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Autore: Altair13Sirio    05/05/2017    1 recensioni
Non è mai stato facile vivere la vita dell'eroe per Robin, così come per Cyborg, Stella, Corvina e BB. Nonostante tutto, i Teen Titans sono riusciti a superare quel senso di "strano" che li circondava ovunque andassero e hanno deciso di andare avanti; sono diventati una famiglia, le loro amicizie e i loro amori si sono intrecciati e dopo tanto tempo finalmente i cinque eroi hanno capito cosa dovevano fare.
Tutto questo può sembrare normale agli occhi di un adulto, capace di comprendere quali siano i doveri di un supereroe e le difficoltà che porta questo tipo di vita, ma agli occhi di una bambina? Una piccola bambina eccentrica e piena di vitalità, incapace di vedere il male nella gente, come può vivere una situazione simile e in che modo potrà mai crescere se non riesce a distinguere il bene dal male?
Luna è una bambina cresciuta sotto una campana di vetro e che è sempre stata a contatto con questo mondo, vivendolo in prima persona; il suo amore per la sua famiglia è eguagliato solo dal suo desiderio di vivere la vita liberamente, incontrando tante persone e amici nuovi. Ma sarà difficile attuare questo sogno, essendo lei la figlia di un supereroe.
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
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Luna se ne stava seduta per terra con le gambe incrociate a fissare il cielo notturno. Una miriade di stelle vegliava su di lei, e alla bambina piaceva pensare che per ognuna di quelle migliaia di luci esistesse un posto da difendere, con gente innocente da salvare e cattivi da scacciare. Si divertiva a starsene sulla terrazza della torre quando faceva buio; il sole tramontava e lasciava il posto alle stelle e a quel satellite luminoso che portava il suo stesso nome, che rischiarava la notte e si rifletteva sul mare attorno alla torre, facendole compagnia.
La chiara luce della luna faceva spiccare i profili dei grattacieli e delle case in città, oltre il mare che Luna attraversava da sotto ogni mattina. La leggera brezza della notte portava salsedine che le faceva arruffare i capelli, ma lei adorava quella sensazione di freschezza che le dava quel vento; di sicuro non piaceva a suo padre, che le aveva detto mille volte di rientrare in casa dopo il tramonto per evitare di buscarsi qualche malattia. Robin era fatto così, molto protettivo nei suoi confronti… E lei era contenta così.
Era talmente protettivo da impedirle di lasciare la torre dei Titans da sola, o da lasciarla dietro ogni volta che lui e gli altri andavano ad affrontare qualche supercattivo… Era difficile restare da sola per tutto quel tempo e Luna pensava che fosse una cosa normale e giusta farlo, ma a volte non aveva potuto fare a meno di fantasticare su come fosse vivere da sola, là fuori nella città; si era chiesta tante volte cosa fosse una "scuola" e perché tutti gli altri bambini ci andassero. Lei aveva imparato tutto quello che sapeva dalla sua famiglia, i Titans: ogni giorno si allenava con Robin nell'uso delle arti marziali, mentre alla mattina era impegnata con Stella nelle sue lezioni di lingua Tamaraniana; Corvina si occupava della sua educazione primaria generale e le due si immergevano ogni giorno in lunghe sessioni di meditazione, mentre di tanto in tanto Cyborg la lasciava girovagare per il garage mentre lui lavorava alla T-Mobile. Ed essendo la curiosità della bambina priva di limiti, alla fine aveva cominciato ad aiutarlo nei suoi lavori di meccanica, passando dall'essere una semplice aiutante che passava gli attrezzi e imparava a riconoscere le componenti di un veicolo motorizzato, fino a diventare quasi una consulente per lui quando non riusciva a superare un dubbio. Infine, assieme a BB, Luna faceva lunghe passeggiate sull'isola, correvano lungo un percorso a ostacoli e chiacchieravano amabilmente, scoprendo ogni giorno delle cose nuove sulla natura che la facevano meravigliare tanto.
Non poteva certamente lamentarsi della sua famiglia; voleva bene a tutti quanti, e potendo avrebbe fatto di tutto per sdebitarsi e ripagare l'amore che le avevano mostrato, ma a volte, quando rimaneva sola come in quel momento, la piccola Luna cominciava a pensare a cose che non avrebbe voluto mai pensare, la sua mente vagava senza restrizioni e cose impensabili e terribili le comparivano davanti senza che neanche se ne accorgesse. Pensava che la stessero tenendo prigioniera, che non le volessero veramente bene, che un giorno la avrebbero lasciata sola… Ovviamente non credeva neanche un po' a quei pensieri, quelli erano i suoi "incubi" che si liberavano quando abbassava la guardia: Luna non riusciva a ricordare i propri sogni. Non era mai successo che si svegliasse emozionata o spaventata da un sogno appena fatto, era troppo sbadata per poter mantenere la concentrazione necessaria affinché la sua mente non divagasse appena sveglia e questo era perché ogni giorno la bambina apriva gli occhi con il desiderio di entrare in azione, di muoversi… Però succedeva che, quando i suoi pensieri si liberavano nell'infinito della sua complessa mente, quelle paure e incertezze di cui neanche lei conosceva l'esistenza venivano a galla e facevano di tutto per spaventarla: la sua K'Norfka li aveva denominati "sogni coscienti" e, a quanto sembrasse, lei ne aveva solo di brutti.
La bambina si mise le mani alle tempie e spinse con forza su di esse: stava accadendo di nuovo, la sua mente stava divagando e si stava allontanando dalla questione principale. Perché era lì? Cosa l'aveva portata a pensare a tutto quello? Si stava mettendo paura da sola e non riusciva neanche a controllarlo; i pensieri tristi e spaventosi le entravano in testa e lì si espandevano senza che potesse fare niente. Avrebbe tanto voluto avere qualcuno a cui stringersi, chiedere aiuto, ma era da sola, e l'unico modo per far sparire quei pensieri sarebbe stato tornare dentro e cercare conforto nell'amore dei suoi genitori e zii.
<< Luna. >> A un tratto una voce la chiamò con fermezza, distraendo finalmente la sua povera mente da quei pensieri così brutti. Le sembrò strano udire quella voce proprio in quel momento, Robin non andava mai là sopra sapendo che alla bambina piacevano il silenzio e la tranquillità di quel luogo durante la notte. Doveva essersi fatto più tardi di quanto pensasse se lui era salito a controllare che stesse facendo
<< Sei ancora qui? E' tardi, prenderai freddo… >> Le disse avvicinandosi.
La bambina si voltò a guardare suo padre che si faceva sempre più vicino, prima di tornare a guardare davanti a sé, nascondendo la parte inferiore del viso tra le ginocchia, che alzò per potercisi appoggiare.
Robin le si fermò accanto e guardò il cielo stellato con stupore. << Sai, era da tanto tempo che non mi fermavo a guardare il cielo… Ad ammirare le bellezze della natura… >>
Luna non distolse lo sguardo dal mare infinito di fronte alla torre e rispose:<< Non va bene fare questo. Ci sono tante cose belle da vedere… >>
Robin si sedette accanto a lei e sospirò. << Lo so. Un tempo anche io pensavo così
Ma le numerose battaglie e i pericoli che ho corso, alla fine hanno gravato pesantemente sul mio animo, e non ho più avuto il tempo di fermarmi a… >> L'uomo si arrestò cercando la parola giusta per descrivere quella situazione. << Guardare… >>
Le parole di Luna furono gelide, ma veritiere:<< Non si trova il tempo per fare qualcosa solo quando quella cosa non si vuole fare… Io mi alzo ogni giorno all'alba, per vedere il sole sorgere, viaggio tutte le mattine con te attraverso la città, studio, medito, mi alleno e gioco con Silkie. >> Si voltò piano. << Non dico mai di non avere tempo per tutto questo, perché mi piace. Vi voglio bene, papà, e per questo, anche se non faccio niente, se lo faccio con voi mi piace farlo…! >> La sua lingua e la sua mente finirono per annodarsi in quella serie di concetti e frasi complesse, e la bambina strinse le palpebre sibilando con frustrazione delle parole in tamaraniano.
Robin la guardò sorridendo mestamente. << Forse hai ragione… E forse non mi sono comportato come avrei dovuto, con te… >> Piegò un ginocchio e vi appoggiò sopra un braccio, alzando gli occhi al cielo con malinconia.
Luna raddrizzò la schiena e alzò lo sguardo verso il padre, triste. << Oh, no papà! Tu sei sempre così buono con me, non ti arrabbi mai… >> Strisciò piano accanto a lui e poggiò la testa tra le sue gambe, sorridendo leggermente. << Perché dici che ti sei comportato nel modo sbagliato? >>
Il sorriso innocente e puro della bambina fece quasi credere a Robin che non ci fosse niente di cui preoccuparsi, mentre invece sapeva che fosse il contrario; sorrise in risposta a quelle parole e piegò la schiena per avvicinare il viso ancora di più a quello della figlia. Le diede un bacio sulla punta del naso e giocherellò con qualche ciocca dei suoi capelli, mentre la bambina rideva in reazione al solletico causato da quei movimenti. << Avrei potuto farti conoscere il mondo un po' di più, per cominciare. >>
La piccola Luna rimase immobile, squadrando il padre con un'espressione perplessa. << Che significa…? >> Robin non capì se sua figlia non avesse compreso il significato delle sue parole o il loro senso. Sorrise ricordando quanta difficoltà avesse Luna nel parlare la prima delle sue due lingue madri.
<< Significa che avrei dovuto fare questa scelta molto prima. >> Spiegò rimanendo sempre vago. Luna piegò la testa da dove si trovava e inarcò un sopracciglio. Non aveva senso per lei, eppure un senso doveva esserci!
Robin abbassò di nuovo la testa per avvicinarla al viso della bambina. << Ho parlato con tua madre. Abbiamo deciso di farti il tuo regalo di compleanno in anticipo, questa volta… >> Sussurrò dolcemente.
Gli occhi verdi della bambina si fissarono con stupore sul viso del padre; Luna sbatté le palpebre un paio di volte prima di reagire a quell’affermazione, e anche se afferrò il concetto non riuscì a capacitarsene. Robin vide lo stupore nel viso della figlia quando spalancò gli occhi e lasciò la bocca mezza aperta, mostrando un incisivo laterale mancante tra i denti superiori. << Davvero? >> Chiese rialzandosi e guardandolo con stupore senza nemmeno essere sicura di quello che aveva appena intuito.
Robin annuì piano. << Quando nascesti tu, promisi a Stella che saresti cresciuta nel modo giusto, lontano dai pericoli, in modo che un giorno non avresti avuto niente da rimpiangere… >>
<< A me sembra che tu hai mantenuto la promessa… >> Cercò di dire ingenuamente lei, ma evidentemente non aveva afferrato il punto di quello che volesse dire suo padre. Si mise di nuovo a sedere accanto all'adulto e cercò di scrutare nella sua mente.
Robin sorrise dolcemente fissando lo sguardo sul dolce movimento ripetitivo delle onde che andavano ad infrangersi sulla riva dell'isola, molti metri sotto i loro piedi. << Sì… O meglio, ci ho provato. >>
Luna piegò la testa lateralmente senza comprendere il significato di quelle parole.
Robin sospirò. Odiava ammettere di aver fallito, ma non c'era altro modo per far capire a Luna quello che volesse dirle; prese un bel respiro e si sforzò di sorridere nel modo più naturale possibile. << Luna, da quando sei nata ti ho sempre tenuta sotto controllo, ho sempre voluto che fossi accanto a me, in modo che fossi sempre al sicuro! Anche oggi in città, ero contento che fossi venuta da noi, perché così avrei potuto tenerti d'occhio. Ma… >> Abbassò lo sguardo deluso. << Mi sono reso conto che, per quanto possa essere attento, potrà succedere qualsiasi cosa che farà mescolare le carte in tavola; rischierai sempre di essere in pericolo. Per questo non posso certo mandarti allo scoperto a rischiare la vita tutti i giorni, ma… >>
Luna lo guardò con gli occhi lucidi e pieni di speranza; cominciava a capire, aspettava solo che fosse lui a dirglielo di persona, a confermare quel dubbio che aveva quasi compreso.
<< Posso cominciare lasciando che tu vada in un posto sicuro, dove potrai essere felice. >> Il padre ammorbidì di molto il tono usato fino a quel momento per parlare della sua ossessione per la sicurezza di sua figlia. << A scuola. >>
Sembrò quasi che qualcuno desse una martellata in testa a Luna, la bambina si svegliò istantaneamente dal torpore che cominciava a sopraffarla a quell'ora della sera e spalancò la bocca. Lanciando piccoli acuti indecifrabili, la piccola si scagliò addosso a suo padre per abbracciarlo e finì per buttarlo a terra con il proprio peso piuma. << Grazie papà, grazie grazie grazie grazie!!! >> Continuò a stringerlo con forza strofinando la sua testa al suo petto per cercare di scaricare tutta l'energia che le aveva dato quell'annuncio, ma fu tutto inutile e Luna non fece che diventare sempre più elettrica ogni secondo che passava, saltando piena di eccitazione e tirando con le sue manine la tuta del padre.
Robin le diede qualche pacca sulla schiena per cercare di tranquillizzarla. << Adesso calmati… >> Rise senza riuscire a trattenersi. Si tirò su con la schiena e fece mettere Luna in ginocchio in mezzo alle sue gambe; lei ancora non riusciva a crederci, gli angoli della sua bocca si piegavano da soli senza che riuscisse a controllarli. << Non sarà come quando sei a casa, e i tuoi insegnanti non saranno Corvina e la mamma… >>
<< Ci saranno altri bambini? >> Chiese eccitata, quasi ignorando le parole del padre appena pronunciate.
Robin reagì con sorpresa per un attimo, poi sorrise dolcemente e rispose:<< Sì, tanti bambini. >>
Luna quasi non poté più trattenere la sua emozione e lanciò un urlo gioioso mentre suo padre cercava di farle abbassare la voce. << Dovremo occuparci anche di questo… La tua irrefrenabile esuberanza. >> Rise. Luna, per tutta risposta, gli si lanciò contro un'altra volta, facendogli perdere nuovamente l'equilibrio. << Questo è il miglior Blorthog di sempre! >> Esclamò lasciandosi trasportare dall'entusiasmo.
Rimasero alcuni minuti a cercare di ristabilire la calma persa dopo la dichiarazione di Robin, poi, improvvisamente, Luna fu sopraffatta dalla stanchezza e il padre ne approfittò per farla tornare dentro e portarla a letto.
<< Quando comincerò la scuola? >> Mormorò a un certo punto con tono assonnato, con la testa poggiata sulla spalla del padre.
Robin, che non voleva mettere fretta alla bambina o rischiare che il cambiamento fosse troppo repentino, pensò a una soluzione in quell'attimo di tempo. << Che ne diresti di lunedì prossimo? Così avrai tutto il tempo di prepararti ad affrontare la scuola… >>
Luna ridacchiò ingenuamente. << Papà, la scuola non è un cattivo da combattere…! >> Borbottò prima di crollare dalla stanchezza e abbandonare ogni tentativo di rimanere sveglia.
Robin la scortò nella sua cameretta e la adagiò delicatamente sul suo letto; diede un bacio alla figlia dopo averle tirato su le coperte e rimase seduto sul suo letto a guardarla per un paio di secondi, sospirando dolcemente. Prima che potesse lasciare la stanza della bambina o che potesse esprimere un pensiero, sopraggiunse Stella che si accostò accanto a lui, con le mani unite dietro la schiena e uno sguardo dolce dipinto sul volto. << E' così forte… >> Mormorò lei rivolgendo quello sguardo alla figlia.
Lui la guardò per un attimo ancora prima di alzarsi dal letto e mugugnare qualcosa con poca approvazione. Stella lo seguì dopo aver dato una carezza sulla guancia della figlia e gli chiese che cosa avesse; lasciò una minuscola sfera di luce verde a illuminare la camera da letto buia, prima di lasciare definitivamente la stanza: Luna aveva sempre dormito con quella flebile luce, necessaria a farla sentire meno sola.
<< Sono preoccupato… >> Rispose Robin senza nascondere che non fosse pienamente sicuro della sua decisione. << Luna Bianca è una bambina dolcissima e farà sicuramente tanti amici, ma… >> Si voltò verso sua moglie e le strinse le mani nelle sue. << Se non dovesse piacergli? >> Chiese con uno sguardo sofferente dipinto in volto.
<< A chi? >> Chiese lei piegando la testa da un lato.
Robin sospirò. << Non hai idea di cosa si provi nell'essere emarginati da bambini… >> Si allontanò e si accostò a una grande finestra che dava sul mare nel corridoio. << La gente ti guarda come se fossi un alieno e qualunque cosa fai è un enigma per loro… >>
Stella lo seguì guardandolo con occhi compassionevoli e si fermò accanto a lui.
<< In fondo, Luna è una bambina fuori dal comune… E' fantastica, non fraintendere, ma per loro sarà sempre un'estranea, una aliena, anche se solo per metà… >> Scosse la testa e strinse le spalle più volte, mentre lui stesso cercava di trovare un senso o una giustificazione nelle proprie parole.
<< Adesso, essere "alieni" è un problema? >> Chiese la donna aliena mettendo una mano sulla spalla dell'umano e facendolo voltare. Lui la guardò con dispiacere, scuotendo la testa alla fine. << Anche io vissi tanto dispiacere… E paura. >> Cercò di spiegarsi fluentemente Stella. Nonostante tutti gli anni passati sulla Terra, ancora aveva difficoltà con la lingua degli umani. << A mio arrivo sulla Terra, tutti mi vennero contro. Avevo paura e non sapevo dove andare. >> Disse corrugando la fronte. <>
<< Stella… >> Mormorò Robin cercando di controbattere. Voleva dire che era diverso, che lei si era trovata in circostanze diverse, ma non ci riuscì perché in confronto alla madre, Luna era in una situazione molto più semplice; avrebbe solamente ricevuto una risposta come "se ci siamo riusciti noi, lei ci riuscirà senz'altro".
<< Tutte le amicizie nascono dopo grandi fatiche. >> Sentenziò Stella zittendo Robin e squadrandolo con un'espressione dura. << E non si può aspettare di essere apprezzati da tutti… Ma se avrai fiducia in lei come lei ne ha avuta in te, scoprirai che sa fare molte cose! >>
Robin sospirò per l'ennesima volta, prima di abbassare lo sguardo con arrendevolezza. Piegò in avanti la schiena e poggiò la propria fronte sul petto di Stella, lasciando che la donna si prendesse cura di lui. << Vorrei solo che non soffrisse… >>
<< Non soffrirà, se ci sarai tu a sostenerla. >> Gli rispose lei con dolcezza. << E non avrà bisogno di soffrire. >>
   
 
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