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Autore: belle_delamb    02/05/2017    3 recensioni
Ecco una raccolta di storie su quanto possa essere oscuro l’amore, soprattutto se interviene la magia. Fate innamorate di mortali, ragazze tanto gelose da uccidere, scienziati desiderosi di creare la moglie perfetta, antiche maledizioni, uomini dei sogni oppure usciti da un qualche libro e tanto altro.
Partecipa al Challenge: Mal d’amore challenge
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non avevo mai visto creatura più bella di lei. La incontrai per la prima volta in un soleggiato pomeriggio del febbraio del 1923 in un caffè di Parigi, i bei boccoli biondi sciolti sulle spalle, lo sguardo azzurro che pareva brillare più di un diamante, le maniere da gran dama. Me ne innamorai all’istante. All’epoca ero uno squattrinato pittore, figlio di nobili, allontanato dalla famiglia per le mie idee troppo lontane dall’aristocrazia. Passavo il tempo girando per le strade e incontrando amici con le mie stesse idee, persone romantiche che volevano ritornare ai tempi passati, quelli in cui si dava più importanza ai sentimenti che alla ragione. Fu proprio mentre aspettavo uno di questi miei conoscenti che la vidi. Oh, all’epoca non avrei potuto essere più felice. Mi alzai dal mio posto e mi presentai con un profondo inchino.
-Scusate, ma non ho mai visto donna più bella, posso farvi un ritratto?-
E lei, dopo il primo conveniente rifiuto, accettò. Scoprii così che si chiamava Chantal de Beauvoir ed era figlia di un ricco uomo d’affari che ora lavorava in Inghilterra ma che era d’origine francese.
-Discendiamo dalla monarchia- mi confidò –ma non ditelo troppo forte, i regnanti qui non sono molto apprezzati-
E io promisi. Quel giorno stesso, al nostro primo incontro, tentai di strapparle un bacio che lei mi rifiutò.
-Le signore non baciano al primo incontro- si difese.
-E al secondo?-
Lei scoppiò a ridere e scosse la testa. -Questo è un no-
-Sono stata educata seriamente-
Questo mi piacque. –Mi permettete però di farvi un ritratto in casa mia?-
-Solo se mi promettete che non allungherete le mani su di me-
E io promisi, certo che l’avrei convinta a cedere.

Nei giorni seguenti Chantal venne più volte nella mia umile dimora. La convinsi, dopo diversi tentativi, a posare nuda, solo un nastro rosso intorno al bel collo da cigno, simbolo di ciò che avevano dovuto patire i suoi antenati [1].
-Siete incantevole-
-Dipingete e guardate un po’ meno il mio corpo-
E ubbidii di buon grado, perdendomi nel suo corpo bianco e perfetto. Sotto le mie mani il ritratto stava prendendo forma e non ne avevo mai fatto uno più somigliante. Fu proprio in quei giorni che iniziai a soffrire di quelle tremende emicranie che non mi avrebbero più lasciato. Mi succedeva spesso dopo i nostri incontri e a volte non mi permettevano di dormire.
-Quella ragazza non ti fa bene- mi disse una volta Philippe, il mio migliore amico –continua così e ti porterà nella tomba-
-Pensa un po’ per te, stai dimagrendo-
Lui scoppiò a ridere. –Dimagrisco per amore, caro mio, la mia bella non può competere nemmeno lontanamente con la tua-
-Questo è tutto da vedere- dissi io, offeso da quell’affermazione –presentamela-
-Mai e poi mai … sto finendo il suo ritratto, quando l’avrò terminato potrai dire che ho ragione-
-Ne dubito fortemente-
-Vedrai, vedrai-
Quella fu l’ultima volta che vidi Philippe. Alcuni giorni dopo, non avendolo più incontrato nei nostri soliti luoghi, andai a trovarlo a casa sua certo che fosse troppo preso dalla sua innamorata per ricordarsi degli amici. Mi aprì la porta una fanciulla in lacrime. Ci misi diversi minuti a calmarla e alla fine riuscii a capire che era la sorella del mio amico e che questo era stato trovato morto in camera sua quella mattina.
-Stava male da giorni- si lamentò la ragazza scossa dai singhiozzi.
-Mi dispiace- mormorai, imbarazzato.
-Era sempre stato così in salute-
Restai in silenzio, non riuscendo ad accettare quell’idea: Philippe non poteva essere morto, era assurdo. –Posso vederlo?- chiesi, certo che se non l’avessi visto non ci avrei mai creduto e che avrei pensato per tutto il resto della mia vita che fosse semplicemente uno scherzo e che lui si trovasse in America con la sua amata, intento a ridere della mia credulità.
-Certo- disse la sorella e mi fece segno d’entrare.
Arrivato di sopra potei accertarmi che si trattava proprio di Philippe. Ed era identico all’ultima volta che l’avevo visto, solo un po’ più pallido. Mi ritrovai a mormorare una preghiera, anche se era ormai molto tempo che non lo facevo più.
-Si terrà una mostra la prossima settimana- disse la sorella singhiozzando –si metteranno in mostra i suoi quadri, se volete venire-
-Certo, questo è il minimo che gli devo- mormorai, osservando il mio amico morto. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui, era come se fosse impossibile guardare altrove con lui lì. Pensai ai pomeriggi passati a discutere insieme, ai suoi viaggi oltreoceano, alle donne che si erano susseguite nella sua breve vita e di cui mi aveva parlato, fino all’ultimo, quella dama misteriosa che lo aveva stregato.

Quella sera mandai un biglietto a Chantal perché c’incontrassimo in un bar. Avevo bisogno di bere qualcosa di forte e soprattutto di qualcuno con cui parlare, con cui confidarmi.
-Era un tuo caro amico?- mi chiese.
-Il più caro-
-Mi dispiace molto- disse lei, allungando una mano e accarezzandomi il viso con immensa tenerezza.
-È stato lui ad insegnarmi quello che so sulla pittura- continuai.
-Muore giovane colui che al cielo è caro- disse lei.
-Menandro- mormorai, riconoscendo il verso del poeta greco.
-Esatto- sorrise, un sorriso che mi parve illuminare la sala fumosa.
-Non pensavo che ti piacessero i classici-
Lei rise, una risata simile al canto di un uccello, che invase l’ambiente come una melodia. Scosse leggermente la testa e i suoi capelli si aprirono come un ventaglio ricadendole sulle spalle delicate. Era splendente. –Ci sono tante cose che non sai di me- disse con una certa tristezza nella voce.
-Scoprirò tutto-
-Ne dubito, nessuno c’è mai riuscito-
-Vuol dire che gli altri non erano bravi come me-
Lei si limitò a scuotere la testa. –Forse-
-Solo forse?- sorrisi, cercando di sembrare affascinante.
Lei si limitò a stringersi nelle spalle, senza aggiungere una sola parola sull’argomento. Cambiammo discorso e ci perdemmo in divagazioni sulla notte e sulla sua immensa bellezza.

Tornai a casa tardi e afflitto da una terribile emicrania che mi tenne a letto tutto il giorno seguente. Il mio sonno fu disturbato da incubi, strane creature che spuntavano dal nulla e che cercavano di trascinarmi via con sé, lontano dalla mia bella Chantal. Vidi una delle figure: aveva le fattezze di Philippe. Mi svegliai urlando e restai immobile al buio, cercando di rallentare il battito del cuore e di convincermi che era stato solo un sogno. Qualcosa mi diceva però che non si trattava solo di un incubo, ma che c’era qualcosa di molto peggio. Quando finalmente mi ripresi dal mio malessere mandai un biglietto a Chantal, dicendole che, sebbene la cosa mi spezzasse il cuore, non stavo abbastanza bene per vederla. La sua risposta arrivò quasi subito ed era composta soprattutto da consigli e incoraggiamenti. Sospirai e ispirai il suo profumo che impregnava la carta. Avrei davvero desiderato che in quel momento fosse al mio fianco. Per ora dovevo accontentarmi di quello.

Fortunatamente riuscii a riprendermi in tempo per visitare la mostra del mio caro amico, un modo per fargli capire quanto tenevo a lui ora che non potevo più dirglielo. Mi accolse la sorella, ricomposta. Impossibile dire che non assomigliasse al fratello, lo potevo ben vedere sotto la luce che filtrava dalle finestre. I suoi lineamenti erano solo leggermente più delicati di quelli del mio amico.
-Grazie per essere venuto- disse, poi si appese al mio braccio e mi trascinò in giro per la sala, indicando prima questo e poi quel quadro, raccontando la storia che stava dietro ad ognuno di loro –Philippe parlava molto spesso di voi, eravate il suo più caro amico, il fratello che non ha mai avuto-
Mi sentii tremendamente lusingato da quelle parole. Anche Philippe per me era stato molto importante, una famiglia quando mio padre mi aveva cacciato di casa non approvando la mia vita d’artista. E proprio in quel tragico momento mi aspettavo di vedere un’altra persona che a lui stava a cuore: la sua amata. Ma cercando lei incrociai uno sguardo familiare, solo che era dipinto su un quadro. Restai a bocca aperta.
-Quello è il suo ultimo quadro- mi spiegò la sorella quando capì a cosa mi riferivo. Il dipinto della bella, quindi, solo che quella sulla tela era Chantal, la mia Chantal. Non era possibile. Feci un passo in avanti, poi indietreggiai. Stessi lineamenti delicati, stessi folti capelli biondo, stesso sorriso, stessi occhi. Era lei, inutile negare. Se ne stava in ginocchio sul letto, il lenzuolo rosso che le lasciavano scoperto un seno, la finestra aperta dietro di lei. Ma cosa ci faceva nel quadro di Philippe? Ero certo che i due non si conoscessero, che non si fossero neppure mai visti. Forse era solo una donna che le assomigliava, una somiglianza incredibile, certo, ma questa era l’unica spiegazione possibile, a meno che … no, non potevo neppure pensare che lei mi avesse mentito. Inspirai a fondo e diedi le spalle al quadro, desiderando di non posarvi mai più sopra gli occhi. Improvvisamente mi era venuta la nausea.

Quando rividi Chantal le mie paure scomparvero. Come avrebbe potuto un’anima simile, così dolce, così delicata, così deliziosa, tradirmi? Non potevo neppure immaginarlo. Così ripresero i nostri incontri e continuai con il suo ritratto. Contemporaneamente il mio male peggiorò. Mi sentivo sempre più stanco e avevo dei violenti giramenti di testa. Fu in uno di quei giorni di euforia e malessere che ricevetti una lettera da Londra. Mio cugino James, figlio di una sorella di mio padre che era fuggita con un inglese, mi diceva di aver trovato un quadro che riteneva di un certo valore e mi chiedeva di raggiungerlo. Decisi così che un cambiamento d’aria mi avrebbe potuto aiutare anche se questo voleva dire lasciare Chantal per un periodo di tempo non meglio determinato. In realtà speravo anche di ricevere un incarico da un ricco amico di James, che io avevo avuto modo di conoscere in passato e che sapevo apprezzare le mie opere. Magari in quel modo sarei riuscito a mettere da parte un po’ di soldi e ad ottenere il permesso di sposarla. Il saluto a Chantal fu straziante. Lei si mise a piangere e mi pregò di non lasciarla. Io le promisi, anzi, le giurai che sarei tornato il prima possibile.

Il viaggio verso Londra fu tranquillo. Al mio arrivo trovai James ad aspettarmi. Non era cambiato molto dall’ultima volta in cui l’avevo visto parecchi anni prima. Soprattutto aveva mantenuto la stessa aria arrogante, come se lui fosse l’unico al mondo a conoscere qualsiasi cosa.
-Sei un po’ pallido, cugino- mi disse –sei forse malato?-
-Solo un po’ stanco-
-Troppe donne, vero? È il male di famiglia-
Quella frase m’infastidì. –In realtà solo una-
-Ti accontenti di una sola donna?-
-Lei è fantastica, una creatura di un altro mondo-
-Altro mondo? Addirittura? Nessuna donna si può definire così, caro cugino, non dopo che l’hai conosciuta bene almeno-
Mi sentii gelare e dovetti lottare con me stesso per non insultarlo. – Chantal è la donna migliore che sia mai esistita- sbottai.
-Come vuoi tu, cugino-
Mi morsicai la lingua per non proseguire.

La giornata trascorse tutto sommato in maniera piacevole. La villa dei miei zii era proprio come la ricordavo, enorme e riccamente arredata, come se al suo interno ci vivessero dei re. Non avevo mai visto tanto oro tutto assieme, nonostante anche mio padre avesse una predilezione per questo tipo di metallo. Nemmeno gli zii erano cambiati molto, lui il classico inglese, flemmatico e poco disposto a intrattenersi con me, lei una donna ormai sfiorita, triste e desiderosa di passare il tempo in solitudine per leggere e ricamare. Da parte loro ottenni poca attenzione e la cosa non mi dispiacque.
-Andiamo nel mio ufficio- disse James, dopo aver effettuato i soliti convenevoli che si legano alla cena. Lo seguii in un’enorme stanza con pavimento di marmo e un quadro di mio cugino a grandezza naturale che troneggiava sopra un camino decorato di pietre preziose. –Ti piace il mio modesto rifugio?-
-Molto bello-
-Non esagerare- esclamò, cercando di simulare disinteresse –ora veniamo al motivo della tua visita: il quadro-
-Sono proprio curioso-
-Vado a prenderlo- e sparì dietro un divisore.
Mi guardai in giro, osservando i vari tipi di whisky che si trovavano dietro una vetrinetta. Tutte quelle bottigliette dovevano valere una vera fortuna.
-Eccolo qua- esclamò James tornando con il quadro in mano –il fortunato … tutto a posto?-
No, nulla era a posto, perché il soggetto del quadro mi era molto familiare. Chantal, con i lunghi capelli mossi dal vento, stava immobile e nuda su una scogliera, le braccia aperte, gli occhi socchiusi, il mare che sembrava ruggire furioso dietro di lei.
-Chi è quella donna?- mormorai.
-Che importa? Sarà stata un’amichetta del pittore, che ne so io-
Ma quella risposta ovviamente non mi bastava.
-La cosa importante è capire se è autentico o meno-
Mi avvicinai cauto, quasi temessi da un momento all’altro che lei ne sarebbe uscita per venirmi a prendere e trascinarmi in mare. –Di che secolo dovrebbe essere questo dipinto?-
-Inizio Settecento, potrebbe esserlo?-
Certo che poteva. Gli chiesi il nome dell’autore. Lo conoscevo e sapevo che nelle sue opere scriveva sempre le sue iniziali in basso a destra. Quella era la prova definitiva. Quasi svenni quando le vidi.
-Posso dirti che è autentico-
-Anche la scritta?- domandò mio cugino, girando il dipinto.
Dietro di esso era stato scritto a grandi lettere.
Alla mia amata Megan, perché possa vivere per sempre.
Megan? Un altro nome, ma il volto era inconfondibile, era la mia Chantal fuori da ogni dubbio. Improvvisamente mi venne un’idea. –Ho un dubbio- dissi –potrebbe anche trattarsi di un’ottima imitazione- mi finsi pensieroso.
-E come possiamo averne la certezza?-
-Dobbiamo scoprire qualcosa sulla donna ritratta, abbiamo il nome, Megan, magari riusciamo a ricavare qualcos’altro-
James arricciò il naso, infastidito, poi annuì. –Va bene, fammi solo pensare a chi possiamo rivolgerci- un attimo dopo aveva la risposta –ho un amico storico-
-Ottima idea-
-Potremo recarci da lui domani stesso, prima concludiamo questa storia meglio è-

Inutile dire che quella notte non chiusi occhio, troppo preso dai miei pensieri e dall’ansia che questi mi portavano. Cos’era in realtà Chantal? Non certo una donna se aveva vissuto così tanto. Non umana. Forse una fata? Questo avrebbe spiegato la sua incredibile bellezza. Ma in lei, me ne rendevo conto soltanto ora, c’era qualcosa di crudele. Sì, una di quelle fate belle e cattive di cui parlano tanto le leggende. Chissà quanti aveva incantato prima di me, quanti sprovveduti. E mi vennero in mente le leggende che venivano raccontate in giro. Creature mostruose anche se all’apparenza delicate. Non riuscivo a ricordare come si sconfiggevano, ma in quel momento la cosa migliore sarebbe stata tentare di riposare per riuscire a mettere da parte più energia possibile ed affrontare la storia. La mattina mi sorprese sfinito.

-Conosco questa donna- esclamò lo storico, osservando il quadro con sguardo rapito –la cosa buffa è che compare in moltissimi dipinti anche di epoche molto diverse-
-Cosa vorrebbe dire?- domandai, il cuore in gola.
-Beh, o è immortale, oppure in realtà rappresenta qualcos’altro … la dea ispiratrice dei pittori, non so- sorrise –la cosa più interessante è che descrizioni di donne simili si ritrovano anche in delle poesie, come se fosse un’ispiratrice delle arti in generale-
-Teoria interessante- esclamò James, fingendosi un intenditore d’arte.
-Molto affascinante- concordò lo storico –chissà se c’è un modello originale, una donna che riuscì così a sopravvivere alla polvere-
Sì che c’era e io la conoscevo molto bene.

Tre giorni dopo ripartii per Parigi, deciso ad affrontare Chantal. Avevo consultato dei libri e avevo una vaga idea di cosa potesse essere, e se avevo ragione dovevo sconfiggerla prima che fosse troppo tardi. Non l’avvisai del mio ritorno, ma la sera stessa ricevetti un suo biglietto in cui mi dava appuntamento al solito caffè per poterci salutare. Dopo una forte indecisione uscii per andare ad affrontarla, tanto valeva togliersi il dente subito. La trovai seduta al tavolo, i capelli fulvi sciolti sulle spalle, le carnose labbra rosse sorridenti, un leggero vestito bianco che una volta mi avrebbe fatto pensare all’innocenza, ma che ora mi faceva solo rabbrividire. Improvvisamente mi accorsi di odiarla.
-Finalmente- esclamò lei, sbattendo le palpebre –temevo che non saresti venuto- si portò le mani al cuore, un gesto un tempo tenero.
-So tutto- le dissi, sedendomi di fronte a lei.
-Cosa?- domando confusa.
-Via la maschera, so chi sei-
-Non capisco- -Sì che capisci … Megan -
Nessuna reazione, a parte un movimento del sopracciglio. –Non so a cosa ti riferisci-
-A un quadro del Settecento in cui compare la tua immagine-
Lei scosse la testa. –Una ragazza che mi somiglia-
Per tutta risposta io elencai il nome di tutti gli artisti che avevano incontrato ragazze identiche a lei. –Tutte coincidenze?-
Chantal aprì la boccuccia un paio di volte, poi scoppiò in una sonora risata. –No, non sono coincidenze in effetti- disse con una voce che non pareva nemmeno la sua.
-Chi sei?-
-La giusta domanda sarebbe chi non sono, visto che sono stata un po’ tutto, vergine, prostituta, amante, moglie, principessa, contadina, in questi secoli non mi sono mai fatta mancare nulla-
-Sei immortale?-
-Sì, mai sentito parlare delle Leanan Sidhe? Un tempo eravamo vampiri, oggi apparteniamo al popolo fatato. Noi ispiriamo gli uomini, rendiamo poeti gli ottusi e pittori i goffi, siamo le loro muse-
-Perché lo fate?-
-Oh beh, noi ci nutriamo di loro, la loro energia per noi è fondamentale, in fondo è uno scambio, la fama per la vita, non pensi che sia equo?-
Scossi la testa con forza. –Tu … -
-Sì, ti ho mentito e tutto il resto, noi fate facciamo così, da sempre, unica condizione è non unirsi mai carnalmente con gli uomini che ispiriamo, altrimenti questo ci ucciderebbe … purtroppo non concedersi sta diventando sempre più difficile, una volta la donna era amata e rispettata come un oggetto sacro, le cose però peggiorano con il tempo, arriverà il giorno in cui sarà impossibile ispirare qualcuno senza concedersi e allora sarà la nostra fine- sospirò sconsolata.
-Quindi mi hai solo usato-
-Ci siamo usati, come succede tra uomini e donne- si strinse nelle esili spalle –ora però il gioco è finito-
-E cosa succederà?-
-Oh, io ne cercherò un altro, tu per quel poco che hai da vivere non lo so-
-Poco da vivere?-
-Non ti accorgi che stai morendo? Ormai ho sciupato gran parte della tua energia-
-Io non posso morire- sussurrai –sono troppo giovane-
-Oh, caro, ne ho uccisi di più giovani- si alzò –comunque tu sei uno dei miei preferiti- sussurrò con tono confidenziale.
Aprii la bocca per parlare ma scoprii che mi mancavano le parole.
-Non fare quella faccia, tesoro, ci sono modi peggiori di morire e il mio ritratto diventerà molto famoso recandoti fama da morto come mai ne avresti avuta se non mi avessi incontrata- si sporse oltre il tavolo e mi pose un bacio sulla fronte –avrai sempre un posto speciale nel mio cuore- aggiunse.
La osservai andarsene senza dire più nulla. Restai immobile al tavolino per un tempo che mi parve eterno.

Ho cercato delle cure, ma non esiste rimedio, quando una Lenan Sidhe ti vuole non c’è soluzione. Sono destinato a lasciare questo mondo, sento che le energie mi lasciano ogni giorno un po’ di più, forse mi rimangono ancora delle settimane, magari mesi, ma presto verrà e non posso farci nulla. I medici parlano di tisi, consunzione, un male vecchio come l’uomo, come lei. Non l’ho più rivista, lei, la mia Chantal. So che dovrei odiarla, è a causa sua se morirò, ma non posso fare a meno di fissare il suo ritratto e amarla. È la sua natura che la spinge a uccidere, in fondo non ci può proprio fare nulla. Sono anche disposto ad accettare la mia fine adesso. Lo faccio per lei, sperando di unirmi a lei.

Note:

[1] Dopo la Rivoluzione Francese era pratica comune presso le giovani donne indossare nastri rosso al collo in onore dei morti alla ghigliottina.


Questo racconto partecipa al challenge Mal di challenge e parla dell’amore inibito alla meta
   
 
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