Name
Non si era mai chiesta come mai i
suoi genitori avessero deciso di chiamarla proprio Judy.
Sapeva solo che le piaceva come
suonava, le dava la sensazione di qualcosa di deciso, chiaro, che arriva al
dunque. Un po’ come lei.
Era semplice e essenziale, composto
da quattro lettere e due sillabe. Era facile da imparare e da ricordare.
Non sempre era stata chiamata per
nome, nel corso della sua vita si era sentita apostrofare con diversi sopranomi
e non sempre con tono affettuoso.
Suo padre aveva l’abitudine di
chiamarla, con tenerezza e orgoglio, Judy
non deludi, proprio perché, se dava la sua parola, l’avrebbe mantenuta
costi quel che costi. Era caparbia, a volte forse troppo, ma c’era sempre per
chi aveva bisogno; era nella sua indole quella di aiutare il prossimo.
Ma con più frequenza si sentiva
rivolgere nomignoli poco simpatici, pronunciati con superiorità e anche
disgusto.
Solitamente facevano leva sul suo
essere coniglio, una preda, piccola e indifesa, un essere inutile.
Lei non si faceva intimidire, perché
aveva stima di se stessa, sapeva chi era e cosa era in grado di fare.
Certo non le faceva piacere essere
chiamata in quel modo, ma non se la prendeva troppo.
Il periodo della sua vita in cui
l’avevano chiamata in tanti modi era stato durante l’addestramento in accademia
di polizia; la loro istruttrice aveva davvero tanta fantasia.
Anche in quel caso ogni campagnola e coda a batuffolo erano pronunciati per farla sentire un’inetta,
forse l’istruttrice si aspettava che lei si ritirasse e invece si era allenata
giorno e notte per raggiungere il suo obiettivo. Quei nomignoli, dopotutto,
erano riusciti a darle la giusta carica per dimostrare di che pasta era fatta
Judy Hopps.
E poi c’era stato Carotina. E Nick.
All’inizio quel sopranome l’aveva
infastidita, perché era palese come Nick lo usasse per deriderla, per
ricordarle che veniva dalla campagna, da una famiglia coltivatrice di carote e Zootropolis non era un posto adatto a lei.
Anche lui aveva creduto che non sarebbe
resistita molto alle cattiverie gratuite e al peso di vivere in una metropoli,
perché la realtà non era affatto come l’aveva immaginata e presto sarebbe
ritornata, orecchie basse e passo strascicato, da dove era venuta.
Ma Judy aveva disatteso ogni
pronostico della volpe, aveva continuato per la sua strada, facendosi un nome.
Aveva fatto di più: si era trascinata
dietro quella volpe miscredente.
Così ora erano entrambi agenti di
polizia e partner.
Con il tempo Judy aveva imparato a
riconoscere dell’affetto nel Carotina di Nick e ormai non la innervosiva più – fatta
eccezione per quelle volte che il suo intento era quello di prenderla in giro, un
po’ come lei usava il tesoro per
incastrare il suo interlocutore.
Si era chiesta più volte come mai Nick
si ostinava a chiamarla ancora Carotina anche dopo
che si frequentavano.
Amava quando la chiamava per nome,
forse perché lo faceva in poche occasioni.
Abbandonava i sopranomi, quando era
preoccupato o turbato e quando la situazione chiedeva serietà.
Pronunciava il suo nome di battesimo
con così tanta intensità da sembrarle un altro nome, come se non l’avesse mai
sentito prima di allora.
E non le restava altro da fare se non
immergersi in quel vortice smeraldo che erano i suoi occhi, lì dove c’erano
tutte le risposte di cui aveva bisogno, l’inizio e la fine del suo mondo.
Aveva scoperto anche un’altra
sfumatura del suo nome, più intima.
La prima volta che avevano fatto
l’amore non ci aveva fatto caso, presa com’era da tutte quelle nuove
sensazioni.
Ma già dalla volta successiva aveva
prestato più attenzione.
Era un suono capace di imbarazzarla,
ma allo stesso tempo di farla sentire
desiderata, era calore che le procurava brividi lungo la spina dorsale.
Non osava immaginare come uscisse
dalle sue labbra il nome di lui – e se avesse potuto ascoltarsi, sarebbe morta
dalla vergogna o magari si sarebbe trovata ridicola.
«Judy?»
Si riscoprì nel suo ufficio con il
viso di Nick di fronte al suo; doveva aver lasciato la sua postazione.
Non riuscì a impedirsi di arrossire,
azione che non sfuggì agli occhi attenti della volpe.
«Coniglietta pervertita» rimarcò, divertito.
Quell’affermazione ebbe il potere di
renderla, se possibile, ancora più rossa.
«Non è come pensi tu!» esclamò in
panico, con un colorito che poteva far invidia a un pomodoro.
Ottenne in risposta un ghigno saputo.
«Quello pervertito, tra i due, sei
tu» lo rimbeccò Judy.
«Ma pervertito è una parola grossa.
Direi che mi occupo di soddisfare i
bisogni di una certa coniglietta ottusa»
rispose Nick, con tono malizioso.
Il rossore raggiunse anche le punte
delle sue lunghe orecchie.
«Shh… non
vorrai mica farti sentire!» lo ammonì la coniglietta.
Nick fece spallucce, incurante.
Nessuno dei loro colleghi avrebbe
avuto interesse a origliare quel loro dialogo – forse Clawhauser,
ma avrebbe significato fare una rampa di scale e abbandonare le sue adoratissime ciambelle alla reception con la paura costante
di non ritrovarle al suo ritorno; i loro discorsi non valevano tutti quei sacrifici.
E poi, ormai, la loro relazione non
era più una novità, non si trovava più sulla bocca di tutti, era passata
l’eccitazione di parlarne, faceva parte della quotidianità.
Si era domandato chi altro, oltre a
loro, poteva udirli, visto che erano da soli.
Quindi Nick non comprese il panico
della compagna.
La osservò: era davvero carina quando
si imbarazzava, lo faceva sorridere di tenerezza. Non si capacitava del fatto
che si vergognasse ancora nel parlare delle loro attività notturne, visto che
condividevano abitualmente le lenzuola.
Questo suo pudore, lo lasciava
perplesso, perché aveva avuto l’onore di vedere un’altra Judy.
Si rese conto di aver esagerato un
po’, quindi lasciò cadere la questione.
Nel silenzio che si era creato, Judy
cercava di ricomporsi.
«Ma a cosa stavi pensando?» ruppe il
silenzio, qualche minuto più tardi, la domanda di Nick.
L’espressione divertita lasciò il
posto a una di pura e semplice curiosità.
«Al mio nome.»
Aveva esultato internamente, perché era
riuscita ad avere l’ultima parola; Nick non aveva più ribattuto.
Hi everybody!
^^
Credo che mi pentirò di aver pubblicato
questa schiffezzina. Mi sa che è anche peggio dell’ultima
che ho postato. Qui, invece, di migliorare, si peggiora. XD
Insomma, tenete presente che è una cosettina semplicina semplicetta. XD Insomma, nulla di particolare. Non so bene
nemmeno io se possa assolvere a qualche scopo e soprattutto quale possa essere.
Ammetto che nella mia testa aveva un
senso. E forse era anche molto più appetibile di così.
Ho come l’impressione di scrivere le
peggiori idee, mentre quelle buone restano segregate nella mia mente.
A voi non capita mai?
Mi piacerebbe scrivere qualcosa di
più serio e sì, avrei anche plottato una fiction di
pochi capitoli, ma non ho idea se riuscirò davvero a realizzarla.
Sapete io sono una di quelle che deve
pubblicare dopo aver completato la storia. E così va a finire che le buone
idee muoiono nel mio cervellino bacato.
Quante fic
ho immaginato, ma mai scritto. Molte mi sembravano anche carine nella mia
mente.
Mi scuso per questo piccolo sfogo.
Tornando a noi, cosa vi sembra questa
cosa qui?
Ho pensato al rating giallo, ma magari
è ancora da verde? Fatemi sapere, che in caso cambio. ;)
Vi ringrazio per aver letto. C:
Pareri, consigli e critiche costruttive
sono sempre ben accetti.
Grazie ancora. ♥
Alla prossima! [se ci sarà, magari
dalla vergogna scapperòòòò!]
Selly