II
«Quindi
sei il migliore tra i
guerrieri di Actardion...»
«Solo di quelli che hanno partecipato al torneo, Vostra
Maestà»
rispose Ivory, tenendo rispettosamente il capo abbassato e lo sguardo
fisso
sulle piastrelle di marmo bianco e nero della sala del trono.
Quando gli era stato riferito che avrebbe dovuto incontrare la
Regina di persona, il suo cuore aveva perso un battito: solo pochi
potevano
vantarsi di aver ricevuto un simile onore; lei era estremamente
selettiva e non
permetteva nemmeno ai nobili di più alto rango o ai suoi
stessi consiglieri di
incontrarla senza un suo invito esplicito. Molto spesso il numero delle
visite
e i fortunati scelti, che avrebbero avuto il privilegio di parlarle,
dipendevano dal suo umore, generalmente instabile e imprevedibile,
peggiorato
subito dopo la partenza della sorella, la quale le aveva fatto visita
poco
tempo prima. I medici avevano fatto risalire la causa dei frequenti
sbalzi
d'umore alla nostalgia e alla sensazione di mancanza dovuta alla
lontananza
dell'amata sorella.
Il regno del re loro padre era estremamente vasto dal momento che
univa sia i suoi possedimenti sia quelli della propria consorte,
l'unica figlia
dei sovrani dell'antistante Regno di Damevar. Con
l’approssimarsi della sua
morte aveva ritenuto opportuno dividerlo tra le sue due splendide
figlie: alla
maggiore, Rosalba, era toccato il regno del padre, più
esteso, fertile e
prospero; la minore, Celeste, aveva, invece, ricevuto in dono il regno
che era
stato la terra natia della madre, coperto da nevi perenni ma colmo di
miniere
di argento e oro, l'unica ricchezza di quella distesa di ghiacci e
pinete.
Periodicamente le due sorelle si facevano visita l'un l'altra, ma
dopo l'ultimo incontro con Celeste, le condizioni di Rosalba erano
peggiorate:
era diventata più incostante, volubile, suscettibile,
capricciosa ed eccentrica;
non si poteva mai prevedere cosa avrebbe fatto o detto, il suo umore
cambiava
troppo repentinamente ed era perennemente propenso verso una rabbia,
che a
volte sfociava nella furia. Nessuno sapeva spiegarsi perché
fosse in quello
stato, né contro che cosa o chi fosse indirizzata la sua
ira, nessuno osava
avvicinarsi più a lei senza il suo consenso e anche solo
rivolgerle la parola
poteva significare la morte.
Per questo Ivory si sorprese quando sentì la Regina
scoppiare in
una risata cristallina, simile al gorgoglio di un ruscello di montagna.
L'elfo non resistette e osò sollevare lo sguardo per vedere
a chi
appartenesse una risata così incantevole e fresca: seduta su
un trono di legno
placcato d'oro e decorato con bassorilievi di foglie d'acanto e volute,
sedeva
una giovane donna vestita di un lungo abito porpora dalla scollatura
profonda
che lasciava intravedere i seni prosperosi e bianchissimi, messi in
risalto dal
monile d'oro e granati color sangue; su di esso, si intrecciavano
mollemente le
morbide onde rosso fuoco dei lunghi capelli, lasciati liberi da
qualsiasi
acconciatura ricercata e tenuti indietro da una semplice cerchietto di
fiori
d'oro e rubini. Non un'imperfezione guastava il delicato candore della
pelle,
simile a quello della neve, su cui risaltavano due magnifici occhi
azzurri e
una bocca dalle labbra di rosa, schiusa in una risata soave. Ivory non
aveva
mai visto una creatura più bella di quella: si perse nella
contemplazione del
suo splendore e si dissetò, fino a ubriacarsi, di quella
bellezza così sublime
e perfetta da sembrare irreale; per un attimo temette di trovarsi al
cospetto
di una creatura ultraterrena e non di una semplice regina. Non si era
mai
interessato agli dei, ma se mai gli avessero chiesto che aspetto
dovessero avere,
non avrebbe avuto dubbi nell'affermare che somigliassero alla Regina.
«Oltre che valoroso sei anche modesto...»
commentò quest'ultima
ricomponendosi e Ivory riabbassò immediatamente il capo,
«Come ti chiami?»
«Ivory, Vostra Maestà» le rispose lui.
«Ivory» la Regina ripeté sottovoce quel
nome più volte,
assaporandone ogni sillaba ed ogni lettera fino a quando non decise che
il loro
suono era dolce e piacevole.
«Bene, Ivory, a quanto pare sei riuscito a distinguerti per
abilità, coraggio ed un pizzico di fortuna in mezzo a quella
turba di guerrieri
grandi il doppio di te, e sei anche riuscito a prevalere su di loro.
Ciò
significa che sei il migliore tra questi e che sei colui che
è destinato a
compiere la missione» il tono della sovrana si era fatto
improvvisamente grave
e serio, facendo preoccupare l'elfo, «Ciò che sto
per chiederti è molto
pericoloso e potrebbe anche essere considerato tradimento, se prima di
questo
non ne fosse già stato compiuto un altro: mia sorella, dopo
l'ultima visita, mi
ha sottratto una cosa a me molto cara, nella speranza che non mi
accorgessi
della sua assenza... Si tratta di uno specchio. Ora, potrà
sembrati una pretesa
eccessiva o un capriccio da bambina viziata data la banalità
dell'oggetto,
inoltre ne possiedo a centinaia, più di quanti riesca a
utilizzarne, ma quello
specchio ha un grande valore affettivo per me: apparteneva a mia madre,
e
quando ero più piccola soleva pettinarmi ed acconciarmi
davanti ad esso, è
l'unico ricordo che serbo di lei, o meglio, l'unico oggetto che mi
permetta di
tenere viva la sua memoria. Pertanto, potrai capire quanto ci sia
legata e
quanto sia stato meschino da parte di mia sorella sottrarmelo senza un
valido
motivo e senza dirmi nulla, come una ladra... Il tuo compito
sarà riportami
quello specchio, nella più completa segretezza, evitando di
farlo sapere a mia
sorella; se lo scoprisse potrebbe addirittura scoppiare una guerra:
è sempre
stata molto cagionevole sia di salute sia mentalmente, e inoltre era
fissata
sull'idea che mia madre preferisse lei a me, ha voluto farmi un
dispetto ma
potrebbe considerare un'offesa personale il recupero di quest'oggetto e
utilizzerebbe questa scusa per muovere guerra contro questo regno, di
cui è
sempre stata invidiosa. Io preferirei evitare un inutile spargimento di
sangue,
soprattutto per un motivo così futile», il
discorso della Regina era stato
intervallato da un sospiro stanco e rassegnato, come se la battaglia
con sua
sorella fosse stata una lunga ed estenuante campagna che doveva ancora
volgere
al termine, «Damevar è una terra ben diversa da
Actardion, dominata da un
eterno inverno e popolata da creature e bestie che non esistono nel
nostro e
sono perlopiù selvagge, feroci e letali: se non
sarà il gelo a divorarti per
primo, lo faranno loro. Inoltre dovrai riuscire a raggiungere il
castello
attraversando lande desolate e ghiacciai, steppe e altri paesaggi
ostili e
deserti, dovrai riuscire a introdurti e a scoprire dove mia sorella
custodisce
lo specchio, prenderlo e riportarmelo, tutto questo prima che lei se ne
accorga. Ovviamente per un'impresa di tal portata verrai lautamente
ricompensato: verrai accolto con tutti gli onori e ricoperto d'oro, i
miei
forzieri straripano di gemme e preziosi che non aspettano altro di
essere
donati a qualcuno dal cuore impavido e caritatevole, da un uomo
coraggioso e
intelligente, che non sopporta le ingiustizie ed è disposto
a rischiare la vita
pur di risolverle e risanare quei dissidi che possono nascere da un
gesto tanto
spregevole e immondo. Sei disposto ad affrontare tutto
questo?» gli domandò
bruscamente.
La sicurezza di Ivory era vacillata a mano a mano che la Regina
aveva elencato le difficoltà che avrebbero costellato il suo
cammino, ma
quell'oro e quei gioielli gli erano necessari, e aveva affrontato prove
ben più
difficili e avversari ben più temibili delle bestie feroci e
degli inverni
rigidi, fu per questo motivo che rispose con voce ferma e sicura,
piegando
ancora di più il capo: «Ho l’onore,
Madam, di essere il vostro servo più umile
e ubbidiente.»
La sovrana si abbandonò ad una nuova risata di giubilo e
mancava
poco che corresse ad abbracciare il giovane elfo che aveva accettato
senza
tentennamenti il compito che gli era stato proposto.
«Verrai ricoperto d'oro, diventerai il mio favorito, nulla
più ti
mancherà, basterà un tuo cenno perché
tutti accorrano a te ed esaudiscano ogni
tuo desiderio!»
Ivory si abbandonò a quella visione di ricchezza e potere:
se la
Regina avesse mantenuto anche solo la metà di quello che
aveva promesso, lui e
Brandbury avrebbero potuto vivere il resto dei loro giorni nel lusso
più
sfrenato, senza più preoccuparsi di nulla; un largo sorriso
si fece spazio sul
volto dell'elfo, completamente assorbito in quella chimera di oro,
gemme, cibi
prelibati, abiti raffinati, donne e divertimento.
«Per raggiungere Damevar non ti basterà una
semplice mappa»
dichiarò improvvisamente la Regina infrangendo il sogno di
Ivory e riportandolo
brutalmente alla realtà «I nostri regni non sono
segnati su alcuna mappa, in
questo modo siamo protetti dalla maggior parte di coloro che vogliono
invaderci: se non vedono alcuna terra al di là della propria
non avranno il
desiderio né di esplorarla né di conquistarla.
Per raggiungere l'uno o l'altro
regno, nostro padre fece costruire delle bussole per sé e
nostra madre affinché
potessero spostarsi tra i due regni senza che il segreto della loro
ubicazione
venisse compromesso. Sono bussole particolari: mostrano due sole
direzioni e
quando ci si trova a Actardion indicano la via per Damevar e viceversa,
inoltre
funzionano solo se è il sangue dei discendenti di mio padre
a bagnarle. Io ne
possiedo una e l'altra è in possesso di mia
sorella.»
La Regina estrasse dalla scollatura del vestito un medaglione
d'argento e lo sfilò, facendo passare la lunga catenella
sopra la testa: si trattava
di una scatolina non più grande della mano della sovrana,
finemente cesellata
con motivi floreali che intrecciavano rune antiche. Quando fece
scattare il
meccanismo, il coperchio si aprì rivelando una superficie
liscia e vagamente
luminosa, il quadrante non mostrava alcun grado e non c'erano lancette
ad
indicare direzioni che non erano segnate.
La Regina fece cenno a Ivory di avvicinarsi e l'elfo, con molta
cautela e trepidazione si accostò a lei.
Con sua somma sorpresa, vide la donna mordersi un dito fino a
quando non ne uscì una goccia di sangue che la sovrana si
premurò di far
ricadere sul quadrante vuoto; improvvisamente il vago bagliore che lo
illuminava si intensificò, accecando Ivory. Lentamente la
luce si modellò e si
trasformò, assumendo i contorni sempre più nitidi
di un reticolato simile a
quello delle mappe geografiche, su cui prendevano forma montagne e
fiumi,
villaggi e città.
Quando gli occhi di Ivory si abituarono alla luce, ciò che
gli
mostravano lo lasciò completamente basito: tra le mani della
Regina brillava
una mappa completa di Actardion in tre dimensioni, e un sottile filo di
luce,
più denso e scuro, lo attraversava andando a perdersi nei
picchi delle montagne
del nord, indicando la via per Damevar.