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Autore: eugeal    29/04/2017    1 recensioni
Si dice che alla vigilia di Ognissanti le anime dei morti tornino a camminare sulla terra.
Guy di Gisborne non crede alle superstizioni popolari, ma per conquistare l'attenzione di Marian è disposto a sfidare anche gli spiriti inquieti.
Ma l'arrivo di una misteriosa carrozza senza cocchiere potrebbe scuotere le sue convinzioni...
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Nuovo personaggio, Robin Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Robin sussultò nel sentire il materasso che si abbassava e si voltò di scatto. Vide che Gisborne si era seduto anche lui sul letto, dalla parte opposta alla sua e si era preso la testa tra le mani con aria stanca. Il cane nero si era seduto di fronte a Gisborne e lo guardava, in attesa.
A Robin l’intera situazione sembrava completamente assurda e odiava la sensazione che qualcosa sfuggisse alla sua comprensione. Quando si era introdotto nel castello, aveva pensato di scoprire qualche nuovo complotto dello sceriffo e invece si era trovato in mezzo a una specie di incubo dove nulla era come sembrava.
Lo sceriffo era stato ferito da un nemico misterioso che aveva ucciso anche altre persone e che aveva aggredito anche lui, mentre Gisborne si comportava in modo strano, completamente inaspettato.
Il cane appoggiò il muso sulle ginocchia di Guy e il cavaliere lo accarezzò distrattamente con una mano, perso in qualche pensiero tetro.
La gentilezza del suo tocco sorprendeva Robin. Da molti anni ormai si era abituato a considerare Gisborne come un mostro senza cuore, l’assassino di suo padre e il crudele aiutante dello sceriffo, ma dentro di sé sapeva anche che la verità era un’altra, e che un tempo Guy non era stato poi così diverso da lui.
Non gli piaceva vedere quel lato umano di lui, rendeva più difficile considerarlo soltanto un nemico, un male da combattere.
Si guardò intorno, pur di non essere lui a iniziare una conversazione, pur sapendo che prima o poi uno di loro due avrebbe dovuto farlo. Gli alloggi di Gisborne erano piuttosto spogli, con pochissimi oggetti personali e Robin si sorprese nel vedere una lanterna scavata in una rapa appoggiata alla mensola del camino e un piatto di soul cake sul davanzale della finestra.
E così Gisborne era superstizioso, pensò Robin, con una certa superiorità, poi, con un brivido, ripensò agli eventi di quella notte e non si sentì più tanto desideroso di prendersi gioco di lui.
- Hood. - Disse Guy all’improvviso, e Robin lo fissò.
- Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo. Tutto questo non è normale, questa follia deve finire.
Robin annuì, serio. Quella sete di sangue che lo aveva colto all’improvviso lo spaventava a morte e gli faceva temere il momento in cui avrebbe dovuto tornare al campo.
Finché quell’istinto omicida era rivolto verso Gisborne era una cosa, ma che avrebbe fatto se si fosse ritrovato a fare del male ai suoi amici?
Stava per rispondere quando una serie di colpi alla porta fece sussultare entrambi.
Gisborne scattò in piedi e guardò la porta, chiedendosi se avrebbe dovuto fingere di non essere nei suoi alloggi, quando il cane iniziò ad abbaiare furiosamente.
Guy gli mise una mano sulla testa per placarlo e lanciò un’occhiata di avvertimento a Robin.
- Arrivo! - Gridò verso la porta, poi si rivolse al fuorilegge sottovoce. - Nasconditi. Nessuno deve sapere che sei qui.
Robin si rese conto che Gisborne era sinceramente preoccupato al pensiero che qualcuno potesse vederlo in sua compagnia e fu tentato di tenerlo ancora un po’ sulle spine, ma si rese conto che se lo avessero scoperto, stavolta non avrebbe avuto la forza e l’energia per tentare una fuga. Si alzò e si affrettò a nascondersi dietro una tenda, sperando di non essere troppo debole per restare in piedi.
Bargest continuava ad abbaiare e a saltare contro la porta, tanto che Guy fu costretto a prendere un pezzo di corda per legare il cane a una delle zampe del letto.
Guy si guardò alle spalle per assicurarsi che Robin fosse ben nascosto e infine si avvicinò alla porta per aprirla.
Socchiuse l’anta per vedere chi fosse, sperando con tutto il cuore che non fosse lo sceriffo. Sapeva che non era possibile, che Vasey doveva essere ancora privo di sensi, ma aveva il terrore di trovarselo davanti e di dovergli spiegare che ancora non aveva trovato il misterioso assassino che lo aveva ferito.
Robin cercò di sbirciare da un buco della tenda: Gisborne aveva prima socchiuso la porta, poi aveva fatto un passo indietro, lasciando che l’anta si spalancasse ed era rimasto a fissare la persona che aveva bussato, come inebetito.
Legato alla zampa del letto, il cane aveva smesso di abbaiare, ma guardava anche lui la porta, rigido e teso, emettendo un ringhio sommesso e feroce che lo rendeva molto più simile al cane infernale di cui portava il nome.
- Lady Millacra… - Sussurrò Guy, guardando la dama che attendeva pazientemente al di là della soglia.
La donna lo guardava, sorridente e tranquilla come se ritrovarsi nel cuore della notte nel corridoio buio di un castello sconosciuto e funestato da una serie di omicidi non la turbasse minimamente. - Vi cercavo, Sir Guy.
- Cercavate me? - Chiese Guy, incerto.
- Ero preoccupata per la vostra ferita. - La voce di Millacra era melodiosa e tenera, vibrante di sfumature, ma i suoi occhi sembravano ardere mentre si fissavano sulla mano fasciata di Gisborne.
Guy rabbrividì pensando al tocco delle sue labbra sulla pelle e non riuscì a risponderle.
- Sarei rimasta con voi, prima, ma non eravate solo.
Marian.
Il ricordo delle due donne si mescolò nella mente di Guy: Marian aveva cucito il taglio pazientemente, con l’aria seria e i riccioli scuri dei capelli che gli avevano solleticato il polso mentre era concentrata sul suo lavoro, mentre Millacra aveva baciato la sua ferita, asciugando il sangue con la propria lingua, in un gesto che inspiegabilmente riusciva a essere tenero, innocente e terribilmente spaventoso e sensuale allo stesso tempo. In entrambi i casi aveva avuto la sensazione di sentire degli aghi che gli pungessero la pelle, anche se non capiva del tutto come ciò fosse possibile visto che lady Millacra lo aveva soltanto baciato.
- Non mi invitate a entrare? - La donna alzò gli occhi su di lui, inclinando la testa di lato e per un momento Guy si perse completamente nel suo sguardo, sprofondando nell’abisso delle sue pupille.
Stava per rispondere di sì, stava per dirle che avrebbe fatto tutto quello che voleva, quando Bargest emise un ululato agghiacciante e Guy si voltò a guardarlo con un sussulto.
Vide che, alle sue spalle, Robin era uscito dal suo nascondiglio e aveva fatto qualche passo verso la porta, fissando Lady Millarca con un’espressione rapita. Guy si sentì bruciare di una gelosia folle e fu tentato di uccidere il fuorilegge, di azzannarlo alla gola come avrebbe fatto un cane rabbioso.
Non osare guardarla così! Lei è mia! Io le appartengo!
La mano di Guy si mosse verso il pugnale che portava alla cintura e Robin si preparò a combattere a sua volta, anche se era disarmato.
Marian era lontana dai pensieri di entrambi in quel momento, l’unica cosa che contava era l’approvazione degli occhi scuri di Lady Millarca, puntati su di loro come lo sguardo di un falco in attesa del momento giusto per catturare la preda.
Nell’attimo prima dell’attacco, il cane nero tese la corda fino a spezzarla e si avventò contro i due uomini, stringendo i denti sul polso di Guy con abbastanza forza da fargli mollare la presa.
Il pugnale cadde a terra con un rumore metallico e Guy e Robin rimasero a fissarsi, come se entrambi si fossero svegliati da un sogno solo in quel momento.
Cosa stavamo facendo?
- Invitatemi a entrare! - Gridò Lady Millarca, il suo tono non più tenero e suadente, ma imperioso e famelico come quello di una regina oltraggiata.
Guy scosse la testa, spaventato dalla rabbia che le contorceva il volto, vedendola per la prima volta per quello che era e Bargest si avvicinò alla porta, ringhiando, col pelo ritto e gli occhi ardenti come braci di un fuoco infernale.
Si fissarono a lungo e la donna sembrò ringhiare a sua volta, poi gridò di rabbia, mentre un fulmine illuminava a giorno la notte, costringendo Guy e Robin a chiudere gli occhi per un attimo, abbagliati dalla luce troppo forte.
Quando li riaprirono, solo un momento dopo, Lady Millacra non era più sulla soglia.
I due uomini rimasero a guardare la porta aperta, ansimando, con la sensazione di essere appena scampati a un pericolo mortale, ma senza riuscire a capire cosa fosse davvero successo.
Bargest tornò verso di loro senza fretta e sedette ai loro piedi, scodinzolando con la stessa aria inoffensiva di sempre.

Marian soffocò un grido di terrore nel sentire il boato del tuono e nel vedere il lampo di luce. Allan, decisamente meno eroico, gridò apertamente e si aggrappò a lei.
La ragazza lo spinse via.
- Smettila! Cosa fai?! Non sei un bambino!
- Era così vicino! Deve aver colpito una delle torri!
- Beh, non ha colpito noi, quindi smettila di comportarti come una ragazzina spaventata.
- Non sono una ragazzina! - Protestò Allan, senza negare di essere spaventato.
Marian sbuffò, cercando di mostrarsi coraggiosa, ma le sue mani erano strette sulla lanterna scavata nella rapa, aggrappate ad essa in cerca di protezione.
- Dove sarà Robin? Guy ci ha detto di venire a cercarlo qui, ma non credo che sia da queste parti…
Allan scosse la testa e alzò le spalle.
- Ehi, non è colpa mia, devo obbedire ai suoi ordini. - Si guardò intorno con un brivido e riprese a parlare. - Però adesso ho obbedito, quindi penso che possiamo tornare in un posto più sicuro e illuminato, non credi?
Marian sorrise, divertita dalla capacità di Allan di rigirare ogni situazione nel modo che gli era più favorevole, ma se doveva essere onesta, si ritrovò d’accordo con lui.
Stava per rispondergli, quando Allan si lasciò sfuggire un’esclamazione di sorpresa.
- Cosa c’è?
Il giovane si affacciò alla finestra e indicò un punto del cortile.
- Guarda lì!
Marian osservò il cortile deserto.
- Ma non c’è niente...
- Appunto! Un attimo fa c’era quell’orribile carrozza spettrale! Era ferma lì solo un momento fa e ora è sparita!
Marian rabbrividì, ma si sentì immediatamente più tranquilla e si ritrovò ad augurarsi che anche la proprietaria fosse sparita insieme alla carrozza.
- Meglio così. - Disse a bassa voce.
- Come?
- Niente, niente. Accompagnami fino ai miei alloggi, è molto tardi ormai.
Allan annuì e la scortò lungo i corridoi. Nessuno dei due lo disse, ma l’atmosfera di terrore che aveva oppresso il castello fino a quel momento sembrava essersi dissolta all’improvviso, come una ventata di aria fresca in una stanza piena di fumo.
- Credi che quei due staranno bene? - Chiese Allan dopo un po’. - Robin e Giz, intendo.
Marian annuì e sorrise leggermente.
- Sì. Credo proprio di sì.

L’aria del mattino era gelida, ma era una bella giornata di sole, piuttosto rara in quel periodo dell’anno. Lo sceriffo però non sembrava fare caso al bel tempo, anzi il suo umore era decisamente tempestoso.
Si era svegliato quella mattina senza aver subito troppe conseguenze dall’aggressione avvenuta durante la notte, ma era furioso all’idea che non ci fosse alcun colpevole da catturare. A rendere le cose ancora peggiori, Lady Millacra era sparita con la sua lussuosa carrozza, vanificando i suoi progetti di ricavare denaro da quella visita. Alcune delle guardie poi giuravano di aver catturato Hood durante la notte, ma il fuorilegge doveva essere fuggito dal castello, come al solito. Uno dei servitori giurava di averlo visto rubare un cavallo dalle stalle e galoppare verso la foresta alle prime luci dell’alba.
- Gisborne! - Gridò, furioso, poi si rivolse a una delle guardie. - Dov’è quell’idiota?!
- Sir Guy era con Lady Marian, signore, li ho visti dirigersi verso il mercato poco fa.
Vaisey si avviò nella direzione indicata dal soldato, ribollendo di rabbia e divenne ancora più furioso nello scorgere la figura del suo sottoposto insieme alla ragazza.
I due erano circondati da una folla di mocciosi vestiti di stracci e Marian sorrideva, offrendo una soul cake a ognuno di loro, prendendo ogni dolce da un cestino che era tra le mani di Guy.
Gisborne, invece di disperdere quella folla di pezzenti, assecondava la stupida generosità della ragazza e osava anche sorridere come se approvasse quelle idiozie.
Lo sceriffo si avvicinò a grandi passi e i bambini si dispersero, spaventati.
- Cosa stai facendo, razza di idiota?! Dov’è l’uomo che mi ha aggredito? Pensi forse che si impiccherà da solo? Un indizio: no!
Guy guardò lo sceriffo.
- Non lo abbiamo trovato, signore. Ho le mie ragioni per credere che non sia più a Nottingham.
Vaisey avvampò, sempre più furioso.
- E allora, visto che non sei stato capace di fare il tuo dovere, reputi opportuno perdere ancora altro tempo con questa lebbrosa?! Cosa diavolo ci fai in mezzo a questo branco di pezzenti?!
- Sir Guy mi stava aiutando a distribuire le soul cake ai poveri. È la tradizione. - Disse Marian, con aria angelica e Guy annuì con un sorriso.
- Ne volete una, mio signore?
Vaisey lo fissò come se avesse perso la ragione.
- La tradizione?! Sei diventato completamente matto, pezzo di cretino?! Torna subito al lavoro prima che ti faccia vedere io che tradizioni ci sono da queste parti! Altro che tortine!
Vaisey fece un passo avanti, alzando un braccio per schiaffeggiarlo, ma si fermò prima di toccarlo, bloccato da un ringhio feroce.
Abbassò lo sguardo e si accorse del cane nero, saldamente piantato sulle quattro zampe tra lui e Gisborne. L’animale ringhiava, mostrando zanne candide e fin troppo grandi per i gusti dello sceriffo, e lo fissava senza la minima paura.
- Da dove arriva questo bastardo?! - Gridò lo sceriffo, sempre furibondo, ma leggermente più cauto.
- È mio, signore. - Disse Guy, allungando una mano a toccare la testa del cane. Bargest, placato, si accovacciò ai suoi piedi, scodinzolando. - Ho scoperto che è piuttosto protettivo nei miei confronti.
Vaisey fissò sia Guy che il cane, senza parole. Il suo sottoposto sembrava diverso dal giorno prima: sempre obbediente e rispettoso, ma molto più sicuro di sé, con una nuova luce nello sguardo che rasentava l’insolenza.
Lo sceriffo ebbe la sgradevole sensazione che Gisborne non avrebbe più eseguito ciecamente qualsiasi ordine e che non avrebbe più potuto fidarsi completamente di lui come una volta.
Prima o poi, pensò, se fosse diventato troppo indipendente avrebbe dovuto liberarsi di lui.
In quel momento, come se avesse potuto leggere nella sua mente, il cane alzò lo sguardo a incrociare quello dello sceriffo e a Vaisey sembrò di scorgere una luce spettrale nei suoi occhi, il rapido bagliore di un fuoco infernale, fisso su di lui.
Un avvertimento.
- Gisborne!
- Sì, mio signore?
- Mi aspetto che queste idiozie non interferiscano col tuo lavoro! Ti voglio al tuo posto prima che inizi il consiglio dei nobili e non tollererò il minimo ritardo! - Disse, minaccioso, poi voltò le spalle a lui e a Marian e tornò verso il castello senza nemmeno dargli il tempo di rispondere.
Marian lo guardò andare via, un po’ stupita, poi sorrise e prese una soul cake dal cestino, offrendola a Guy, in attesa che i bambini tornassero ad avvicinarsi.
Guy accettò sorridendo e ricambiò il gesto, porgendone una alla ragazza.
Ai loro piedi, Bargest scodinzolò, attendendo fiducioso la propria parte.
   
 
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