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Autore: Riflessi_di_Viola    28/04/2017    0 recensioni
Fenris è uno dei tre figli mostruosi di Loki. A causa di una profezia riguardante il Ragnarök, gli Dei di Asgard decidono di sbarazzarsi di tutti e tre. Così cercano di ingannare Fenris, persuadendolo a farsi legare per dimostrare la sua immensa forza. Per due volte il Lupo spezza le catene, ma la terza catena è magica. Fenris, subodorato l'inganno, chiede, come garanzia di buona fede, che uno degli Dei metta una mano nella sua bocca. A farlo è Týr, Dio della Guerra e della Giustizia, l'unico che fino a quel momento lo aveva nutrito, poiché solo a non avere paura del Lupo. Questa volta Fenris non riesce a liberarsi da solo e, al rifiuto degli Dei di liberarlo, trancia di netto la mano di Týr. Passerà, legato in questo modo, il tempo che lo separa dal Ragnarök, la Fine dei Mondi. Dalla saliva che cola dalle sue fauci si formerà un fiume il cui nome, Vàn, significa letteralmente “attesa”.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Tyr
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sezione: Mitologia Norrena
Personaggi: Fenris (o Fenrir se preferite);
Tipologia: Flashfic (532 parole);
Trama: Fenris è uno dei tre figli mostruosi di Loki. A causa di una profezia riguardante il Ragnarök, gli Dei di Asgard decidono di sbarazzarsi di tutti e tre. Così cercano di ingannnare Fenris, presuadendolo a farsi legare per dimostrare la sua immensa forza. Per due volte il Lupo spezza le catene, ma la terza catena è magica. Fenris, subodorato l'inganno, chiede, come garanzia di buona fede, che uno degli Dei metta una mano nella sua bocca. A farlo è Týr, Dio della Guerra e della Giustizia, l'unico che fino a quel momento lo aveva nutrito, poiché solo a non avere paura del Lupo. Questa volta Fenris non riesce a liberarsi da solo e, al rifiuto degli Dei di liberarlo, trancia di netto la mano di Týr. Passerà in questo modo il tempo che lo sepra dal Ragnarök, la Fine dei Mondi, legato su un isola. Dalle saliva che cola dalle sue fauci si formerà un fiume il cui nome, Vàn, significa “attesa”.


Ván

Attesa

 

 

Il mondo è così silenzioso da parere morto. Un vento sottile di tanto in tanto si alza; allora i rami si agitano e le foglie frusciano, un suono così sottile da parere il sussurro di un fantasma. La neve è caduta ormai da tempo, Fenris non sa nemmeno dire da quanto. Forse è lì da sempre ed esistita eternamente mai scomparirà. Ingloba tutte le forme nel suo abbraccio annichilente. Sotto di essa sono spariti i profili delle rocce, delle montagne, delle valli. Solo i grandi abeti si stagliano ancora dritti e orgogliosi come sentinelle instancabili. Forme slanciate e ambigue, poco più che ombre, stanziano in mezzo al grande mare candido. Anche i fiumi tacciono, la lingua gelata. Questa forse è la cosa che al Lupo dispiace di più, non c'è più niente adesso che lo distragga dal dolore acuto che Gleipnir gli infligge giorno e notte, continuamente, senza riposo. Una corda frutto dell'abilità dei nani, fatta di rumore del passo del gatto, barba di donna, radici di montagna, tendini d'orso, respiro di pesce, latte d'uccello. Sottile come seta, ma indistruttibile ed eterna. Almeno fino al Ragnarök. Il Crepuscolo degli Dei, la Fine dei Mondi.
Tutto sembra addormentato sotto la coltre soffice; anche il Lupo incatenato non è più animato di un sasso o una roccia. Il tempo scorre, per sua natura inesorabile; passano i minuti, i giorni, i mesi, poi gli anni e infine interi secoli. Fenris dimentica ogni cosa, ogni suono che non sia il vento che fa mormorare gli alberi, ogni profumo che non sia quello della neve, ogni colore che non sia il bianco abbacinante. La sensazione di una mano sul suo capo che gli accarezza la pelliccia è un fantasma della mente che qualche volta affiora, ma alla fine anch'esso viene inabissato definitivamente dal tempo obliante. Qualche volta si domanda se non sia diventato cieco; non farebbe comunque alcuna differenza, poiché ben poco c'è da vedere. Passa i suoi giorni in questo modo, in un mondo dove ogni istante è uguale al successivo. Finché, finalmente, qualcosa accade.
Al principio è solo una debole sensazione, come un tremolio nell'aria, un affievolirsi della luce. Infine, ridotto a un fiammifero baluginante nel cielo, il Sole si spegne.
Il gracchiare dei corvi è la seconda cosa che Fenrir nota. Hugin e Munin, il Pensiero e la Memoria alati, fedeli compagni del Padri di Tutti, passano sopra la sua testa spezzando un silenzio inviolato da tempo immemore. Il Lupo segue con sguardo avido il loro tragitto, improvvisamente vigile, il corpo teso contro Gleipnir, ogni muscolo in tensione. La catena si spezza con un rumore lacerante.
Dopo tutto quel tempo una sensazione torna a sorgere in lui, mentre il mondo inizia la sua lenta discesa verso la Fine. Un ricordo che ha il sapore del sangue, l'amarezza dell'umiliazione e l'odio del tradimento.
Il Mondo sembra dare dei grossi scrolloni, la terra trema e tutto è avvolto nell'oscurità, una notte eterna da cui non è previsto nessun risveglio.
Il figlio di Loki arranca verso Asgard, la città dorata degli Dei, come un incubo incarnato e, nella sua furia distruttrice, si chiede come abbia potuto scordare il dolce sapore del sangue degli Æsir e la parola mancata di Týr.

 

 

 

 

 

 

Note:

non sono molto pratica di flashfic, quindi grazie a tutti coloro che hanno dato una possibilià a questa storia e sono arrivati qui in fondo. Fatemi sapere cosa ne pensate, lasciandomi un commento, se vi sia sì o no piaciuta. Ogni consiglio è, ovviamente, ben accetto.
Un grazie particolarmente sentito a Serena, senza la quale questa storia sarebbe piena di refusi.

   
 
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