Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: afep    01/05/2017    7 recensioni
Sposto il peso da una gamba all'altra e tiro il fiato.
Sapevo che un giorno o l'altro sarebbe accaduto.
Coraggio, Azzone. Affrontare tuo padre non è certo più impegnativo che affrontare una battaglia, e tu da quella prova ci sei già passato.
E poi, sono le azioni a fare un uomo.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Anno Domini 1326
Monza, Fortezza di Galeazzo Visconti

 

 

Sono le azioni a fare un uomo.
Questa è la più grande lezione che ho appreso, sin dalla mia prima infanzia.
“Raggiro! Abominio!”
L'urlo rimbomba nella sala del nostro castello. Se solo queste pietre sapessero tremare, di certo lo farebbero sentendo l'ira nella voce di mio padre. Fu lui in persona a sovrintendete alla costruzione di questo maniero; come me, è cresciuto sotto la sua mano1.
“Questa è una disgrazia. Una vergogna!”
Sposto il peso da una gamba all'altra e tiro il fiato.
Sapevo che un giorno o l'altro sarebbe accaduto.
Coraggio, Azzone. Affrontare tuo padre2 non è certo più impegnativo che affrontare una battaglia, e tu da quella prova ci sei già passato.
E poi, sono le azioni a fare un uomo.
“Per quanto tempo intendevate tenermelo ancora nascosto? Per quanto tempo dovevo. Essere . Ancora. Lo zimbello. Della. Famiglia?”
L'ultima parola me la urla quasi in faccia. Siamo alti uguali, per cui non gli è affatto difficile.
“Non era nostra intenzione...” Comincio, ma il suo ruggito mi interrompe a metà.
“Taci. Taci, tu, abominio! Beatrice!” Sbraita, chiamando mia madre. “Beatrice!”3
Sento uno scalpiccio dietro la porta. Chiunque stesse origliando deve essere corso a chiamarla, ma di certo lei avrà già sentito le nostre urla. Spero che prenda tempo, prima di rispondere al richiamo di mio padre.
“Non è necessario interpellarla.” Esclamo con durezza. Porto d'istinto una mano alla cintola, dove solitamente porto la spada, ma sento solo il manico di cuoio secco del mio coltello. Avrei preferito una lama più grande. “Questa è una questione tra voi e me. Non coinvolgete le donne e parlatemi da uomo a uomo.”
“Uomo?” Ripete mio padre, stringendo i denti così forte che sento lo scricchiolio della mascella. “Uomo? Tu non sei un uomo!”
Ecco, lo ha detto.
Io lo guardo. Lui mi guarda.
Nella sala cade un improvviso silenzio. Di colpo sono consapevole della stoffa ruvida del farsetto che graffia le mie mani screpolate, dello scoppiettio della legna nel camino, del nostro respiro pesante. L'aria è fredda, densa come se la fitta nebbia all'esterno avesse invaso anche l'interno del castello.
Tu non sei un uomo.
Anche quella volta faceva freddo. Per un istante rivivo quei momenti che credevo di aver dimenticato, ormai molti anni fa : il gioco, la corsa, e poi la caduta. Con un brivido sento ancora lo schiocco secco dell'osso che si spezza, l'urlo della fantesca e poi, straziante, quello di mia madre.
Tu non sei un uomo.
Se mi concentro sento ancora sotto le dita il rilievo dell'incisione sul sarcofago. Violantes De Galeacius Vicecomes: Violante di Galeazzo Visconti.
Solo che non riposa alcuna Violante, sotto quel coperchio di pietra. O per meglio dire, non vi riposa alcuna fanciulla.
I vostri figli gemelli, i vostri primogeniti, sono sempre stati un'anima in due corpi, padre.
Noi, Azzone e Violante, eravamo la stessa cosa, la stessa sostanza. E quando ho visto la luce svanire dagli occhi dell'altra parte di me, sono tornato ad essere un'anima intera.
Un corpo è solo un corpo, e due bambini identici sono facilmente confondibili.
E poi, un'altra femmina non vi serviva. Voi avevate bisogno di avere accanto un figlio maschio.
“Io sono un uomo.” Ribadisco lentamente. “Sono cresciuto come voi e come tutti i miei cugini. Ho combattuto con voi, e per voi e la nostra famiglia. E' grazie a me se avete tenuto il palazzo di Ferrara, e se ora abbiamo riottenuto Milano. Sono le azioni a fare un uomo, e non...” Tremo, incapace di proseguire. Io sono un uomo. L'avere gli attributi di una femmina è solo uno sfortunato dettaglio.
“Tu...” Riprende mio padre. Solleva una mano e mi punta contro un dito. Non l'ho mai visto tanto adirato e deluso. “Tu non sei mio figlio... figlia...” boccheggia, cercando di trovare un termine adatto, ed alla fine mi rivolge un gesto d'offesa. “Al diavolo!” impreca, tirando un calcio ad uno sgabello di legno che ha osato mettersi sul suo cammino.
“Pensate ciò che volete.” Gli dico, restando fermo sul mio posto anche quando lo sgabello mi colpisce sugli stinchi. “Ma io so quel che sono, così come lo sapete voi.”
L'occhiata che mi lancia potrebbe incenerire un intero granaio, ma un urlo che giunge dall'esterno mi risparmia dalle sue ire.
“Galeazzo! Azzone!”
La porta si spalanca, ed il fratello di mio padre fa irruzione nella sala. Porta già una cotta di maglia sopra la giubba di cuoio, e si sta allacciando in vita la cintura con la vecchia spada di metallo annerito dall'uso.
“Un attacco dei Torriani4. Alla Comacina5.” Ci annuncia, con un sorriso terribile sul suo vecchio volto scalfito dalle battaglie. La nostra famiglia è da generazioni in armi coi Della Torre per la supremazia su Milano. Sapevo che avrebbero cercato di riprenderci la città con la forza, un giorno, ma non immaginavo ne attaccassero una delle porte principali.
“Quei cani dovranno passare sul mio corpo!” Esclama mio padre con veemenza. Ora che ha trovato modo di sfogare la sua rabbia su qualcuno, mi sento già più sollevato. “Marco, fa preparare gli uomini e i cavalli. E chiama Luchino, che si spicci. E tu, Azzone...” Il suo sguardo si posa su di me, e lo vedo incerto. Riesco quasi a sentire le domande che si accavallano nella sua mente: è giusto che venga con noi? Debbo ancora chiamarlo Azzone, o è forse più corretto Violante? Che me ne faccio ora di questo figlio che è donna sotto i calzoni?
“Azzone viene con me.” Si intromette mio zio Marco6, battendomi una mano sulla spalla. “Gliela faremo vedere, a quegli sporchi baciapile. Gliela faremo vedere!”
“Gliela faremo vedere.” Ripeto baldanzoso, affrettandomi a fare un inchino a mio padre e correre verso le stalle.
E' solo a metà strada che incrocio mia madre, che lentamente e con estrema calma incede lungo i corridoi, rispondendo al richiamo del suo signore e sposo.
“Non uscite da Monza.” Le ingiungo rapido mentre la sorpasso. Mia sorella minore, Ricciarda, è con lei, ed io ne approfitto per arruffarle al volo i capelli sotto al velo. “Restate al castello!”
“Dio sia con te, fratello!” Mi grida dietro Ricciardina mentre corro via, ed io sorrido.
Lascio che il ricordo della bambina che ero svanisca di nuovo nei meandri dei ricordi, mentre l'uomo che sono torna baldanzosamente allo scoperto.
Io sono Azzone Visconti, primogenito ed erede di Galeazzo di Milano, Reggente di Piacenza.
Ed oggi mostrerò a quei subdoli Torriani cosa significa cercare di attaccare la nostra città.

 

 

  1. Il Castello di Monza. Galeazzo I Visconti assistette personalmente agli scavi di fondazione, che procedevano senza un vero e proprio disegno, ma adattandosi di volta in volta al terreno; ad oggi della fortezza restano solo alcune parti di fondamenta, ed al suo posto si erige invece il Palazzo della Rinascente.^

  2. Galeazzo I, Signore di Milano e Piacenza e Vicario Imperiale. Azzone fu il suo primogenito ed erede.^

  3. Beatrice d'Este, che sposò Galeazzo in seconde nozze dopo quattro anni di vedovanza. Più anziana del secondo marito di quasi dieci anni, lo scelse per profitto e lo seguì in esilio quando i Visconti di Milano furono allontanati dalla città. Fu Giudicessa consorte di Gallura in Sardegna, Signora consorte di Milano e Reggente di Piacenza.^

  4. La famiglia dei Della Torre, anche detti Torriani, fu a lungo in lizza con i Visconti per la supremazia su Milano e ne possedette la Signoria, prima di venire del tutto estromessa.^

  5. Porta Comasina o Comacina. Una delle Porte di Milano.^

  6. Marco I Visconti, Signore di Lucca e di Rosate, fu uno dei fratelli di Galeazzo I. A seguito di un tradimento ai danni del fratello Galeazzo, nel 1329 fu strangolato a morte dal nipote Azzone e gettato da una finestra.^

 

 

Per primissima cosa, vi ringrazio per essere arrivati fino in fondo. Spero che questo mio piccolo scorcio nella Lombardia del '300 vi sia piaciuto.
Come già segnalato nelle note della storia, questa one-shot è una What-if, che si discosta un poco dalla realtà storica: Galeazzo I Visconti non ha mai avuto una figlia di nome Violante né figli gemelli, e l'identità femminile di Azzone è puramente inventata, così come l'attacco alla Porta Comasina che ho inserito alla fine come pretesto per "smuovere" i miei personaggi.
Il reale Azzone I fu un condottiero ed un mecenate delle arti, e succedette al padre come Signore di Milano. Fu lui a riunire attorno a Milano tutte le città lombarde, ricostruì Lecco, e governò per qualche tempo affiancato agli zii Luchino I e Giovanni Arcivescovo; vittima di complotti da parte dello zio Lodrisio e di altri principi cittadini, imprigionò il primo nella prigione di San Colombano al Lambro dopo aver rinchiuso i secondi nei Forni del Castello di Monza. Strangolò lo zio Marco, a sua volta parte di un complotto ai danni del padre, forse con l'aiuto di Luchino, e ne gettò il cadavere da una finestra. Morì infine di gotta nel 1339, a soli trentasette anni, senza lasciare eredi.
Il titolo della storia è una citazione alla raccolta redatta da Maria Bellonci “Tu, vipera gentile”, che prende a sua volta in prestito la prima strofa di una composizione dedicata alla famiglia dei Visconti al tempo della signoria.
Mi scuso per le dovute note storiche (purtroppo erano dettagli o curiosità necessari per inquadrare i personaggi) e vi ringrazio ancora moltissimo per l'attenzione.

A presto!

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: afep