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Autore: Machaira    27/04/2017    3 recensioni
Dal secondo capitolo.
Rick si allungò, prese il fascicolo e cominciò a leggerlo. A Daryl bastò un'occhiata per riconoscere la foto di quel ragazzo con i capelli corti biondo cenere, le spalle larghe e la canottiera bianca.
“Che cazzo ci fai con quello?” chiese irruento.
“È il tuo fascicolo.” rispose imperturbabile l'uomo dall'altra parte della scrivania, senza alzare gli occhi.
[…] “Che cosa volete?” chiese secco.
“Lavora per noi.” rispose risoluto Rick.
(sempre) dal secondo capitolo.
Eugene si alzò in piedi, si portò le mani rigide lungo i fianchi e lo guardò. “A settembre comincia il periodo di praticantato degli stagisti e ne è stato assegnato uno anche al nostro distretto. Stavo aspettando che qualcuno, uno qualunque di voi, facesse un passo falso per scegliere a chi scaricare quella zavorra. Hai vinto.”
Rick rimase allibito e per un momento non riuscì a dire nulla. […] Con le spalle al muro si arrese all'idea che la sua sorte fosse già decisa. “Si sa chi è?”
“La figlia minore del Generale Greene, Beth.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Michonne, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9
 
Erano le sette del mattino quando la luce fredda dell'alba lo colpì in pieno viso. Facendo qualche smorfia e strizzando gli occhi cercò di ricordarsi cosa ci facesse su un pavimento duro e freddo. Fece per voltarsi su un fianco, ma sbatté la testa contro qualcosa di duro. Mugugnò di dolore e si portò la mano sulla zona lesa.
 
Quando riuscì ad abituarsi alla luce, aprì gli occhi pian piano e controllò l'orologio; era ancora presto, il turno di giorno sarebbe iniziato solo due ore dopo. Ne approfittò per guardarsi intorno. Quella contro cui aveva sbattuto poco prima era la gamba di una scrivania, che gettava la propria ombra accanto a lui. In un primo momento, le pareti bianche gli erano sembrate uguali a quelle di tutti gli altri uffici, ma guardando più attentamente capì dov'erano finiti la notte prima.
 
Alla sua sinistra, sul muro alle spalle della scrivania, c'era un poster gigante di Bob Marley alto almeno un metro. Sulla parete di fronte alla finestra era appesa la bandiera della Giamaica, circondata da altre fotografie del cantante. Rick si sollevò a sedere e vide che sul piano del tavolo tutto era in ordine, specialmente il portamatite accanto a cui c'era la statuetta di un uomo con il cappello rosso giallo e verde che si fumava una canna con gli occhi socchiusi.
 
“Oh no...” mormorò.
 
“Che succede?” Non si era accorto che Michonne accanto a lui era sveglia, ma a quanto pare l'alba doveva aver strappato anche lei dal sonno. Aveva parlato a bassa voce e si era stretta il cappotto al petto, tentando di ripararsi dal freddo.
 
“Non potevamo capitare in un posto peggiore.” rispose “Questo è l'ufficio di-”
 
Non riuscì a terminare la frase perché la porta si spalancò di botto, e sulla soglia apparve chiara la figura di un uomo piuttosto giovane. Lo conoscevano bene ed era abbastanza unico nel suo genere; aveva anche apportato delle modifiche personali alla divisa perché la giudicava troppo noiosa. I pantaloni erano dello stesso colore degli altri, ma molto più larghi e si ammassavano a fisarmonica sulle scarpe da ginnastica. Al posto della camicia invece, indossava una felpa di almeno tre taglie più grandi rispetto alla sua, dello stesso beige della divisa e sulle spalle aveva un parka marrone che gli sfiorava le ginocchia. A coronare il tutto un berretto in tinta con i capelli castano chiari e uno stereo appoggiato sulla spalla che mandava “I Shot the Sheriff” a tutto volume.
 
JESUS! Non si usa più bussare?” urlò Rick, mentre veniva squadrato dall'altro, che appena li aveva notati aveva sorriso furbescamente.
 
“Non sapevo di dover bussare per entrare nel mio ufficio.” rispose con tono malizioso. “Comunque fate con comodo.” e richiudendosi la porta alle spalle si era allontanato canticchiando “I shot the sherrif! But I swear it was in self-defense! Uh, uh, uh!” aveva concluso con un urletto. Rick e Michonne fissarono la porta basiti per qualche istante.
 
Dopo un po' si riscosse “Ehm... forse sarebbe il caso di andare...” disse voltandosi verso di lei. La trovò in piedi, appoggiata al muro che si allacciava uno stivaletto. Aveva già il cappotto sulle spalle, e dopo aver preso la borsa era pronta ad andarsene.
 
“Sì, io vado avanti.” rispose senza nemmeno guardarlo negli occhi. Attraversò velocemente la stanza e sbatté la porta con un colpo secco. Lui era rimasto seduto sul pavimento con indosso solo i pantaloni, a guardarla andarsene via come un idiota. Restò immobile qualche minuto e poi si portò le mani tra i capelli. Ma che cosa aveva fatto? Sicuramente le aveva dato fastidio per Jesus! Era stato un imbecille! Dopo due mesi passati a chiederle di uscire lei accettava e lui che faceva? La portava in centrale. Era sempre stata molto riservata e lui...! Era un deficiente, ecco cos'era! Un perfetto coglione!
 
Si costrinse a rivestirsi velocemente, pensando che sarebbe dovuto tornare in fretta dai bambini. I suoi suoceri gli avevano detto di voler passare un po' di tempo con i piccoli dato che, abitando piuttosto lontano, si vedevano raramente. Così si erano accordati e proprio quella mattina i genitori di Lori li avrebbero aspettati alla stazione per portarli a casa loro fino alla fine della settimana. Senza guardare in faccia nessuno uscì dalla centrale come una furia e una volta salito in macchina guidò veloce fino a casa. Frugando tra le tasche del giubbotto trovò il mazzo di chiavi e aprì la porta. Entrò in tutta fretta dicendo “Ragazzi! Dobbiamo andare dai nonni!”
 
Attraversò il piccolo ingresso diretto in cucina e sullo stendino trovò una delle sue divise. Non era stirata, ma almeno era pulita. Si levò la giacca, calciò via le scarpe e cominciò a togliersi la camicia mentre si dirigeva in salotto. Quello che vide però arrestò la sua corsa. Sul suo divano, accoccolati uno vicino all'altra, c'erano Beth e Daryl profondamente addormentati. Erano entrambi seduti; lei aveva la testa posata sul bracciolo, mentre lui era appoggiato alla sua spalla e le circondava la vita con un braccio.
 
Davanti a quel quadretto romantico non riuscì a impedirsi di sorridere e, preso il cellulare dalla tasca dei pantaloni, si avvicinò un po' e gli scattò una foto. Scuotendo la testa divertito, decise che per quanto li trovasse teneri, era davvero il momento di andare, così li svegliò. “Beth! Daryl!”
 
Quando entrambi si sentirono toccare, spalancarono gli occhi e girarono la testa di scatto verso il padrone di casa intento a cambiarsi in mezzo alla stanza. Inizialmente Beth non capì cosa ci fosse di strano, ma nel momento in cui Daryl si allontanò di lei, liberandola dalla sua presa, se ne rese conto. Aveva appena dormito abbracciata a Daryl?! Anzi, lui aveva dormito abbracciato a lei! Anche se nel sonno non se ne era accorta, ora che lui non le stringeva più il fianco come qualche attimo prima, ne sentiva la mancanza.
 
Poi però un altro pensiero la colpì. I bambini. Dovevano lavarsi, erano pieni di pittura dalla testa ai piedi! La sera prima li aveva ripuliti come poteva, ma una doccia era d'obbligo! E ora con Rick come avrebbe fatto? L'avrebbe ammazzata...
 
“È meglio svegliare Carl e Judith.” disse Rick, andando in corridoio.
 
“NO!” urlò Beth, fermandolo sul posto.
 
Lui si voltò verso di lei stupito e le chiese titubante “Perché no?”
 
“Perché... perché...” cercò di prendere tempo, di farsi venire in mente una balla credibile per impedirgli di andare al piano di sopra, ma non le venne in mente nulla. Gettò uno sguardo a Daryl in cerca di supporto, ma l'uomo affianco a lei si stava stropicciando gli occhi come un bambino. Quella scena la sciolse; era tenerissimo, senza nemmeno farlo di proposito! Rick richiamò la sua attenzione schiarendosi la gola.
 
“Be, non serve che tu vada perché...”
 
“Siamo pronti papà!” urlò Carl dalla cima delle scale. E infatti poco dopo scese con il borsone su una spalla e Judith per mano. Beth non poteva credere ai suoi occhi. I bambini erano freschi di doccia, con i capelli vaporosi, i vestiti nuovi e nessuna traccia di pittura addosso.
 
“Papi!” esclamò la bambina saltando in braccio a Rick, dandogli un bacio sulla guancia. E mentre la piccola si faceva coccolare, Carl guardò Beth e le fece l'occhiolino. Per tutte risposta lei, che era alle spalle di Rick, congiunse le mani e iniziò a mimare con la bocca "Grazie! Grazie!", poi le avvicinò fino a formare un cuore e in ultimo gli mandò un bacio, di fronte al quale il ragazzo rimase serio a fatica.
 
“Io devo accompagnarli alla stazione o rischiano di perdere il treno.” disse Rick voltandosi verso Beth e Daryl “Ma voi rimanete, fate con calma; mi ridarete le chiavi in ufficio. A dopo!” e detto questo i Grimes uscirono, lasciando la casa immersa nel silenzio.
 
“Vuoi il caffè?” chiese la ragazza per spezzare il silenzio. “Ce ne è rimasto un po' da ieri sera.”
 
Lui la guardò per un momento e poi fece un cenno affermativo con la testa. A quel punto si diressero in cucina, Daryl andò verso il lavello, prese due tazze dallo scolapiatti e le posò sul tavolo di fronte a Beth che le riempì di liquido scuro. Rimasero in silenzio mentre sorseggiavano la colazione; anche se non potevano saperlo stavano pensando entrambi la stessa cosa.
 
Perché quel momento sembrava così strano?
 
Beth non era molto ferrata su quel genere di cose. Durante gli anni in Accademia non era mai stata con nessuno; qualche volta le sue amiche l'avevano incoraggiata presentandola a questo o a quell'amico, ma nonostante tutto lei non riusciva a smettere di pensare a Daryl. Qualche volta aveva provato ad uscire con qualcuno, ma quando il ragazzo in questione la baciava si sentiva tremendamente in colpa. Non era tranquilla, le sembrava di trovarsi in un posto in cui non avrebbe dovuto essere. Così dopo un paio di uscite si tirava indietro. Eppure in quel momento, seduta accanto a lui, sentì che non avrebbe voluto essere da nessun'altra parte. Aveva le farfalle nello stomaco ma stranamente, nonostante il silenzio, lo sentiva vicino.
 
Daryl da parte sua si stava domandando perché mai avesse accettato a prendere quel caffè. Quando si erano svegliati e si era trovato sdraiato su di lei, gli era preso un infarto. Si sentiva come colto con le mani nel sacco. Prima che uscisse, Rick lo aveva guardato e aveva avuto la sensazione che lo stesse osservando in modo particolare. La cosa che lo disturbava maggiormente di quella situazione era che si sentiva stranamente tranquillo. La vernice doveva avergli dato alla testa.
 
Si accorse di aver finito il caffè quando Beth gli sfilò la tazza dalle mani e si diresse verso il lavello per sciacquarla.
 
“Io vado, tu vuoi restare?” gli chiese ad un certo punto.
 
“No, andiamo.” le rispose, saltando su dalla sedia e dirigendosi verso la porta.
 
Beth prese la sua borsa, controllò di non aver dimenticato nulla e uscì di casa seguita dall'uomo, chiudendo la porta a chiave. “Ci vediamo al lavoro.” lo salutò lei, andando verso l'auto. Mentre camminava si sentì la nuca formicolare; temeva di essere osservata ma non si girò. Quella mattina era stata già abbastanza surreale.
 
§§§
 
Dopo aver salutato Carl e Judith aveva lasciato la stazione ed era andato in centrale. Non avrebbe fatto in tempo a farsi una doccia, così si arrese all'idea che avrebbe fatto schifo per tutta la giornata: occhiaie, capelli che sparavano ovunque e divisa stropicciata. Quella giornata prometteva bene. Quando entrò, trovò Beth al bancone d'ingresso che chiacchierava con Michonne. Passandogli accanto le salutò; Beth alzò lo sguardo su di lui e sorrise “Ciao Duke! L'altro ti aspetta in ufficio con le chiavi.” Invece Michonne aveva abbassato gli occhi su un foglio accanto a lei, cominciando a scrivere e non aveva detto nulla.
 
Abbattuto, si diresse in ufficio cercando di dissimulare su come si sentisse. Quando entrò vide “l'altro Duke” davanti alla loro foto che cancellava furiosamente qualcosa con una gomma. Appena richiuse la porta, l'uomo si girò di scatto, osservandolo guardingo e parandosi davanti all'immagine per nascondere quello che evidentemente voleva far sparire.
 
“Che fai?” gli chiese perplesso.
 
“Niente!” rispose troppo velocemente Daryl.
 
“Quindi non stai cercando di nascondermi qualcosa.” sorrise ironico.
 
“No.”
 
“Sarà.” disse lasciando il giubbotto sull'appendiabiti. Andò verso la poltrona ma all'ultimo si voltò verso l'uomo che aveva ripreso a cancellare. Il Daryl della foto era circondato da tanti piccoli cuoricini disegnati a matita che il diretto interessato stava evidentemente tentando di rimuovere.
 
“Capisco...” mormorò malizioso “A proposito, Beth mi ha detto che hai le mie chiavi. Allora, tutto a posto?”
 
“Dovresti farti un po' i cazzi tuoi.” borbottò l'altro passandogli il mazzo che aveva in tasca. “E sei tu che sei stato fuori tutta notte, dovrei essere io a chiederti com'è andata.” rispose sedendosi di fronte a lui.
 
Il viso di Rick a quel punto si rabbuiò. Sembrò spegnersi; le spalle si incurvarono, abbassò la testa e assunse una strana smorfia. Sembrava essere appassito, come un fiore in una giornata estiva troppo calda.
 
“Che c'è? Hai fatto cilecca?” domandò con un ghigno. Rick sollevò di scatto la testa e lo fulminò con lo sguardo.
 
“No Daryl, non ho fatto cilecca.” gli rispose infastidito. “Ma...”
 
“Va be, ma chi sarà mai-?”
 
La porta si aprì all'improvviso interrompendoli; Michonne entrò decisa e in tono freddo e distaccato disse “Rick, Abraham ha bisogno di te per il caso Foster, ha detto di andare da lui appena puoi. Ciao Daryl.” e dopo averlo salutato, uscì com'era entrata.
 
Appena l'aveva vista, Rick si era raddrizzato sulla sedia e aveva avuto occhi solo per lei. Il suo sguardo si era riempito di speranza, ma man mano che la donna parlava si era disilluso. Daryl nel frattempo si era accorto di come l'aveva guardata e non ci era voluto molto perché facesse due più due.
 
“Ah, capisco.” esordì con malizia, ricalcando le parole che l'altro gli aveva detto pochi minuti prima.
 
“Non dire nulla.” lo stroncò l'altro, alzandosi “Vado da Abraham, tu non hai visto niente.” e detto questo, praticamente fuggì dalla stanza.
 
Era rimasto con Abraham per circa un'ora. I Foster erano una delle famiglie mafiose più importanti della zona; stranamente erano rimasti 'silenti' per anni, esattamente da quando Chacòn era sparito, ma ultimamente si erano fatti risentire. Solo un paio di giorni prima uno dei loro uomini era morto in un conflitto a fuoco; probabilmente si trattava di un regolamento di conti con qualche gang. Erano stati Abe e Jesus ad intervenire, ma quando erano arrivati sul luogo del delitto c'erano solo il corpo della vittima in un lago di sangue, e un mare di persone; mezzo quartiere si era riversato in strada per capire cosa fosse successo.
 
In effetti non erano in periferia; strano che succedesse qualcosa del genere nel cuore della città. Il caso non era ancora chiuso; avevano identificato il calibro del proiettile, avevano trovato l'arma del delitto - gettata in un cassonetto in una via poco distante dalla scena del crimine - ma non c'erano impronte. In quei giorni avrebbero fatto un giro nella zona per vedere se qualche telecamera di sorveglianza avesse ripreso qualcosa.
 
Con gli occhi stanchi lasciò l'ufficio del collega e uscendo, aveva visto Michonne poco più avanti in corridoio. Voleva avere almeno la possibilità di rimediare e dato che non c'era nessuno attorno, colse l'occasione. “Michonne!” lei si fermò e lasciò che la raggiungesse.
 
“Dimmi, hai bisogno?” chiese in tono sbrigativo, guardandolo distaccata.
 
“No. Be, sì. Volevo dirti che stamattina...” iniziò titubante, ma lei lo fermò subito.
 
“Va bene così Rick. Lasciamo perdere.” e si allontanò da lui a passo svelto e deciso.
 
Rimase immobile ad osservarla andarsene. Davvero non capiva cosa fosse successo, fino alla sera prima erano stati bene. Per lui non era stata un'avventura di una notte e pensava che anche per lei sarebbe stato lo stesso. Ma comunque trovava strano che si comportasse in quel modo. Forse se n'era pentita.
 
§§§
 
Daryl non sapeva spiegarsi cosa stesse accadendo negli ultimi tempi. Da quando casa sua era diventata un centro sociale? Prima di allora non aveva mai portato nessuno eccetto Merle, e nel giro di due settimane si trovava a fare da babysitter ad entrambi i Duke.
 
Non poteva credere di prestarsi davvero a quella pagliacciata. Conosceva quel telefilm a memoria, lo aveva sempre visto; ma da lì a considerarsi Bo Duke ne passava d'acqua sotto i ponti. E invece Bo, Luke e Daisy erano diventati i loro soprannomi in centrale. Gli sembrava di stare in una di quelle pubblicità di cereali in cui tutti erano contenti e vivevano in armonia.
 
A dir la verità non era proprio così in quel momento. Lui e Rick erano seduti sulle poltrone del suo salotto circondati da bottiglie di birra vuote, la maggior parte delle quali erano state bevute dall'agente. Quando avevano finito il turno, Rick gli era sembrato così imbambolato che senza nemmeno accorgersene lo aveva tenuto d'occhio mentre saliva in macchina; e per fortuna. Non era nemmeno uscito dal parcheggio che ad un certo punto si era ritrovato a indietreggiare fino a scontrarsi contro un paletto.
 
A quel punto era andato da lui che, posando la testa sullo sterzo, gli aveva detto afflitto “Io rimango qui.” Alzando gli occhi al cielo lo aveva fatto scendere dall'auto e, dopo averla parcheggiata di nuovo, se l'era tirato dietro fino al suo pick-up. Evidentemente doveva avere qualche problema; qualcuno doveva averlo infettato gravemente con una particolare forma di istinto da crocerossina, o non si spiegava perché si trovava in casa sua con un uomo mezzo ubriaco.
 
“Grazie...” mormorò quello. “Non avrei voluto rimanere a casa da solo.” Daryl mugugnò in assenso. “Sai, lavoriamo insieme da due mesi eppure non so praticamente niente di te.” domandò curioso.
 
Daryl abbassò la testa e dopo qualche attimo sollevò le spalle e rispose “Non c'è molto da dire.”
 
Rick capì che l'uomo accanto a lui non aveva molta voglia di parlare; era a disagio. In effetti non si era reso conto di quello che gli aveva chiesto finché non aveva sentito silenzio dall'altra parte. Bastava pensare al motivo per il quale si erano conosciuti. Lui aveva un intero fascicolo nell'archivio della centrale, su cui c'era scritto nero su bianco ogni sbaglio che aveva commesso. Probabilmente non aveva avuto una vita facile.
 
Fingendo di non notare il silenzio teso che era seguito alla risposta, iniziò a parlare. “Ho sempre vissuto ad Atlanta, sono figlio unico. Da piccolo la mia merenda preferita era patatine e pezzetti di cioccolata, e ho dato il mio primo bacio a Julia Harris, in quinta elementare.” sorrise al ricordo.
 
“Come sei finito a fare lo sbirro?” gli domandò l'altro.
 
“Durante gli anni del liceo andavo sempre a giocare a basket in uno dei campetti di periferia con i miei amici. Un giorno tornando a casa ho visto un gruppetto di ragazzi che davano fastidio a un altro. Ma quello che mi aveva colpito di più era l'unico rimasto un paio di passi indietro. Senza accorgermene mi ero fermato a guardare cosa stesse succedendo. Dopo averlo pestato un po' se ne andarono e il ragazzo in disparte, sempre tenendosi in coda li aveva seguiti. Aveva una canotta gialla piuttosto larga; pensai che giocasse a basket. I giorni successivi tornai al campo intorno alla stessa ora ma non lo vidi più. Volevo parlargli, non sembrava uno che volesse stare davvero lì in mezzo. Dopo un paio di mesi mi iscrissi in Accademia; penso fu per quello che vidi quel giorno. Mi ero sentito... impotente. Così decisi che avrei cercato un modo per evitare che accadesse di nuovo.”
 
“Eri il classico bravo ragazzo con il cappellino di traverso e il sorriso onesto, vero?” domandò Daryl sorridendo.
 
“Può darsi.” rispose stando al gioco.
 
Dopo qualche minuto passato in silenzio a pensare, gli chiese: “Per caso il campetto era quello vicino al minimarket e la fabbrica chimica?”
 
Rick mormorò “Mh-m.” cercando di nascondere un sorriso, anche se l'altro non lo stava guardando.
 
“Avevi un cappellino blu?”
 
Si voltò verso di lui e gli sorrise “Sì.”
 
Daryl lo guardò negli occhi sorpreso. Ora si ricordava! Aveva completamente rimosso quel ragazzo con il viso pulito che aveva visto per caso, mentre era in giro con Merle e i suoi amici coglioni. Gli era sembrato che quel ragazzo così lontano dal suo mondo, gli avesse teso una  mano solo guardandolo. La verità era che anche lui era ripassato di lì per un paio di giorni. Poi suo fratello si era messo nei guai e aveva dovuto arrangiarsi. Era cambiato da allora, ma adesso che lo osservava c'era ancora qualche somiglianza con il Rick di una quindicina d'anni prima.
 
“Da quanto tempo ti ricordi?” gli chiese cauto.
 
“Stamattina mentre dormivi avevi un'espressione talmente rilassata, e mi si è accesa la lampadina.”
 
Annuì ancora un po' frastornato, poi si riprese “Se avessimo fatto una partita ti avrei stracciato.” gli disse sorridendo.
 
Rick scoppiò a ridere. “Non me la cavavo male, sai?”
 
“Immagino, avrai avuto tutte le ragazze ai piedi.” rispose.
 
“No, assolutamente.” scosse la testa deciso “Ero anche piuttosto timido; mi sono buttato solo con l'unica che valesse la pena.” aggiunse con uno strano tono e lo sguardo fisso avanti come se stesse guardando qualcosa che Daryl non poteva vedere.
 
“La mamma di Carl e Judith?”
 
“Sì. Lori è morta tre anni fa, quando è nata la piccola. Complicazioni della gravidanza.” anche se non gliel'aveva chiesto, glielo disse comunque. Sentiva di potersi fidare.
 
“E in questi tre anni...?”
 
“Non ho visto nessuna. I primi tempi sono stati davvero duri. Durante il giorno correvo da tutte le parti per stare dietro ai bambini, al lavoro, alla casa. Ho dovuto fare la mamma e il papà insieme, e la maggior parte delle volte avevo paura di non saper fare né l'uno né l'altro.” scosse la testa con un sorriso leggero in volto. “Ma arrivato a sera, quando mi ritrovavo da solo e la casa era in silenzio, mi mancava.”
 
“E con Michonne?”
 
“Lei è la prima da quando...” lasciò la frase in sospeso, ma Daryl capì “Non mi sono accorto di quanto mi interessasse realmente finché non le ho chiesto di uscire e lei mi ha detto di no.” sorrise divertito di sé.
 
“Che ho fatto? ” chiese ripensando a quanto era stata distante quel giorno. “Ok, Jesus ci ha beccati, ma l'hai visto anche tu: lui non ha detto niente, in ufficio non lo sa nessuno. E allora cosa ho sbagliato? Perché non mi parla ed è così distante? Sono un imbecille... Ma l'hai vista? Lei è troppo per me! È intelligente, bella, giovane. L'apice delle mie giornate è fare la voce all'orsetto di Judy. Amo i miei figli, non sto dicendo il contrario. Ma cosa potrei offrirle? Di sicuro ho sbagliato qualcosa... Non sono più abituato; sono vent'anni che non avevo un appuntamento!” dopo un sospiro pesante domandò “Che posso fare?” Le parole gli erano uscite come un fiume in piena.
 
Daryl si voltò pigramente verso di lui, facendo roteare la bottiglia tra le sue mani. Lo guardò per un po' e poi sollevò le spalle. L'altro mugugnò infastidito e disse in tono lamentoso “Dai, Daryl! Fai uno sforzo!”
 
Per tutta risposta quello si alzò e sparì in camera per qualche minuto. Quando tornò aveva in mano una scatolina di legno, dentro cui c'era qualche spinello. “Ecco cosa puoi fare: rilassati e non rompere i coglioni.” rispose passandogli una canna e sedendosi di nuovo. Dopo aver espirato il primo tiro gli chiese “Senza farti seghe, pensa: ti sembra di aver fatto qualcosa di male?”
 
Rick rimase qualche attimo in silenzio, osservando la nuvola di fumo che gli usciva dalla bocca. “No, non credo.” disse infine.
 
“Ecco. Allora prova a parlarle; magari è lei il problema.” ribatté deciso.
 
“Pensi che non ci abbia provato?! Certo che l'ho fatto, e sai che mi ha risposto? Di lasciar perdere!” alzò il tono di voce, frustrato. “Che cosa cazzo vorrebbe dire?”
 
“Quello che ha detto: lascia perdere.” rispose in tono ovvio; guardò l'uomo accanto a lui e sospirò. “Mi sembra che lei sia piuttosto importante.” Rick lo guardò incerto, e a quel punto Daryl gli lanciò un'occhiataccia. “Certo che lo è, o non saresti qui. Dalle il tempo di pensarci a mente fredda - e fallo anche tu - e poi prova a riavvicinarti.”
 
“Dici?” domandò l'altro dopo un po'.
 
“Certo. O questo, oppure sei stato una bella scopata.” rispose con un sorrisino. Per tutta risposta Rick gli tirò un cuscino, cercando di nascondere il sorriso che gli era sorto spontaneo.
 
“Tu si che sai come consolare qualcuno.” lo rimbeccò risentito. “Ma dove le hai prese queste?” chiese incuriosito sollevando la canna.
 
“Jesus.”
 
Jesus?! Paul Jesus Rovia?” chiese allibito.
 
“Conosci qualcun'altro?” lo guardò scettico e davanti alla faccia dell'altro aggiunse “Be, che c'è? Mi hai costretto a diventare un mezzo sbirro, dovrò pur approfittarne, no?” si sistemò meglio nella poltrona e sollevò i piedi sul tavolino.
 
Rimasero in silenzio per qualche minuto, rilassandosi e finendo di fumare; poi Daryl si sporse a prendere il posacenere, che passò a Rick dopo aver spento il mozzicone; lo rimise al suo posto e prese il telecomando dello stereo. Puntandolo alle sue spalle fece partire la musica. L'uomo accanto a lui cominciò a canticchiare, seguendo il ritmo della canzone. Gli venne da ridere, ma si ritrovò a seguirlo.
 
“A proposito.” esordì Rick quando la melodia si interruppe e cominciò la successiva “Non mi hai detto com'è andata con Beth.”
 
“Perché non c'è niente da dire.” rispose rapido.
 
“Non possiamo parlare solo delle mie disgrazie. Parliamo anche delle tue; consolami.” sorrise ironico, lanciandogli uno sguardo divertito.
 
Daryl non disse nulla, si limitò a fissare la parete bianca davanti a sé. Allora aveva ragione! Quella mattina Rick lo aveva guardato in modo strano, non si era sbagliato! E quando lo aveva beccato a cancellare quei dannatissimi cuoricini che qualcuno aveva messo sulla foto, nella sua testolina doveva essere stato chiaro quello che sospettava. Peccato per lui che si sbagliasse. Non era successo niente, mai sarebbe successo e andava benissimo così. L'alcool e l'erba dovevano avergli fatto più male di quello che credeva.
 
Quando si accorse che l'agente stava per ricominciare a parlare, cercò di sviare il discorso. Non voleva che insistesse; aveva torto, che lo lasciasse in pace. Così gli chiese a bruciapelo: “Lo vuoi un tatuaggio?”
 
L'altro rimase basito e dopo un po' gli chiese: “Perché? Puoi farlo?”
 
“Certo. Questo me lo sono fatto da solo.” scostò la manica della maglietta che indossava e gli mostrò la sigla che si era tatuato di fronte allo specchio un pomeriggio di tanti anni prima.
 
“Sì! Lo voglio anche io! Facciamo il tatuaggio!” rispose saltando in piedi con i le mani a pugno sopra la testa. Bene, missione compiuta, l'aveva distratto. Il padrone di casa barcollò di nuovo in camera da letto e tornò con tutto il necessario.
 
“Dove lo vuoi?” gli domandò.
 
“Qui!” Rick fece un sorriso a trentadue denti e si indicò la fronte.
 
“Meglio di no” sorrise Daryl sotto i baffi. “Ti bandirebbero dalla centrale.”
 
“Mmm... Decidi tu, lascio tutto nelle mani del mio tatuatore di fiducia!” esclamò tentando di soffocare invano una risata. Era completamente andato.
 
“Va bene, appoggiati al tavolino.”




Angolo autrice:
Eccoci arrivati alla fine del nono capitolo! Prima di tutto volevo scusarmi per il ritardo; ho avuto qualche problema organizzativo e non sono riuscita a trovare un attimo di tempo per pubblicare, ma eccoci qui! Allora: perché Michonne è così distante? Rick è stato davvero solo "una bella scopata" (usando le parole di Daryl) oppure c'è dell'altro? E a proposito del nostro arciere preferito: come andranno ora le cose con Beth? Ma soprattutto: cosa tatuerà a Rick?
Per quanto riguarda Jesus so che quello di questo capitolo non è un comportamento da lui (per quello che ne sappiamo, ma in generale mi sento di escluderlo :P) ma è l'unico punto volutamente OOC che ho scritto, in quanto riprende una scena del film TAXXI. Dovete sapere che l'idea di base per questa fanfiction è nata proprio mentre riguardavo la tetralogia di Taxxi (di Luc Besson <3) e siccome nel terzo c'è una scena molto simile ho voluto in qualche modo rendere omaggio alla pellicola e ad Alain (il "corrispettivo di Jesus). Spero che in ogni caso non sia una cosa che "disturbi" eccessivamente ma anzi che vi faccia sorridere^^ Ringrazio come sempre chi recensisce (risponderò al più presto, giuro!) e chi mette la storia tra preferite/seguite/ricordate!
·Machaira·
   
 
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