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Autore: melville    27/04/2017    1 recensioni
“Mi sono innamorato” gli aveva mormorato con gli occhi rivolti al cielo e la voce intrisa di rammarico, perché già allora era consapevole di essersi fregato da solo.
“Sei fottuto” era stata la risposta distaccata e come al solito ironica dell’amico, mentre calciava via dal marciapiede una lattina di birra e stringeva i pugni nelle tasche. Austin non aveva detto il nome della ragazza, ma entrambi avevano un volto ben delineato in mente.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Selfishness

 

Sono le undici e qualcosa di sera, Dallas è passato a prenderlo a casa non più di un’ora prima ed è da quando sono arrivati al bar che Austin vaga da un divanetto all’altro, bevendo e parlando con tutti i presenti. Ogni tanto si perde ancora tra le luci dello spiazzo in mezzo al locale, dov’è stata allestita una piccola pista da ballo per l’occasione.
È l’ultimo dell’anno e Austin ancora si perde con gli occhi a osservare da lontano la figura di Olivia che balla accanto alle sue amiche. Anche sotto quelle luci ad intermittenza, che si alternano tra rosso giallo e blu, rimane bellissima e la pelle diafana risalta in contrasto con quella delle sue amiche. Gli occhi chiusi e il capo che vaga leggero a tempo di musica, i capelli riccioli e corti alle spalle danzano insieme a lei, alcune ciocche rimangono attaccate al collo per il sudore, ma nonostante ciò, così con le braccia rivolte verso l’alto e lo sguardo perso a sognare, le anche che si muovono a ritmo e spensierate, quel sorriso leggero sul volto ancora infantile, fanno sorridere sommessamente Austin.
Non ricorda nemmeno quand’è stata la prima volta che l’ha vista, oppure quando il suo interesse per lei sia diventato qualcosa di più di semplice amicizia. Mentre osserva la sua figura snella, e in qualche movimento scoordinata, riflette su quanto quel sentimento abbia sempre fatto parte di lui, rendendolo nervoso e insicuro alla presenza della ragazza.
Il paese è piccolo e tutti bene o male, prima o poi, conoscono tutti ed è stato così anche per Austin e Olivia, che frequentano le stesse scuole da quando anni prima hanno imparato a leggere. Non sono mai stati veramente amici, quanto più dei conoscenti. La colpa, dopotutto, è da parte di entrambi: Austin da sempre troppo timido e riservato per aprire bocca per esprimersi e Olivia disinteressata da quel ragazzino all’apparenza indifferente e silenzioso. Eppure si conoscono da sempre, i loro genitori sono amici e più volte hanno partecipato a cene insieme o si sono presentati l’uno al compleanno dell’altra.
E paradossalmente a quella situazione di attrito, Austin non aveva potuto fare a meno di innamorarsi di quella ragazza dagli occhi più grandi della storia e la puzza sotto il naso. L’aveva confessato solo a Dallas una sera dopo una canna, giusto prima che tornassero a casa.
“Mi sono innamorato” gli aveva mormorato con gli occhi rivolti al cielo e la voce intrisa di rammarico, perché già allora era consapevole di essersi fregato da solo.
“Sei fottuto” era stata la risposta distaccata e come al solito ironica dell’amico, mentre calciava via dal marciapiede una lattina di birra e stringeva i pugni nelle tasche. Austin non aveva detto il nome della ragazza, ma entrambi avevano un volto ben delineato in mente.

“Ehi amico”, lo richiama all’attenzione Dallas mentre gli porge l’ennesima Tennent’s della serata. “Ancora perdi tempo a osservare Olivia?” gli domanda poi, con tono sarcastico e leggermente masticato, le guance paffute rosse per il calore del locale e gli occhi, leggermente a mandorla, lucidi dall’alcol.Austin solleva le spalle in un gesto incurante, “L’ho notata solo ora” risponde svogliatamente, perché Dallas è il suo migliore amico ma certe volte alle cose non ci arriva.
“Sì, certo!” lo prende in giro infatti, ma la conversazione viene troncata lì e i due ragazzi si perdono tra la folla di amici a parlare d’altro, in attesa della mezzanotte.
Dallas Hood si era trasferito in città all’inizio delle superiori, e non fosse stato per il banco libero vicino ad Austin – l’unico rimasto – probabilmente i due non sarebbero mai entrati in contatto più che con un semplice ciao.
Ancora oggi Austin si domanda cosa sia successo in quella lezione sul ripasso delle equazioni per creare un così forte legame tra lui e Dallas, e non trova risposta ma si accontenta comunque di quello sconsiderato che, giorno dopo giorno, si sedeva accanto a lui durante matematica e in pausa pranzo lo raggiungeva al tavolo vicino all’imponente vetrata. Era come se in Austin, Dallas vedesse un punto di riferimenti saldo e a sua volta il ragazzo castano non aveva – e tutt’ora non ha - mai disdegnato la sicurezza che la presenza dell’amico gli ha sempre regalato.
Dallas Hood e Austin Kent sono diventati amici più per caso e comodità, convenienza, che altro, ma questo non ha mai interferito nel loro rapporto, ormai cresciuto e maturato. Le loro diversità si completano e i loro caratteri opposti levigano le mancanze che i due hanno. Perché se Austin è la parte razionale, Dallas è quella impulsiva e se Austin è introverso e timido, Dallas è l’estroverso loquace. Quando Dallas finisce nei guai per la sua lingua lunga e affilata – e ciò capita spesso – è Austin quello che con diplomazia e calma li risolve per lui, ed è sempre stato compito di Dallas recuperare l’amico nelle sere in cui altrimenti sarebbe rimasto a casa da solo. E si completano e si aggiustano – ma si rovinano anche - a vicenda, un legame forte come il loro, composto da elementi così disparati, non può far altro che creare un perfetto risultato che può esplodere al minimo squilibrio, fattore che fortunatamente non si è ancora presentato.
Austin ha sempre provato un senso di rispetto e ammirazione nei confronti dell’amico, nonostante questo ogni tanto lo intimidisca un po’, ma la spontaneità di Dallas lo ha sempre fatto sentire accettato e ben voluto. E Austin non ha mai capito come mai giorno dopo giorno Dallas abbia sempre scelto il banco vicino al suo durante matematica, ma di certo non gli è mai dispiaciuto.

La luce del bagno va ad intermittenza, portata anche lei allo sfinimento da quella serata difficile. Austin tiene il capo chino sulla tavoletta del gabinetto e i capelli ondulati tirati indietro da una fascetta nera che solitamente tiene al polso. Tira lo sciacquone del water e si avvicina al lavandino per rinfrescarsi il volto accaldato e pulire la bocca ancora intrisa del rigetto avuto poco prima. Che schifo, si ritrova a pensare con la mente ancora annebbiata e un’incredibile voglia di tornare a casa.
Poggia i palmi delle mani ai lati del lavandino bianco e fissa il suo volto pallido riflesso nello specchio. Prende qualche respiro profondo prima di rizzare la schiena e uscire da quel buco, per rientrare nella stanza principale del bar.
Vaga con gli occhi stanchi per la sala fino a che non intercetta due figure troppo vicine tra loro e a lui ben conosciute. La mano grande e callosa di Dallas stringe forte a sé il busto di Olivia, mentre l’altra è poggiata delicatamente sul retro del suo collo, Olivia sorride sulle labbra dell’amico di Austin, mentre tiene i palmi delle mani ben salde sulle sue guance tonde. L’alcol che ancora gira nel corpo di Austin prende il sopravvento sulla parte razionale e lucida del suo cervello, quando con impeto e aggressività si scaglia contro Dallas, allontanandolo dalla figura di Olivia e interrompendo il loro bacio.
Con potenti spintoni di rabbia Austin guida la figura del suo migliore amico fuori dalla porta principale del bar. La notte li circonda e il cielo stellato veglia su di loro. La neve che è scesa nel pomeriggio è ancora attecchita a terra e i passi veloci sono incerti su quel suolo scivoloso.
“Lo sapevi cazzo, Dallas: tu lo sapevi!” grida Austin con i capelli sugli occhi e la voce che raschia a contatto con l’aria gelida, quel tu accusatorio perché Dallas è sempre stato l’unico in cui Austin abbia mai riposto tanta fiducia da confidargli i propri sentimenti.
Si spintonano ancora e la delusione è così forte da fare male nel petto, “E tu? Vuoi forse dirmi che non ti eri accorto di nulla?”, ribatte rabbiosamente Dallas, con uno spintone più forte che rischia di far cadere Austin al suolo.
Nessuno dei due si è reso conto della figura di Olivia, che terrorizzata li fissa dalla porta del bar.
“Eri mio amico, sei il mio migliore amico, lo sapevi porca puttana!” impreca Austin al limite della rabbia, lo strazio nella voce a mostrare tutte le ferite interiori che la vista di quel bacio gli ha provocato.
“È stata sempre e solo una tua prerogativa amarla, vero Austin? Perché io non ho mai potuto?” gli domanda Dallas allo stremo delle forze e con le guance umide.
Austin rimane destabilizzato da quelle domande, “Non ci credo” mormora con sfinimento, “Avresti potuto- avresti dovuto dirmelo!”
“Come potevo?, sei così schifosamente innamorato di lei, con che faccia potevo venire a dirti che aveva scelto me?” ribatte Dallas con il solito tono sarcastico e il sorriso vittorioso da bambino prepotente.
“Con la stessa faccia con cui l’hai baciata davanti a me!” piange Austin prima di ricambiare un ultimo spintone che fa cadere pesantemente Dallas al suolo. 
Pochi secondi e il ragazzo moro è in piedi con le nocche contratte e coperte dal sangue dell’amico. Austin ha gli occhi spalancati e sconvolti, il labbro che perde sangue e il pugno pronto a ricambiare il gesto. Ma tutti a scuola conoscono Austin Kent, ‘che è quello un po’ magrolino e intellettuale, così come tutti conoscono invece Dallas e le sue spalle larghe, i corsi di autodifesa e l’impulsività che comanda sulla razionalità.
Olivia urla mentre i due migliori amici finiscono per azzuffarsi e Austin con la sua figura magra e i muscoli poco allenati cade sconfitto sul suolo bagnato. Dallas lo fissa per qualche secondo prima di stringersi forte i capelli tra le dita e voltarsi verso la ragazza.
“E tu che vuoi fare?” le chiede rabbiosamente, il senso di colpa a inebriargli il cervello ma l’orgoglio a vincerlo sul cuore. “Vieni con me o resti qui?”
Olivia non risponde, ed è troppo scioccata per proferire parola o pensare lucidamente. Austin non si muove, sta bene? È almeno cosciente?
“Fa come vuoi” mormora Dallas, voltando il capo.
La ragazza respira profondamente e il male alla testa diminuisce, si rende conto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.
Austin si muove impercettibilmente sul suolo, inarcando la schiena. “Io l’amavo davvero, perché hai dovuto farmi questo?”, ma Dallas semplicemente scrolla le spalle e non risponde, e Austin allo stremo delle forze scoppia in una risata isterica che gli provoca forti colpi di tosse. “Vaffanculo Dals.”
Olivia ancora non si muove, troppo scioccata mentre mette insieme tutti gli avvenimenti e le parole pronunciate dalle bocche dei due ragazzi, e sconvolta fissa con insistenza la figura di Austin, perché quel ragazzo forse un po’ indie, con i capelli ondulati a incorniciare le guance tonde e gli occhiali in corno leggermente arrotondati, i maglioni larghi e i jeans sempre neri da chi non ha tempo di scegliere i vestiti, è sanguinante a terra per lei, ma non solo: perché se c’è una cosa che Olivia ha finalmente capito è che nonostante le apparenze ad Austin le cose importano e quando crede in qualcosa si espone per farsi sentire e lotta fino a che non cade. E adesso, sdraiato inerme a terra, con il cuore tradito, sembra soltanto un altro ragazzino vinto, ma questo non gli ha impedito di lottare e non gli impedisce di guardare al cielo, aspettando solo un futuro da rendere migliore rispetto a ciò che si ritrova ad avere ora.
Olivia ha il cervello in subbuglio e il cuore che batte forte nella cassa toracica, perché Austin di sé non aveva mai lasciato trapelare un’idea precisa e lei aveva cominciato a pitturarlo nella sua mente seguendo linee e colori che lei stessa gli imponeva, convinta di riportare la verità ma allontanandosi inconsciamente da questa. E quel ragazzo all’apparenza così pacato e lontano dalla realtà, con gli occhi coperti dalle lenti a renderli sempre più distanti da questo mondo e la mente sempre più presente in altri luoghi, quello con la mano sempre alzata per fare qualche domanda nelle ore di filosofia, i temi insufficienti perché lo svolgimento si allontanava dalla traccia e la matematica che così concreta e impostata non è divertente, il ragazzo che tutti credono di conoscere ma che nessuno ha mai capito, è sdraiato in mezzo alla strada coperta di neve, le luci del bar che arrivano ancora alla sua figura abbandonata e il labbro rotto da cui parte un rivolo di sangue che prosegue fino a sporcare il colletto della felpa bordeaux, che spunta dal parka mezzo aperto.
Perché di Austin Kent, Olivia, non aveva mai capito nulla, sin dai tempi in cui lo reputava un bambino strano perché acconsentiva a giocare alle bambole con lei, invece di giocare a calcio con suo fratello. Oppure quando le rivolgeva la parola ma tendeva a non cercare un contatto visivo, e preso alla sprovvista ogni tanto si mangiava le parole, balbettando.
Porta una mano alle labbra che hanno ancora il sapore di Dallas sopra, lo vede allontanarsi dalla figura dell’amico e imboccare un vicolo buio. Lei rimane lì da sola, a pochi metri da uno mentre vede l’altro andarsene.
Guarda Austin, che con gli occhi aperti e gli occhiali rotti osserva le stelle sopra di lui. Si avvicina con passi leggeri e scoordinati dal gelo che intorpidisce le ossa.
E la colpa per questa situazione è, alla fine, di tutti e tre: troppo egoisti per guardare oltre loro stessi. Egoista Dallas che non si è fermato a considerare i sentimenti dell’amico, finendo solo per ferirlo. Egoista Austin che nonostante la verità sbattutagli in faccia ha voluto ancora rimarcare il primato dei propri sentimenti. Egoista Olivia che dopo aver scelto Dallas adesso lo respinge, compiendo passi incerti verso la figura di Austin, ‘che dopotutto l’ha sempre trattata meglio.
Dall’interno del bar inizia il conto alla rovescia per la fine dell’anno.
Dieci secondi, la neve fredda a contatto con i jeans troppo leggeri per quella stagione.
Sette secondi, Olivia guarda Austin che ancora non ha mosso gli occhi dalle costellazioni sopra le loro teste. Il sangue è secco sulla pelle pallida.
Sei secondi, “Dovresti disinfettare quel labbro, sai?”
Mancano due secondi e Austin fissa Olivia negli occhi più grandi della storia, le labbra deformate in un sorriso rassegnato.
Olivia non aveva mai capito nulla di Austin Kent, ma allo scoccare della mezzanotte, seduta accanto a lui sulla neve, spera non sia troppo tardi per rimediare.
E, “Buon anno Ollie.”

 

 





Spero questo breve scorcio sulla vita di questi tre ragazzi vi sia piaciuto, o almeno spero vi abbia lasciato qualcosa :)
Sarei un sacco curiosa di sapere le vostre opinioni su questa situazione talmente delicata, è sempre interessante mettersi a confronto, no?
Buona serata,
Melville

 

  
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