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Autore: missredlights    29/04/2017    5 recensioni
Cosa succederebbe se i figli dei più grandi ninja decidessero di scoprire come si sono conosciuti i loro genitori?
“Ma voi ve lo siete mai chiesto come si sono conosciuti i nostri genitori e di come si siano innamorati? Non siete curiosi di saperlo?”
“Sarada, pensi che me ne importi qualcosa di come quello scemo di mio padre abbia conquistato mia madre?”
“Boruto, io chiederei, visto che tu, come tutti i qui presenti non ne sappiamo proprio niente sull’amore o delle tecniche di conquista.” [tratto dal prologo]
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Chouchou Akimichi, Inojin Yamanaka, Sarada Uchiha, Shikadai Nara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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cap

Il giorno dopo la scommessa...


Shikadai tornava da una noiosa lezione in accademia durante la quale non aveva fatto altro che dormire perché, a suo parere, le lezioni del professore Shino erano noiosissime. Lui odiava le spiegazioni, i professori, stare in classe dove gli altri ragazzi non facevano altro che schiamazzare. L’unica cosa che voleva davvero fare era starsene sdraiato da qualche parte a guardare le nuvole, proprio come faceva suo padre quando sua madre non lo vedeva.

E sarebbe stato quello il suo obiettivo finale, se solo una bambina dai capelli blu notte e gli occhi azzurro cielo non stesse correndo dalla sua parte, con un mazzo di girasoli in mano.

“Shika! Shika, aiutami!”

Si fermò davanti a lui col fiato che le mancava, i capelli tutti spettinati dalla folle corsa e i girasoli sbattuti di qua e di là. Himawari era per Shikadai una gran seccatura, specie quando gli sorrideva. Ma in quel momento, Himawari non sorrideva e non era sprizzante come al solito. Si guardava intorno in modo ansioso, come se da un momento all’altro potesse succedere una catastrofe.

“Si può sapere che ti prende?”

“C’è un bambino che non fa altro che seguirmi e dirmi di mettermi con lui! Mi ha seguito fino al negozio di fiori della mamma di Inojin e mi sta seguendo ancora a-…”

“Himawari, raggio di sole, dove sei?”

Himawari divenne una statua di sale, bloccandosi sul posto, incapace di muovere un solo muscolo. Aveva conosciuto quel bambino al parco giochi, e da quel momento era stata la sua ossessione. La seguiva praticamente ovunque, facendosi trovare casualmente sempre dove si trovava la bambina. Poteva avere l’età di suo fratello, forse Boruto lo conosceva, ma a lei non andava a genio. Va bene essere gentili, disponibili e giocare insieme, ma quando Himawari diceva una cosa era quella. Glielo aveva detto centinaia di volte che non voleva mettersi con lui, che lei non ci pensava proprio ai ragazzi, ma quel bambino non capiva.

Shikadai vide la scena, in cui Himawari lo guardava terrorizzata e un bambino correva verso di loro, e qualcosa scattò in lui. Forse perché aveva puntato Himawari, che era la seccatura di Shikadai, o forse per il fatto che Himawari potesse cedere al fascino di quel bambino, o peggio ancora: dargli il suo primo bacio.

Le donne sono proprio una seccatura, come dice papà!

Ma a dispetto del suo pensiero, il suo corpo agì in modo diverso. Si avvicinò a Himawari, cingendole le spalle con un braccio e l’avvicinò a sé, poggiando le sue labbra su quelle di lei.

Cosa sto facendo?!

Aveva chiuso gli occhi mentre compiva questo gesto, non vedendo lo sguardo sgranato di lei o lo sguardo di fuoco del bambino.

“Hey, tu! Cosa stai facendo a Himawari? Lasciala subito!”

Shikadai si staccò dalle labbra di Himawari col cuore che batteva troppo veloce per i suoi gusti, mentre una strana sensazione attanagliava il suo corpo. Cosa gli stava succedendo? Perché sì sentiva così strano?

Poi guardò quel bambino e gli sorrise spavaldo.

“Guarda che Himawari è la mia ragazza, la mia seccatura. Quindi vedi di starle lontano.”

Cosa ho appena detto…

Si stupì da solo per ciò che ha detto un momento prima, e come lui, anche gli altri due bambini. Il bambino lo guardò, stringendo i pugni ai lati del corpo.

“Tanto riuscirò a mettermi con lei. Himawari diventerà la mia ragazza.”

E dopo aver detto queste parole se ne andò via, correndo veloce.

A Shikadai diedero fastidio quelle parole.

Ecco, lo sapevo. Perché Himawari deve essere sempre una seccatura? Non può essere nella norma e non piacere a nessuno? Ci mancava solo questo bambino che le fa la corte insieme a I-…

“Shika… perché mi hai baciata?”

Himawari parlava piano, le parole sussurrate per paura che qualcuno, oltre lui, le sentisse, e Shikadai non seppe che cosa dirle. Non riusciva nemmeno a guardarla tanto era l’imbarazzo per il suo gesto! Come glielo spiegava, adesso? Come si levava dal casino in cui si era cacciato da solo?

“Perché così quel bambino non ti importunerà più.”

Era stata una risposta diplomatica, una risposta di cui andare fieri, perché non le avrebbe mai e poi mai potuto dire che era geloso marcio che qualcuno le si avvicinasse.

Ma quella risposta non piacque a Himawari. La irritò talmente tanto che stampò al povero Shikadai una bella cinquina.

“Non si baciano le persone se non le si vuole bene!”

Rossa in viso per la rabbia e l’imbarazzo, si allontanò da Shikadai, completamente colto alla sprovvista. Poteva essere intelligente, avere un Q.I. uguale a suo padre, ma quando si trattava di Himawari diventava un’altra persona.

Ed io che pensavo di aver fatto e detto la cosa giusta.

“Seccatura” borbottò a denti stretti.

Sbuffò e si diresse a casa, maledicendosi per quello che aveva detto. Suo padre glielo aveva detto quando aveva tre anni e gli stava facendo fare il bagno. Glielo aveva detto che, nell’istante in cui avesse trovato una seccatura, la sua vita sarebbe cambiata drasticamente. Lui non ci credeva. Chiamava Himawari seccatura senza rendersi conto di quello che provava, e adesso che l’aveva baciata, le cose si erano drasticamente complicate. Come si sarebbe dovuto comportare con lei? Perché le aveva detto tutte quelle cose? E lei? Lo avrebbe evitato?

“Che seccatura tutto questo!”

Sbottò calciando un sasso, per poi fermarsi qualche passo dopo. Davanti a lui c’era suo padre che tornava a casa. L’Hokage doveva averlo mandato a casa viste le occhiaie che si ritrovava.

“Che cosa stai facendo?”

“Torno a casa come te, pa’, non vedi?”

Shikadai poteva anche essere uguale a suo padre, ma certi comportamenti, certe espressioni erano proprio da Temari, sua madre, e la cosa non sfuggì mica al capo clan Nara, che squadrò suo figlio dalla testa ai piedi.

Lo aspettò e si diressero insieme verso casa. Shikadai non era mai stato un bambino espansivo, chiacchierone o quant’altro, ma quel broncio era troppo evidente, come anche quegli sbuffi. Ecco perché, una volta a casa, Shikamaru prese la scacchiera degli shoji e la posizionò davanti a suo figlio. Era un appuntamento abituale, un rituale che si doveva fare ogni sera. Così, una volta con la scacchiera davanti, Shikamaru diede i bianchi a suo figlio, facendolo iniziare per primo.

“In Accademia?”

“Tutto ok, sempre noiosa.”

Prima pedina di Shikadai fatta fuori.

“Cosa ti è successo?”

“Nulla.”

Seconda pedina di Shikadai fatta fuori.

“Non ti stai concentrando.”

“Come ti sei conosciuto con la mamma?”

Prima pedina di Shikamaru fatta fuori.

La domanda aveva colto Shikamaru di sorpresa. Perché suo figlio voleva sapere come si era conosciuto con quella seccatura di sua moglie?

“E perché vorresti saperlo?”

“Giusto per capire come non fare il tuo stesso identico errore in fatto di donne.”

Shikadai era tremendo quando diceva quelle cose. Diceva seccatura anche a sua madre quando lo obbligava a fare qualcosa che non voleva fare ma, puntualmente, le faceva. Forse era merito di quel ventaglio maledetto che Temari si portava sempre dietro.

Come faccio a farmi dire da papà come si è conosciuto con la mamma?

“Ci siamo visti la prima volta all’esame dei chuunin. Tua madre era così orgogliosa alla terza prova contro di me. Avevo utilizzato la tecnica dell’ombra per immobilizzarla e volevo anche batterla, ma era tutta una tremenda seccatura e la feci vincere, ritirandomi. Ma, sorprendentemente, venni promosso anche io.”

“Ti hanno promosso perché non volevano vederti piangere, crybaby.”

Non avevano sentito Temari entrare in casa, facendoli sobbalzare dai loro posti. Quella seccatura era anche silenziosa come un gatto quando voleva.

“E poi, io sono e sarò sempre più forte di te, Nara. Vogliamo parlare delle innumerevoli volte che ti ho salvato la vita?”

Shikadai vide suo padre alzare gli occhi al cielo e muovere le labbra, leggendo un “seccatura”.

“Seccatura, cosa c’è per cena?”

Quando suo padre faceva così, voleva dire che era troppo stanco per parlare o anche solo litigare con la mamma. Perché l’Hokage lo riempiva di lavoro? Ma pensare all’Hokage equivaleva anche pensare a Himawari, visto che Naruto era il padre di quella mocciosa che aveva baciato solo qualche ora prima. E meno male che l’aveva visto solo quel bambino. Se qualche vicina spiona avesse visto la scena, sua madre lo avrebbe come minimo scuoiato vivo.

“Apparecchiate la tavola invece di poltrire.”

Il generale Sabaku no non ammetteva ribellioni, domande o ammutinamenti, pena l’andata a letto senza cena. Così i due Nara, alzarono il loro pigro deretano, lasciando la scacchiera ed i pezzi a metà partita e andarono ad apparecchiare, per poi sedersi a mangiare qualche minuto dopo.

Si cenò in assoluto silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Shikadai rispose anche a monosillabi alle domande della madre e se ne andò in camera da letto, o per lo meno, fece finta di andare in camera sua.

Perché in realtà tutto ciò che fece, fu mettersi nascosto nelle scale, ad osservare i suoi genitori. Non lo aveva mai fatto, e sicuramente non lo avrebbe mai fatto, se non per quella stupida sfida accettata da tutti. Così si mise ad osservare i suoi genitori. Sua madre lavava i piatti e suo padre la guardava.

“Hai intenzione di guardarmi o ti degni di darmi una mano? Guarda che non sei l’unico ad essere stanco.”

Shikamaru le si avvicinò, le passo un braccio sulle spalle, girandola, e la baciò.

“Sei una seccatura. Non puoi lavarli domani e andiamo a riposarci?”

E meraviglia delle meraviglie, sua madre invece di inveire, finì di lavare l’ultimo piatto, lo posò, pronto per essere asciugato e, girandosi, schizzò suo padre con l’acqua che aveva tra le mani.

“Ti abbono l’asciugatura dei piatti, ma solo per questa volta Nara.”

“Tu…!”

Vide il padre caricarsi di peso la madre sulle spalle e cominciare a ad incamminarsi verso le scale. Velocemente, Shikadai si chiuse in camera sua, prima di esser visto dai genitori, chiudendosi la porta alle spalle. Si appoggiò con la schiena contro il freddo legno della porta, mentre due risposte gli balenavano insistentemente nella testa.

Sarà più difficile del previsto scoprire la storia dei miei.

Credo di essere appena stato colpito, anche io, dalla maledizione dei Nara.

   
 
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