Anime & Manga > Yuri on Ice
Ricorda la storia  |      
Autore: Generale Capo di Urano    27/04/2017    4 recensioni
[Michemil, perché ce ne sono decisamente troppo poche] [talmente fluff da fare schifo]
«Michi! Michi! Ma tu mi vuoi bene?»
«Michi, tu non me lo dai un bacio per complimentarti?»
«Non ho sonno, Michi...»
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Emil Nekola, Michele Crispino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dej mi pusu!
 


«Michi! Michi! Ma tu mi vuoi bene?»
«Che razza di domande fai tutt’a un tratto? E smettila di agitarti, mi strozzi!»
Emil, con le braccia strette attorno al collo del ragazzino, smise di muovere le gambette corte e di dimenarsi, aggrappandosi ancora più fermamente a lui. Il bruciore al ginocchio, fino a quel momento ignorato, tornò a disturbare la sua quiete.
«Michi, brucia...» appoggiò la testolina bionda sulla spalla del maggiore, con un lamento fastidioso e continuo. I capelli dell’altro gli solleticarono il naso.
Dall’alto dei suoi undici anni, Michele Crispino, gran maestro di vita e dispensatore di buoni consigli, sbuffò irritato e sistemò meglio il bambino sulla propria schiena; per quanto si ostinasse a lamentarsi, non aveva esitato un secondo a caricarselo sulle spalle per portarlo a casa – nonostante il marmocchio non avesse fatto altro che sfregare le mani e le ginocchia cadendo sul ghiaccio.
«Questo perché non mi ascolti mai e vuoi sempre fare di testa tua. Poi pretendi che ti insegni!»
Il piccolo ceco rispose lagnandosi più forte, borbottando lamentele senza davvero un senso compiuto. Voleva solo mostrare i suoi progressi al più grande, fargli vedere quanto era bravo e s’impegnava – ed era finito a scivolare come un bimbo dell’asilo. Quale figuraccia, per un giovanotto di ben sette anni!
«Michi, ma sei arrabbiato?»
«Non sono arrabbiato» brontolò quello.
«A me sembri arrabbiato.»
«Mi hai spaventato perché hai fatto un volo assurdo. E ti è andata ancora bene che ti sei solo graffiato, metti che battevi la testa e ti facevi male sul serio! Vedi, te l’avevo detto che era ancora presto per un salto del genere, sei troppo piccolo!»
«Sì, sei arrabbiato. Comunque non sono piccolo.»
L’italiano alzò, non visto, gli occhi al cielo. Emil riprese a dondolare le gambe, senza accorgersene; mise il broncio, ma l’altro non poteva vederlo.
Per un paio di minuti avanzarono in pacifico silenzio, ma Michele aveva imparato da tempo a non nutrire troppe speranze; non passò molto tempo, infatti, prima che il minore riprendesse a parlare.
«Michi, ma se tu mi vuoi bene, perché non hai voluto darmi un bacino sul ginocchio come fa sempre la mamma?»
«Primo, perché è una cosa stupida. Secondo, perché non funziona. Terzo, solo i grandi possono dare i baci agli altri.»
«Quando lo fa la mia mamma funziona.»
«Guarda che lo sanno tutti che le mamme sono magiche.»
Lo disse con un tono tanto saccente che il piccolo ceco gli credette sul serio.
Non era convinto del tutto, però, Emil. Sembrava che il suo amico facesse di tutto per evitare l’argomento.
«Ma io do sempre i baci alla mia mamma, al mio papà e ai miei nonni. E tu dai sempre i baci a Sara.»
«Sara è mia sorella quindi posso. La tua famiglia non conta, è agli altri che non puoi dare baci, solo quando sarai più grande potrai farlo.»
«Più grande quanto?»
«Quando sarai abbastanza grande lo capirai. Oppure te lo dirò io, visto che hai la zucca dura e non capisci mai niente.»
«Ma perché adesso non posso e tu non puoi?»
«Perché no.»
«“Perché no” non vale come risposta.»
Michele si rifiutò di replicare. Percorse l’ultimo tratto di strada con le continue insistenze del bambino, che continuava a chiedere e lamentarsi e tirargli leggermente i capelli per ripicca, in un continuo “Perché? Perché, Michi, perché?” nel suo orecchio – ma con un’imperturbabilità d’animo degna del più grande degli stoici riuscì a vincere anche quella sfida, evitando di dargli una vera risposta.
 
 

«Michi, ma tu mi vuoi bene?»
«Perché tu fai sempre questo genere di domande nei momenti più strani?»
Emil gli aveva mollato tra le mani un enorme mazzo di fiori azzurri – dono di qualche segreta ammiratrice? – e camminava poco avanti a lui, quasi saltellando. Non voleva far vedere di avere ancora gli occhi lucidi per l’emozione.
Stringeva con entrambe le mani la medaglia d’argento, la guardava, la girava, la baciava, la mordicchiava – “Guarda che quello si fa con le medaglie d’oro”- e rideva e piangeva allo stesso tempo.
La soddisfazione dell’essere riuscito a completare tanto bene la propria esibizione, dopo i centinaia di tentativi falliti durante gli allenamenti, era più grande di quanto gliene avrebbe potuta dare qualsiasi medaglia d’oro; poter andare da Michele a testa alta, esclamando: “Hai visto? Ce l’ho fatta!”
L’italiano, dal canto suo, era ammirato. Non l’avrebbe mai ammesso davanti a nessuno, ma quel ragazzino se la cavava alla grande e pareva migliorare a vista d’occhio; si chiese cosa lo spingesse a impegnarsi tanto, da dove provenisse tutta quella energia, tanto simile a quella che lui aveva quando pattinava per Sara.
«Michi, una ragazza prima mi ha fatto i complimenti e mi ha dato un bacio sulla guancia... non so quanti anni avesse. Avrei dovuto dargliene uno anche io?»
«Perché lo chiedi a me?»
«Perché sei tu l’esperto!»
Il maggiore non seppe se essere perplesso o lusingato. Anche perché, di baci alle ragazze, lui non ne aveva mai dati – sua sorella non contava, ovviamente.
Scrollò le spalle. «Non lo so, era carina?»
«Boh, credo di sì.»
«Come sarebbe a dire “credo di sì”?»
«Intendevo dire, adesso posso dare i baci alle ragazze in generale, vero? O agli altri?»
Se non avesse avuto le braccia occupate a tenere i fiori, Michele si sarebbe schiaffato una mano sulla fronte. Per quella volta, si limitò a sospirare rumorosamente.
«Devi saperlo tu se ti senti pronto, ma a quanto pare sei ancora un bambino...»
«Non sono un bambino! Ho quattordici anni, praticamente sono un adulto, mi si sta cambiando anche la voce... senti, senti, non ti sembra più profonda?»
«Certo» commentò l’altro, sarcastico, restituendogli il mazzo di fiori. «Parlando di adulti, indovina chi ha preso la patente? Se mi prometti di stare zitto cinque lunghissimi minuti ti porto a casa in macchina e magari ti faccio pure salire davanti.»
«Forte! Voglio dire...»  Alzò il braccio destro, facendo il gesto di chiudersi una cerniera davanti alla bocca, mentre lo seguiva sorridendo.
Più volte sembrò volergli chiedere qualcosa, ma si trattenne. Quando voleva ottenere qualcosa sapeva tacere, allora; riuscirono a raggiungere il parcheggio in magnifico silenzio.
«Smettila di guardarmi così, dai, puoi parlare adesso.»
«Michi, tu non me lo dai un bacio per complimentarti?»
«Ah, era meglio se stavi zitto.» 
Gli indicò una macchina poco lontano. Normalmente non sarebbe stato fiero di mostrare agli amici la piccola Panda rossa del nonno – aveva un orgoglio personale, lui – ma a Emil piacevano le auto italiane. In realtà, a Emil piaceva quasi tutto.
Prima di salire, si concesse di scompigliarli appena i capelli.
«Comunque sì, sei... sei stato bravo.»
 
 

«Michi... Michi, ma tu mi vuoi bene?»
«Emil, stavo dormendo, cazzo!»
Avvertì le braccia del ceco abbracciarlo da dietro e la sua barba pizzicargli il collo e le spalle, mentre lo stringeva a lui con un mugugno. Sospirò, lanciando un’occhiata alla sveglia sul comodino.
«Emil, sono le tre del mattino, dormi.»
«Non ho sonno, Michi...»
Nonostante ormai l’avesse superato anche in altezza, a volte il minore pareva comportarsi ancora come un ragazzino. Continuò a sfregargli con la barba la pelle nuda, cercando di attirare la sua attenzione.
Cedette, con uno sbuffo spazientito, girandosi verso di lui; gli occhi azzurri di Emil, che con la poca luce notturna proveniente dalla finestra aperta parevano risaltare ancora di più, gli restituirono uno sguardo speranzoso e per nulla insonnolito.
«Posso dartelo un bacio, Michi?»
«Sei proprio un bambino, lo sai?»
«Un bambino potrebbe fare questo?»
Il ceco sorrise nella penombra, prima di chinarsi verso di lui.
Le labbra di Michele sapevano di biscotti all’amarena. Fu leggero, veloce, tenero; forse era solo la sua immaginazione, ma gli parve che anche l’italiano stesse sorridendo lievemente.
Lo lasciò andare, ma quello gli rimase vicino, senza tornare a dargli le spalle. Richiusero entrambi gli occhi, vinti dal torpore della notte.
Fu solo un bisbiglio impercettibile, e per tutti i giorni seguenti Emil continuò a chiedersi se fosse stato solamente un sogno, in quello stato di dormiveglia in cui si trovavano.
«Sì, Emil, ti voglio bene. Buonanotte.»
«Dobrou noc... Michele.»

 








Angolino del fluff cecoslovacco di cui nessuno sentiva il bisogno
Lo sentivo io.
Sono perfettamente consapevole del fatto che questa cosa sia oscena, ma gn-- dobbiamo diffondere la Michemil nel mondo perché questi due sono meravigliosi e adorabili e hanno bisogno di molto molto molto più amore. Loro e la Leoji, che non si fila nessuno :(
Messaggio di promozione sociale: scrivete più Michemil e Leoji, farete felici migliaia di Rare!Pair shipper sfigati. Non parliamo della Otamila, della Pichtuuri e di tutte le altre o non finiremo più.



Dej mi pusu: dammi un bacio
Dobrou noc: buonanotte
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: Generale Capo di Urano