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Autore: LaniePaciock    29/04/2017    4 recensioni
Liberamente ispirato al trentesimo film d’animazione Disney “La Bella e la Bestia”.
Genere: Commedia, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Cap.2 La Bestia

“CHE COSA CI FA LEI QUI?”
Quelle poche parole, dette con tanta rabbia da quello sconosciuto, colpirono Kate come un pugno.
“Mi… mi dispiace essermi introdotta in questo modo in casa sua.” riuscì a dire dopo qualche secondo, ancora stordita dall’odio che le era arrivato addosso. “Ma mio padre sta male. Abbiamo trovato il cancello e la porta aperti e così avevo pensato che…”
Aperti?” esclamò seccato l’enorme uomo sulle scale. Era ancora nascosto in buona parte nell’ombra e Kate non riusciva a farsi un’idea di lui. La sua mole comunque non gli impedì di fare uno scatto verso Javier, quasi volesse saltare la ringhiera delle scale per balzargli addosso. All’ultimo però si trattenne, ancorando le mani al corrimano in legno con tanta forza che questo scricchiolò.
“La tempesta è forte.” borbottò Javier nervosamente. “Avevo detto che dovevamo cambiare le serrature.”
“Con te farò i conti più tardi…” sibilò allora la figura nera sulle scale con tono minaccioso. Quindi scese qualche gradino con una calma che fece venire la pelle d’oca a Kate. Man mano che l’uomo scendeva però, la luce della stanza iniziò a illuminarlo. Beckett notò che non era grosso come aveva pensato all’inizio: vide che era avvolto da qualcosa come tre coperte pesanti che lo facevano sembrare grosso il doppio. Era un uomo alto e dalle spalle larghe, questo era certo, ma non grande come un orso come era stata la sua prima impressione. Le ombre inoltre avevano dato l’illusione di ingrandirlo ulteriormente.
Il padrone di casa (perché solo lui poteva essere, da come trattava gli altri abitanti della villa) si fermò che mancavano pochi gradini al pianterreno in modo che buona parte delle spalle e la testa gli rimanessero in ombra.
“Se ne vada.” disse poi in tono imperioso rivolto a Kate. “Lei e suo padre. Non siete i benvenuti qui dentro.” Ci fu un momento di assoluto silenzio. Beckett era immobile, scioccata e con la bocca spalancata. D’accordo, era entrata senza permesso in casa, ma suo padre stava male e pensava che almeno gli avrebbero offerto rifugio per quella notte.
Fu solo quando l’uomo si girò e mise il piede sul primo gradino per risalire la scala che Kate finalmente si scosse.
“Lei non può farlo!” urlò. Sapeva di non averne diritto, ma lo fece lo stesso. La figura oscura si bloccò sulle scale, quindi si voltò lentamente verso di lei. Kate si preparò a fronteggiarlo, i pugni chiusi, determinata ad avere almeno un aiuto per suo padre. Solo un colpo di tosse di Jim le fece notare che gli unici rumori nella sala erano il suo respiro pesante e lo scrosciare della pioggia. Tutti gli altri si erano ammutoliti e parevano quasi non respirare.
“La prego,” continuò Beckett stringendo tanto le mani da conficcarsi le unghie nei palmi. C’era una nota di supplica nella sua voce che non riuscì a trattenere. “Mio padre sta male. Si è sentito male in auto e volevo portarlo in ospedale, ma a causa della pioggia ho perso il controllo della macchina e siamo finiti contro un albero. Ho perso il telefono e cercavo solo un posto per ripararci e chiamare un’ambulanza. Le chiedo solo ospitalità per questa notte o per lo meno permettetemi di chiamare qualcuno che venga a soccorrerlo! Io non… non voglio perderlo. Vi chiedo solo questo. Per favore.”
Ci furono attimi di puro silenzio. Poi l’uomo parlò di nuovo.
“Andatevene.” E ricominciò a salire le scale.
Le speranze di Kate si frantumarono.
“Lei è una bestia…” mormorò rabbiosa prima che potesse trattenersi. Sentì le altre persone nella stanza trattenere il respiro rumorosamente a quella affermazione. Il padrone di casa si bloccò ancora una volta sulle scale, immobile come una statua. Poi si voltò con una lentezza esasperante. Poteva quasi sentirlo fremere di rabbia contro di lei e per un momento ebbe quasi paura di un attacco fisico da parte sua.
In quell’istante però, un fulmine squarciò il cielo illuminando a giorno la stanza attraverso alcune grandi finestre del salone che dovevano portare al giardino sul retro della casa. E Kate vide finalmente l’uomo. Se uomo poteva chiamarlo. Spalancò gli occhi sorpresa. Forse aveva visto male. La forte luce aveva illuminato solo per un secondo il padrone di casa, ma le era parso che la sua pelle fosse… strana. E non solo quella del viso. Tra le coperte che lo avvolgevano infatti le era parso di vedere una parte del petto, evidentemente nudo sotto di esse, con qualcosa di particolare che non era ben riuscita a focalizzare e lo stesso era stato per le mani. Era come se fossero state frastagliate e non lisce come avrebbero dovuto essere.
L’attimo di chiarore però era stato troppo breve per poter ben capire cosa Kate avesse davvero visto. Magari era stato uno scherzo stesso della luce ai suoi occhi.
Batté più volte le palpebre e scosse la testa. Quindi si passò una mano sulla faccia, chiedendosi se la stanchezza non le avesse giocato brutti tiri. Nel farlo però si trovò a toccare il taglio che aveva sulla testa, e di cui si era scordata, che le imbrattò di sangue le dita e le fece fare una smorfia di dolore.
“Ahi…” borbottò, all’improvviso stanca come le sembrava di non essere mai stata. L’attimo di rabbia era passato. In quel momento si sentiva solo sconfitta.
Kate prese un lungo respiro, quindi si voltò per andare verso suo padre, sdraiato sul divano dove lo avevano lasciato. Non aveva più voglia di litigare. Se non volevano aiutarla lì, allora avrebbe chiesto aiuto altrove. Era inutile perdere tempo.
“Fermati!” le ordinò all’improvviso il padrone di casa con quella sua voce bassa e roca. Però in qualche modo non sembrava più rabbioso come prima. Le pareva nervoso o seccato, non riusciva bene a capirlo.
Kate si voltò di nuovo verso di lui, non sapendo bene cosa aspettarsi.  
“Dottor Davidson,” disse poi l’uomo rivolto al medico. “Secondo lei che cos’ha?”
“Bronchite acuta.” replicò subito il dottore. “Dovremmo iniziare subito la cura. La signorina qui presente mi ha detto che ha già contratto problemi ai polmoni e questa probabilmente è una ricaduta. Potrebbe trasformarsi in broncopolmonite nel giro di poco. Se non interveniamo immediatamente sarà più difficile curarlo e un uomo della sua età, già debilitato fisicamente, potrebbe riportare seri danni ai polmoni se non… peggio.” Quel peggio fece drizzare i peli sulla nuca a Kate.
Ci fu un altro momento di silenzio tombale. Poi il padrone di casa parlò di nuovo.
“Curalo.” disse solo, quasi con tono stanco. “Miss Parish, la signorina ha bisogno che qualcuno le richiuda quel taglio sulla testa. Miss Ryan provveda lei a dar loro abiti asciutti e tutto quello che gli servirà. Esposito, tu vedi di bloccare cancello e porta, almeno per stanotte.” Quindi senza aggiungere altro l’uomo tornò a salire le scale senza più fermarsi, svanendo nelle ombre così come era arrivato.
Kate era immobile, gli occhi spalancati, incredula. Potevano restare. Potevano curare suo padre!
Fu solo in quel momento che sentì la testa pulsarle dolorosamente e una stanchezza profonda si impadronì di lei, tanto che vacillò sulle gambe.
“Appoggiati a me.” le disse Lanie apparendo di lato a lei e prendendola gentilmente per un braccio. “Dovevi essere piena di adrenalina se ora crolli così all’improvviso.” Kate si guardò intorno, cercando di riacquistare l’equilibrio. Il dottore e gli altri due uomini avevano di nuovo preso di peso suo padre per portarlo in un’altra stanza, mentre le altre due donne sparivano da qualche parte nel piano a prendere ciò che era stato detto. Nonostante ciò Beckett non riusciva ancora a crederci. Avrebbero aiutato suo padre.
 
Cosa lo aveva fermato?
Quella domanda continuava a turbinargli nella testa mentre saliva gli ultimi gradini che lo separavano dal primo piano. Le scale e il pianerottolo erano completamente al buio, ma lui riusciva a riconoscere comunque gli oggetti che lo circondavano. Non era solo a causa della familiarità con il luogo in cui aveva passato gli ultimi anni, ma anche perché preferiva l’oscurità. Nessuno avrebbe potuto vederlo nel buio, ma lui poteva vedere gli altri. Ormai i suoi occhi si erano abituati alla sua scelta. Inoltre le poche volte che era costretto a muoversi con la luce lo faceva sempre con un cappuccio calato sulla testa. Sua figlia odiava vederlo così, ma lui preferiva farsi odiare piuttosto che mostrarle quanto era diventato mostruoso.
Mostruoso… Lei è un mostro… “Lei è una bestia”.
Quelle parole gli risuonarono nelle orecchie con forza, tanto che scosse la testa come se avesse potuto scacciarle come insetti fastidiosi.
Non appena mise piede sull’ultimo gradino, un lampo illuminò una finestra davanti a lui. Nonostante le tende scure che coprivano il vetro fu costretto a chiudere di scatto gli occhi, accecato. Ma era stato lento. Sulla retina gli danzava ancora la figura illuminata della finestra e dovette sbattere le palpebre più volte per riuscire a farla sparire.
Con passo pesante tornò nella sua camera, ancora rimuginando sulle parole della donna e sulla sua decisione di farla restare. Buttò a terra, senza neppure guardare dove, la selva di coperte che si era buttato addosso alla rinfusa prima per scendere velocemente al piano di sotto, rimanendo di fatto solo con i pantaloni della tuta addosso e il torso nudo.
Abbasso lo sguardo e si osservò il petto grigiastro e frastagliato, sfiorando lentamente la pelle dello stomaco irregolare e ruvida sotto le sue dita. Chissà se la donna aveva visto come era fatto davvero in quel lampo di luce. Forse aveva pensato di essersi sbagliata. Ma allora perché lui aveva voluto rischiare ulteriormente? Perché aveva lasciato che quella donna restasse in casa sua? Perché non aveva impedito alla radice che un’estranea scoprisse e raccontasse al mondo la sua disgrazia? Un’estranea che avrebbe potuto fargli portare via sua figlia. Un’estranea che…
Chiuse a pugno la mano e frenò quel treno di pensieri prima che prendesse il sopravvento su di lui. Quindi prese un respiro profondo e si andò a buttare di peso sul letto, allungandosi di traverso sopra le lenzuola aggrovigliate, le mani intrecciate dietro la nuca. Puntando lo sguardo al soffitto nero, ci mise qualche secondo ad accorgersi che l’immagine della finestra illuminata era ancora sulla sua retina. Aveva perso i contorni definiti che aveva all’inizio e ormai quasi era invisibile, ma era ancora lì. Come il volto di quella donna.
Le domande che si era posto poco prima tornarono a tormentarlo. Cosa lo aveva fermato? Perché aveva lasciato entrare un’estranea e suo padre senza sapere le loro reali intenzioni? Magari non gli serviva davvero aiuto. Forse era tutta una finta.
Nella sua testa rivide la scena: il vecchio uomo steso sul divano attorniato dal dottor Davidson, da Esposito e da Ryan e la donna invece solo pochi metri davanti a lui, al centro della sala, supplicante prima e rabbiosa poi.
Sospirò piano. Non stavano fingendo. Erano davvero messi male, il padre più di lei. Aveva sentito la sua tosse forte anche dal primo piano e il dottor Davidson non avrebbe mentito così spudoratamente per uno sconosciuto. E soprattutto gli occhi di lei non avrebbero potuto mentire così bene.
Quel pensiero lo colpì all’improvviso. Erano stati gli occhi della donna a convincerlo. I suoi occhi erano stati così espressivi e le sue parole così forti che inconsciamente non aveva potuto far altro che fidarsi e accoglierli. E poi il suo volto…
Senza pensarci si passò una mano sulla fronte, in corrispondenza a dove aveva visto la ferita sul viso della donna. Sovrappensiero, quasi si stupì di non sentire la pelle liscia di lei con una singola fenditura, ma la sua, secca e irregolare.
Abbassò la mano e sospirò pesantemente dalle narici, quindi chiuse gli occhi. Aveva deciso di fidarsi, ma questo non avrebbe voluto dire che non avrebbe controllato quei due. Non voleva avere problemi di nessun tipo. In ogni caso sarebbero rimasti per poco, giusto il tempo per il Dottor Davidson di curare il padre della ragazza. Non li avrebbe cacciati via prima che il dottore avesse dato il suo benestare. In fondo poteva essere una bestia, ma non era un mostro.
 
“Chi era lui?” si domandò Kate soprappensiero, la mente divisa tra la preoccupazione per Jim e l’inquietante padrone di casa. Non riuscì a chiederlo più ad alta voce però. Stava osservando i movimenti del dottor Davidson attorno a suo padre mentre faceva gli ultimi controlli prima di iniziare la terapia antibiotica e non voleva disturbarlo.
Lanie (o meglio, la dottoressa Lanie Parish come le si era presentata poco prima) avrebbe dovuto portarla in un’altra stanza per metterle dei punti alla ferita, ma Kate non aveva voluto sentire ragioni. Si sarebbe mossa solo quando il dottore l’avrebbe cacciata dalla stanza di suo padre. Siccome in quel momento l’aiuto di Lanie serviva più al medico che a lei, la dottoressa le aveva lasciato una garza attaccata con del nastro adesivo per tamponare la ferita ed era andata ad aiutarlo.
La donna bionda, che le si era presentata poco prima come Jenny Ryan, entrò in quell’istante con una pila di vestiti in mano e l’uomo biondo, ovvero Kevin, suo marito, la seguì con lenzuola pulite e una coperta.
“Ti conviene indossare qualcosa di asciutto.” disse Jenny a Kate, porgendole con un sorriso dolce un paio di pantaloni di una tuta, una maglietta a maniche corte e una felpa. Beckett ringraziò e prese gli abiti mentre la donna poggiava gli altri su uno sgabello per suo padre. Lo avrebbero cambiato non appena il medico lo avrebbe permesso.
“Lenzuola e coperta li lascio qui o nell’altra camera degli ospiti?” chiese Kevin a Lanie.
“Meglio qui.” replicò la dottoressa, mentre prendeva una siringa e una boccetta piena di liquido trasparente per fare un’iniezione a Jim. “Non credo sarà in grado di muoversi per un po’.”
Sentendo quelle parole, Kate ebbe un tuffo al cuore, ma poi prese un respiro profondo per calmarsi. La dottoressa Parish e il dottor Davidson sembrava sapessero il fatto loro e non pensava di star facendo male a fidarsi.
“Kate, puoi cambiarti là dietro, se vuoi.” le disse Jenny indicandole un paravento azzurro chiaro in un angolo della stanza. Ormai avevano rinunciato a chiederle di lasciare la camera, anche solo per cambiarsi.
Avviandosi al paravento, Beckett si mise a osservare con curiosità la stanza che i suoi anfitrioni avevano chiamato Camera d’Ospedale. In effetti capiva perché le avevano affibbiato quel nome. Pareva in tutto e per tutto una camera di un ospedale, con tanto di muri color verde chiaro e puzza di candeggina e medicinali. Nel mezzo c’era un lettino con due alte sponde metalliche, dove in quel momento era sdraiato suo padre, e tutt’intorno macchinari e strumenti che parevano poter far fronte a una qualunque emergenza medica. C’era persino un piccolo lavabo in un angolo e uno di quegli schermi luminosi appesi alla parete grazie a cui si potevano osservare le lastre dei pazienti.
Kate cercò di cambiarsi velocemente, facendo attenzione a non spostare la garza sulla testa, ma si accorse che i suoi movimenti erano goffi e irrigiditi e ognuno pareva portare con sé una fitta di dolore. Quando finalmente ebbe indossato gli abiti caldi e asciutti si sentì un po’ meglio. Almeno la sensazione di essere n pulcino bagnato era sparita.
“Stai bene, cara?” le domandò la donna più anziana dai capelli rossi, che doveva essere entrata mentre lei era dietro il paravento. Le era stata presentata come Martha Rodgers, ma ora che era più lucida, Kate notò che aveva qualcosa di familiare. Non riusciva però a capire bene cosa.
“Sono stata meglio.” replicò con un mezzo sorriso, tornando a osservare suo padre. I due dottori dovevano aver finito perché stavano ritirando gli strumenti e in più suo padre era già coperto da un maglione. Kate doveva aver perso più tempo di quello che pensava a cambiarsi.
“Lanie e Josh sanno il fatto loro.” la rassicurò ancora la signora Rodgers. “Vedrai che rimetteranno tuo padre in piedi in un attimo!”
“Adesso può avvicinarsi, signorina Beckett.” disse il dottor Davidson, facendole insieme segno di accostarsi al letto. “Gli ho dato un sonnifero e antibiotici per aiutarlo a riposare. Dovrà stare ben coperto nelle prossime ore e dovremo sorvegliarlo, ma sono certo che nel giro di una settimana, massimo due, starà di nuovo bene.”
Kate si avvicinò a suo padre in punta di piedi, quasi avesse paura di svegliarlo. Jim dormiva con la bocca semiaperta e il respiro rauco, ma il suo volto era già un po’ più rilassato di quanto non lo fosse stato un’ora prima. Senza dire nulla, Kate gli passò delicatamente una mano sulla fronte. Era ancora bollente, ma sapeva che non lo sarebbe stato ancora per molto. Automaticamente prese la coperta che Ryan aveva lasciato sullo sgabello lì accanto e la stese sulle gambe di suo padre, quindi si allontanò di un passo dal letto non volendo disturbare oltre Jim.
“Kate, è ora di rimettere in sesto te.” disse dolcemente la dottoressa Parish, poggiandole una mano sul braccio. “Martha ti accompagnerà nella stanza degli ospiti. Io prendo un paio di cose e vengo a ricucirti quel taglio alla testa.” Beckett tentennò un momento prima di riuscire a muoversi.
“Non preoccuparti, cara.” la rassicurò subito la signora Rodgers, affiancandola. “La tua camera è proprio accanto a questa. Non sarai troppo lontana da tuo padre.” Quelle parole convinsero Kate a muoversi.
Seguì docilmente la donna, che effettivamente la portò nella stanza subito accanto alla Camera d’Ospedale, e si ritrovò in una camera già preparata con un grosso letto matrimoniale. Si accorse che c’era un vago odore di chiuso e di umido, come se la stanza fosse stata chiusa per tanto tempo e solo poco prima avessero aperto la grande finestra davanti a lei per far arieggiare. Attraverso il vetro e la tendina sottile che la copriva si potevano ben vedere i lampi che ancora squarciavano il cielo di tanto in tanto. Il rumore della pioggia contro il vetro però pareva non essersi ancora attenuato. Oltre al letto, gli unici arredi della stanza erano un armadio a due ante addossato a una parete, uno specchio appeso al muro e un comodino con una piccola lampada da lettura sopra.
“Siediti qui un momento.” disse Lanie, entrando in quel momento nella camera e indicandole il letto. “Devo chiuderti subito quel taglio. Dopo ti converrà fare una doccia calda se non vuoi prenderti qualcosa anche tu. Dovrai solo fare attenzione a non bagnare i punti, ok?” Beckett annuì piano, fermandosi per la prima volta a osservare per bene le due donne mentre la dottoressa iniziava ad armeggiare con la garza sulla sua tempia.
“Allora…” cominciò Kate, cercando di mantenere un tono indifferente. “Chi… chi era l’uomo sulle scale? E che posto sarebbe questo?”
“Una camera?” replicò la signora Rodgers divertita, facendo ridacchiare Lanie. Beckett arrossì e sbuffò.
“No, intendevo… intendevo dire dove siamo? Non sono così certa di dove ci siamo fermati con l’auto e – AHI!” esclamò all’improvviso quando la dottoressa Parish le sfiorò il taglio sulla fronte con un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante.
“Scusami, Kate.” disse la donna. “Ma devo fare il mio lavoro, quindi vedi di stare ferma.”
“Siamo ancora nella zona degli Hamptons.” rispose a quel punto la signora Rodgers. “Se non ci fosse questo temporale dalla finestra potresti anche vedere il mare.”
“Wow, una casa vista mare…” mormorò Beckett. In realtà non avrebbe dovuto essere così stupita visto che quasi tutte le ville di quella zona erano costruite a un passo dalla spiaggia, ma in quel momento le era difficile pensare logicamente. Era stanca, curiosa e dolorante e le sue ultime energie le stava spendendo per riuscire a restare sveglia e con la testa dritta per facilitare il complito alla dottoressa. “Complimenti comunque, questa villa sembra enorme. Ma per caso l’uomo di prima è il prop– AHI!”
“Ragazza, puoi stare zitta e ferma per dieci secondi?” sbottò seccata Lanie, le mani sui fianchi. “Dieci secondi, non chiedo altro! Ho a malapena pulito e disinfettato la ferita e ora devo metterti i punti.” Kate si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo, colpevole, cercando di restare il più immobile possibile.
“Tutto bene qui?” domandò all’improvviso la signora Ryan affacciandosi sulla porta. “Vi serve una mano?”
“Sì, a legarla.” borbottò Lanie, lanciando un’occhiataccia alla sua paziente. La donna ridacchiò insieme alla signora Rodgers.
“Non far mai arrabbiare la dottoressa Parish.” dichiarò una voce maschile ghignante da fuori la camera che Kate riconobbe come quella di Javier. “Potrebbe portarti dei guai. E credimi, io ne so qualcosa.” Lui e Kevin spuntarono davanti alla porta. Notò che entrambi gli uomini avevano un giaccone antipioggia in dosso e i capelli fradici di acqua. Dovevano essere usciti per bloccare il cancello come era stato richiesto dall’uomo sulle scale.
Kate osservò i presenti uno a uno, cercando di cogliere il loro carattere con uno sguardo. Sembravano tutte brave persone, e in fondo avevano aiutato lei e suo padre, ma sapeva che non era mai un bene giudicare un libro dalla copertina. Inoltre che tipo era l’uomo al piano di sopra, il padrone di casa? Avrebbe potuto cambiare idea e cacciarli via?
“Posso chiedervi una cosa?” domandò alla fine Kate piano, cercando di muoversi il meno possibile per non irritare la dottoressa Parish che le stava ricucendo la tempia. Il movimento dell’ago e del filo dentro la pelle la stava facendo rabbrividire e aveva bisogno di concentrarsi su altro. “Chi era il… un momento!” disse poi bloccandosi all’improvviso mentre osservava la signora Rodgers. “Ma io la conosco! Lei è un’attrice di Broadway!” Finalmente le era venuto in mente dove aveva già visto la donna e perché le era così familiare.
Martha fece un gesto con la mano come a schermirsi, ma si vedeva che era compiaciuta nell’essere stata riconosciuta.
“Ferma!” la redarguì subito Lanie, lanciandole un’occhiata omicida. Kate si calmò subito. In effetti la dottoressa con un ago in mano e quello sguardo cattivo pareva più pericolosa di un serial killer con un’ascia.
“Dammi pure del tu, cara.” replicò Martha con un sorriso enorme.
“Mio padre è un tuo grande fan.” continuò allora Kate, cercando nel mentre di trasformarsi in statua. “Ama il teatro e pensa che tu sia una delle più grandi attrici esistenti. Credo mi abbia portato a vedere quasi ogni spettacolo in cui ha recitato.”
“Beh, allora appena si riprenderà sarò davvero lieta di fare la sua conoscenza.” commentò la signora Rodgers allegramente, lanciandole una strizzatina d’occhio.
“Gli prenderà un colpo quando saprà che Martha Rodgers è a pochi passi da lui…” mormorò Kate con un sorriso.
“Vorrà dire che lo terrò sotto controllo io quando questo incontro avverrà.” commentò in quel momento una voce profonda con un vago tono divertito. Il dottor Davidson entrò infatti nella stanza con un sorriso affascinante. Si portò accanto a Kate nell’esatto istante in cui Lanie finiva di rattopparle la testa. “Non credo di essermi presentato come si deve prima, sono il dottor Josh Davidson.” disse allungando una mano che Beckett strinse prontamente. Notò che la sua mano aveva una presa forte e sicura. Arrossendo leggermente, Kate non poté fare a meno di iniziare a tormentarsi una ciocca di capelli come una ragazzina al primo anno di liceo con davanti il bello della scuola. Il dottore, oltre a essere altamente attraente, aveva anche qualcosa di magnetico che doveva attirare ogni donna che avesse la fortuna di passargli accanto.
“Finendo il giro delle presentazioni migliorate,” si inserì allegramente il biondo della compagnia, facendo bonariamente il verso al medico. “Io sono Kevin Ryan.” si presentò con un buffo inchino, schizzando goccioline d’acqua da ogni parte. “Sono il maggiordomo di casa. Qualunque cosa ti serva, chiedi pure a me. E giusto perché tu sappia le nostre mansioni, mia moglie Jenny è cuoca, ma mi aiuta anche con le pulizie. Brontolo dietro di me invece, ovvero Javier, è il nostro giardiniere tutto-fare.”
“Ehi!” sbottò Esposito. “Io non sono Brontolo!”
“Tranquillo dolcezza, non riveleremo mai a nessuno il tuo vero nome.” replicò Lanie divertita, facendo l’occhiolino a Kate.
“Ah, ecco…” borbottò Javier in risposta prima di comprendere la presa in giro della dottoressa. “Aspetta cosa??”
“E tu sei Kate, ho capito bene il nome, cara?” chiese in quel momento Martha, mettendo fine alle risatine dei presenti e al basso brontolio di Esposito.
“Sì, Kate Beckett… Katherine in realtà.” replicò Beckett, tastandosi piano i punti che le aveva messo Lanie sentendoli tirare.
“Non toccarli.” l’avvertì la dottoressa. “Dammi il tempo di metterti una benda così ci saranno meno possibilità di sporcare la ferita.” Kate annuì.
Mentre compiva quell’ultima operazione, il dottor Davidson dichiarò che si ritirava per dormire. Salutò i presenti e se ne andò, seguito successivamente da Martha, Javier, Kevin e Jenny. Alla fine rimasero solo Beckett e la dottoressa Parish.
“Ma dormite sempre tutti qui?” domandò Kate confusa.
“Non sempre.” replicò Lanie sovrappensiero, finendo di applicarle il nastro alla testa per tenere la garza. “Il dottor Davidson resta solo in alcuni casi, ad esempio se c’è un’emergenza o quando, come oggi, c’è un temporale dentro cui sarebbe poco raccomandabile addentrarsi.” Emergenza? pensò Kate ascoltando quelle parole. Devono avere qualcuno di molto malato se il medico ormai è di casa qui. “E anche Martha resta solo occasionalmente.” continuò Lanie con un’alzata di spalle. “Noi altri invece abitiamo tutti qui. Ecco, finito.” aggiunse alla fine, osservando con aria soddisfatta la benda attaccata sulla tempia di Kate. “Laggiù c’è il bagno.” aggiunse poi indicandole una porta nascosta dietro l’armadio che Beckett prima non aveva notato. “Fatti una doccia calda, che dalla tua faccia ne hai proprio bisogno. In bagno dovrebbero già esserci gli asciugamani puliti e l’occorrente per lavarsi. Io ti aspetto qui. Perdonami, ma non mi fido a lasciarti completamente sola, non vorrei che il colpo che hai subito fosse stato più forte del previsto e ti sentissi male.”
Kate annuì, quindi si alzò, ma dovette subito fermarsi e prendere un respiro profondo prima di avviarsi al bagno. La stanza per un momento aveva iniziato a girarle intorno, destabilizzandola. Forse non era una così cattiva idea che la dottoressa restasse nei paraggi.
“Grazie.” mormorò Kate con un mezzo sorriso prima di entrare in bagno.
“Non bagnare la benda.” le ricordò Lanie sedendosi sul letto per aspettarla.
Una volta chiusa in bagno, Beckett si appoggiò per un momento con la schiena alla porta. Si sentiva stremata. Aspettò qualche secondo, quindi si avviò con passo malfermo alla doccia, aprì la porta vetro e girò la manopola per far uscire l’acqua calda. Notò solo distrattamente che quel bagno privato doveva essere grosso poco meno della stanza da cui era appena uscita.
Mentre si spogliava, Kate si chiese quante persone fossero radunate davvero in quella villa. Per una casa così grande poteva capire i ruoli di maggiordomo, cuoca e giardiniere, ma quello che non comprendeva era perché dovesse rimanere la dottoressa Parish. Chi era in quella casa che stava così male da dover mantenere un medico 24 ore su 24? E inoltre non riusciva a capacitarsi del perché dovessero vivere tutti nella villa. Alla fine erano negli Hamptons del XXI secolo e tutti bene o male avevano una macchina per andare a lavoro, mentre lì pareva di essere piombati all’improvviso in un castello dell’aristocrazia inglese del 1800 dove spopolavano tate e camerieri che dovevano per forza vivere in casa.
Sfilandosi il reggiseno, un momento prima di infilarsi nella doccia da cui ormai uscivano spirali di vapore, Kate si accorse che nessuno le aveva ancora detto il nome del padrone di casa. Si chiese se i domestici e i dottori avessero volutamente omesso quel particolare. In effetti ripensandoci pareva proprio che avessero evitato accuratamente di parlare di lui. Ogni volta che lo aveva nominato era stata distratta da altro.
Kate sorrise nervosamente mentre il getto d’acqua calda iniziava a scorrerle lungo le spalle. Il padrone-che-non-deve-essere-nominato. Si chiese se per caso non fosse incappata con suo padre nella casa di un novello Voldemort. 


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Xiao! :) Scusate l'ulteriore ritardo, ma sono davvero in un periodo di cacca e più velocemente di così non riesco a pubblicare. Mea culpa. 
Allora, Kate e suo padre sono in una villa degli Hamptons, ma chi sarà il misterioso padrone di casa? E cosa avrà mai? *musichetta misteriosa*
(va beh, in realtà lo avrete già capito chi è, ma sopportatemi XD)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 
A presto! 
Lanie
  
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