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Autore: elenac3    04/05/2017    0 recensioni
La guerra e' pronta. Una terribile minaccia incombe. Un potere immenso e malvagio, che non ammette vincoli, e' stato liberato. Ma non e' il solo a cui sono state spezzate le catene... Bramoso di potere, il re dell'Isola del Sud e' disposto a tutto per invadere i Territori Centrali, ma sua figlia Sharin non e' disposta a rinunciare al suo amore per i piani del padre. E quando il padre distrugge la vita del suo amato, in lei si accende la fiamma della vendetta. Una fiamma che brucia tutto e le fa trovare dentro di se' una forza che non sapeva di avere. Spinta da essa, fugge dal suo castello e dalla sua vita nobiliare e si arruola, travestita da uomo, nei cavalieri dei draghi. Nei Territori Centrali, in una fresca mattina estiva, un gruppo di soldati cattura e porta al rogo una strega. Durante il rogo pero' uno dei soldati, trasformato in una macchina di morte, tenta di uccidere i suoi compagni. Ritrovandosi a dovere trattare con la tanto perseguitata magia, i Capi non vedono altra soluzione se non stringere una alleanza con una strega: loro le garantiscono la liberta', se lei trova la cura per il soldato.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 La foresta sembrava spettrale. Gli alberi erano fitti e alti, le foglie comparivano solo verso la cima, lasciando i tronchi quasi interamente nudi. Una leggera nebbia, bassa, aleggiava tra gli alberi, non limitava di molto la visibilità ma contribuiva molto a rendere l’ambiente sinistro. Tutto era immobile, non un alito di vento, non un suono. Sembrava un luogo deserto, privo di vita, spento e grigio. Sicuramente incuteva timore, anche senza sapere cosa o chi ci abitava. Un piccolo gruppo di soldati avanzava silenziosamente, guardandosi continuamente intorno e alle spalle temendo un attacco improvviso. Cercavano di fare il minor rumore possibile, ma i loro pesanti stivali scricchiolavano comunque quando toccavano il sottobosco ricoperto di aghi e rametti secchi. Avevano tutti le spade sguainate, li faceva sentire più sicuri, più pronti a difendersi nel caso di un attacco, soprattutto in quella foresta. La chiamavo la Foresta dei Sussurri, non era ben chiaro il perché del nome, e si diceva che fosse abitata da esseri spaventosi, assetati di sangue, che pochi di quelli che entravano riuscivano poi ad uscirne vivi. Nessuno era stato mai in grado di dire se davvero quelle voci era vere e quali mostri di preciso la abitavano. Quelli che ci erano andati e ne erano poi usciti o dicevano che avevano avuto la fortuna di non incontrare nessuno oppure si inventavano di strani versi e ombre che avevano sentito o visto in lontananza. Il gruppo dei soldati però sapeva per certo che ci abitava una strega, perché quello era lo scopo della loro missione: trovare e catturare la strega perché potesse essere messa al rogo. Anche senza preoccuparsi di belve spaventose, la loro rimaneva comunque una missione difficile e pericolosa perché la strega si diceva che fosse potente e sicuramente non sarebbe stata felice di essere catturata per essere messa al rogo. Ogni passo che facevano li avvicinava di più alla strega e aumentava il loro tempo all’interno di quel luogo infernale, ormai avevano tutti i nervi a pezzi e dovevano fare un enorme sforzo di volontà per non scappare via da dove erano venuti. L’unico che era apparentemente calmo era Alexey. I suoi occhi azzurro ghiaccio non erano terrorizzati come quelli dei suoi compagni, non si guardava freneticamente attorno, non aveva il battito cardiaco accelerato al punto da sentirsi quasi, come quello degli altri. Procedeva tranquillo ma attento a tutto ciò che gli accadeva attorno, posava i piedi attentamente uno davanti all’altro, teneva la spada salda in pugno. Era sempre stato il migliore del sua classe, pronto a eseguire gli ordini, attento alle lezioni, eccezionale nel combattimento con qualsiasi arma, abile nel progettare attacchi e difese, capace di mantenere la calma in qualsiasi circostanza, e ora lo stava dimostrando. Non temeva la strega, non la sottovalutava ma non ne era nemmeno terrorizzato come tutti gli altri. Aveva fiducia nella sua abilità ed era certo di poterla sconfiggere, e fremeva dalla voglia di incontrarla. Finalmente arrivarono in vista di una piccola casetta in pietra grigia situata in un’altrettanta piccola radura, da una piccola cappa in pietra uscivano volute di fumo bianco: la casa era abitata. Alexey sorrise e si preparò al tanto desiderato scontro, i suoi compagni cominciarono a sudare freddo. Alexey fu il primo a incamminarsi verso la casa, seguito dagli altri che gli coprivano le spalle. Si avvicinò in silenzio alla porta in legno e la spinse delicatamente con la mano, la porta si aprì senza nemmeno cigolare, a quanto pare le streghe non ritenevano ci fosse bisogno di chiudere a chiave. Alexey finì di aprire la porta ed entrò con la spada davanti a sé. L’interno era piccolo, con arredamento semplice di legno di quercia, c’erano molti libri e fogli di pergamena sparsi un po’ ovunque e candele accese che diffondevano un accogliente colore arancione, dal tetto pendevano mazzi di erbe di tutti i tipi, alcune essiccate altre mantenute fresche da un’incantesimo, fiori colorati e profumati tutti mantenuti freschi, alcuni comuni altri rarissimi, e alcuni grappoli di aglio e uva messi ad essiccare. Lo sguardo di Alexey però passò veloce su tutto questo per andarsi a fermare sulla figura di una donna nuda, coperta solo da un telo, e dai lunghi capelli castano scuro che le ricadevano delicatamente mossi sulla schiena nuda. La donna, sui vent’anni, si trovava in un’altra piccola stanza, che però non aveva nessuna porta a separarla da quella principale, e di fianco a una vasca da bagno come se fosse appena uscita da lì. Mentre lui percorreva con gli occhi il suo splendido corpo illuminato dalla debole luce delle candele, la bocca rossa e perfetta di lei passò da un simulato stupore a un leggero sorriso. Infine gli occhi di lui incontrarono quelli di lei e rimasero completamente colpiti da quello che videro: la sue iridi erano di un delicato ma luminoso giallo all’interno e all’esterno di un viola che si scuriva man mano che si avvicinava al bordo. Elysia guardò i soldati che avevano appena fatto irruzione nella sua casa e sorrise. Non sapeva che stavano arrivando ma non erano neanche una sorpresa, era da qualche ora che aveva una strana sensazione, e di solito significava che stava per accadere qualcosa. Si sistemò meglio il telo attorno al corpo mentre valutava i suoi avversari. Era ovvio che erano soldati e non mercenari per le armature, ben tenute, con i colori oro-verde e con le insegne dei Territori centrali: un’aquila con le ali spalancate. Era ovvio anche il perché si trovassero lì, con le armi in pugno e i volti insieme preoccupati e decisi: volevano lei, sicuramente per metterla al rogo nella piazza di Skyblack . Erano in sei, non troppi per lei ma nemmeno pochi, e non sembravano in perfette condizioni di agire e pensare, erano in parte spaventati e questo li avrebbe rallentati, tutti tranne uno. Ed era lui a preoccuparla di più: alto, i capelli scuri tagliati corti come tutti i soldati, sembrava lucido e scattante, non mostrava segni di paura ma si vedeva che per quanto imperturbabile era rimasto colpito da lei, e questo non poteva che fargli un certo piacere dal momento che era alquanto bello. Tuttavia non poteva permettersi di perdere altro tempo, l’elemento velocità faceva comodo quando si era in inferiorità numerica, anche a una strega. Continuando a guardarli mormorò velocemente qualche parola nella sua lingua e mosse una mano nella loro direzione, un’onda d’urto lì colpì mandandoli tutti fuori da casa sua attraverso la porta. Sorridendo soddisfatta di averli colpiti tutti insieme e con così tanta facilità, al primo colpo, si avvicinò alla porta allargando il suo sorriso. Quando raggiunse la soglia li trovò tutti ancora sdraiati a terra che cercavano di rialzarsi. Pronunciò altre parole e li immobilizzò tutti dove si trovavano, non voleva ucciderli solo spaventarli abbastanza da farli desistere. Cercò con lo sguardo quello che aveva attirato la sua attenzione, ma non lo trovò. Fece scorrere rapidamente lo sguardo intorno per vedere dove fosse, poi percepì qualcosa alle sue spalle e le venne in mente della porta sul retro che si poteva vedere comodamente dall’entrata. Si voltò di scatto ma ormai era troppo tardi: il pomo della spada la colpì con forza dritto tra le spalle, mandandola a terra. Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che lui le era già sopra, la voltò bruscamente prendendola per le mani e prima che lei se ne rendesse conto le aveva circondato i polsi con due grosse manette di ossidiana, l’unico materiale in grado di bloccarle completamente i poteri . Sbuffò infastidita, era una delle streghe più potenti e si era lasciata catturare da un gruppetto di soldati impauriti. Aveva avuto troppa fiducia in sé stessa e nella sue abilità aveva sottovalutato i suoi avversari, o almeno uno di essi. Lui la guardò e si lasciò sfuggire un sorriso di vittoria prima di tirarla su e consegnarla agli altri, che ormai non erano più bloccati. Non è stato tanto difficile, vero ragazzi? - disse Alexey. I suoi compagni scoppiarono a ridere per alleviare la tensione, poi circondarono la strega e la presero per la braccia, assicurandosi che non potesse fuggire. Posso almeno vestirmi? - chiese Elysia con voce melodiosa. No, non vogliamo correre il rischio. - le rispose Alexey cominciando a incamminarsi sulla via del ritorno. E poi tanto tra poco arderai e allora non ti serviranno più i vestiti. - le disse uno dei soldati sghignazzando, più per il sollievo che per la sua battuta. Elysia sbuffò infastidita. Non aveva alcuna intenzione di andare al rogo, tanto più con solo un telo indosso. Ritrovandosi in mezzo ai soldati fu costretta a mantenere il loro stesso passo, altrimenti veniva spintonata senza tante grazie. Se avesse avuto delle scarpe non avrebbe avuto nessun problema, invece aveva i piedi nudi e il sottobosco era costituito principalmente di aghi che le pungevano in continuazione i piedi, facendoli sanguinare e dolere in modo tremendo. Aveva scoperto la magia a cinque anni, ma era riuscita a controllarla e capirla solo a quindici, e da allora l’aveva sempre usata per curarsi immediatamente le ferite ed eliminare il dolore, per questo ora non era abituata a sopportare e il fatto di non poter far ricorso alla magia la faceva sentire perduta, perché la magia era l’unica cosa che le era sempre stata affianco. Ben presto cominciò a sussultare ogni volta che poggiava un piede a terra e dopo pochi metri chiese di poter fermarsi a riposare. Nessuno di noi ha voglia di rimanere un istante di più del necessario in questo luogo, specialmente in tua presenza. - rispose irremovibile Alexey, prendendo la parola. Allora portatemi in braccio, così non vi rallenterò. - ribatté prontamente lei. No. Elysia lanciò un’occhiata di fuoco alle spalle alte di Alexey, ripromettendosi di fagliela pagare una volta libera. Cercò di ignorare il dolore ai piedi e per farlo decise di concentrarsi su ciò che la circondava; abitava da qualche anno in quel luogo e nonostante quello che si diceva in giro a lei non aveva mai fatto paura, aveva la magia su cui fare affidamento, che non l’aveva mai tradita, e credeva di potersi difendere da qualsiasi essere l’abitasse. E comunque, a parte alcuni lupi più grossi della media, non aveva visto nulla di diverso da quello che si poteva trovare in qualsiasi bosco. Nonostante ciò dovette ammettere che ora, senza più magia, quel luogo, con la sua bassa nebbia e gli alti alberi, appariva spettarle anche a lei, soprattutto si sentiva indifesa, una sensazione che non le piaceva affatto. Smise di pensare anche a quello dal momento che non la aiutava e si concentrò invece su cosa avrebbe fatto una volta arrivata a destinazione. Era stata spesso a Skyblack, nonostante quello che credeva la gente comune lei non se ne stava tutto il tempo nella sua casa, a cuocere erba in un paiolo e a pensare come uccidere gente per i suoi incantesimi. Non aveva affatto bisogno di fare sacrifici umani, era già potente e le erbe le cuoceva, neanche tanto spesso, per pozioni innocue quanto indispensabili, che la gente avrebbe pagato a peso d’oro se solo le avesse conosciute. Il paiolo invece lo usava quasi sempre per cucinare il pranzo e la cena, per lo più a base di funghi. Usciva però spesso e a volte viaggiava per giorni per raggiungere città nuove o con particolari mercanzie. Comprava dai mercanti cibi vari, per variare la solita dieta a base di funghi; abiti, per lo più comodi e caldi, raramente costosi e eleganti; infine oggetti per la casa. Poiché Skyblack era più vicino, neanche mezza giornata di cammino considerando andata e ritorno, era quello che visitava più spesso nei giorni di fiera quindi ne conosceva perfettamente la mappa, almeno delle zone aperte al pubblico, doveva solo analizzarla attentamente nella sua mente e pianificare un piano di fuga. Finalmente, assorta nei suoi pensieri, riuscì a ignorare il dolore ai piedi e l’odio che provava per i suoi carcerieri, in particolare uno di essi. Il resto del viaggio proseguì in maniera tranquilla, ogni tanto i soldati si scambiavano delle battute, sussurrandole piano come per non farsi sentire; come per l’andata non incontrarono alcuna forma di vita, cosa che per quanto strana li sollevò. Dopo un’ora di viaggio raggiunsero il limitare della foresta e anche se nessuno espresse apertamente la propria gioia, la si poteva leggere sul viso di tutti. Con immenso piacere Elysia vide che i soldati si stavano dirigendo verso un gruppo di cavalli legati agli ultimi alberi del bosco, significava che il resto del viaggio lo avrebbero fatto a cavallo e lei poteva far finalmente riposare i piedi martoriati. Alexey raggiunse il suo cavallo, un imponente stallone nero, fiero e ben curato, e si mise a fissare una robusta corda alla sella, poi si avvicinò a Elysia, tenuta ferma da dei soldati mentre gli altri montavano in sella ai rispettivi cavalli, e cominciò a legare l’altra estremità della corda in un nodo stretto attorno ai polsi e le manette di lei. Quando lei capì cosa quello significava non riuscì a trattenersi. Non vorrete farmi fare il viaggio a piedi, mentre voi state in sella? Non ho nemmeno niente ai piedi, si sono già feriti abbastanza. E poi sono una donna! No, sei una strega, una prigioniera e verrai trattata come tale. - le rispose duro Alexey. Lei lo guardò con bocca e occhi spalancati, mentre lui faceva di tutto per non incontrare il suo sguardo: era un soldato, non si sarebbe lasciato impietosire da una strega solo perché era bella, giovane e aveva degli occhi incredibili. L’avrebbe trattata esattamente come se fosse il tipo di strega che si aspettava: vecchia, brutta e arcigna, solo che per riuscirci doveva evitare di guardarla. Finì di stringere il nodo e le voltò le spalle, ritornando verso il proprio cavallo e montandogli in sella. Lo stallone sbuffò e prese a scuotere la testa, Alexey gli fece una carezza sul collo e lui si calmò un po’, sebbene continuò a tenere le orecchie mezze tirate indietro. Mentre gli altri due soldati, che fino a quel momento la tenevano, facevano lo stesso lei si ricompose e con occhi che promettevano sfida e vendetta decise di fare tutto quello che era in suo potere per rendere il viaggio più lento e orribile possibile, proprio come sarebbe stato il suo. Li avrebbe fatti pentire di non averla fatta salire su uno dei cavalli. Alexey spronò il proprio cavallo e Elysia venne strattonata in avanti. Così cominciò la seconda parte del viaggio, che avrebbe durato per almeno un’altra ora, forse più. Dopo pochi minuti raggiunsero la strada e si lasciarono alle spalle l’erba cosparsa di sassi. Avrebbero continuato a seguire la strada fino alla fine del viaggio e l’acciottolato fresco diede un minimo di sollievo ai piedi sanguinanti di Elysia. Inoltre allontanandosi dalla grande e cupa foresta i raggi del sole, ormai alto nel cielo, riscaldavano loro le membra e i cuori. Ormai si erano lasciati alle spalle quell’orribile posto e ricominciarono a ridere e fare battute come se stessero facendo uno spostamento. La strega invece subiva l’effetto opposto al loro, prigioniera, privata della sua magia, trascinata a piedi nudi dietro a un cavallo e circondata da altri, diretta al rogo. Per tutto il viaggio si dibatté, tirando e strattonando la corda, cercando di resistere alla forza del possente cavallo che la tirava in avanti, incurante delle corde che le arrossivano i polsi e il telo che cominciava ad allentarsi. I suoi piedi feriti sanguinavano copiosi e si lasciavano dietro delle piccole chiazze di sangue. Più si allontanavano dalla foresta e si avvicinavano a case di campagna e piccole cittadine più le strade si popolavano. C’erano viaggiatori di passaggio, a piedi, su cavalli o carri; c’erano contadini che si dirigevano verso una cittadina o verso casa; donne con bambini piccoli e ragazze; carri trainati da buoi o robusti cavalli da tiro, magari colmi di raccolto o mercanzie; uomini che si trainavano dietro il mulo appena comprato, che, come Elysia, faceva di tutto per fermarsi; c’erano anche alcuni soldati, in piccoli gruppi o da soli, che si scambiavano cenni di saluto con quelli che si portavano d’appresso la strega, alcuni facevano anche commenti spiritosi o osceni su di lei, che ricambiava con sguardi truci. Comunque sia, tutti, nessuno escluso, si mettevano da parte per far passare il gruppo di soldati in assetto da combattimento, e quando vedevano la donna seminuda, incatenata, rinchiusa tra i cavalli, che si dibatteva, si allontanavano ancora di più, impauriti avendola riconosciuta come strega. Le voci circolavano in fretta e tutti erano al corrente della missione di quei soldati, che erano passati al galoppo per quella stessa strada quella mattina presto, prima dell’alba. Tutti erano timorosi che prima o poi sarebbe riuscita a liberarsi e alcuni lo fecero notare ai soldati, infine Alexey non ebbe altra scelta se non scendere, ristringerle il telo addosso in modo che non cadesse e caricarla di peso dietro al suo cavallo, che tirava indietro le orecchie fino alla nuca nervoso per tutto quel rumore e movimento vicino a lui. Lei protestò e si dibatté ulteriormente, protestò anche per essere stata messa sul cavallo come un sacco, a pancia sotto, ma infine quando si trovò a non dover più camminare smise di lamentarsi e cercò di addormentarsi per recuperare le forze. Così il viaggio proseguì più tranquillo per tutti e poterono anche aumentare di un po l’andatura, con disappunto di Elysia che si risvegliò bruscamente dal sonno a causa dei saltelli del trotto. Era da poco passato il mezzogiorno quando raggiunsero l’imponente porta delle mura di Skyblack. Il castello di Skyblack si innalzava verso il cielo, alto e imponente, era fatto con pietre grigio scuro che sembravano, soprattutto da lontano, nere e incutevano timore più di quanto già non facesse la forma. Era lì che abitavano coloro che governavano i Territori Centrali, i cinque maggiori esponenti dell’esercito, i più saggi e abili sia nell’arte della guerra sia in quella del comando, erano chiamati i Capi. Poiché era un castello militare non era sfarzoso e non aveva una corte composta di nobili, solo soldati, divisi tra quelli che combattevano e quelli che si occupavano degli affari politici e di gestione, ma entrambi erano capaci di combattere se necessario. Gli alloggi dei soldati e la mensa si trovavano nell’ala destra, mentre nell’altra parte c’erano le stanze per pianificare, discutere, occuparsi di affari e per accogliere ospiti, come in qualsiasi altro castello. Le prigioni erano nei sotterranei, freddi, umidi e bui, insieme alle stanze per gli interrogatori e le torture. Il castello era circondato da alte mura difensive, sempre presidiate, e tra le mure e il castello c’era un’ampio spazio che accoglieva il cortile dove in certi giorni si svolgevano le fiere, le stalle, varie taverne, campi per l’addestramento e case per le famiglie dei soldati. L’intero castello era abitato da soldati e le loro famiglie, la gente comune stava nelle valli circostanti le mura, non troppo vicine, ed entravano nel castello solo per le fiere e per eventi importanti, come il rogo di una strega. La porta della mura era aperta e davanti c’erano due guardie armate e sopra, nel camminatoio delle mura, altre due, il piccolo gruppo si fermò. Siamo tornati con la strega. - annunciò Alexey, indicandosi alle spalle. Le guardie si sporsero incuriosite. Ma che ha solo un telo addosso? - chiese una delle due. Aveva appena finito di lavarsi quando siamo arrivati noi. - gli rispose uno dei soldati. Le due guardie risero, poi gli fecero cenno da passare e Alexey rifece partire il suo cavallo. Intanto Elysia si era svegliata, ma non disse nulla e fece finta di continuare a dormire. Appena furono dentro, un ragazzo li raggiunse correndo e si fermò davanti al cavallo di Alexey. E’ andato tutto bene? - chiese. Certo, fratellino, come vedi siamo tutti qui e abbiamo la strega. - gli rispose Alexey. Il ragazzo sorrise di ammirazione per il fratello, poi disse: Porto io i cavalli nelle stalle voi andate a godervi la vittoria, vi raggiungo dopo alla taverna “la spada e lo scudo”. Grazie, Dimitriy. - dissero in coro i soldati, contenti di poter andare subito a riposarsi invece di dover occuparsi dei cavalli. Alexey ci pensi tu alla strega? - chiese poi uno dei soldati. Si, non preoccuparti ti sei già affaticato troppo oggi. - rispose ironicamente Alexey, facendo ridere tutti gli altri. Dimitriy era il fratello minore di Alexey, di diciannove anni, più piccolo del fratello di sei, e gli assomigliava molto, sia fisicamente che di carattere, tranne che i suoi lineamenti erano meno duri, e lui era più allegro. Scesi da cavallo i soldati diedero una pacca sulla spalla a Alexey e Dimitriy poi si avviarono verso la loro taverna preferita. Alexey tirò giù da cavallo Elysia e si incamminò verso l’ampia gradinata che portava al castello, per poi dirigersi verso le prigioni. Dimitriy guardò con gli occhi spalancati per lo stupore la bella ragazza che Alexey aveva con sé e prima che se ne andasse gli urlò: Fratello, sei sicuro che è lei la strega? Si. E sei sicuro di volerla far mettere al rogo? Si. Dimitriy scosse la testa e fece una carezza sul muso del cavallo di suo fratello, che sbuffò e scosse la testa a sua volta simpatizzando con lui, poi raccolse le redini di tutti gli altri cavalli e si avviò verso le stalle.
   
 
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