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Autore: JEH1929    27/04/2017    3 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio. Mi pulsa leggermente la testa e mi sembra di avere due biglie al posto degli occhi. Una presenza calda al mio fianco. Apro gli occhi e improvvisamente mi ricordo delle mie lacrime di ieri sera e del fatto che sto dormendo con Hayama. Stranamente mi sono svegliata prima di lui. Un record rispetto ai miei ritardi.
Il respiro di Akito è regolare, quindi sta ancora dormendo. Una leggera luce penetra dalle persiane. Ciò significa che è già mattina e che tra poco dovremo alzarci. Sospiro, sto così bene adesso, che non ho affatto voglia di muovermi. Avvicino ancora di più il viso al suo. Ha un braccio attorno alla mia vita e l’altro ripiegato vicino ai miei capelli, come se ne avesse retto in mano una ciocca. Probabilmente è così, ha sempre amato toccare i miei capelli. Le sue gambe sono intrecciate alle mie.
Guardo il suo profilo, così perfetto, lo è sempre stato. Le ciglia lunghe che vibrano leggermente sulle guance, probabilmente sta ancora sognando. Le labbra piene, leggermente aperte. E la zazzera troppo lunga che gli ricade sugli occhi. Alzo una mano e gli sfioro una guancia, poi la alzo fino a un sopracciglio e le sue ciglia vibrano di nuovo. Allontano la mano, temendo di averlo svegliato, ma lui rimane immobile, allora continuo la mia esplorazione, fino alla fronte, da cui sposto i ciuffi dorati, poi scendo dall’altra parte, depositando una lieve carezza sull’altra guancia. Infine arrivo alle labbra e ne traccio lentamente il profilo, lui le stringe leggermente, quasi a voler intrappolare il mio dito, ma non si sveglia ancora. Gli infilo nuovamente la mano fra i capelli e mi avvicino ancora di più. Adesso siamo a meno di un respiro di distanza. Lentamente la sua mano si muove e sale lungo la mia schiena, poi Hayama mi avvicina ancora di più, continuando a respirare regolarmente. Tiro un sospiro di sollievo, mentre ritraggo la mano, sarebbe stato imbarazzante. Chiudo gli occhi, respirando il suo profumo, l’inconfondibile profumo dell’unico uomo che abbia mai amato in vita mia e senza neanche volerlo sprofondo nuovamente nel sonno.
 
Quando aprii gli occhi, non riconobbi il luogo in cui mi trovato. La stanza era buia, il letto più piccolo del normale. Allungando una mano non riuscivo a trovare niente di familiare. Eppure non ero agitata. Inconsciamente avvertivo la sua presenza vicino a me, avvertivo il suo profumo, il suo respiro regolare, il suo contatto. Per questo ero tranquilla. Non potevo essere in pericolo fino a quando Akito continuava a stringermi a sé in questo modo.
Finalmente realizzai che ci trovavamo in un albergo di Shirahama, una località balneare. Era la prima vacanza che facevamo da soli. Insomma, con noi c’erano Aya e Tsuyoshi, ma avevamo una stanza da soli, tutta per noi. All’inizio non era stato facile convincere i nostri genitori a lasciarci andare. In realtà, mia madre aveva opposto poca resistenza. Si fidava di me, Akito le piaceva e diceva che ormai eravamo abbastanza grandi per cavarcela da soli. Ovviamente Rei non era stato d’accordo e aveva tentato, senza molto successo, di convincere prima mia madre e poi me di quando questa vacanza fosse inopportuna. Quando poi, per caso, dal momento che avevo fatto di tutto per tenerglielo nascosto, aveva saputo che io e Akito avremmo condiviso la stessa stanza, aveva quasi avuto un attacco isterico. Ancora non aveva accettato il fatto che fossi cresciuta e che non fossi più la stessa indifesa Sana-bambina che aveva bisogno della sua protezione, inoltre Akito non gli era mai piaciuto, fin dal primo momento, anche se la sua assoluta priorità era vedermi felice. Anche il signor Hayama aveva protestato un po’, come se per lui fosse strano che due ragazzi condividessero la stessa vacanza, la stessa stanza e soprattutto lo stesso letto. Ma alla fine Natsumi lo aveva fatto ragionare e anche lui ci aveva concesso il suo benestare.
Così eravamo partiti. Felici, liberi, spensierati. E adesso eravamo al secondo giorno di vacanza. Era la prima volta che io e Akito dormivamo insieme. Certo, non era la prima, né la seconda volta che facevamo l’amore, ma non avevamo mai dormito per davvero insieme per tutta la notte. E io avevo scoperto che mi piaceva, che mi rilassava. Mi sentivo terribilmente sicura mentre le sue braccia mi avvolgevano i fianchi e il suo respiro mi scaldava l’orecchio. Pensavo di non aver mai dormito meglio in vita mia prima di quella notte.
Mi voltai nella sua direzione. Mi circondava completamente con un braccio, quasi possessivo, ma io mi sentivo così libera. L’altro era piegato vicino al suo busto e stringeva qualcosa fra le dita. Con un sorriso mi accorsi che si trattava di una ciocca dei miei capelli. Li teneva così saldamente, che mi sorpresi di non essermi svegliata sentendomi tirare i capelli. Ma per certe cose sapeva essere anche molto delicato. Mi avvicinai al suo viso, depositandogli un leggero bacio sul naso. In quel momento aprì gli occhi e mi ritrovai immersa nell’ambra delle sue iridi.
Sognavo o quello che mi era sembrato di vedere sul suo viso era un sorriso di pura e semplice gioia? Era così raro vedere Akito sorridere così.
- Buongiorno! – dissi.
- Sono bello eh? – bofonchiò.
Scoppiai a ridere, per la strana uscita, tirandogli un pugno sul braccio.
- Sei un egocentrico!
- Però ti piace tanto fissarmi mentre dormo.
Arrossii.
- Idiota!
- Non urlarmi nelle orecchie, Kurata! – ma si vedeva che non era arrabbiato.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, continuando a fissarci negli occhi. Non era imbarazzante.
- Hai dormito bene? – chiesi.
- Non male. – rispose.
Non potei evitarmi di alzare gli occhi al cielo. A volte le sue risposte mi irritavano proprio, ma questa volta ero troppo felice.
- Io benissimo, invece.
- Non l’avrei mai detto… - rispose, ironicamente, mentre io gli facevo la linguaccia.
- A proposito, hai dormito con una mia ciocca di capelli fra le mani.
- Eh? Penso che te lo sia sognato, Kurata.
- Andiamo, ti ho visto.
- Non farei mai una cosa così sdolcinata e smielata.
- Sei un bugiardo patentato, Hayama.
- E tu sei bellissima, Kurata. – rispose, sporgendosi per baciarmi, ma io mi scansai.
- E questo non sarebbe sdolcinato e smielato? Non va bene, Akito… – risposi, scoppiando a ridere.
Mi guardò contrariato, interrompendomi.
- Non va bene invece che tu parli sempre tanto.
Questa volta lo lasciai fare mentre mi baciava e ben presto mi ritrovai completamente persa nel suo profumo, nel suo sapore, nelle sue labbra. Cominciò a togliermi lentamente i vestiti, continuando a baciarmi con lentezza, ma allo stesso tempo con passione. Io rimasi totalmente immobile, inebetita dallo strano potere che ha sempre esercitato su di me, continuando soltanto a rispondere ai suoi baci, con il corpo sempre più desideroso di lui. Lentamente mi ripresi e cominciai a togliergli i vestiti a mia volta e a baciarlo voracemente. Ma lui continuava il suo gioco, un lento ed estenuante percorrere il mio corpo, con le mani e con la bocca.
- Akito… - ansimai, mentre mi baciava la base del collo.
Sentii le labbra incurvarsi in un sorriso.
- Adesso stai zitta. – disse, avvicinando di nuovo la bocca alla mia e lasciandomi un bacio dolce, mentre con le mani esplorava il mio corpo.
- Comunque ho sempre adorato i tuoi capelli rossi. – mi sussurrò in un orecchio, mentre continuava a baciarmi come se fossi la cosa più bella che gli fosse mai capitata.
 
Il respiro di Sana, a pochi centimetri dal mio viso, si fa finalmente regolare. Allora posso aprire gli occhi. Sento la pelle sensibile dove lei mi ha accarezzato. Dorme tranquilla, si è addormentata con un sorriso. Non mi è mai sembrata così bella, nonostante i capelli in disordine, le occhiaie chiaramente visibili sotto le lunghe ciglia e le tracce delle lacrime di ieri sera. La stringo più forte e lei si accoccola sul mio petto, insinuando il volto nell’incavo del mio collo. Inspiro il profumo dei suoi capelli, gelsomino, cocco e semplicemente Sana. Non pensavo che una persona potesse mai mancarti tanto. Eppure ce l’avevo sotto gli occhi praticamente tutti i giorni. Ma un conto era vederla, un conto era stringerla. Anche se vederla era già un passo avanti rispetto al periodo in cui eravamo stati lontano. Ricordo le interminabili corse a notte fonda, per poi presentarmi a lavoro completamente intontito, quasi fuori di testa.
Le conversazioni con Tsuyoshi, ovviamente tutte a senso unico. Lui che cercava di convincermi a superare la situazione, come se io avessi mai potuto superare la mia storia con Kurata. Non c’ero riuscito a undici anni a dimenticarla, figuriamoci adesso, dopo aver trascorso con lei gli anni più belli della mia vita. Da quando l’avevo conosciuta, aveva rivoluzionato la mia vita in tutti i modi possibili, sicuramente in meglio. Perfino l’ultimo anno prima della nostra separazione, sebbene la vedessi raramente e si dedicasse così tanto al lavoro, occupava insistentemente tutti i miei pensieri.
E poi in quei sei mesi… La vedevo ovunque, ogni volta che accendevo la televisione, quando ne parlavano Tsuyoshi, Aya, Fuka e gli altri, sui cartelloni pubblicitari in giro per Tokyo. Ovunque. Anche se avessi voluto davvero liberarmi del suo pensiero sarebbe stato difficile, figuriamoci considerando il fatto che io non potevo proprio liberarmene.
Poi era sparita per un paio di mesi. Niente apparizioni in tv, meno pubblicità, nessuna promozione della miniserie con Kamura. Niente. Neanche i nostri amici ne parlavano più, come se fosse diventato un argomento tabù. Prima ne parlavano, fregandosene di quello che ascoltavo, ma poi cercavano di non farsi sentire da me quando parlavano di lei, mentre io ero soltanto avido di informazioni, troppo orgoglioso per chiederlo. Alla fine la preoccupazione aveva superato l’orgoglio e mi ero fatto avanti, chiedendo prima a Tsuyoshi. Era stato irremovibile, niente di ciò che avevo tentato aveva sortito alcun effetto, né minacce né lusinghe. Allora mi ero diretto senza sperare più di tanto verso Fuka, che ovviamente era stata testarda come al solito, rifiutando di dirmi alcunché su Sana. Infine mi ero visto costretto a chiedere a Gomi, mettendo da parte anche l’ultima traccia di orgoglio. Era facile metterlo sotto pressione e quando finalmente stava per sputare il rospo, era arrivata Hisae, che lo aveva incenerito con uno dei suoi sguardi micidiali, impedendomi di scoprire la verità.
Mi ero tormentato per mesi, cominciando a comprare stupide riviste di gossip, per scoprire cosa fosse successo a Sana. Tutte parlavano del fatto che si fosse presa una pausa, ma nessuna sembrava dire con chiarezza quale fosse il motivo. Alcuni proponevano illazioni su una sua fuga d’amore con Kamura, ma mi sembrava poco probabile e non c’erano prove, inoltre non mi importava in quel momento, volevo soltanto sapere se stava bene oppure no e qualcosa mi diceva che non era così. Era stato alla fine, scaduti i sei mesi di tempo lontani, che, in una rivista secondaria, mentre ero a lavoro, avevo letto delle indiscrezioni che ponevano Sana Kurata nel reparto di chirurgia di uno dei più prestigiosi ospedali di Tokyo, per un grave incidente avvenuto sul set. Diceva che fosse ricoverata da diversi mesi e che le sue condizioni fossero critiche. Non ero più riuscito a controllarmi, l’ansia, la paura e la preoccupazione accumulata in quei mesi erano improvvisamente esplose. Non so esattamente cosa fosse successo a quel punto. Mi ricordo solo che ero esploso a lavoro, urlando cose incomprensibili alle persone intorno a me, e mi ero ritrovato a correre e avevo corso così tanto da non sentire più le gambe, i polmoni, niente, ad esclusione del dolore al livello del petto. Non ero riuscito ad entrare nell’ospedale dove Sana doveva essere ricoverata, non me l’avevano permesso. Avevano addirittura tentato di fermarmi, per farmi qualche esame, ma ero riuscito a fuggire prima che mi iniettassero qualcosa. Alla fine mi ero ritrovato seduto davanti alle finestre di casa sua, immobile ma non visto. E lì ero rimasto per ore, forse per giorni, senza più la cognizione del tempo. Soltanto quando l’avevo vista, in quel suo vestito perfetto, con quel sorriso perfetto, che stava perfettamente bene. Soltanto allora mi ero calmato, il sollievo era stato palpabile. Il mio cuore aveva smesso di battere come impazzito, avevo ripreso a respirare normalmente, avevo smesso di ansimare e avevo sentito il dolore in tutti i muscoli. Allo stesso tempo avevo provato rabbia, perché nessuno mi aveva detto dell’incidente, perché lei non mi aveva detto niente dell’incidente e perché adesso era di fronte a me, radiosa come al solito e perfettamente in salute.
- È la “ragazzina egoista”. – mi erano sfuggite quelle stesse parole.
E lei di nuovo si era abbassata e mi aveva stretto a sé. E finalmente, dopo sei mesi di sofferenza, avevo capito di essere a casa.
Come adesso, sono finalmente a casa.
 
-Kurata.
Qualcuno mi scuote, mugolo contrariata, non ho nessuna voglia di svegliarmi.
- Kurata, farai tardi all’università.
Mugolo di nuovo.
- Sono le 8,25. Ti conviene alzarti prima di fare una delle tue entrate trionfali in aula.
Spalanco gli occhi e guardo la sveglia di Hayama sul comodino e segna veramente le 8,25 e io che avevo appuntamento con Hiroto e Rumi alle 8,45. Balzo in piedi, Hayama è già vestito e sistemato per andare a lezione, perfettamente in ordine e mi fissa, le mani in tasca. Arrossisco leggermente, ripensando a quello che stavo facendo qualche ora fa.
- So che vorresti stare ad ammirarmi per tutta la mattina, ma il tempo stringe. – riprende lui, ma lo fa con un tono insolitamente scherzoso.
Gli faccio la linguaccia, correndo verso il bagno.
- Gli altri?
- Sono già partiti.
Meno male, almeno non avrò domande indiscrete per un bel po’.
- Potevi anche svegliarmi prima! – urlo dal bagno.
- Non mi sarei divertito tanto, altrimenti. – risponde lui, mentre io esco dal bagno e gli lancio un’occhiataccia.
Mi vesto afferrando le prime cose che mi capitano a tiro, applico un po’ di correttore sugli occhi arrossati e gonfi, ma non ho tempo di truccarmi ulteriormente. In realtà mi trucco raramente.
Akito è appoggiato al tavolo della cucina.
- Devi proprio stare lì a fissarmi? – chiedo, irritata, mentre afferro un paio di biscotti da mangiare durante il tragitto da qui all’università.
- Pensavo di accompagnarti in macchina, ma se preferisci camminare per me va bene. – dice, incamminandosi verso la porta.
- In macchina? – mi blocco, stupita da un gesto così gentile da parte sua.
- Allora vieni o no?
Annuisco, mettendo un biscotto in bocca e seguendolo.
Parcheggia vicino alla mensa universitaria, dove mi devo incontrare con Hiroto e Rumi. Stranamente continua a seguirmi, invece di andare verso la sua università.
- Che fai? – gli chiedo.
- Non posso conoscere i tuoi amici?
- Oh, pensavo che non ti interessasse.
- Mi interessa.
Alla fine riesco a vedere Rumi, che si sbraccia allegra in mezzo alla folla e che si immobilizza all’istante vedendo che non sono sola. Hiroto sembra stare meglio di ieri e fissa Akito in modo strano.
- Ciao. – li saluto, - Lui è Akito Hayama…
- Il famoso Hayama… - esclama Rumi e io le lancio un’occhiataccia, ma la situazione sembra divertire Hayama.
- Loro sono Rumi e Hiroto Ogino. – concludo le presentazioni.
Si salutano, un saluto molto allegro e solare da parte di Rumi, un saluto tranquillo e freddo da parte di Hayama e Hiroto. Ovviamente non sono tipi che fanno amicizia alla prima.
- Dobbiamo andare, le lezioni stanno per iniziare. – mi dice Hiroto, iniziando a incamminarsi verso l’università.
- È proprio un gran fico. – mi sussurra in un orecchio Rumi, prima di sparire, diretta verso economia.
Hiroto mi guarda, impaziente. Gli faccio cenno di aspettare un attimo e mi rivolgo verso Hayama.
- Piaci alla mia amica. – gli dico per rompere il ghiaccio.
Lui spalanca leggermente gli occhi.
- Non mi dispiace. – dice.
Lo guardo male, sapendo che se dice che non gli dispiace, allora Rumi gli ha fatto una bella impressione.
- Qualcuno è geloso? – chiede.
- Nient’affatto! – rispondo.
Mi guarda, quasi maliziosamente.
- Però trovi che io sia bello. – dice.
Gli do un pugno sul braccio e arrossisco.
- Non dire stupidaggini! – grido, alzando il mento in segno di sfida.
- Allora non capisco proprio perché ti piaccia tanto fissarmi mentre dormo.
Cosa? Allora era sveglio! Vorrei sprofondare sottoterra il prima possibile. Abbasso lo sguardo, sconfitta, mentre un leggero sorriso gli increspa le labbra.
- Devo andare, - riprende.
- Ci vediamo stasera? – chiedo, cercando di darmi un contegno.
Annuisce.
- A dopo, Kurata.
- A dopo, Hayama.
 
Cammino lentamente verso Medicina, ho ancora qualche minuto prima dell’inizio del corso di fisioterapia. Ficco le mani in tasca ed alzo gli occhi verso l’alto. Nonostante ottobre si stia avvicinando è ancora piuttosto caldo e il sole splende alto nel cielo azzurrissimo. Scuoto la testa, un commento del genere avrebbe potuto farlo Sana! Ma quando mi capita di trascorrere più tempo con lei può capitare che anche io mi metta a fare commenti tanto sdolcinati.
Inspiro l’aria fresca della mattina e mi arriva alle narici anche il lieve profumo di gelsomino e cocco che mi è rimasto addosso da stanotte.
Ed in questo momento decido che non voglio aspettare stasera per rivederla. So quale è il suo tavolo perché l’ho vista diverse volte sedersi lì con gli Ogino nella scorsa settimana. Non che l’abbia spiata, ma, sbadata com’è, a volte è necessario che qualcuno la tenga d’occhio. E non eravamo così in buoni rapporti da potermi avvicinare al suo tavolo.
Mi sento stranamente euforico e vorrei quasi sorridere, sensazione davvero molto difficile per uno come me. Un camioncino pubblicitario passa lentamente nella strada accanto all’università. Il volto sorridente e vagamente ammiccante di Sana mi sorride. È la pubblicità di uno shampoo e lei è seduta con i capelli al vento. I suoi bellissimi capelli rossi. E allora decido di farle una sorpresa e di andare a trovarla all’ora di pranzo. Da quello che mi è sembrato di vedere stamattina, non è più così ostile nei miei confronti. Mentre lo penso mi stupisco del mio stesso pensiero, sto forse pensando di tornare a essere qualcosa di più che un semplice amico, come hanno sempre detto gli altri? Sono davvero sempre innamorato di lei? La risposta mi viene immediatamente spontanea: non ho mai smesso di amarla e non siamo mai stati amici. Non veramente. E finalmente questa risposta, che mi sono dato, mi libera di un peso opprimente che non mi ero accorto di avere sul petto. Inspiro ed espiro. Ha ragione Tsuyoshi, per quanto mi dolga ammetterlo: se non mi muovo non riuscirò mai a riaverla.

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Grazie a tutti voi! Soltanto grazie al vostro incoraggiamento sono riuscita ad andare avanti fino ad ora e ad aggiornare così velocemente. Un saluto e un abbraccio a tutti coloro che commentano, che seguono o semplicemente leggono questa storia!
   
 
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