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Autore: heartbreakerz    01/05/2017    1 recensioni
[ Catarina/Ragnor & Magnus, missing moment. ]
Possibile spoiler per le Cronache di Magnus Bane.
Dal testo: “La porta della stanza era socchiusa, e grazie ad un piccolo spiraglio di luce Magnus riuscì a vedere le forme di due corpi, uno voltato su un fianco e l’altro steso con la pancia all’insù; uno verde e l’altro blu. La mano di Catarina era tesa verso quella di Ragnor, e le punte delle loro dita si sfioravano come carezze spezzate.
  Il solito, pensò Magnus.
  Catarina e Ragnor erano abbastanza vicini da fargli credere che si fossero addormentati sussurrando. I loro corpi si erano cercati nel sonno, ma anche nel sonno non si erano mai uniti.”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Catarina Loss, Magnus Bane, Ragnor Fell
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Qualche mese fa ho scritto questo piccolo flashback per un GDR in cui interpreto Magnus. Ieri, nel sistemare un po' il profilo, l'ho ritrovato e ho pensato che, nonostante tutto, fosse uno scritto abbastanza curato e completo.  Quindi ho pensato di pubblicarlo!

E' solo un mio piccolo headcanon sul passato di Magnus, sull'idea che ha lui della famiglia, e sul legame che ha con Ragnor e Catarina. Spero che piaccia anche a voi, tanto quanto a me è piaciuto scriverlo!

DISCLAIMER: Tutti i personaggi e le ambientazioni contenuti all’interno di questa storia non mi appartengono. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e non intende infrangere il copyright dell’autore originale.


What really happened after Perù

  Ci vollero tre ore perché Magnus si riprendesse dal trauma dei porcellini d’india; un altro paio per poter calmare il voltastomaco, e poi una misera ora di riposo. Sentiva le lenzuola sporche attaccarsi alla pelle sudata, ogni movimento accompagnato da un fastidioso fruscio: l’unico rumore in tutta la casa.

   Lanciando un’occhiata fuori, Magnus notò che il sole stava calando, seppellito dai raggi più scuri e cupi della luna. Una vista malinconica, una proiezione dei suoi stessi sentimenti: era la conferma che la sua storia con Imasu era ufficialmente finita. Con il botto, avrebbe aggiunto, a quanto Catarina, con la meticolosità di un medico, gli aveva raccontato.

  Il che gli faceva pensare: dov’era finita Catarina? Aveva sentito le sue mani su di sé, delicate e attente, fino a qualche ora prima, quando Magnus s’era svegliato in preda ad un incubo vuoto. Al suo risveglio, abbastanza teatrale da attirare l’attenzione di Ragnor, l’aveva già dimenticato. Ma non aveva dimenticato l’espressione stanca di Catarina, i suoi occhi corrucciati in una smorfia d’ammonimento, il sorriso allegramente sadico di una donna che aveva avuto la sua vendetta.

  A ripensarci, Magnus s’imbronciò.

  Lasciò scivolare lo sguardo ancora più lontano da sé, verso la porta socchiusa della stanza, e affilò l’udito alla ricerca di qualche mormorio. Ma la voce pettegola di Ragnor non si sentiva.

  Allora Magnus si sollevò. Le tempie gli pulsavano e la sua gola raschiava ad ogni respiro. Intravide il suo riflesso contro la pancia di una brocca in vetro: i suoi capelli, sudati, gli stavano appiccicati alla fronte, così come i vestiti gli aderivano al corpo scarno. Il suo viso era pallido, gli occhi pesanti e infossati, le guance gonfie, le labbra screpolate. Se si fosse accorto prima di essere in condizioni tanto orribili, non avrebbe nemmeno finto di star per morire.

  Era ovvio che stesse per morire.

  E allora, se quella era la sua ultima notte, non voleva passarla da solo. Così s’inoltrò in quella casa sconosciuta, che mai aveva visto prima, e zampettò verso l’unica altra stanza presente, mantenendosi in piedi con l’aiuto di una mano poggiata al muro. La porta della stanza era socchiusa, e grazie ad un piccolo spiraglio di luce Magnus riuscì a vedere le forme di due corpi, uno voltato su un fianco e l’altro steso con la pancia all’insù; uno verde e l’altro blu. La mano di Catarina era tesa verso quella di Ragnor, e le punte delle loro dita si sfioravano come carezze spezzate.

  Il solito, pensò Magnus.

  Catarina e Ragnor erano abbastanza vicini da fargli credere che si fossero addormentati sussurrando. I loro corpi si erano cercati nel sonno, ma anche nel sonno non si erano mai uniti.

  Magnus restò a studiarli per un momento. Il buio della notte creava ombre scure sul viso di Ragnor; lo facevano sembrare più vecchio, più stanco, come un padre di famiglia tornato a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Sulle labbra di Catarina, invece, c’era ancora l’ombra di un sorriso – un sorriso privato, riservato solo a poche persone.

  Si arrampicò sul letto, Magnus, e s’infilò tra loro due. La schiena contro il petto ampio di Ragnor, un braccio poggiato blandamente contro il fianco snello di Catarina. Si sporse e le baciò la fronte sudata.

  Solo allora si sentì a casa.

  Non ne aveva mai avuta una, Magnus. Non davvero. Si era sempre sentito solo e fuori dal mondo. Nei momenti peggiori, aveva pensato di non meritarsi nemmeno una famiglia. Erano stati Catarina e Ragnor a fargli cambiare idea. Ragnor con il suo affetto scontroso e malcelato; Catarina con la sua pazienza esagerata. L’avevano cullato persino la notte prima, quando girarsi e lasciarlo solo per i cieli del Perù sarebbe stato più facile per tutti. Meno divertente, ma sicuramente più facile.

  Chiuse gli occhi, Magnus. Tra i corpi degli altri due, si sentiva protetto e al sicuro. Così si permise di abbassare la guardia. E pianse di nascosto: per la perdita di Imasu, sì, ma soprattutto per quel calore al petto: la consapevolezza di essere finalmente amato.

  Quando la mattina dopo aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il viso di Ragnor e subito sentì l’istinto di vomitare. Si rovesciò giù dal letto, per metà poggiato sul corpo di Ragnor, e svuotò sul pavimento quel poco che gli era rimasto nello stomaco.

  Però non era morto, per cui Ragnor poteva solo rallegrarsene.

   
 
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