, chiudendo gli occhi ed immaginando tanti di quei momenti vissuti a festeggiare assieme alla sua famiglia. “Ovviamente non ti spiego cos’è la luna verde altrimenti non ne esco più.” Continuò ridacchiando.

“ Tranquilla, non voglio sapere nulla che tu non voglia raccontarmi.” Rispose dolcemente la mora. “Semplicemente… chiudi gli occhi e descrivimi quello che succedeva lì. Così potrò vederlo tramite i tuoi racconti.”

E in un battito di ciglia Kara si ritrovò catapultata a palazzo, il giorno di Katysta.           
Poteva sentire chiaramente il suono prepotente del corno, che imperioso si ergeva dal balcone della sala grande per poi diffondersi sinuoso in ogni strada della città per annunciare l’inizio di quella splendida giornata, in cui tutto era possibile e forse anche di più.   
Ricordava nitidamente le risate di Astra che le solleticavano le orecchie, mentre assieme alla sua nutrice tentavano di farle il bagno e contrastavano i capricci impazienti di una ragazzina che oramai non esisteva quasi più.

Ricordava la morbidezza delle tuniche che i reali dovevano indossare per l’occasione, l’odore di incenso che aleggiava nell’aria durante la cerimonia mattutina e le invocazioni a Rao per far sì che la giornata potesse trascorrere nel migliore dei modi.  
Ricordava la barba lunga e grigia di suo zio Jor-El, che puntualmente veniva intrecciata fino a formare un lungo pizzetto bitorzoluto che faceva ridere tutti i bambini a palazzo. Allora, con fare da finto burbero, lui si alzava dalla sua seduta e iniziava ad urlare come un pazzo verso tutti coloro i quali si prendevano gioco di lui, cercando di afferrarli per insegnar loro una lezione a suon di solletico. Ma nessuno capiva mai che lo zio non era davvero cattivo. Così, per dimostrar loro che in realtà era solo un gran burlone, si avvicinava a sua moglie per baciarla teneramente, come solo una persona perdutamente innamorato sa fare. Con il senno di poi, Kara non poteva ancora credere che quell’uomo avesse sul serio attaccata al viso quella che per lei era sempre stata una sottospecie di barba finta.

“ Ti ho mai detto il significato dello stemma che mio cugino ed io portiamo sul petto? Quella che per voi è una S?” Domandò allora Kara, con un tono così sottile da essere quasi inudibile.

“No, so soltanto che rappresenta lo stemma della vostra famiglia… gli El.”

“Si, esatto. El sta per El Mayara, che in Kryptoniano significa più forti insieme. I miei avi adottarono questo stemma e il conseguente significato per omaggiare Katysta.” Spiegò gentilmente Kara, ricordando ancora la voce di sua madre che le raccontava storie sui suoi antenati. “ Katysta significa coraggio. Ma è più una traduzione questa, perché il significato è decisamente più vasto. Su Krypton noi… celebravamo il coraggio della vita, dell’unione e dei sentimenti. Chiedere aiuto da dove provengo io non è motivo di vergogna, ma un onore ed El Mayara rappresenta proprio questo: il coraggio che si ha nell’essere uniti ad altri.”

Lena non sapeva cosa dire. Era tutto così poetico, romantico, con un riverbero pregno di antichità e saggezza. Qualità che aveva sempre apprezzato in Kara, ma che purtroppo mostrava solo raramente per paura di essere giudicata.

“Raccontami ancora, ti prego. Come festeggiavate?” Si ritrovò a chiedere, bisognosa di sapere altro sulla vita dell’altra. Una vita che indubbiamente doveva essere stata meravigliosa.

Kara rise gioiosa, sentendo intrepida curiosità emergere dal tono dell’altra. Amava vederla così coinvolta nelle storie che raccontava e non poteva evitare di sentirsi anche importante quando situazioni come quelli accadevano.

“ Il momento più bello della giornata era sicuramente il pranzo. La mamma e la zia impiegavano giorni per decidere il menu speciale del giorno di Katysta e quando poi arrivava, tutto doveva essere sempre assolutamente perfetto. Specialmente la mamma… era una gran perfezionista, sai?” Le raccontò Kara, incrinando inconsapevolmente il tono di voce ogni volta che parlava della madre. “ Non sai quanti rimproveri ho ricevuto perché non mettevo mai in ordine la mia camera. Lasciavo sempre in giro i miei copri abiti, i miei fermagli per capelli e il mio tryskalos. Me lo portavo in giro ovunque…”

“ Cos- che cos’è un traskylos?” Domandò dubbiosa Lena, facendo emergere quel suo lato così curioso e affamato di sapere.

“ Tryskalos amore, tryskalos.” Rispose Kara ridendo, girandosi leggermente su un fianco e depositando un tenero bacio sul seno destro di lei. “ E’ una specie… diciamo che era una specie di dizionario. Conteneva tutto ciò che un kryptoniano doveva sapere e bastava sussurrargli qualcosa e lui subito mostrava al proprietario quanto possedeva sull’argomento. Era molto utile, ho imparato molto. “

“Wow, sembra una tecnologia davvero avanzata.”

“Lo era, senza dubbio. Sulla terra non esiste nulla di anche solo vagamente tecnologico quanto ciò che possedeva Krypton. Era un mondo diverso. Tanto.” Sospirò Kara, ripensando a quanto aveva scoperto sulla sua famiglia e sul suo mondo da quando era diventata Supergirl. “Ad ogni modo, il pranzo. Ricordo perfettamente le luci dorate che illuminavano la sala grande, tutta la mia famiglia – e ne eravamo davvero tanti, precisiamo – seduta attorno a questo lunghissimo tavolo rettangolare che costeggiava le pareti della stanza e al centro c’erano artisti di vario genere che si esibivano per l’occasione. Mia madre al momento opportuno riportava tutti al silenzio e aspettavamo impazienti il suono del corvo che avrebbe dovuto riempire la stanza per tre volte. A quel punto il sipario si apriva e si cantava, ballava, mangiava e chi più ne ha più ne metta.”

Non avrebbe mai potuto dimenticare la pessima figura che aveva fatto al Katysta che aveva festeggiato quando aveva dieci anni. La sua amica Lara l’aveva costretta ad inscenare uno piccolo teatrino e al solo pensare alle sue pessime doti nella recitazione, le veniva la pelle d’oca.

“ E poi sai, r-ricordo che tutte le persone innamorate ad un certo punto della giornata iniziavano a diventare molto… intrepide.” Disse Kara ridacchiando, affondando il viso improvvisamente rosso nel petto dell’altra.

“Ah si?” Sussurrò maliziosa la mora, sorridendo poi alla vista della sua ragazza così imbarazzata ogni volta che si parlava anche solo lontanamente di sesso. “ Erano un popolo di festaioli questi kryptoniani insomma, adesso si spiegano tante cose.” Continuò con tono decisamente giocoso, che però non venne colto subito da Kara.

“ C-cosa vorresti dire? Cosa, si s-spiega?” Domandò timida la bionda, alzando il volto per cercare gli occhi limpidi di lei.

Lena scivolò leggermente più in basso con il busto, affondando di più nei cuscini e raggiunse senza troppo sforzo la fronte dell’altra, che baciò languidamente.

“ Amore, tu a letto sei qualcosa di assurdo.” Esclamò Lena con tranquillità, sapendo perfettamente che l’altra avrebbe iniziato a balbettare e dire una marea di cose.

“OH RAO, LENA!” Urlò di rimando Kara, affondando nuovamente il viso nel petto di lei e coprendosi il capo con entrambe le braccia.

Una fragorosa risata esplose con ardore dalle labbra di Lena, che incontenibile iniziò a dimenarsi perché il peso dell’altra in quel momento esatto le ostruiva leggermente i polmoni, non permettendole di assimilare ossigeno a sufficienza.    
Si scostò di poco dall’altra per riprendere fiato e subito dopo avvolse il volto di Kara con mani piene, incitandola ad alzarlo e guardarla negli occhi. E quando i loro sguardi si incontrarono, Lena capì che era giunto il momento di agire, perché in quelle iridi inestimabilmente preziose un velo di triste consapevolezza stava iniziando ad offuscarle la vista e non avrebbe permesso a nessun ricordo spiacevole, nessun nostalgico rimpianto e nemmeno ai desideri più reconditi di emergere. Non quel giorno.

“Vieni su, baciami.” Sussurrò la mora, accarezzando gentilmente le guance ancora rosse dell’altra.

Senza ulteriori parole, Kara si posizionò carponi sull’altra, affondando ginocchia e mani nei morbidi cuscini del divano, unico testimone di quell’incredibile sabato mattina.

Mossa da un istinto primordiale, immerse il viso nel collo di lei per assaporarne il gusto, sentirne il profumo ed inebriarsi della sensazione della pelle a contatto con le sue labbra. Amava il collo di Lena, così longilineo, sensuale e pieno di eleganza. La sua pelle nivea era come una tela bianca che poteva utilizzare a suo piacimento, disegnando su di essa ogni forma da lei desiderata grazie ai suoi baci, che come sferzate di colore puro, macchiavano quel corpo che sotto molti aspetti poteva definire suo.            
Dal suo canto - quando sentì le labbra dell’altra approdare sulla sua pelle - Lena in automatico trasse all’indietro il capo ed espose quanto più poté la parte del corpo che sapeva essere il punto debole della sua ragazza.

E così, come ogni volta in cui Kara prendeva l’iniziativa, Lena dovette arrendersi all’altra senza alcuna protesta, consapevole che sarebbe stata vittima di tante piacevoli torture.            
La bionda amava esplorare, sentire, capire e giocare con il corpo dell’altra. Si sentiva così viva nell’ascoltare i profondi gemiti gutturali che, prepotenti, serpeggiavano fuori dalla gola di Lena ogni volta che le mordeva il collo, la spalla, ogni volta che le stringeva un seno o quando una sua gamba iniziava ad insinuarsi indisturbata tra quelle già schiuse di lei.

Il cuore di Kara iniziò a battere forte mentre continuava a prendersi cura della donna che amava.
Le mani le tremavano, i polmoni che bussavano con arroganza nella sua gabbia toracica alla ricerca di ossigeno, la testa diventava leggera, i suoni ovattati e l’intera National City, persino l’intero mondo… oh Rao, addirittura l’universo perdeva consistenza in quei momenti. Non esisteva nulla per lei se non i sospiri di Lena, le sue mani, le sue labbra, il suo seno e la sua pelle, le sue lunghe e toniche gambe, la sua insaziabile fame, il vigore con cui il bacino scattava quando la toccava nei punti giusti. Tutto era perfetto perché apparteneva a Lena.     
Tutto era giusto, ogni sibilo, ogni imprecazione, ogni unghia di Lena che affondava nella carne sensibile delle sue spalle… era tutto come doveva essere, perché tutto era di Lena e per Lena.

Ma i sospiri divennero grida, le imprecazioni divennero preghiere e quando Lena si ritrovò a volare dritta verso il paradiso, Kara realizzò per l’ennesima volta che nulla al mondo sarebbe stato più bello da vedere, sentire, toccare, percepire e gustare, della donna che – stanca e spossata – in quello stesso istante si era lasciata andare tra i cuscini, cullata dalle sue carezze e dai suoi baci.

“F-felice Katysta, amore mio.” Sussurrò Lena, ancora a corto di fiato.

E solo quando Kara scoppiò a ridere felice, la mora si rese conto di quanto potenti fossero per l’altra le parole che aveva pronunciato, la quale poco dopo iniziò a tempestarle il viso di baci.

“Felice Katysta anche a te, Le’. E che la luna sia sempre verde per te.” Bisbigliò Kara sulle labbra di lei, conscia che l’altra non avrebbe compreso a pieno il suo augurio. “Ti amo, oggi e sempre.” Concluse poi, ritornando subito dopo a baciarla per continuare a godersi soltanto l’inizio di quella che sarebbe stata una giornata memorabile. 















* Alcune parti di ciò che dice Lena sono tratte da un articolo che trovate sul blog Huffington Post.












 
NOTE AUTRICE

Salve a tutti, innanzitutto vi ringrazio per aver letto questa nuova oneshot – perché è evidente che se state leggendo le note, vi siete cimentati in tutto ciò – e spero che sia stata di vostro gradimento. Ci tengo a ringraziare in modo particolare tutte le persone che hanno recensito/preferito/seguito/ricordato la precedente oneshot. E’ stato davvero bello scoprire quanto anche voi amiate vedere le Supercorp in modalità fluff *-*     
Vi ricordo che la storia in questione l’ho scritta per un’iniziativa di un gruppo Facebook, quindi mi farebbe davvero tanto piacere sapere cosa ne pensate, in modo da potermi migliorare sempre un po’ di più. I vostri pareri sono essenziali per la mia crescita ed è anche grazie a voi se sto amando così tanto scrivere.     
Grazie ancora per tutto quindi e spero di poter pubblicare presto qualche altra storia da poter condividere con voi. <3      
VIVA LE SUPEROOOOORP ASDFGHJKL
  
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