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Autore: Raven_Phoenix    30/04/2017    0 recensioni
Spesso e volentieri essere inquilini in una numerosa palazzina non deve essere facile. Vite diverse, divise soltanto da una parete o da un soffitto, che però, ad un certo punto, si intrecciano inevitabilmente. Incrociarsi per le scale, chiedere in prestito qualcosa al vicino, litigare per il turno in lavanderia, spettegolare a bassa voce sulle scale, ritrovarsi per giocare a carte o per guardare insieme i Golden Globes awards...
Ryan Astor ne é forse solo in parte consapevole quando riceve le chiavi del suo primo appartamento, situato in un palazzo non proprio nuovo di zecca, pronto ad iniziare la sua nuova vita.
Non sa cosa l'abbia spinto a scegliere proprio quel posto in mezzo a tutti gli altri, ma appena inizia a fare conoscenza con i suoi nuovi vicini, in particolare la giovane e imprevedibile scrittrice Jane Heart, capisce che forse loro avevano bisogno di lui... o lui di loro.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buoooonasera a tutti!
Sì, sono ancora viva! (per ora XD)
Giuro che ci ho provato, volevo a tutti i costi essere più rapida nel pubblicare capitoli, ma proprio non riesco a darmi una regolata. Confido nella nostra pazienza  e spero che quello che leggerete di volta in volta vi farà pensare che ne é valsa la pena (vana speranza t-t).
Sto anche cercando di evitare quello scrivere tanto per pubblicare qualcosa, facendo uscire captoli su capitoli che non portano a nulla, e tutti noi sappiamo cosa significhi purtroppo -.- voglio cercare di proporvi del materiale il più interessante possibile ^^
Detto questo, vi lascio a questo nuovo capitolo! Buona lettura ^^

Capitolo 5:
 
 
Finalmente sistemai anche l’ultima confezione dell’allegro chirurgo sullo scaffale, chiedendomi come fosse possibile che quel gioco andasse ancora a ruba. Ne avevamo venduti a frotte, tanto che Mark ne aveva ordinati il doppio di prima. Avevo il forte sospetto che non fossero destinati ad innocenti bambini, ma che fossero diventati parte di qualche gioco alcolico in sostituzione al Beer-Pong, ma questo chiaramente a Mark non lo dissi, mi dispiaceva infrangere i suoi sogni di “una gioventù con ancora qualche speranza”.
-Perfetto. Se avessi tentato di sistemarli io mi sarebbero uscite tre ernie come minimo.- commentò lui da dietro alla cassa.
-E poi dici che sono io quello con la faccia da malato di cancro.- risposi scherzosamente mentre appiattivo lo scatolone ormai vuoto.
-Gloria lo dice sempre appena vede qualcuno che non mangia con l’appetito di venti leoni.- bofonchiò cercando di farla risultare come una critica, ma ogni volta che parlava della moglie non potevo fare a meno di scorgere quella luce nei suoi occhi, di chi era perdutamente innamorato nonostante i molti anni passati insieme.
Sobbalzai quando sentii il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni, e appena fui sicuro che Mark fosse assorto nei suoi documenti controllai velocemente.
Un irrefrenabile sorriso mi si stampò in volto quando vidi il nome, succedeva ogni volta.
Quando lessi il messaggio sorrisi un po’ meno e l’ansia tornò a regnare.
 
“Vieni al poker stasera?”
 
Passarono circa una ventina di secondi, in cui mi chiesi cosa fosse meglio rispondere per la mia salute fisica e mentale.
Ovviamente la parte del ragazzo stupido ebbe subito la meglio su quella responsabile.
 
Se davvero quello doveva essere un poker “clandestino” il trambusto che si sentiva ancora prima di entrare nell’appartamento di Frank avrebbe fatto insospettire anche un sacco della spazzatura.
Bussai alla porta e udii la sua voce ancora prima che mi aprisse.
-Eddy, se osi sbirciare di nuovo le mie carte ti faccio finire con la testa nella raccolta differenziata, cristosanto!-
Mi ritrovai davanti una Jane con le guance arrossate e i capelli arruffati, in perfetta tenuta casalinga con indosso una canotta con la scritta “I drink and I know things” e dei pantaloni di una tuta dalla discutibile stampa a fenicotteri.
-Eccoti!- strillò con una voce più acuta del solito, passandomi un braccio attorno alle spalle (o almeno ci provò, ma la differenza di centimetri in altezza rendeva le cose parecchio impossibili) e mi trascinò dentro.
-“Mi raccomando, sii discreto”, eh?- dissi con un mezzo sorriso mentre cercavo di capire quanta gente potesse essere stipata in quell’appartamentino.
Erano stati disposti tavoli da gioco fai da te ovunque, con il risultato di avere la sensazione di entrare in una brutta riproduzione di un locale a Las Vegas.
-Ovviamente! E tu sei stato discreto, vero?- rispose Jane con fare minaccioso, alitandomi addosso quello che doveva essere un mix di birra e qualche altro liquore probabilmente fornito da Alek.
-Ehm… certo.- dissi cercando di non farla alterare ulteriormente; sembrava parecchio alterata, e se dovevo calcolare che dall’orario del ritrovo ufficiale ero arrivato soltanto un’ora dopo mi chiedevo in che stato l’avrei trovata a fine serata -Dimmi che domani hai preso libero.-
Jane fece una smorfia accompagnata da un gesto di stizza con la mano.
-Non ne ho bisogno, tesoro. Sono la campionessa del dopo sbronza.- si esibì in un sorriso a trentadue denti, orgogliosa di quello che aveva appena detto –E ora, se vuoi scusarmi, ho una partita da vincere!- mi liberò dalla sua presa e trotterellò verso uno dei tavoli da gioco improvvisati dove stavano Pam e un uomo che non avevo mai visto.
-Ehi, Cenerentola! Finalmente sei arrivata al ballo.- mi salutò Jamie che era sbucato fuori da non si sa dove con un bicchiere di plastica alla mano e un altro probabilmente pronto per me.
-Ho parcheggiato la zucca in doppia fila per fare prima.- risposi cercando di risultare spigliato e a mio agio, mentre in realtà mi chiedevo cosa ci facessi lì, con tutta quella gente di cui a malapena conoscevo qualche individuo, e nemmeno così tanto bene.
La risposta in realtà era semplice: ero uno stupido idiota che non era stato capace di dire no senza un apparente motivo.
-Abbasso i pensieri negativi, dai su!- mi allungò il bicchiere che speravi contenesse qualcosa di non troppo pesante.
-Sai, dovresti fare il coach motivazionale.- dissi accettando riluttante il “regalino di benvenuto”.
-Ci siamo passati tutti. La prima volta spaventa un po’, ma ti dirò una cosa: nulla è peggio della riunione condominiale annuale. Di quella devi averne paura.-
-Basta che non mi chiedano di giocare e mi lascino fare quello che guarda, sorride e annuisce.-
-Puoi stare tranquillo, io non gioco quasi mai. Mi diverto a studiare le reazioni degli altri e a riempir loro i bicchieri. Potresti farmi da assistente in questa ricerca educativa sul genere umano, se ti va.-
-Non aggiungere altro, ti seguo a ruota.-
-Eccoli che cominciano.- disse dandomi una leggera gomitata e accennando ad uno dei tavoli.
-Cominciano cosa?- chiesi spaesato seguendo il suo sguardo. Capii mezzo secondo dopo di cosa parlava.
-Quindi io ti sfido ad appendere le mutande fuori dalla finestra, se vinco di nuovo!- stava urlando Giulia ad un uomo sulla quarantina che si stava visibilmente alterando.
-Ah, sì? Allora se vinco io dovrai andare ad ordinare al take away messicano in fondo al quartiere con il vestito da mucca irlandese di mia figlia.-
Io e Jamie ci unimmo istintivamente al coro di “oooooh” che si levò istantaneamente dopo le minacce.
-Vai, Giuls! Vogliamo scoprire se è vero che David mette i boxer di Yoda come portafortuna!- incitò a gran voce Jane dal tavolo di fronte, ricevendo il consenso di parecchi altri.
-Sul serio?- dissi a bassa voce cercando di trattenermi dallo sghignazzare.
-Ho idea che tra poco lo scopriremo.- rispose Jamie mettendosi comodo su una poltrona con l’intento di gustarsi la scena, e io lo imitai entusiasta.
In fin dei conti la mia prima serata del poker abusivo non andò tanto male. Passai il tempo a guardare gente che si insultava amichevolmente a vicenda, ma nonostante questo l’ambiente era rilassato e piacevole, anche quando quasi tutti se ne furono andati.
-Ehi, cucciolo. Vieni qui un momento.- mi resi conto di essere io “cucciolo” quando mi voltai e vidi Pam fissarmi insistentemente.
La storia dei nomignoli iniziava a sfuggire di mano.
-Che c’è?- chiesi avvicinandomi.
Un rantolo alle sue spalle attirò la mia attenzione, e quando vidi la fonte ero indeciso se preoccuparmi o ridere.
Su un piccolo divanetto c’era Jane, raggomitolata su se stessa, intenta ad abbracciare un cuscino con espressione soddisfatta.
-È un bene o un male? Cioè… si metterà ad urlare e tirare calci come l’altra volta?- chiesi riferendomi al primissimo incontro che avevo avuto con lei.
-No, non preoccuparti. Alle serate del poker prende sempre la sbronza allegra. L’unico problema è cercare di riportarla a casa.- la guardò scuotendo la testa –Puoi pensarci tu? Visto che sei “di strada”.-
Fui preso da un momento di panico improvviso.
-Io?! E come faccio?- chiesi iniziando ad agitarmi.
-Dunque: Ora la svegliamo quel minimo che serve a farla stare in piedi sulle sue gambe, tu devi solo accompagnarla di sotto assicurandoti che non cada dalle scale o che non mandi in tilt l’ascensore pigiando tutti i tasti, e quando arrivi davanti a casa sua…eccole qui- riuscì ad estrarre un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni di Jane, e me le porse –apri la porta di casa sua e indirizala dentro. Ricordale di chiudere a chiave ed assicurati che lo faccia. Tutto qui.-
Suonava facile, ma sapevo che molto probabilmente non lo sarebbe stato.
Presi un lungo respiro e scrollai le spalle.
-Va bene, facciamolo.- dissi anche se in realtà non sapevo da che parte iniziare.
-Finalmente qualcuno che mi sostituisce.- Pam sembrava decisamente sollevata.
-Le persone che vivevano prima di me nel mio appartamento non l’hanno mai accompagnata a casa?- chiesi improvvisamente incuriosito.
Pam borbottò qualcosa scuotendo la testa.
-Fidati, è meglio così. Vincent non era una persona sulla quale si poteva fare affidamento.- lanciò un’occhiata quasi compassionevole verso Jane.
-Vincent?- effettivamente nessuno mi aveva detto chi abitava nel mio appartamento prima che arrivassi, quando ero andato a vederlo la prima volta con George era già vuoto e non avevo avuto nessun tipo di contatto con l’ex inquilino, ma direttamente con il proprietario dell’intero palazzo. –Com’era?-
-Lascia stare, non ti sei perso niente. Non andava d’accordo con nessuno, a parte Jane ogni tanto. Un tipo scontroso che di punto in bianco ha deciso di andarsene. Meglio così.- aveva abbassato leggermente la voce, forse non voleva che Jane sentisse –Ma ora abbiamo fatto un ottimo acquisto con te, no?- mi diede qualche colpetto d’incoraggiamento sulla schiena.
-Se lo dici tu…- mormorai più a me stesso che a lei.
-Forza, svegliamo questa bella addormentata.- annunciò con voce più alta iniziando a scrollare leggermente Jane per le spalle.
Subito in risposta ricevette diversi rantoli di protesta misti a risatine.
-Vuoi portarmi al Luna Park, eh Pam?- disse con voce acuta e infantile.
-No, tesoro. Ti ci porta questo bell’imbusto. Ti piace l’idea?- rispose lei accennando a me.
Cercai di non fare caso a quanto potesse sembrare ambiguo il fatto che “un bell’imbusto”(quando mai?) portasse una ragazza al Luna Park, e mi limitai a stare lì imbambolato e rigido come un palo della luce.
-Sai, credo che il Luna Park  non sia una buona idea.- sentenziò Jane una volta in piedi, reggendosi a qualunque cosa per non ruzzolare di nuovo sul divano.
-Meglio una bella dormita, eh?- la incoraggiò Pam indirizzandola verso di me.
Sentii il mio intero corpo sprofondare nella fonte della goffaggine, non sapevo assolutamente cosa fare. Dovevo trascinarla fuori? Prenderla in braccio? Tenerla semplicemente per un braccio? Cosa diavolo si doveva fare con una persona ubriaca?!
Lei con aria smarrita di chi a stento riusciva a capire dove fosse piantò il suo sguardo nel mio, e questo non fece che peggiorare la situazione facendomi andare ancora più in confusione.
Mi accorsi che aveva delle lievi striature dorate nell’occhio destro.
-Allora? Andiamo?- disse lei con fin troppo entusiasmo e mettendosi a marciare con un passo buffo e incerto verso la porta –Sempre in gamba, eh Frank?- urlò verso il padrone di casa, che al momento russava della grossa su una poltrona, felice e beato.
-Valle dietro e lasciala fare finché non rischierà di fare del male a se stessa… o a qualcun altro.- mi intimò Pam per poi sospirare e alzare gli occhi al cielo.
-Agli ordini.- risposi abbastanza rassegnato, e feci un saluto generale che probabilmente in pochi sentirono (in pratica: nessuno).
Da quando hanno allungato i corridoi? Sono lunghiiiissimi!- si lamentò Jane camminando lentamente verso l’ascensore con una spalla che strisciava contro un muro.
Io me ne stavo in silenzio dietro di lei, attento ad ogni suo minimo gesto.
“Pensa a qualcosa da dire, rincoglionito!” mi auto-incitai.
Non solo non ero di certo il re delle battute, ma con lei mi sentivo talmente spaesato che ogni mia azione finiva in un disastro completo.
-Pensa se l’ascensore non ci fosse stato.- fu l’unica cosa che riuscii a dire.
Lei in risposta sbuffò.
-Sapessi quante volte faccio le scale. Ti sei mai accorto di quei rumori che fa ogni tanto quella gabbia infernale? Delle specie di trrr trrrr trrrrrrr! Hai in mente? Ogni volta che li sento ho paura che ad azionare i meccanismi ci sia un elfo domestico arrabbiato che mi farà precipitare per ripicca, quindi mi dico “col cazzo che ci entro!” e mi faccio tuuuutte le scale.- sembrava che credesse ciecamente in ogni parola che diceva, come un bambino che raccontava un nuovo sogno o un desiderio improbabile.
La risposta mi venne in automatico, come se mi avesse contagiato.
-Puoi andare tranquilla. Ricordati una cosa: Dobby non vuole uccidere, ma soltanto mutilare o ferire gravemente.-
Jane si bloccò di colpo davanti a me, voltandosi a fissarmi quasi esterrefatta, i suoi enormi occhi verdi spalancati. Stavo per chiedermi cos’avessi fatto di male quando mi scoppiò letteralmente a ridere in faccia.
-O.MIO.DIO.- iniziò a scivolare lungo il muro ridendo sguaiatamente, e d’istinto mi tuffai in avanti prendendola per un braccio per evitare che si ritrovasse lunga e distesa sul pavimento.
-Che c’è?- dissi cercando di rimanere serio, ma la sua risata mi stava lentamente contagiando.
-Tu sei pazzo!- esclamò –Non puoi farmi battute a tema Harry Potter in questo stato!- continuò a ridere di gusto.
-Ti prego, cerca di stare su se non vuoi costringermi a farne altre. E non ne sono per niente capace.- risposi mentre sentivo di non riuscire a tenerla in piedi a peso morto ancora per molto.
-Ok! Ok! Ok! Mi calmo.- si fece aria con una mano lanciando qualche altro gridolino.
Riuscimmo a ripartire verso la nostra “lontanissima” meta a passo rallentato.
Entrammo nell’ascensore che miracolosamente arrivò subito, e pigiai il tasto per il nostro piano.
-Così anche tu sei fan di Harry Potter, eh?- chiesi così, senza un vero motivo, giusto per non far cadere il solito silenzio imbarazzante.
-Chi non lo è?- replicò lei.
-Sicuramente qualcuno ci sarà.-
-Naaah. È impossibile non amarlo dopo le prime dieci pagine.-
-Magari non tutti hanno letto il libro.-
-Chi mai sarebbe quel folle?!-
Mi sentii avvampare improvvisamente.
-Ehm…-
Lei mi fulminò con gli occhi.
-Dimmi che non è vero.- disse con la stessa reazione che avrebbe potuto avere qualcuno alla quale avevano appena detto che il marito era morto in guerra.
-Però i film li ho visti tutti mille volte!- cercai di difendermi pietosamente.
Mi si lanciò addosso dandomi ripetute manate sulla schiena e ovunque potesse arrivare per colpirmi.
-Non.si.fanno.queste.cose!- scandì parola per parola ad ogni colpo.
-Ehi! Ehi! Che cos… ahi! Mi fai male!-
-E dire che tu sei una persona che legge.- borbottò incrociando le braccia dinnanzi al petto, barcollando pericolosamente.
-Beh… diciamo che… prediligo altri generi più realistici.- mentii spudoratamente.
-Farai meglio a leggerli nel minor tempo possibile se non vuoi che inizi a lasciarti lettere minatorie.-
-Promesso.- alzai un braccio a mo’ di giuramento mentre un brivido freddo mi attraversava la schiena.
Da quando in qua mi mettevo a dire bugie simili?
“Perché sei un idiota, ricordi?” dissi a me stesso mentre le porte dell’ascensore si aprivano sul nostro pianerottolo.
Jane fece un passo deciso per uscire, dimenticandosi il piccolo gradino infame. Riuscii ad afferrarla in tempo, e per poco non mi trascinò giù con lei.
-Dai, manca poco.- cercai di incoraggiarla (o forse cercavo di incoraggiare più me stesso?).
-Ti stai divertendo un mondo, eh?- disse lei con un sorrisetto soddisfatto appoggiandosi del tutto a me, prendendomi a braccetto.
Mi sentii improvvisamente strano; era come se mi sentissi a mio agio e allo stesso tempo non lo fossi. Da un lato la situazione mi sembrava talmente buffa da farmi ridere, dall’altra stavo aiutando una ragazza ubriaca che non sapevo come avrebbe reagito i successivi venti secondi.
-Sicura che domani non ti serve una giornata libera?- chiesi evitando categoricamente di rispondere alla sua lieve provocazione.
-Sciocchezze! E poi domani ho il turno pomeridiano, ho tutto il tempo di riprendermi.- rispose lei gesticolando ampiamente.
Arrivammo finalmente davanti a casa sua, e cercai di destreggiarmi nel cercare di reggere Jane e infilare le chiavi nella serratura. Appena la porta si aprì con un lieve scricchiolio fui investito da un profumo dolce e fruttato, e per un attimo fui tentato di sbirciare all’interno, ma alla fine decisi che era meglio non esagerare e mi tirai indietro.
-Ecco, sei arrivata.- annunciai sentendomi come la vocina stupida sugli autobus che annunciava la fermata successiva.
-Fantastico!- esclamò lei entrando e mettendosi a dare manate alla parete, probabilmente cercando l’interruttore della luce –Ehi! La vuoi una cioccolata calda?-
La domanda mi piombò addosso con la grazia di un’incudine, e rimasi a fissarla nel panico più totale.
-Adesso?!- sbottai pregando tutti gli dei presenti per non farmi arrossire o iniziare a balbettare.
-È sempre un buon momento per una cioccolata.- ribatté lei riuscendo finalmente ad accendere la luce.
Intravidi un salottino identico al mio ma specchiato, decisamente molto più pieno di chincaglierie.
-Jane, credo che ti farebbe bene dormire.- dissi cautamente sperando di non farla arrabbiare.
-Ovvio che mi farebbe bene! Ma ho bisogno di mettere qualcosa nello stomaco, prima.-
Da una parte morivo dalla voglia di entrare, anche per assicurarsi che non rischiasse di mandare a fuoco la cucina, ma dall’altra un enorme muro d’imbarazzo mi bloccava irrimediabilmente. Avevo fatto fin troppi passi avanti quel giorno con il poker clandestino, forse questo era eccessivo.
-Magari un’altra volta, ok?- dissi a malincuore.
Lei si fermò dal suo caracollare da un piede all’altro, e il sorriso smagliante che aveva si smorzò. Rimase a guardarmi, con forse un piccolo lampo di lucidità nel suo sguardo che iniziava a fare capolino.
-Oh…- si massaggiò un braccio arrossendo leggermente –sono in uno stato troppo pietoso, vero?-
-Ma no!- mi affrettai a rispondere precipitosamente –Non è per quello, davvero. È che si è fatto un po’ tardi.-
Lei lanciò uno sguardo verso la parete dietro di lei, dove stava un grosso orologio a muro a forma di fragola che segnava mezzanotte e mezza.
-Mi sa che hai ragione.- si sforzò di sorridere di nuovo ma non le riuscì molto bene.
Mi sentii subito ancora più idiota di prima, e quell’espressione triste fece scattare qualcosa dentro di me che non riuscivo a spiegare. Era come se mi sentissi male io al suo posto.
E non volevo assolutamente che accadesse, per nulla al mondo.
-La prossima volta, ok? Promesso- feci una piccola pausa, non sapendo se fosse il caso di aggiungere qualche idiozia, ma alla fine mi dissi che tanto valeva tentare, peggio di così… -promesso insieme a leggere i libri di Harry Potter. Puoi tenere una lista, se vuoi.-
Funzionò, le scappò una risatina.
-D’accordo- si scostò una ciocca di capelli a lato del viso –allora dici che devo prendere uno di quei quaderni infiniti per marcarmi tutto?-
-Se credi che possa bastare.- alzai le spalle sorridendo.
Era sceso quel lieve imbarazzo come la volta della libreria, anche se non era poi così terribile per me.
-Allora… posso andare sapendo che non attenterai ulteriormente alla tua vita?- chiesi timidamente, anche se ora qualcosa mi stava pregando di fermarmi li con lei.
-Non preoccuparti, nel caso dovessi sentire qualche rumore molesto con tutta probabilità sarò inciampata nella lampada da lettura. Nulla di grave, insomma.- rispose lei con noncuranza.
-Povera lampada.- mi uscì spontaneamente.
Ridacchiò lanciandomi una finta occhiataccia.
-Non dovevi andare a dormire, Astor?-
-Agli ordini.- alzai le mani in segno di resa e facendo un passo indietro nel corridoio –Ricordati di chiudere a chiave.-
-Questa te l’ha detta Pam, ci potrei giurare.- disse mentre iniziava a socchiudere la porta.
Sghignazzai come per conferma iniziando ad incamminarmi verso il mio appartamento.
D’un tratto mi fermai, voltandomi un’ultima volta.
-Ehi- la richiamai non capendo nemmeno io quello che il mio stupido cervello mi stava facendo dire –dammi un cenno di vita se domani mattina va tutto bene, ok?-
-Ah… ok.- rispose lei fissandomi con aria un po’ disorientata attraverso lo spiraglio ancora aperto.
-E per la cronaca, questo non mi ha detto di dirlo Pam.- precisai.
Lei sorrise scuotendo leggermente la testa.
-‘Notte, Ryan.-
-‘Notte, Jane.-
Mi voltai fingendo di andare verso il mio appartamento mentre lei chiudeva anche l’ultimo spiraglio, e rimasi fermo ancora qualche istante nel corridoio, in ascolto.
Infine sentii lo scatto metallico della serratura che si chiudeva a doppia mandata, e solo allora proseguii verso casa con un mezzo sorrisetto da ebete stampato in faccia.
 
Il giorno dopo, quando in tarda mattinata mi presi una pausa caffè a lavoro, controllai il cellulare trovando un messaggio di Jane.
Mi aveva mandato una gif del conte Dracula che si risvegliava dalla bara.
Rimasi a fissare lo schermo ridendo da solo come un cretino.
 
“Non era esattamente il cenno di vita che intendevo, ma mi accontento ahahahah”
 
“No comment dal comunicato stampa.”
 
“Aspirina?”
 
“Le ho finite.”
 
Mi salì un mezzo ghigno soddisfatto.
 
“Controlla fuori dalla porta.”
 
Prima di uscire di casa avevo deciso di lasciare appeso alla sua maniglia un piccolo sacchettino con un paio di aspirine, giusto per farla ridere, anche se forse ora il mio gesto stupido poteva essersi trasformato in qualcosa di utile.
 
“Mioddio, sposami!”
 
Doveva averle decisamente trovate.
Inutile dirlo, non mi smentii neanche stavolta, per quanto fosse palese l’ironia in quel messaggio, arrossii fino alla punta dei capelli sperando che Mark non entrasse nella sala pause in quel momento.




E siamo giunti alla fine anche stavolta, per i temerari che ci sono arrivati XD
Dite che Ryan ce la farà a sopravvivere in quella giungla di disagio, ora che ha visto una "normale" serata tra vicini di casa? Insomma, una cosetta da niente u.u 
Come sempre ringrazio tutte le buone anime che si sono fermate a leggere questa ff e come sempre sono a completa disposizione per domande e opinioni di tutti i tipi ^^
Ci vediamo spero il più presto possibile >__<
Raven :3 
 
  
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