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Autore: njaalls    28/04/2017    1 recensioni
Meritano di provare quei sentimenti?
Meritano di paragonare la loro storia e i loro baci, incasinati e superficiali, a quelli di un amore apparentemente forte come quello dei loro amici? Eva si sente quasi sporca a pensare che il loro interesse nato in maniera puramente carnale e superficiale, possa essere paragonato a qualcosa di così grande quanto lo è la devozione di Even per Isak. Non crede di poter competere, o forse è solo lei che dovrebbe smettere di credersi inferiore agli altri.

[Raccolta Chriseva]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sarò sincera, mi ero scordata di dover pubblicare, quindi avendo detto in pagina che lo avrei fatto oggi, ho messo in pausa Pretty Little Liars e sono corsa ha cercare la storia da condividere.
E' molto breve, è ambientata in un ipotetico post s3 (rispetto a quando l'ho scritta, quindi minimo un mese fa) e ora in un ipotetico post/durante la quarta stagione. Nello show, sappiamo che Eva e Chris si sentono e/o vedono ancora ("Così mi ha detto Chris" dalla prima clip della prima puntata), ma non sappiamo come le cose tra loro si siano evolute: per certo si sa che non sono una coppia, dato che Vilde ha messo in chiaro che lei è l'unica del gruppo a avere un ragazzo, ma questa è la mia storia, perciò qui non c'è nessun Adam, ma solo un'Eva e un Chris come li abbiamo lasciati nell'ultima puntata della terza stagione. Magari con qualcosa in più.
Se ci sono degli errori chiedo scusa, ma non ho il tempo di ricontrollare tutto. In caso pù tardi la leggo di nuovo dal cellulare e la aggiusto da lì.
Vi ricordo di passare in pagina, se vi va:
link.
E buona serata.
njaalls

 

 
Prompt: “You can’t stay here forever."
“No, but I can try.”

 
«Sto bene» pausa. «Voglio solo—» altra pausa. «Ho detto che sto bene, sono da... Un amico» ancora una pausa e «Non ti preoccupare, ho solo bisogno di qualche giorno, te lo giuro. Okay?» sorride. «Te ne voglio anche io. E... Scusa?»
Il telefono rimbalza quasi subito sui cuscini del divano, con un lancio stanco e distratto, quando Chris si tira su e si stropiccia gli occhi con i palmi delle mani. Eva lo guarda con la coda dell'occhio, mentre sta seduta al tavolo di marmo della cucina e aspetta che la cena si riscaldi, intanto che fa i compiti per il giorno successivo. Quando i loro sguardi si incontrano, i capelli della rossa le ricadono velocemente sul viso e lei torna a leggere un paragrafo di biologia, che non crede riuscirà mai a ricordare.
«Sei in punizione?» domanda distrattamente, battendo più volte la punta di un evidenziatore contro la pagina del libro aperto da una buona ora. Chris la raggiunge e aggira il tavolo, rubando una verdura tra quelle che Eva lo aveva obbligato a tagliare, mentre lei preparava la portata principale. «E smettila di mangiare la cena prima del previsto»
«Se sono in punizione? Tipo per sempre» è la risposta che riceve in cambio, quando Chris ignora volutamente il rimprovero appena ricevuto e ruba questa volta una carota dallo stesso piatto, una smorfia irridente si dipinge sul suo viso. Vede Eva alzare le sopracciglia esasperata e lui non può poi trattenere il sorriso involontario che gli nasce sulle labbra, se pensa a tutte le sue manie e ai mille complessi che si crea.
Restano in silenzio diversi istanti, in cui Chris la raggiunge e le si siede al fianco, incrociando le braccia davanti a sé sulla superficie di marmo freddo e sprofondandovi il viso contro.
«Non potrai restare qui per sempre» mormora Eva, affondando i polpastrelli tra i suoi capelli corti sulla nuca, fino a che le dita non scompaio quasi completamente nella zona in cui le ciocche sono più lunghe e morbide.
«No, ma posso provarci» è il commento soffocato di Chris che invece non accenna ad alzare il capo.
«Devi tornare a casa, Chris» lo rimprovera, smettendo all'istante di accarezzagli la testa in maniera affettuosa. Quando la sua mano si arresta, il ragazzo si volta a guardarla dal basso, gli occhi stanchi e le labbra arricciate con forza. «Ancora mi chiedo come i tuoi genitori non abbiano assunto una squadra di poliziotti per cercarti e riportarti a casa, anche con la forza. Mia madre sarebbe uscita di testa, se me ne fossi andata per giorni»
«È già successo. Sanno che so cavarmela»
«Ma sei loro figlio e—»
«Eva» la voce tutt'a d'un tratto squillante di Chris la interrompe, quando il ragazzo si mette a sedere con la schiena dritta e tesa. La guarda, gli occhi verdi spalancati per la frustrazione. «Non tutte le famiglie sono protettive. Sì, i miei mi vogliono bene e si preoccupano per me, ma non sono quel genere di genitori apprensivi che vanno nel panico se loro figlio li chiama per dire che dormirà da un amico»
«Non torni a casa da tre giorni, Chris» risponde Eva, come se fosse normale che un genitore metterebbe sottosopra il mondo, se il proprio bambino non tornasse a casa per così tanto. È vero che, in quel lasso di tempo, ha chiamato sua madre più volte al giorno per tranquillizzarla, ma Eva non si dà pace: se ci fosse stata lei al posto al posto di Christoffer, la signora Mohn non le avrebbe permesso di dormire fuori per più di una notte, ma avrebbe mobilitato chiunque per trovarla e una volta ricongiunte, l'avrebbe messa in punizione per l'eternità. La famiglia di Chris sembra invece tranquilla al riguardo, pronta a punire il figlio solo una volta tornato a casa di sua spontanea volontà. Eva lo abbraccia e poggia la testa sulla sua spalla. Lui non ricambia. «Dovrai affrontarli, prima o poi, lo sai, vero?» il ragazzo annuisce, silenzioso. «Non potrai ignorarli o stare qui per sempre, dovrete discuterne come farebbero degli adulti» 
Christoffer resta immobile, la schiena dritta e coperta dal corpo di Eva e lo sguardo che fissa un punto vago della cucina di casa Mohn. Sa che le deve mille grazie, che non era obbligata ad accoglierlo in casa propria o a non accettare i suoi soldi, quando aveva provato a sdebitarsi pagandole almeno la spesa che lo aveva trascinato a comperare due giorni prima. I mobili della cucina sono quasi sempre vuoti, quando Chris la va a trovare, e si domanda sempre come sopravviva da sola. Decide ogni volta di non chiederlo, perché Eva è una ragazza responsabile e che sa cosa deve e non deve fare, ed è evidente quanto le loro vite siano nonostante tutto simili: Chris è abituato ad avere la cucina sempre piena e dei genitori che non si preoccupano dei suoi desideri, ma solo delle sue necessità; mentre Eva vive nella solitudine di una casa troppo grande e sempre vuota, ma con una madre che cerca di riparare i danni accertandosi che tutte bollette siano pagate e che si dicano ad ogni conversazioni che si vogliono bene e che si mancano, anche se si vedono praticamente di rado. Chris ed Eva sanno che nessuno ha una famiglia perfetta, ma Eva sembra l'unica sempre positiva tra i due al riguardo. Per lei, sua madre è la persona migliore del mondo, che il lavoro la risucchia completamente perché sente la necessità di dare alla figlia la sicurezza economica che le serve (e sicuramente è vero), ma Chris non le dice mai che è comunque sbagliato, che dovrebbe esseri lì con lei, quando sta male, o quando festeggia il suo compleanno. Non glielo dice perché sa di non essere nella posizione migliore per farglielo presente, e perché non la vuole ferire con la verità, anche se è piuttosto certo che, in fondo, lo sappia anche lei: le loro famiglia cadono a pezzi, per un motivo o per un altro.
«Non me ne voglio andare» sussurra Chris, voltando appena la testa verso a quella di Eva, la quale ha preso ad accarezzargli la schiena in modo affettuoso. «Pensi che sia stupido?»
«Stupido?» domando la rossa, aggrottando le sopracciglia. «Perché dovrebbe esserlo? Sei nato qui e sei cresciuto qui, se vuoi restare non è stupido. Non siamo tutti destinati a fare le valigie e trasferirci altrove. Non siamo tutti così coraggiosi»
«Quindi sono un codardo» dice Chris, aprendo la bocca e mordendo un labbro, quando annuisce tra sé e sé.
«No» dichiara Eva, allontanandosi da lui quanto basta per tenere le braccia ancora intorno al suo corpo, ma potendo comunque guardare il suo viso stanco. Poggia entrambe le mani sulla sua nuca e lo obbliga ad affrontarla, faccia a faccia. «Non sei un codardo solo perché non vuoi lasciare casa tua. Se hai deciso di restare, allora sarai coraggioso perché farai quello che desideri. Sarai coraggioso, perché manderai tutti al diavolo e terrai insieme la tua vita da solo»
«Solo» ripete il ragazzo, abbassando lo sguardo. «È la cosa più triste che abbia mai sentito»
«Il fatto che non ti sia fatto dei nuovi amici all'università, non significa che sei letteralmente solo» è l'unico commento di Eva, che piega la testa di lato, con una smorfia sulle labbra, nello stesso istante in cui il timer del forno li avvisa che la loro cena è pronta. Si allontana da Chris, roteando gli occhi. «Si mangia»
«Da solo, a parte te? Eri scontata» mormora il ragazzo, saltando giù dallo sgabello e affrettandosi a prendere due piatti al posto di Eva, la quale non lo ringrazia nemmeno, quando estrae una teglia dal forno, troppo concentrata a non scottarsi. La lascia andare sul ripiano e si sfila i guanti da cucina, mentre Chris apparecchia alla rinfusa il tavolo di marmo, mettendo via i libri di scuola della rossa.
«A titolo informativo» gli sussurra lei, ad un certo punto. Si avvicina al suo viso, con i due piatti pieni di cibo tra le mani, quando lui resta a guardarla trafelato. «Non dire più a nessuno che è scontato»
«Sai cosa intendevo» ribatte l'altro, ridestandosi dai capelli rossi di Eva che con la luce di quella cucina tendono più all'arancio, che al mogano. E le donano. Quando poggia entrambi i piatti sul marmo con un rumore secco e si allontana, per afferrare il vassoio di verdure e portare anche questo a tavola, Christoffer la afferra per la vita e la trattiene. «Hey» Eva evita il suo sguardo a fatica, trattenendo un sorriso. «Non l'ho detto come se tu non—» fa una smorfia e ammettere a cuore aperto che tenga a qualcuno è uno sforzo disumano. Quindi la bacia, dopo un istante di esitazione, ed Eva non se lo aspettava.
Si sono baciati miliardi di volte, hanno fatto sesso e ormai vivono in simbiosi ad ogni party che frequentano, anche se non lo fanno di proposito e forse nemmeno se ne accorgono, ma Chris non l'ha mai baciata in quel modo. L'ha baciata sempre perché voleva farlo, perché l'eccitava, perché a lui Eva è piaciuta da primo istante, anche se è iniziato tutto perché lo intrigava. Ma ora preme le sue labbra su quelle piene della rossa, perché sente il bisogno di comunicarle qualcosa, iniziando da quello che sente nei suoi confronti e che non crede sia capace di riuscire ad ammettere ad alta voce. 
È lei ad approfondire il bacio che lento, si disperde come al vento, quando la stessa Eva si allontana. Poggia la fronte contro la guancia di Chris e aspetta. 
Aspetta che lui dica qualcosa, o che lo faccia lei, che non si allontani, ma che continui a stringerla, anche se non erano questi i patti: non sarebbero mai dovuti arrivare a quel punto, non se si erano ricordati più volte che non ci sarebbero stati sentimenti, oltre quelli di un'amicizia, che era ovvio si sarebbe venuta a creare. Ma l'amore? Eva associa l'amore a quello per Jonas, quello che l'ha resa felice e che non ha saputo controllare, portandola all'autodistruzione. Eva non vuole più soffrire in quel modo, perché sa che è lei il problema e non riesce a cambiare: se ama qualcuno lo fa fino allo sfinimento, trasformandosi in una persona che non vuole essere, perché si infligge da sola ogni singolo dolore di una relazione. L'amore dovrebbe essere solo felicità e lei dovrebbe imparare prima a controllare sé stessa, che i sentimenti degli altri.
«No» sussurra quindi, nella cucina silenziosa. Si scosta rapidamente da Chris ed evita il suo sguardo, concentrandosi sulle porzioni di cibo già sul tavolo. «Devi tornare a casa, Chris. Dovrai risolvere con i tuoi genitori, dire loro che è qui che vuoi restare e tornare a vivere la tua solita vita. Tornare a farti degli amici, quelli che eri abituato ad avere durante il periodo alla Nissen, frequentare nuove feste e—» trovare altre ragazze da baciare, ma questo se lo tiene per sé. «E poi non potrai nasconderti qui per molto. Mia madre tornerà questo fine settimana»
Eva prende posto a tavola e versa dell'acqua in entrambi i bicchieri con cui Chris ha apparecchiato, intanto che lui resta immobile, dove lo ha lasciato, con le labbra arricciate in una smorfia. 
«Si fredda» gli ricorda Eva, alludendo al cibo e lanciando al ragazzo uno sguardo nervoso, quando nota che i suoi occhi sono ora su di lei.
«Mi stai allontano?» chiedo pratico, con la solita smorfia con la quale vuole avvertire il mondo intero che è Christoffer Schistad e può affrontare qualsiasi situazione.
«Solo perché ti ho detto che non puoi reste qui per sempre, non significa che io ti stia allontanando—»
«Tu hai detto no»
«Ho detto anche che non vedo il Chris che ho conosciuto a scuola»
«Sì, ma prima hai detto no» 
«Chris»
«Eva» la chiama a sua volta, interrompendola. «Non sono una persona che va parlando dei propri sentimenti con chiunque, non puoi dirmi solo no» prende un respiro profondo, come se gli costasse il morbo. «Non puoi dirmi no e sederti a tavola come se nulla fosse»
«Posso, perché non c'è nulla di cui discutere» sentenzia Eva, fissando il proprio sguardo sulle unghia laccate di rosso. «Rispetto quello che mi hai detto, ma—»
«Non è lo stesso per te» conclude per lei Chris, con un sospiro. Eva chiude un istante le palpebre e vorrebbe che il mondo si arrestasse in quel istante, al buio, sola nel silenzio.
Certo che provo lo stesso, vorrebbe dire, ma si ritrova a scuotere la testa e «No» sussurra con la gola improvvisamente secca. «Non non provo ancora gli stessi sentimenti per te», mentre si convince che a lungo andare, quella bugia farà meno male di una relazione malata, come quelle che Eva è brava a rovinare. «È troppo presto»
Quando Chris annuisce, c'è un istante in cui la rossa si chiede cosa farà adesso, se la odierà, se assumerà quella facciata piena di indifferenza, come se non gli importasse davvero di lei, o se ne andrà sbattendo la porta di casa con forza. Trattiene il respiro e attende.
Attende finché non lo sente prendere posto accanto a lei ed Eva aggrotta le sopracciglia.
«Me ne andrò domani mattina e stanotte dormirò sul divano, parlerò con i miei e tornerò a frequentare nuove feste senza te, se è quello che intendevi» lei annuisce piano e il suo cuore perde un battito. 
«Bene»
Poi Chris inizia a mangiare ed Eva vorrebbe piangere per la frustrazione, ma si obbliga a mantenersi integra ed alza gli occhi al cielo per asciugarli dalle lacrime, che minacciano di abbattersi sulle sue guance piene.

 
Quella notte Chris dorme davvero sul divano, mentre Eva supplica in silenzio di riuscire ad addormentarsi e smettere di agitarsi tra le coperte. Lo fa solo quando l'alba è già sorta e, al suo risveglio, Chris le ha lasciato il piumone piegato sui cuscini del divano.
Con lui sono sparite anche le scarpe da ginnastica all'ingresso, le felpe e le magliette usate in quei giorni di fuga da casa propria, e lo spazzolino in bagno. 
Eva gira un po' per casa ed è solo quando trova la chiave di riserva sotto il vaso all'entrata, che si domanda quale grande errore abbia appena commesso.
 
 
  
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