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Autore: xRosaspina    01/05/2017    1 recensioni
L'eccentrico Izana ha con se dei misteriosi oggetti rubati al vecchio Hubba e, secondo lui, la soluzione definitiva alla tremenda guerra che sta lacerando Nohr e Hoshido. L'aiuto che cerca però, si mostra in maniera tremendamente inaspettata.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un incanto rubato

La nottata scorreva serena al palazzo di Izumo e una guardia se ne stava seduta stancamente sul suo sgabello, stropicciandosi gli occhi assonnati. Sicuramente, era un luogo confortevole in cui…beh, fare la guardia.  Pur nel bel mezzo di una guerra sanguinosa, il pacifico regno di Izumo si era nuovamente dichiarato neutrale, per cui chiunque fosse di ronda poteva permettersi tranquillamente di stiracchiarsi o di fermarsi ad ammirare il panorama rigoglioso che si stagliava a perdita d’occhio al di fuori del palazzo. L’ambiente era caldo, confortevole e sontuoso: perfino nel corridoio secondario in cui si trovava il guardiano, le pareti erano adornate da grandi finestre finemente coperte da eleganti drappi perlati, i pavimenti marmorei da tappeti morbidi minuziosamente ricamati e la tiepida luce delle candele riscaldava l’ambiente, facendo danzare le flebili ombre proiettate dal mobilio.
Proprio mentre stavano per chiuderglisi gli occhi, un rumore sinistro proveniente da dietro una tenda attirò l’attenzione della guardia,  che subito saltò sull’attenti stringendosi la lancia al petto.
Prima che potesse pensare di essersi semplicemente immaginato tutto, un vento freddo riempì la stanza spengendo le candele, accompagnato da stridii, ticchettii e da un mugugnio acuto. La guardia deglutì a fatica e con passo tremante si avvicinò alla tenda, che intanto aveva iniziato ad agitarsi come dotata di vita propria, gonfiandosi delle forme più strane ed emettendo uno stranissimo bagliore colorato.
Nella sua testa, il nostro eroe stava già dicendo le sue ultime preghiere. Quello era sen’altro un demone, un mostro, un senza faccia O PEGGIO un fuggitivo Hoshidese o Nohriano!
Raccogliendo ogni ultima goccia di coraggio che gli era rimasta in corpo la guardia si tirò su e, pensando ai gloriosi poemi epici che avrebbero decantato il suo nobile sacrificio, fece un passo avanti e levò la lancia, deciso ad affondarla ben bene in qualsiasi cosa si agitasse tanto dietro a quella tenda.
Se non che…STRAAAAP! Mentre stava per abbassare il fendente la tenda si strappò da un lato rivelando un uomo di mezza statura che, portando in braccio una montagna di strane sfere luminescenti, inciampò nel bel mezzo del corridoio buio.
- “ TAC! Ecco fatto, senza mani ragazzi. Che eleganza! Che stile! Si vede proprio che sono l’arciduca ohoh. E senza che nemmeno una di quelle guardie se ne accorgesse, che tonni.”
- “ A-a….Arciduca Izana? S-state bene signore?” disse la guardia che intanto aveva sperimentato una serie di colpi al cuore non indifferenti.
L’uomo si voltò in maniera ingessata, con l’espressione di un bambino che è stato colto in flagrante con la mano nel vaso dei biscotti. I due si fissarono per qualche secondo, finchè il duca non si ricompose con una fragorosa risata:
- “AHAHAHA! Allora vecchio mio! Come va la serata? La famiglia? Bene eh, mi fa piacere.”
La guardia continuò a fissarlo inebettito, non sapendo se stupirsi di più per l’entrata rocambolesca dalla finestra, per la montagna di sfere luminescenti dall’aspetto pericoloso che l’uomo teneva in braccio come se nulla fosse o per la nonchalance con cui lui gli si stava rivolgendo.
-“Ohhh ma insomma mi spieghi cosa hai da guardare? Sono solo le nuove luci stroboscopiche per l’apericena di domani, levati quell’espressione da cernia dalla faccia, per piacere! Che direbbe il tuo capo se ti trovasse in questo stato confusionale? Ah già, il capo sono io. Vabè, pazienza, poco importa dai, io vado! Ci vediamo, cia’ cia’ tesoro, tanti saluti!”
E con questo, il duca corse barcollando fuori dalla stanza, lasciandosi alle spalle la guardia sempre più sconvolta che intanto iniziava a pensare che forse unirsi alla prima linea in battaglia non sarebbe stata un’idea così malvagia.

Tempo di un battito di ciglia ed  Izana era già arrivato nella sua stanza.
 -“ Ihihih gliel’ho proprio fatta a quel mammalucco! Non so se sono io ad essere troppo intelligente o se dovrei davvero pensare di licenziare la sicurezza” disse, sghignazzando tra se e se.
Si avvicinò al letto a balzelloni e, senza nemmeno troppa cura, rovesciò tutto il contenuto delle sue braccia sul letto, per osservare attentamente il suo bottino: quattro sfere luminescenti perfettamente levigate giacevano delicatamente sulla coperta, proiettando delle pallide ombre colorate per la stanza. Il duca si appoggiò sul morbido copriletto e avvicinò il viso a uno dei misteriosi oggetti, fissandone intensamente l’interno. Era facile perdersi ad ammirarne la bellezza, pensò. Alla fine, osservare il cuore di quelle sfere era come immergersi in un cielo stellato e scintillante, sempre in movimento e sempre cangiante. 
Cercando di riscuotersi da quel momento di romanticismo non necessario, staccò gli occhi dalla sfera tentando di non farsi ipnotizzare da i punti luminosi simili a stelle pulsanti al suo interno.
Dopotutto, bisogna ammettere che non c’era davvero tempo per smancerie sentimentali, ma cosa più importante, c’è da dire che non c’era proprio tempo in generale.
Izana si tirò un paio di buffetti sulle guance e  tirò fuori un gran sorriso.  Per l’ennesima volta, ci avrebbe pensato lui, il divino, a risolvere la situazione! Altro che Nohriani e Hoshidesi, quelli hanno il ghiaino in testa; sanno solo darsi la colpa a vicenda, urlare e darsele di santa ragione. Lui era di una pasta diversa invece, eh si, lui aveva un cervello e soprattutto tanta iniziativa. Rincuorato da questi pensieri saltò in piedi e, con una posa drammatica, tirò fuori un foglietto sgualcito dalla sua manica e lo mise ben in alto per osservarlo in controluce.
-“ahaha, spero proprio che il vecchio Hubba non mi cancelli dalla sua lista amici per questo, ma con le buone non voleva proprio collaborare!” borbottò tra se e se, iniziando a fare spazio nella stanza. In effetti, rubacchiare non era proprio un comportamento cool degno del grande Izana, però la convinzione di poter porre fine alla guerra con quel rito aveva avuto la meglio su qualsiasi evitabile scrupolo morale.
Solo il vecchio Hubba infatti aveva gli strumenti e l’incantesimo necessari ad evocare coloro che avrebbero posto fine alla guerra senza esitare e senza mietere ulteriori vittime innocenti: I grandi eroi leggendari.
Quattro tra loro sarebbero stati evocati grazie al potere delle sfere divine, quattro campioni che con la loro profonda saggezza e immenso coraggio, avrebbero ristabilito l’ordine e la pace tra i due regni in conflitto.
Ephraim,Marth, Ike,Lyn…il duca non stava davvero più nella pelle dalla curiosità di scoprire quale illustre si sarebbe presentato proprio nel suo castello! Sicuramente la prima cosa da fare sarebbe stata organizzare un bel party di benvenuto, ma viste le tempistiche un po’ strettine si costrinse semplicemente a concentrarsi sul rito. Fatto spazio al centro della stanza prese le quattro sfere e, inginocchiandosi, le dispose a semicerchio davanti a lui seguendo l’ordine segnato sulla pergamena: blu, verde, bianco e rosso.
Fremendo di emozione, fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. Il rito poteva avere inizio.

Un ombra calò sulla stanza, i mobili tremarono, e il vento iniziò a fischiare irrequieto  quando l’arciduca iniziò a passare le mani sulle sfere, snocciolando formule magiche sottovoce. Una tenue ,magica luce violacea lo avvolse, mentre il bagliore delle sfere si fece sempre più forte, così tanto da diventare una vera e propria pulsazione accecante. Stringendo i denti, Izana srotolò la pergamena che aveva in mano e, cercando di contrastare il forte vento che la sbatteva di qua e di la come una foglia secca, iniziò la vera evocazione, enunciando con voce ferma le scritte arcane riportate sul rotolo antico. Più parlava più la luce si intensificava, più il vento soffiava e più il tremore si faceva devastante, iniziando addirittura a scuotere le pareti di legno. Il duca lottava contro tutti gli elementi che gli erano avversi e parola per parola si avvicinava alla conclusione, seppur con gli occhi abbagliati e lacrimanti e la fronte imperlata di sudore.
Dopo i pochi secondi ,che al duca parvero letteralmente anni di fatica, riuscì ad enunciare l’ultima parola magica. Non ebbe il tempo di riprendere fiato che una forte onda d’urto lo fece cadere a gambe in su, mentre quattro colonne di luce colorata si proiettarono dalla sua stanza su in alto, per poi sparire nel cielo notturno. Ancora accecato e con un fischio assordante nell’orecchio, Izana cercò di rotolare in una posizione non disdicevole, aggiustandosi freneticamente i capelli, terrorizzato che i grandi eroi lo cogliessero proprio in quel momento d’indisposizione. Piano piano la sua vista si schiarì e….puff. Niente. Un bel nulla. Nada.
Nella sua stanza non si trovava alcun guerriero leggendario, ne tantomeno una leggiadra e saggia maga. Quel che rimaneva del miracoloso rito di Hubba erano soltanto quattro sfere di vetro normalissime e ormai spente.
Il duca rimase interdetto per qualche secondo, fissando con gli occhi sgranati gli ormai inutili pezzi di vetro che gli si presentavano davanti, immersi nel caos che era diventata la sua sontuosa camera da letto.
Preso da un’attacco di isteria, si tirò i capelli e con un gridolino acuto tirò un calcio alla sfera più vicina, facendosi malissimo al piede. Saltellando su una gamba sola come una fenicottero sotto eletroshock, lzana si gettò alla finestra e urlò senza posa nella notte.
-“QUESTA ME LA PAGHI VECCHIACCIO CHE NON SEI ALTRO! Mi hai sentito?? ti paiono scherzi divertenti?? Considerati bandito per sempre dalla mia guest list, Hubba!!! E comunque 2 su 10 questo rito FA SCHIFO e soprattutto NON FUNZIONA!”
Deluso e sconfitto, il duca si gettò faccia in giù sul letto, incurante del disordine circostante, ponderando su quale maledizione fosse più adatta per punire il vecchietto di quel rito inconcludente
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