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Autore: wolfymozart    02/05/2017    2 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Un leggero bussare alla porta venne appena percepito da Anna, in mezzo al trambusto degli ospiti e della musica nel salone dei ricevimenti. Alvise aveva ripreso le vecchie abitudini di riunire i suoi squallidi amici e le loro spudorate accompagnatrici quasi tutte le sere. Questi allegri convegni, però, avevano perso la spensieratezza libertina di prima del fattaccio: la paura di una nuova irruzione da parte di quei luridi zotici frenava gli ameni divertimenti di quei blasonati e raffinati signori, che cercavano così di contenere i propri bagordi davanti ai servi della casa.  Meno donnicciole, meno vino, meno clamore, tuttavia non si poteva impedire a tali rispettabili ospiti di divertirsi, la vita doveva pur continuare…
Quel valzer allegrotto che l’orchestra da camera stava eseguendo sovrastò i colpi battuti da Bianca sulla porta, che pertanto non ottenne dall’interno alcuna risposta. Perciò la serva si apprestò ad accompagnare i nuovi colpi con queste parole:
-Signora marchesa, sono Bianca. Con il permesso del marchese vi porto il vassoio con la cena…-
- Bianca? La cena? Ma se me l’hai già portata ore fa? Che storia è mai…-
Anna si arrestò di colpo, dovette richiamare a sé tutte le sue forze per non cadere a terra. Bianca aprì leggermente la porta, poi si scostò e sulla soglia apparve Antonio. La porta gli si richiuse alle spalle con un tonfo. Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due fu in grado di aprir bocca. Passarono alcuni istanti di silenzio, carichi di parole che non si osava dire, di gesti che non si osava fare. Solo la musica in sottofondo scandiva lo scorrere dei secondi. Dopo un lasso di tempo indefinibile, che a loro parve eterno, Anna distolse lo sguardo da quello di Antonio, scuotendo il capo sbigottita.
-Tu…? Qui…? Che ci fai tu qui? –  fu la domanda che riuscì a formulare. Gli occhi sbarrati, le labbra dischiuse in un’espressione di stupore e allarme.
- Anna, vedi…- Antonio le si avvicinò cauto e le prese le mani tra le sue. Lei lo fissava senza riuscire a mettere a fuoco quell’assurda situazione, presa in un vortice di emozioni che a stento riusciva a controllare. Le speranze che in quei terribili giorni intercorsi dal loro ultimo incontro non aveva osato cullare e i pensieri che si era imposta di non formulare le si riaffacciarono di colpo tutti insieme alla mente.
- …vedi – riprese lui – in questi giorni ho pensato molto a te, a quello che è successo. Vorrei che tu mi capissi quando dico che…- Non riusciva a trovare le parole adatte per chiederle di fuggir via con lui. La paura di un suo rifiuto lo paralizzava, soprattutto per le conseguenze che ne sarebbero derivate per lei, se fosse rimasta lì, in balìa di Alvise, in balìa dei suoi stessi servi ribelli, nelle giornate infuocate che si preparavano. Faticava a guardarla negli occhi, spaziava con lo sguardo per tutta la stanza. Si sforzava in tutti i modi di trovare le parole giuste, di assemblare un discorso compiuto. Anna, vedendolo in tali ambasce, fece per avvicinargli le labbra al viso, per accarezzargli una guancia, quando tutt’un tratto una risata sguaiata riecheggiò nel corridoio.
…Se osa anche solo avvicinarsi a questa casa, se solo quei vigliacchi dei nostri servi si azzardano a chiamarlo…
 Si scostò bruscamente da lui e gli diede le spalle.
-No, non capisco che cosa tu voglia dire. So solo che ti sei introdotto nella mia stanza in un orario sconveniente, con la complicità di quella sciocca di Bianca. E questo mi basta. –
- Ma, Anna, io l’ho fatto perché dovevo vederti, dovevo parlarti. Anna, ascoltami – cercava di blandirla lui, sollevando le mani senza avere, però, all’ultimo il coraggio di afferrarle le spalle.
- Non c’è nulla da ascoltare. – si ostinava lei, smoccolando con finta noncuranza la candela posta sullo scrittoio.
Un tramestio di passi pesanti e strascicati alternati a passetti leggeri nel corridoio.
-Vattene, Antonio, vattene prima che sia troppo tardi- pensava dentro di sé.
- Tu mi devi ascoltare. Anna, io ti amo –
A queste parole non poté impedirsi di voltarsi. Gli occhi lucidi, le labbra serrate, faticò molto a dominarsi fissando lo sguardo intenso, ansioso e quasi implorante di lui.
…gli faccio rimpiangere di essere nato!
Non fu facile, ma ci riuscì: - Ah! E pensi che sia tutto così semplice? Che qualche ammissione di colpa, qualche parola dolce, qualche bacio possano cancellare tutto? Possano farmi dimenticare il passato? È stato solo un momento di debolezza, quella notte. Ero sconvolta e tu te ne sei approfittato in modo meschino. –  
-Non puoi pensare una cosa del genere. Eravamo entrambi sinceri, non puoi negarlo.- disse Antonio prendendole il viso tra le mani.
…Lo ammazzerò, giuro!
-Non si può cancellare il passato. Hai preferito sposare una serva al mio posto, Antonio! Hai rinunciato al titolo, hai disonorato per lei il buon nome della tua famiglia! E tu hai il coraggio di venirmi a fare simili discorsi? Qui, in casa mia? Vattene! -  
Il vociare nel corridoio si fece più vicino, tanto che si potevano distinguere le parole.
- Alvise mio, state già andando a coricarvi? Non mi dite che siete già stanco di questa spassosissima serata! - trillò la voce della marchesina Betta.
- Oh, ma no, mia cara Betta! Stanco io? Giammai! Volevo solo controllare…non senti anche tu delle voci che vengono dalla stanza di quella squilibrata di mia moglie? –
Intanto nella stanza:
 - Che vuoi dire? – chiese Antonio guardandola interrogativo, la testa reclinata di lato, la fronte corrugata.
-  Non ho alcuna intenzione di continuare questo discorso. – E si voltò nuovamente verso lo scrittoio, dandogli le spalle.
- E così è questo che vuoi? Questo spettacolo indecoroso? Preferisci la continua mancanza di rispetto, la protervia di tuo marito Alvise? Solo per salvaguardare l’apparenza agli occhi di questa nobiltà fatua e viziosa? Solo per la facciata, lo fai? Dimmi che non è così! – 
Il suo sguardo si era animato, la sua voce aveva assunto un’altezza inconsueta per lui, stava quasi gridando. Non era possibile, non ci poteva credere. Non era quella l’Anna che aveva imparato a conoscere, quella si nascondeva dietro le cortine di un’apparente asprezza per difendere la sua vera natura tenera e sognante. Non si capacitava di questo cambiamento, iniziò a temere di essersi sbagliato un’altra volta, di essersi illuso…
- Dio mio, Dio mio, fa’ che Alvise non senta, fa’ che non entri, non in questo momento- pregava Anna dentro di sé.
- Hai perso ogni diritto di intrometterti nella mia vita da quel giorno che tu ben ricordi.- ribatté invece a voce alta.
Dal corridoio intanto:
- Ma va’, lasciatela perdere quella pazza! Avrà iniziato a parlare da sola. – proruppe in una risata argentina Betta
- Hai ragione, mia diletta, torniamo di là. – ghignò cavernoso Alvise.
Se n’erano tornati nel salone. Anna trasse un sospiro di sollievo. Ma non era ancora finita. Non poteva concedersi alcun cedimento.
…Se osa anche solo avvicinarsi a questa casa…gli faccio rimpiangere di essere nato!
-E se anche lo facessi solo per la facciata? Non sono cose che ti riguardano. Ora lasciami in pace, vattene, non ti voglio vedere mai più. Hai capito? Mai più! – esclamò voltandosi verso di lui, caricando quelle severe parole con uno sguardo ancor più duro. Uno sguardo dei suoi, fermo, inflessibile, che sarebbe stato anche molto plausibile, se le lacrime, a tradimento, non le avessero arrossato gli occhi.
Antonio, però, non se ne accorse. Il guizzo di sdegno che lo aveva animato poco prima era del tutto scomparso. Mesto, rassegnato, abbassò il capo, vergognandosi persino del tono accusatorio che aveva assunto nella foga del discorso. Non gli riusciva mai di apparire indifferente quando si trattava dell’ipocrisia di certa nobiltà, che pure lui aveva conosciuto, e non voleva credere che Anna ne condividesse la condotta. No, non era possibile. Non ci avrebbe mai creduto. Anna era sempre stata sì orgogliosa, ma non fatua, non ipocrita. Tuttavia in quel momento non aveva la forza di continuare quella conversazione che lo stava stremando.
-Se è questo quello che vuoi…- constatò a testa china, indietreggiando verso la porta mortificato, umiliato, deluso.
Dopo essersi accertata che si fosse richiuso la porta alle spalle, che i suoi passi furtivi fossero scomparsi nel buio del corridoio, che fosse ormai lontano e al sicuro dalla vista di Alvise, diede libero sfogo ai singhiozzi, prorompendo in un pianto che di fatuo, vanesio o ipocrita non aveva nulla.
   
 
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