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Autore: Vago    28/04/2017    4 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 - Mi sono trattenuto qui fin troppo. – disse lo Spettro dopo un silenzio eternamente lungo. – Se non vi dispiace, mi prenderei io in carico la sepoltura di questo corpo. –
Nessuno rispose, né alcuno fiatò quando il Servitore del Fato raccolse da terra il cadavere dell’erborista, per poi dirigersi lentamente con la salma tra le braccia verso la porzione di Monti Muraglia rimasta su quel lato del continente.
Nessuno osò ancora muoversi, come se la maledizione che si era insinuata nelle vene del demone avesse raggiunto anche i corpi degli assassini.
Keria alzò lentamente le braccia fino a portarsi le mani alle spalle, per cercare conforto nel suo stesso abbraccio. Una lacrima cristallina come le squame del suo drago nacque nel suo occhio destro, per scorrere lungo la ferita che le deturpava il volto e, infine, cadere a terra dal suo mento.
Lontano, l’esercito oscuro che aveva marciato per chilometri dietro il proprio signore senza mostrare segni di cedimento o stanchezza, ora rimaneva immobile come un’unica massa rigida. Nessun soldato pareva neppure respirare, come se il compito di ognuno di loro fosse solamente quello di mantenere la formazione che aveva assunto nel momento in cui il loro condottiero li aveva abbandonati, lasciando loro il suo ultimo ordine.
- Cosa farete ora? – chiese Nirghe, piegandosi per raccogliere a terra la spada dalla lama martoriata che aveva tenuto testa all’arma del demone, per poi riporla con attenzione maniacale all’interno del suo fodero – Non abbiamo più un motivo per rimanere qui, ma non abbiamo nemmeno una buona ragione per tornare nella Setta che ci ha voluti lasciare indietro. –
Non una voce osò mostrarsi per rispondergli.
- Ho bisogno di un momento da solo per mettere insieme le idee. Scusatemi. – concluse con la stessa voce sommessa il Gatto, allontanandosi dal luogo che li aveva visti perdere il loro scontro, per dirigersi verso la vicina macchia di alberi. Alle sue spalle, lo seguiva silenzioso e leggiadro il suo compagno sanguinante, con il petto perforato da una ferita identica a quella dello spadaccino.


Perché sono qui?
Perché ho deciso di farlo?
Non mi sarei dovuto far coinvolgere, tutta questa storia mi ha fatto perdere di vista il mio vero ruolo, quello di suscitare un sorriso in chi mi ascolta.
Dopo tutto questo tempo, mi chiedo se sappia ancora come rompere un momento serio.
Fin da quando ci siamo conosciuti, abbiamo sempre rispettato il nostro tacito accordo: Tu ti infilavi nei peggiori guai immaginabili, io ti guardavo tirartene fuori a forza, cercando di distrarti con le mie osservazioni. E tu ridevi. Ridevi e squartavi corpi, però che bella era quella risata.
Da quando sei nelle loro mani, invece… mi tocca fare il lavoro di tutti e due, senza riuscire a farne nessuno bene.
Ci fossi stata tu, qui, al posto mio, questa ragazza non sarebbe morta, ne sono certo. Purtroppo, sono altrettanto certo che se fossi stato io quello drogato e rinchiuso in una prigione di diamante, al mio risveglio avrei trovato un mondo in guerra con sé stesso solo perché non hai saputo tenere a freno il tuo sangue bollente.
Mi sto perdendo nei ricordi, però. Non è giusto nei confronti di questa povera mocciosa.
E tu, Fato, perché hai scelto questa via? Non avevi un modo migliore per far finire tutto?


- No. – disse una voce alle sue spalle.
Un uomo in abito scuro avanzò nella penombra dei resti della parte orientale di Izivay Magnea. Ad ogni suo passo, ogni volta che le suole dure delle sue scarpe eleganti battevano contro il pavimento in pietra, il suono che produceva rimbombava contro quelle pareti che, quasi un secolo prima, erano state levigate dalle abili mani degli artigiani nanici che abitavano quei monti.
- Perché? – chiese voltandosi lo spettro, che aveva rinunciato alla coltre di nebbia che gli avvolgeva il corpo.
- Perché non sono stato sufficientemente fantasioso, oppure perché, all’epoca, non sapevo a cosa saremmo dovuti andare in contro o, ancora, perché la mia mano e il mio inchiostro si sono mossi più veloci del mio intelletto. – L’uomo dal pizzetto nero si accovaccio accanto alla salma, pulendo con il polpastrello inumidito del pollice destro una guancia incavata dell’elfa morta dal sangue e dalla terra rappresi.
- Stai per caso ammettendo le tue colpe? – chiese quindi lo spettro, alzando lo sguardo verso il suo interlocutore.
- No, non lo farei mai di fronte a te. – gli rispose l’uomo con un sorriso triste sul volto – Sai, non credo tornerò a pestare questo suolo per molto tempo. Tu hai avuto fiducia nei miei piani, io voglio avere fiducia nei mortali e in voi. Voglio farti una domanda, prima di andarmene, l’unica a cui non so dare una risposta: perché l’hai portata qui, con tutto il Creato a disposizione? –

Già, perché qui?
Però, a questo punto potrei chiedermi anche perché non qui. Oppure perché non un po’ qui e un po’ non qui.
Sto temporeggiando, lo so.
Ho paura che, questa volta, dovrò rispondergli seriamente.


- Perché è comico, è l’ultima beffa che posso fare a quel montato di Follia. Non solo è stato ucciso dal suo stesso araldo, ma ora gli occhi morti di quest’araldo che si era dimostrato inutile fino alla fine, potranno guardare, finché rimarrà qualcosa di loro, le vite che ha salvato. E poi è un bel posto, forse un pochino polveroso e dimenticato, ma i nani ci sapevano fare ai bei vecchi tempi. Tra l’altro, che fine hanno fatto i nani negli ultimi decenni? –
- Io non ti capirò mai fino in fondo, Commedia. Abbi cura di te e fai un buon viaggio. –
- Non dovresti trattarmi sempre così, anche tu sei… - lo spettro alzò nuovamente lo sguardo, ma al suo fianco non trovò nessuno – Sei un grandissimo stronzo ed io sto parlando di nuovo al vento.  –

In questo momento sento la mancanza di Melodia.
Lui sì che ci sapeva fare, gli davi un filo d’erba e sapeva comporti in un momento una briosa ballata primaverile o una rilassante sinfonia estiva.
Me lo vedrei benissimo, ora, qui davanti, intento ad ingabbiare i venti marini perché suonino per te, tra le rocce, una canto funebre, come se l’intero continente si tramutasse per l’occasione in un organo ciclopico dalle canne di pietra.


Lo spettro nero si riebbe dopo pochi secondi di silenzio. - Forza Viandante, è ora di fare un bel rapporto a Loro. E magari ricordagli che il tuo contratto sta scadendo… Buona eternità, Serpente Seila, salvatrice dell’umanità. –
Un corvo nero si levò dalla caverna sul lato della rupe che, centinaia di metri più in basso, si gettava nel mare, per dirigersi in volo verso occidente.


Un fuoco si accese tra gli alberi per rendere meno buia la notte.
Hile si strinse le ginocchia tra le braccia, facendo perdere il suo sguardo tra le fiamme danzanti. Dalla parte opposta della piccola pira, Nirghe e Mea sedevano insolitamente vicini.
Il Lupo sospirò. Provava un profondo vuoto dentro di sé e si rendeva conto che il suo cervello sembrava rallentato, come non riuscisse ad elaborare quel mondo che intorno a lui cambiava.
Gli altri due punti cardinali introno al falò erano occupati rispettivamente da Keria, seduta sulla coda traslucida del suo drago, e da Jasno, avvolto nel suo manto di piume bronzee.
Sul ruvido tronco di un albero vicino, una sesta ombra senza proprietario osservava la scena, non notata dagli occhi di tutti meno quelli di Hile, che non riuscivano a perdere di vista le forme femminili della figura accovacciata.
Lo scoppiettio della legna non perfettamente secca che bruciava continuava a rimanere da ore l’unica fonte di suono in quella notte scura.
Avrebbero dovuto festeggiare, brindare, tornare nella civiltà con il sorriso sulle labbra a raccontare a chiunque fosse stato a portata d’orecchio la loro storia. Nessuno, però, sembrava essere dell’animo giusto per far cose del genere.
Erano stati sconfitti, feriti e ridotti a moribondi da quel nemico che erano stati incaricati di uccidere.
E Seila aveva anche perso la vita per colpa loro, perché non avevano avuto fiducia in lei, perché non erano andati a cercarla non appena erano riusciti a liberarsi.
Avevano sbagliato tutto fin dall’inizio. Avevano sbagliato i loro movimenti, le loro scelte si erano rivelate frutto delle macchinazioni del loro nemico e avevano abbandonato a sé stessa l’unica persona che si era rivelata in grado di salvare tutti da quella minaccia.
Il Lupo si alzò dal suo posto in luttuoso silenzio, addentrandosi tra gli alberi finché il fuoco alle sue spalle non fu null’altro che un puntino luminoso. Ad accompagnarlo c’erano solamente i passi leggeri del suo compagno dal pelo grigio.
Lucide lacrime scintillanti come piccoli diamanti cominciarono a rotolare lungo le sue guance, riflettendo lungo il loro percorso i pallidi raggi lunari che riuscivano a farsi strada tra le fronde.
- Perché Oscurità? Perché io? Perché mi hai scelto, se già sapevi che ti avrei delusa? –
La sagoma femminile si condensò su un masso lì accanto.  La chioma indistinta le ricadde sulla sua spalla quando piegò il capo di lato, come se quel movimento fosse sufficiente per rispondere alla grandinata di domande dell’assassino.
- Questa volta non mi basta, questa volta non mi è sufficiente il tuo silenzio. Ti prego, spiegami perché mi hai voluto far questo! –
La figura scosse le spalle, riportando la testa in posizione dritta.
- Smettila di stare lì, per favore! Non sono più quel bambino che hai raccolto in quella cella, adesso ho qualcuno accanto. Ti chiedo solo risposte. – Un folto pellame cominciò a ricoprire il corpo del Lupo, mentre lui continuava a parlare incurante – Perché hai voluto puntare su un cavallo perdente? –
La sagoma si mosse silenziosa attraverso le superfici, passando dalla roccia alla corteccia, muovendosi attraverso il terreno che qua e la si fregiava di ciuffi d’erba e sottobosco.
- Hai detto che mi saresti stata sempre accanto, perché? Perché hai avuto pietà di me? –
Le tenebre della notte divennero come tentacoli di un essere mostruoso, che si attorcigliarono saldi attorno alle gambe del Lupo singhiozzante, trascinandolo pian piano verso il terreno, sotto il terreno.
In breve, il nero manto della notte divenne candido quando anche la testa dell’assassino venne fagocitata dai sassi, un bianco telo sul quale la luna sembrava una macchia scura dalla quale si aprivano sbavature grigie.
Accanto a lui si materializzò una figura femminile dall’uniforme tinta grigia.
Hile fece per aprire la bocca, per permettere alla sua lingua di continuare a formulare le centinaia di domande che gli affollavano la mente, ma quel corpo che quasi si confondeva con l’ambiente circostante fu più rapido.
Un paio di salde braccia gli circondarono il torso e le spalle, stringendolo in un caldo abbraccio.
L’assassino perse ogni freno che si era imposto, scoppiando in lacrime.
- Io, - disse la figura con voce calma e gentile, senza sciogliere il contatto che aveva creato con il suo araldo – non ho mai avuto pena di te. Mi hai sempre resa orgogliosa e non hai mai tradito le mie aspettative. Non puoi farci nulla, se non era compito tuo mettere fine a questa guerra. –
La creatura dai tratti ferali e la figura femminile rimasero stretti in quell’abbraccio per qualche secondo, poi lei si decise a fare un passo indietro, alzando con una mano il muso del Lupo che aveva davanti, in modo tale che gli occhi scuri puntassero sul suo volto privo di lineamenti.
- Adesso torna dai tuoi compagni. – gli disse ancora, pulendogli con un dito gli occhi dalle ultime lacrime che ancora si attardavano a cadere – Ti staranno aspettando. Vai e goditi ciò che il futuro che hai preservato ha in servo per te. –
Il terreno, se terreno si poteva chiamare quello su cui si appoggiavano i piedi dell’assassino, tornò a reclamare il suo corpo, riportandolo nella cupa oscurità della notte.
Hile cadde in ginocchio a terra, mentre le dimensioni del suo corpo tornavano a ridursi e, accanto a lui, il suo compagno tornava distinguibile.
Un rumore leggero di passi, attutito dal rado sottobosco, raggiunse le sue orecchie.
Una mano sottile si appoggiò sulla sua spalla, mentre Buio fece un paio di passi indietro per lasciar posto al nuovo arrivato.
- Stai bene? – chiese Keria sporgendosi in avanti per permettere ai suoi occhi verdi di incontrare quelli adombrati del compagno di viaggio.
- Certo. – le rispose il Lupo alzandosi.
- Dispiace anche a noi che sia successo quel che è successo, ma adesso non è utile a nessuno scappare via come hai fatto. – continuò il Drago con la voce dura.
- Sarà, ma questo non toglie che avrei potuto far di più. Dopotutto mio bisnonno non era il grande Trado dell’Aria? Non dovrei avere nelle vene il sangue di un eroe? –
- Io, non so cos’altro avremmo potuto fare. – gli rispose a voce bassa l’arciere dal volto sfregiato da una sottile cicatrice obliqua, stringendogli le spalle in un abbraccio e appoggiandogli la fronte sulla spalla sinistra.
Hile rimase immobile, senza né staccarsi da quel contatto, né ricambiare il gesto.
- Per quanto possa valere, secondo me hai fatto tanto. Ci hai salvati in tante occasioni, mi hai salvata più e più volte, spesso patendone le conseguenze. Chi lo sa, se non ci fossi stato qui, magari saremmo morti tutti, non solo Seila… -
- Dovremmo andare. Gli altri ci staranno aspettando. – le disse il lanciatore di coltelli, cercando di allargare la braccia per far sciogliere la stratta, invano.
- Sto bene, qui. Aspetta ancora un momento. – fu la risposta del Drago, che strinse ancor più l’abbraccio e fece aderire la chioma castana alla guancia del compagno di viaggio.
Dovettero passare un paio di minuti perché Keria decidesse di essere soddisfatta di quel contatto e lo sciogliesse.
- Sai, prima di tornare di là, dovrei dirti ancora una cosa. – riprese l’arciere alzando il capo.
- Cosa? Non credo che tu possa dirmi qualcosa che possa farmi sentir meglio. –
L’assassina si mosse in fretta, appoggiando le sue labbra sottili su quelle del ragazzo di fronte a lei, che rimase paralizzato da quel gesto inaspettato.
Keria fece un passo indietro con un sorriso abbozzato sul viso. – Se tu volessi, mi piacerebbe poter esplorare con te il continente, ora che possiamo. –
L’arciere, quindi, si voltò, tornando a camminare in silenzio tra gli alberi.
Il Lupo, quando si fu ripreso dall’esperienza inaspettata, prese a ripercorrere la traccia che aveva lasciato per raggiungere quel luogo, finché il rossore del fuoco non tornò a scaldargli il viso sporco.
Non gli fu rivolto molto più di un paio di sguardi dagli assassini che, ancora in silenzio, sedevano intorno al fuoco come se lui si fosse alzato un secondo prima. Persino Keria sembrava essersi dimenticata di ciò che era appena successo.
Hile riprese il suo posto accanto alle fiamme, facendo nuovamente perdere il suo sguardo nei guizzi rossastri.
Fu l’Aquila a rompere il silenzio. – Io non tornerò con voi nelle Terre. – disse semplicemente.
- Perché? Non abbiamo più nulla che ci trattiene qui! – Keria si alzò in piedi, facendo risuonare la sua voce acuta nella notte.
- Non… non credo ci sia ancora posto per me, di là. Per il momento credo rimarrò qui, per eliminare ogni singolo soldato del Demone, poi… non so cosa farò. –
- Non è necessario che ti sacrifichi ulteriormente! Troveremo un modo, ci sarà qualcuno che possa… - cercò di ribattere il Drago, venendo interrotta bruscamente da un gesto della mano artigliata del compagno di viaggio.
- No. Nessuno può far qualcosa per me. Sapevo a cosa sarei andato incontro e ora ne devo accettare le conseguenze. Farò quel che devo e poi… il Fato mi condurrà dove devo andare. –
Nessuno provò ancora a controbattere e il silenzio tornò a cadere tra gli alberi mentre l’arciere tornava a sedersi.
- Voi, invece? Cosa farete? – tornò a dire Jasno dopo una pausa.
La voce del Gatto si levò bassa, incerta, come se l’assassino si ricordasse appena come si faceva a parlare. – Voglio una casa in un posto tranquillo. Nient’altro. Non ho intenzione di sentire ancora parlare di dei e assassini, non voglio più dover usare queste spade… voglio soltanto una vita tranquilla. –
- Davvero pensi di poter vivere normalmente, dopo tutto quello che abbiamo visto e fatto? – I piccoli occhi scuri da rapace dell’Aquila brillarono come divertiti.
- Non lo so. Non mi rimangono soldi da parte, non so fare nient’altro che uccidere, ma se noi… sei siamo riusciti a sconfiggere quel porco schifoso, non vedo perché io non possa ripartire da zero. –
- Voi altri, cosa avete in mente? –
- Voglio andarmene, lontano. Non voglio più aver nessuno sopra o sotto di me che possa rimanere invischiato nelle mie scelte. Esplorare il Continente, vorrei fare quello finché ne avrò la possibilità. – gli rispose il Lupo, senza distogliere lo sguardo dal fuoco.
- Mea, Keria? – continuò Jasno per punzecchiare la conversazione.
- Non lo so. – gli rispose l’arciere. – Forse sto solo aspettando di scoprire se qualcuno mi sta aprendo o meno una porta. – Sul viso della ragazza comparve un fugace sorriso, che scomparve con altrettanta rapidità.
- Io so che ora sono stanca e ho bisogno di dormire. Domattina deciderò cosa fare della mia giornata… e così via. – Mea si sdraiò a terra, sancendo così la fine della discussione.

I primi raggi del sole cominciarono a filtrare tra le fronde, cadendo sulle braci spente del falò coperte da uno spesso strato di cenere grigia.
Il primo a lasciare l’abbraccio degli alberi fu Nirghe, che si diresse sicuro verso il corpo rigido della creatura dai tratti animaleschi, che lo fulminò con il suo sguardo carico d’odio.
Un rumore di passi leggeri lo raggiunse alle spalle, facendolo voltare.
- Dovremmo cambiare copione, ogni tanto. – disse il Gatto.
- In che senso? –
- Io vado da qualche parte per starmene da solo, tu mi segui e finiamo a parlare di cose. Se non facciamo attenzione, potrebbe spargersi la voce che Gatti e Lupi possono andare d’accordo. –
- Non dobbiamo permetterlo in nessun modo. – gli rispose Hile raggiungendolo con un sorriso tirato sul viso. – Tu e Mea andrete via insieme, vero? –
- Questa è l’idea generale. Partiremo tra qualche ora e… cercheremo di tirare avanti. Non abbiamo ancora discusso su dove andare, mi piacerebbe Gerala, ma non sono sicuro che una grande città possa ospitarci, considerando anche il fatto che, ora, la setta ha una sede anche nella Grande Vivente. –
- Quindi questa è l’ultima occasione che ho per salutarti. –
- Se la vuoi mettere così… potremmo provare a tenerci in contatto. –
- Non credo che dove andrò io ci sarà modo di tenersi in contatto con qualcuno. –
- Parliamo di cose più importanti, piuttosto. Keria vuole venire con te, vero? –
- Più importante? Questo? –
- Non rispondermi con delle domande. –
- Vorrebbe, ma non so se ho il coraggio di accettare qualcuno con me. –
- Ah. – fu la risposta asettica di Nirghe, che tornò a voltarsi in direzione del corpo pietrificato.
- Davvero non dici niente a riguardo? –
- Io la mia scelta l’ho fatta. Solo, se verrà con te, ricordati che non ti starà né sopra né sotto. –
Il Gatto tornò a dirigersi verso la macchia verde, lasciando il lanciatore di coltelli solo sotto lo sguardo furente di Follia.
Un paio di ore dopo i cinque assassini si ritrovarono sullo spiazzo poco al di fuori del bosco, disponendosi in cerchio sotto il sole mattutino.
- Questo, quindi, è un addio. – disse Mea, spostando ritmicamente il suo peso da un piede all’altro
- Buona fortuna. – fu la risposta di Jasno, che fece un passo indietro – Magari il destino ci farà ritrovare, prima o poi. –
L’Aquila parve scappare dagli sguardi che si erano posati su di lui, alzandosi in volo e dirigendosi in tutta fretta verso nord, dove, ancora dritti, in piedi, rimanevano immobili i soldati nemici.
Hile sospiro guardando la creatura dalle piume bronzee stagliarsi contro il cielo terso, riducendosi velocemente fino a diventare poco più di una sagoma scura.
- Avete bisogno di un passaggio fino alle Terre? – chiese l’arciere alzando lo sguardo sull’elfo e la mezzelfa che le stavano davanti. – Il mio drago può trasportarci tutti, se volete. –
Mea le sorrise in risposta, abbassando però lo sguardo verso terra. – No, tranquilla. Dobbiamo ancora decidere cosa fare. E poi… ho un paio di ali e il mio dono che possono riportarci di là. –
- Va bene… - Keria incrociò le braccia all’altezza del petto.
- Davvero finisce tutto così? – chiese Hile all’improvviso, infrangendo l’attimo di imbarazzo che si era creato.
- In che altra maniera potrebbe finire? – gli disse di rimando il Gatto. – Non credo ci sia un Ordine decaduto disposto a farsi ricostruire da noi… quattro. –
Il Lupo proruppe in una triste risata, incrociando le dita delle mani dietro il capo e portando la fronte verso il cielo. – Beh, potremmo anche prenderci in carico un Ordine, ma ci servirebbe comunque un quinto per prendere in gestione il governo di una terra… -
- Buon viaggio. – tornò a dire con voce e sguardo seri Nirghe, facendo passare il suo braccio destro sopra le spalle della mezzelfa al suo fianco, per poi stringerla a sé.
- Anche a voi. Magari davvero ci ritroveremo, un giorno. – continuò il Lupo.
I passi pesanti del drago cristallino che si avvicinava fecero tremolare il terreno.
- Mi mancherete. – disse Keria, voltandosi verso il suo compagno. – Andiamo Hile? –
- Certo… buona fortuna, qualunque cosa deciderete di fare. –
Il Lupo e il Drago salirono sul dorso squamoso del rettile traslucido che, con un possente battito d’ali, si levò in volo, puntando il muso spigoloso verso ovest.
Non appena lo spadaccino e la maga non furono più distinguibili, l’arciere scoppiò a piangere.
- Staranno bene, vedrai… - provò a confortarla Hile.
- Potranno anche star bene, ma perché è dovuto finire tutto così? –
- Non lo so. Ma abbiamo vinto, dovremmo esserne felici. –
Keria parve non sentire nemmeno le parole dell’assassino alle sue spalle.
- Ascolta, devo chiederti una cosa. – Il Lupo prese un profondo respiro prima di continuare il suo discorso. – Vorresti venire con me sul continente? –
La ragazza si volto di scatto, puntando i suoi occhi verdi gonfi di lacrime sul viso del lanciatore di coltelli. La cicatrice bianca che le attraversava il viso venne illuminata dal sole. – Davvero? Davvero mi vuoi accanto? –
- Voglio provarci. – Hile ebbe un attimo di esitazione, poi si sporse in avanti, appoggiando le sue labbra su quelle dell’arciere. La sua mano destra, lentamente, senza farsi notare, si infilò in una delle poche tasche rimaste integre, permettendo alle dita di stringersi attorno alla lama di un coltello, che scivolò fuori dal tessuto strappato per cadere oltre il fianco cristallino del drago e precipitare verso il mare lontano.
Il sole fece splendere il glifo che incantava la lama poco prima che questa tagliasse i flutti e si inabissasse, per sempre.



Angolo dell'autore:
-1, ciò significa anche che questo è l'ultimo capitolo narrativo di questa storia.
Non voglio ancora rubarvi tempo per parlare di questo viaggio, per i ringraziamenti finali, le lacrime, la commozione e tutto quel che si dovrebbe fare una volta giunti al completamento di una storia con questo ammontare di capitoli. No, a quello ci penserò la prossima volta.
Oggi voglio dilungarmi su ben altri argomenti. Ormai mi conoscete, mi scuserete quindi se la tirerò per le lunghe.
Ultimamente, tra lo studio per potermi definire un giorno ingegnere, la stesura delle ultime battute di questa storia e l'ideazione di un proseguo dell'avventra di Dungeons and Dragons che sto masterando, mi sono ritrovato un pensiero profondo nel cervello. Si, purtroppo ogni tanto anch'io cado in tentazione e rifletto.
Spesso non sono sicuro del mio lavoro e cerco di capire se sto facendo abbastanza o meno attraverso i numeretti impersonali che il sito mi mette a disposizione, questo però non mi ha aiutato particolarmente, anzi.
Sia chiaro, non mi reputo neppure degno della nomea di scrittore, non per niente mi definisco con tutti, fuori o dentro il web, come uno scribacchino, ma il leggere che i miei ultimi capitoli non raggiungono le 30 visualizzazioni mi ha lasciato l'amaro in bocca.
Vi sto raccontando questo, perchè, ieri, mi sono dato finalmente del cretino. Mi sono ricordato che in dei vecchissimi Angoli dell'autore della prima storia avevo già detto qualcosa su questo tema e sono andato a prendere il numero di cui parlavo e... beh. Allora arrivavamo a 15 visite scarse, cresciute poi fino alle 83, di quel capitolo, attuali.
Parlo, per dimostrarvi con che autore ridicolo avete a che fare, uno che si preoccupa di quante persone lo leggono piuttosto che godersi il fatto che sta facendo quello che gli piace.
Beh, posso chiudere dicendovi che non smetterò sicuramente di scrivere, neppure se dovesse rimanere una sola persona a leggermi.
Ed ecco che posso collegarmi a un discorso un poco più serio.
Io ho finito questa storia, ho tutto pronto, da parte, da pubblicare. Utilizzerò le prossime due o tre settimane per mettere in quadro tutte le mie pubblicazioni, correggerle, revisionarle, aggiornarle al mio stile maturato se è necessario.
Intanto, se siete interessati, pubblicherò forse un paio di racconti decisamente più corti e meno impegntivi di questi, persino lontani dalla sezione fantasy, ma questa è un'altra storia.

Vi ringrazio, quindi, per essere arrivati fin qui.
Grazie lettori invisibili per darmi la vostra fiducia, grazie OldKey, La ragazza imperfetta, EragonForever per le recensioni che mi hanno fatto crescere in tutto questo tempo. Grazie a tutti voi.
A venerdì prossimo, con i ringraziamenti ampliati e l'ultimo capitolo.
Passo finalmente la palla al Viandante per i titoli di coda.
Vago 

   
 
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