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Autore: Rohhh    05/05/2017    0 recensioni
La ventunenne Ashley, dopo essere stata cacciata via da casa da sua madre ed essersi ritrovata completamente sola in una città a lei sconosciuta, ha riscoperto la serenità che cercava nel suo nuovo gruppo di amici, conosciuto grazie al fortunato incontro con Terence, un ragazzo gentile e premuroso e sua sorella minore Michelle, che le ha offerto una stanza nell'appartamento che condivide con altre tre ragazze. Con un lavoro che le permette di mantenersi gli studi che ha sempre desiderato e la vicinanza delle amiche, tutto sembra procedere liscio per Ashley, ma il ricordo del suo triste passato arriva spesso a tormentarla e l'unico che misteriosamente riesce a darle sollievo da quei pensieri è Matt, un ragazzo odiato dai suoi nuovi amici per motivi non ben chiari e considerato da loro come un vero e proprio nemico da cui stare alla larga. Ashley, nonostante sia conscia della fama del ragazzo nel suo gruppo, in un momento di disperazione e debolezza, finisce per cedere e commettere con lui un errore che la perseguiterà e che presto finirà per pagare caro.
Ma, forse, non tutto ciò che sembra perduto per sempre lo è davvero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Ciao a tutte, mie care lettrici!
Chiedo umilmente perdono per questo capitolo lunghissimo, so che non tutte gradiscono i capitoli troppo lunghi ma purtroppo non mi è stato possibile fare diversamente. Spero che non vi risulti di difficile lettura e che riuscirete ad apprezzarlo lo stesso. Scriverlo mi è venuto davvero pesante, non c'è un motivo particolare ma mi ha fatto sudare parecchio, quindi spero almeno che lo sforzo non sia vano e che vi piaccia. ( sì, non sono mai sicura di fare un buon lavoro quando scrivo, ma ci provo).
Vi lascio e non vi annoio oltre!
Un grazie sincero a chi si è aggiunto alla lista delle preferite/seguite/ricordate, soprattutto negli ultimi capitoli! 
Baci!

Cap. 12 Lontani da tutto

 

Michelle diede un'ultima passata di rossetto, poi fece unire delicatamente le labbra tra loro per uniformarlo, avendo cura che non sbavasse oltre il contorno della sua bocca carnosa. Aveva scelto un colore delicato e raffinato, un fragola tenue, che metteva in risalto la sua tonalità naturale e la accendeva senza renderla volgare.

Gli occhi erano già contornati di un leggero filo di matita che esaltava le sue iridi color castano intenso e il viso, liscio e curato, era permeato da una luminosità quasi eterea.

Prese un respiro lentamente e, rilassandosi, recuperò la sua spazzola dalla mensola del bagno e la passò con delicatezza sulla chioma setosa, domando qualche ciocca disubbidiente, che tornò subito al suo posto.

Quei lunghi capelli color cioccolato, folti e lucenti, erano il suo vanto - uno dei tanti in realtà - e Michelle vi indugiò qualche secondo, facendo scorrere le dita attraverso i fili scuri, fino a lambire la curva morbida con cui terminavano le punte, per poi posizionarli con cura dietro le spalle.

Tirò fuori dal suo beauty case un cerchietto di un color crema neutro e lo collocò accuratamente sulla testa, ai lati delle orecchie, per fare in modo che nessun ciuffo le ricadesse sgraziato davanti al viso; da una scatolina estrasse dei semplici orecchini a perla e li indossò, piegando il volto prima a destra e poi a sinistra.

Terminate quelle operazioni maniacali, si osservò allo specchio per qualche secondo per valutare il risultato e le sue labbra si concessero un sorriso compiaciuto: era soddisfatta dell'immagine che vedeva riflessa e che non poteva essere migliore.

Perfetta, avrebbe quasi osato.

La perfezione era l'obiettivo a cui aveva sempre anelato e che perseguiva in ogni aspetto e sfaccettatura della sua esistenza.

Adorava la sensazione appagante degli sguardi estasiati delle persone che la ammiravano nella sua eleganza, i complimenti e le lodi dei professori per la sua diligenza e bravura, la stima degli altri e il rispetto che le portavano.

Era cresciuta con quei valori fin da quando era una bambina, e le si erano così radicati dentro da diventare una parte indivisibile di lei, un tutt'uno con la sua vera natura.

La sua famiglia aveva sempre insegnato a lei e a Terence ad aspirare al massimo e a conquistare una elevata posizione sociale insieme all'ammirazione della gente, e se c'era una cosa che odiava con tutte le sue forze era fallire, essere umiliata e perdere, agli occhi della famiglia ma, soprattutto, agli occhi degli altri.

Un'ombra fugace le oscurò il bel viso radioso, come una macchia del passato che la imbrattava e di cui faticava a liberarsi, gli occhi le si accigliarono per un secondo.

Di qualunque campo si fosse trattato, lei avrebbe sempre cercato di raggiungere il più alto livello possibile.

Fisicamente, caratterialmente, nello studio, professionalmente, persino sentimentalmente e forse era per quel motivo che le sue relazioni non decollavano mai, non la appagavano fino in fondo, al contrario la stancavano e finiva sempre per trovarci almeno un difetto e per rimanerne delusa al punto da doverle interrompere presto.

Era forse sbagliato pretendere troppo dal proprio partner, cercare quella persona che combaciasse come un incastro perfetto con ogni angolo, anche quello più nascosto? Era per caso impossibile?

Probabilmente avrebbe dovuto rassegnarsi a una risposta affermativa, considerato il fatto che era single ormai da tempo e nessun ragazzo riusciva a interessarla più di tanto o a rispondere alle sue esigenze.

Chiedeva troppo?

Forse, ma cosa c'era di male nel volere accanto a sè una persona degna e alla sua altezza?

L'amore per lei non era quel sentimento irrazionale e travolgente che faceva tremare le gambe e annebbiare le menti.

L'amore era come matematica, calcolabile e studiato, bisognava adattarlo ai propri parametri, analizzarne le conseguenze e valutarlo razionalmente, senza lasciare spazio a scelte dettate da quel muscolo a sinistra del petto e da qualche farfalla agitata nello stomaco.

Non ci si innamorava, si sceglieva con chi stare e lo si faceva ragionando, cercando nell'altro ogni singola caratteristica richiesta e scartandolo se non vi era corrispondenza.

Chiunque le avrebbe replicato che quello che faceva lei era l'esatta antitesi di quel sentimento e che l'amore non si fa scegliere, è lui che indica il percorso, a volte alla cieca e allo sbaraglio, facendo inciampare e soffrire, provocando cicatrici invisibili che rendono più forti e che insegnano a conoscerlo, a cavalcarlo con sempre più dimestichezza ma mai a controllarlo del tutto.

E poi, nell'imprevedibile si nascondono spesso delle sorprese e non è detto debbano essere per forza spiacevoli.

D'improvviso un sussulto la scosse e le fece perdere la sua solita espressione fiera e sicura, rendendola un po' più...umana.

A quando risaliva l'ultima volta che si era davvero innamorata di qualcuno?

Si irrigidì e tremò.

Era successo, lo sapeva, anche se avrebbe fatto qualunque cosa per dimenticarlo perché il solo ricordo bruciava ancora al suo orgoglio ferito.

Dopotutto, a 16 anni si è semplicemente delle stupide ragazzine mentre lei adesso era una donna di successo, intelligente e brillante, con obiettivi e traguardi molto più ambiziosi di qualche batticuore cretino o finte illusioni.

Collezionava solo successi e non c'era più spazio per essere una perdente, per le sconfitte, per le debolezze.

Non esistevano più...rifiuti.

Sua madre lo ripeteva sempre che, per essere davvero realizzati e felici nella vita, era necessario stare bene innanzitutto con sè stessi, senza aver bisogno di nessuno accanto, e si trattava di sicuro di un insegnamento valido se Michelle non si fosse ostinata a portarlo all'estremo e a seguirlo fin troppo alla lettera.

Annuì convinta, ma qualcosa nei suoi occhi pizzicava e rischiava di rovinarle il trucco, mentre adesso il riflesso che vedeva allo specchio era tremolante e sfumato e non rimandava più l'immagine di quella ragazza ferrea e indistruttibile.

Vacillò e si appoggiò con entrambe le mani al lavandino candido, abbassando la testa e rimanendo immobile qualche secondo.

Troppi pensieri angoscianti, troppi ricordi da rimuovere e le emozioni che tentava disperatamente di eliminare perché la trasformavano in un essere debole e vulnerabile.

Durò poco, scosse la testa con decisione, come per far dissolvere quella nebbia, e il suo sguardo ritornò deciso e limpido.

Anche stavolta era riuscita a non farsi sconfiggere, anche stavolta aveva vinto lei.

Con uno scatto parecchio energico aprì la porta del bagno e la sua ondata di veemenza investì Ashley, che si trovava poco distante dalla porta, facendola arrestare per lo spavento.

La rossa, con una mano ancora sul petto per l'improvvisa e trionfale entrata in scena di Michelle, puntò gli occhi sulla sua figura e si trovò a boccheggiare, colpita dalla figura splendida dell'amica.

I suoi gusti erano senza dubbio orientati verso il sesso maschile ma questo non le impediva certo di rimanere abbagliata dalla bellezza di quella ragazza e dalla classe innata che le scorreva lungo ogni centimetro del corpo.

Michelle era raffinata ed elegante, capace di far sfigurare e sembrare sciatta qualunque ragazza che si fosse trovata a condividere l'aria con lei ed anche Ashley subì il suo fascino, sentendosi immediatamente uno schifo al suo cospetto, coi capelli spettinati ancora segnati dal cuscino, un paio di evidenti occhiaie, a causa dei demoni e delle ansie che spesso le succhiavano via la voglia di dormire, e una t-shirt larga e informe che alterava le sue curve femminee.

'Non sarò mai come lei' attestò mentalmente, senza capire se fosse una cosa negativa o meno.

«Buongiorno Ashley! - salutò Michelle per prima, notando con un pizzico di curiosità l'aria imbambolata della ragazza – scusami, ti ho spaventata?» cinguettò amabilmente, mentre trafficava dentro la sua pochette lucida.

«Buongiorno Michelle! - rispose lei, ridestandosi – no, è che... non mi aspettavo di incontrarti a quest'ora, di solito non sei così mattiniera» affermò, sfregando le braccia scoperte per proteggerle dall'aria frizzante che penetrava da una finestra in cucina.

«É vero, ma oggi ho da fare!» la informò enigmatica, senza aggiungere altro, mentre si avviava alla porta, ripassando a bassa voce un elenco di cose da non dimenticare.

Ashley rimase interdetta, poi si portò la mano alla bocca per nascondere uno sbadiglio che non aveva potuto trattenere, mentre l'attenzione le cadde sul vestiario estremamente formale di Michelle, che indossava con grazia una giacca color rosa cipria sopra una semplice ma elegante camicia bianca, il tutto completato da una sobria gonna nera, nè troppo corta, nè troppo lunga e da un paio di decollete dal tacco medio.

Michelle curava ogni minimo dettaglio, anche quando vestiva come una ventiduenne ordinaria in uscita serale, ma quella mattina rassomigliava in maniera incredibile a una donna in carriera ed Ashley suppose che avesse un impegno importante e molto formale.

Prima che potesse formulare a voce una qualsiasi delle ipotesi che le frullavano in testa, l'amica la precedette e richiamò la sua attenzione.

«Allora, come sto?» domandò, facendo un veloce giro su sè stessa e ritornando poi alla posizione di partenza, di fronte ad Ashley.

La risposta della rossa non tardò ad arrivare e fu anche abbastanza scontata e prevedibile alle orecchie di Michelle.

«Sei...perfetta» ammise, infatti, dando un'ultima occhiata d'insieme alla mora.

Un sorriso si dipinse sul volto di Michelle, i complimenti erano ciò di cui si nutrivano il suo ego e il suo umore e presto dimenticò quei pochi minuti di sconforto nel bagno.

«Oh, grazie!» esclamò, fingendo sorpresa per quel commento che in realtà si aspettava.

«Hai esame stamattina?» chiese poi Ashley, andando a intuito in base all'abbigliamento della ragazza.

«In realtà non io» si lasciò scappare Michelle, mentre si avviava verso l'uscita di casa. Una mano volò a coprirle la bocca, dopo che si fu accorta di aver forse rivelato troppo, poi si voltò verso Ashley con l'espressione indecisa e combattuta.

Lei intanto si era appoggiata allo stipite della porta della cucina e, ancora mezza addormentata, era avvolta da una quiete mattutina che presto sarebbe sparita.

Michelle ritornò indietro con aria guardinga, scrutò le porte delle camere delle altre ragazze per accertarsi che non si fossero già alzate, poi sospirò e si avvicinò con fare circospetto ad Ashley.

«Beh, in realtà doveva rimanere un segreto ma, trattandosi di Terence, credo che a te possa dirlo!» bisbigliò, accostandosi ad Ashley e parlando sottovoce per evitare di farsi sentire da orecchie indiscrete, nemmeno stesse per rivelare un segreto di stato.

Ashley aggrottò un poco le sopracciglia: il fatto che, solo perché la faccenda riguardava Terence, lei rappresentasse l'eccezione a cui era consentito sapere, la fece sentire piuttosto a disagio perché lasciava presupporre un legame speciale tra loro due che non c'era e che, probabilmente, non ci sarebbe mai stato.

In ogni caso Ashley lasciò correre e si sporse verso l'amica per ascoltare meglio le sue parole sussurrate.

«Oggi Terence deve sostenere l'ultimo esame. Non voleva farlo sapere a nessuno per scaramanzia.. lui è fatto così, ma ha studiato e, se andrà bene, il mese prossimo prenderà la laurea» le svelò Michelle, trattenendo a stento la gioia e afferrando le mani di Ashley nelle sue, col viso raggiante e gli occhi che brillavano di orgoglio.

Successi, traguardi importanti e gloria.

Conosceva i due fratelli da poco e ormai aveva capito che per loro quelle parole contavano più di ogni altra cosa al mondo e, dopo il racconto di Matt su tutta quella triste vicenda di cui aveva dovuto fare ingiustamente le spese, ne aveva avuto un' ulteriore conferma.

«Oh, allora speriamo bene, sono sicura che ci riuscirà!» disse a Michelle, mantenendo la voce bassa, sinceramente contenta per l'amico.

Nonostante i difetti e quella mentalità che non riusciva a condividere del tutto, rimanevano delle persone importanti per lei, senza le quali adesso non sapeva neanche dove si sarebbe trovata ed era davvero felice che potessero realizzare i loro obiettivi.

«Allora scappo! Vado a dargli un po' di supporto morale, sarà molto agitato, e poi ho intenzione di salutare dei miei vecchi professori mentre mi trovo lì - continuò a bisbiglire Michelle, dirigendosi nuovamente verso l'uscita, cercando di non fare troppo rumore coi tacchi, per poi bloccarsi poco prima di aprire la porta - E tu? Turno mattutino?» le chiese all'improvviso, voltandosi.

Ashley trasalì, le domande di Michelle spezzarono definitivamente il torpore in cui ancora si stava crogiolando e una doccia gelata le piombò addosso quando si ricordò che oggi non era un giorno qualunque ma 'quel giorno', proprio il motivo che l'aveva tenuta sveglia quasi l'intera nottata, regalandole quell'aria da zombie addormentato.

'Porca miseria, come ho fatto a dimenticarmi di...di quel.. ' pensò, ma non riuscì a continuare perché era difficile trovare una parola giusta per definire quello che la aspettava.

'Cos' è? Un appuntamento...No, dannazione! Come diavolo mi salta in mente! Un'uscita, ecco, un semplice incontro tra amici! Che poi...saremmo amici noi due? No di certo ma.. allora che cavolo siamo? Che senso ha tutto questo?'

La testa cominciò a scoppiarle e un lieve dolore si impadronì delle sue tempie, che quasi fumavano per via del flusso inarrestabile di pensieri e quesiti che aveva innescato e a cui non riusciva a dare una risposta.

Peccato che Michelle fosse ancora lì, davanti alla porta, in attesa che la rossa ritornasse sulla terra dai suoi viaggi mentali.

«Ashley?»

La voce della coinquilina le evitò di implodere, sopraffatta da tutti quei dubbi.

«Oh, scusami! Sì, oggi turno di mattina! - le rispose sbrigativa ma poi si rese conto che il peggio non era ancora finito e una nuova fitta le bucò la fronte – ah, e comunque...tornerò tardi oggi perché... - tossicchiò, per recuperare dei secondi preziosi e trovare una dannatissima scusa – ho un forte mal di gola e passerò dal medico per farmi prescrivere qualcosa!» si inventò alla fine, passandosi una mano sul collo e sperando di non risultare poco credibile.

«Aspetta, dovrei avere qualcosa in casa per il mal di gola, posso andare a controllare se vuoi..» intervenne subito Michelle, dirigendosi verso la sua stanza ma Ashley, con uno scatto, arrestò il suo cammino, maledicendo l'eccessivo altruismo dei due fratelli, che in quel momento poteva privarla dell'unica giustificazione decente che fosse riuscita a formulare.

«Ma no, tranquilla, non ce n'è bisogno! Preferisco farmi visitare, non si sa mai! Sono abbastanza ipocondriaca e sto più serena così!» insistette, e quando vide Michelle rilassarsi e tornare indietro, tirò un sospiro di sollievo.

«Come vuoi! Sono proprio in ritardo adesso! Ci vediamo stasera!» strillò la castana, catapultandosi giù per le scale e lasciando che fosse Ashley a richiudere la porta per poi accasciarvisi contro.

Rimase in silenzio, con la testa poggiata sulle ginocchia e l'amara sensazione dell'ennesima bugia ancora nel palato.

Perché si ostinava a coprire quello strano rapporto? Perché non mandava quel biondo da strapazzo in malora e ritornava alla sua vita ordinaria, piena di fantasmi dal passato ma almeno sgombra da quei nuovi pesi sulla coscienza?

Le dita le sfiorarono per caso le guance, proprio dove era rimasto impresso il ricordo delle labbra di Matt che gliele baciavano e si bagnavano delle sue lacrime e riprovò quella sensazione di calma e benessere.

Le bastò come risposta, fece forza sulle gambe e si alzò, poi udì rumori indistinti provenire dalle stanze della altre sue coinquiline e sollevò la testa, rassegnata a recitare l'ennesimo copione.

 

 

«Questo è suo, grazie e arrivederci!»

Il cliente voltò le spalle ed Ashley potè togliersi dalla faccia il solito sorriso di cortesia e ritornò a sbuffare, accasciandosi sulla scrivania, il gomito destro a fatica riusciva a reggere il peso della sua testa, che pareva fatta di piombo quella mattina, forse anche a causa dei pensieri che conteneva.

Il motivetto che Carol canticchiava da ore le stava trapanando il cervello e lei si trovava già in uno stato di sufficiente esasperazione per poter tollerare altre sollecitazioni esterne.

«Sei particolarmente allegra, oggi» le fece notare, camuffando in modo non totalmente convincente un tono infastidito.

Carol parve non farci caso, smise di emettere suoni e sospirò con aria sognante.

«E come potrei non esserlo, questo è un giorno importante!» esclamò, rizzandosi sulla sedia, come se avesse ricevuto una scossa elettrica.

«Davvero?» fece Ashley, annoiata. A lei sembrava solo una giornata più tormentata del solito.

«Oggi sono due mesi che io e mio marito siamo sposati! Ti rendi conto, già due mesi! Mi sembra solo ieri che indossavo quello stupendo vestito bianco...» le spiegò la riccia, avvicinandosi la mano al viso e rimirando l'anello dorato che spiccava attorno al suo anulare sottile, il simbolo della sua felicità.

«Oh, auguri» biascicò la rossa, con poca convinzione, appuntandosi di non sposarsi mai se doveva significare rincitrullirsi e annegare in un mare di smielatezza e banalità.

E dire che, quando era fidanzata con Patrick, le sue compagne del liceo erano convinte che sarebbero stati una di quelle coppie indistruttibili, pronti a sposarsi dopo la laurea e a sfornare almeno tre marmocchi e, per un atttimo, ci aveva quasi creduto anche lei.

Le ultime notizie che aveva di lui risalivano a un anno prima e lo vedevano impegnato all'università e fidanzato con una compagna di corso e, in fondo, era giusto che fosse andata così.

Il cellulare si illuminò ed Ashley si fiondò a leggere, per poi gettarlo svogliatamente sul tavolo quando appurò che si trattava solo di uno stupido messaggio pubblicitario.

' Che razza di stronzo inaffidabile' ripetè per l'ennesima volta in mente.

Il giorno prima Matt le aveva promesso che si sarebbe fatto sentire con un messaggio per comunicarle luogo e ora di incontro, ma mancava ormai solo un'ora alla fine del turno e tutto taceva.

L'ansia l'aveva divorata tutto il giorno e se la sarebbe risparmiata volentieri se solo avesse saputo.

E poi cos'era quell'altra morsa allo stomaco? Era forse...delusione?

Scosse la testa ed espirò l'aria rumorosamente, attirando l'attenzione di Carol.

«Aspetti notizie dal tuo ragazzo?» le chiese impertinente, non le era mica sfuggito che Ashley per tutta la mattina non aveva fatto altro che sbuffare e tenere sotto controllo il telefono ed era un comportamento a dir poco insolito per lei.

«Non ho un ragazzo, Carol!» ribattè piccata e stanca di dover continuamente respingere le allusioni della collega alla sua sfera sentimentale.

«Io preferisco il biondo, è affascinante e misterioso – continuò lei, completamente sorda alla precisazione di Ashley – anche se quello riccio con gli occhiali aveva un'aria così tenera e dolce, mentre Terence ha il carisma del ragazzo colto e sofisticato... è proprio dura scegliere, non vorrei essere nei tuoi panni, mia cara!» cercò di confortarla, battendole persino una mano sulla spalla in segno di vicinanza.

Ashley si strinse la testa fra le mani, e non potè evitare di emettere un debole e soffocato lamento.

Tra i misfatti che aveva di sicuro commesso nelle sue vite precedenti per essersi meritata tutta quella serie di eventi disastrosi che avevano costellato gli ultimi anni, ce ne doveva essere stato anche uno più piccolo, per il quale adesso le era toccato dover sopportare Carol, ne era più che certa.

Mentre era impegnata a commiserarsi un suono attirò la sua attenzione ed Ashley di getto afferrò il cellulare e lesse il mittente.

Ai suoi occhi comparì il nome fasullo con cui aveva memorizzato Matt e il cuore le fece un tuffo che lei stessa ritenne esagerato.

"Tra un'ora alla fermata dell'autobus a fianco dei giardini pubblici, quella tra il negozio di animali e il vecchio ufficio postale» lesse, muovendo debolmente le labbra senza emettere suono, poi le stesse le si piegarono involontariamente in un sorriso traditore.

«Stai sorridendo!» si intromise Carol, lanciandole un'occhiata divertita di soppiatto.

«Non è vero!» si ribellò Ashley, assumendo subito un'aria offesa e tesa, Carol ridacchiò senza più parlare.

La fermata di cui parlava Matt la conosceva, era poco lontana dal negozio e in una zona non molto trafficata, probabilmente l'aveva scelta proprio per quel motivo, anche se Ashley non aveva la più pallida idea di come avrebbero fatto dopo a girare indisturbati.

L'ansia la invase ma si sforzò di fidarsi di quel ragazzo, cosa che ancora le riusciva abbastanza difficoltosa.

Fece il conto del tempo necessario per arrivarci e giunse alla conclusione che avrebbe dovuto sgattaiolare alla velocità della luce dopo la chiusura se non voleva tardare troppo.

Quell'ora la passò a guardare a intervalli regolari l'orologio finchè, all'orario di chiusura, raggruppò velocemente le sue cose e le buttò a casaccio in borsa, affrettandosi verso l'uscita.

«Come mai così fretta di tornare a casa?» domandò curiosa Carol, quella ragazza sarebbe mai riuscita a farsi gli affari propri per una volta nella vita?

«Non torno a casa» le parole scapparono rapide dalla bocca di Ashley prima che potesse frenarle. Imprecò mentalmente contro sè stessa con una serie di epiteti davvero poco carini, ma si diede un'attenuante: i nervi tesi e l'ansia le avevano bruciato gli ultimi frammenti di lucidità ancora rimasti in corpo.

L'ultima cosa che udì fu un verso simile a un ululato malizioso che proveniva dalla boccaccia impicciona di Carol, ma le sue gambe scattarono veloci ed Ashley si ritrovò fuori dal negozio in un baleno e potè respirare, finalmente.

Adesso però arrivava il peggio.

 

 

La panchina della fermata era deserta, visto l'orario e la zona poco frequentata.

Ashley si guardò intorno con accuratezza, cercando di scorgere Matt, poi si rintanò sotto la tettoia per togliersi da una visuale più scoperta.

Michelle era all'esame di Terence e, anche se fosse già finito, quella non era una loro zona abituale e questo la rincurò notevolmente.

Si sedette sulla panchina ma non ebbe il tempo di sistemarsi la borsa sulle ginocchia che uno scooter si accostò alla fermata e appena Ashley alzò lo sguardo, attratta dal rumore, riconobbe gli occhi azzurri di Matt che spuntavano da sotto il casco.

«Scusa, è tanto che aspetti?» esordì con estrema naturalezza, rimanendo a cavallo di quell'affare senza intenzione di scendere.

Ashley scattò in piedi, confusa e sorpresa «No, solo cinque minuti..» balbettò con espressione spaesata, mentre il suo cervello tentava di elaborare ciò che sarebbe successo da lì a poco e che non le era più tanto chiaro.

«Meno male, forza, salta sù!» le intimò Matt, con la sua solita faccia sicura e irriverente.

Ashley spalancò gli occhi, e si domandò se facesse sul serio.

Camminare insieme era già pericoloso ma almeno avrebbe permesso loro di studiare eventuali pericoli con calma e di nascondersi subito o, nella peggiore delle ipotesi, fare finta di litigare ma , insieme su quel coso a sfrecciare per le strade, avrebbero potuto incrociare chiunque senza possibilità di sfuggire o di cambiare strada con facilità.

Era un suicidio in pratica e non aveva intenzione di farlo.

«Sei diventato pazzo? Non ci salgo su quel coso!» esclamò d'impulso, con la faccia sconvolta, quando capì che Matt non scherzava.

Il biondo sospirò, poi simulò un broncio e si finse offeso. «Guarda che è vecchiotto ma funziona ancora benissimo e poi non dovresti offendermelo così, è con questo che sono fuggito da casa mia, è il mio compagno di sventure e ci sono affezionato!» disse, accarezzando lievemente la carrozzeria sbiadita dello scooter con un fare così protettivo che Ashley, nonostante la situazione, non trattenne un sorriso.

«Non intendevo dire che fa schifo... - precisò, intuendo l'equivoco – solo che così rischiamo di farci beccare più facilmente e...io... sai che non mi va...» cominciò a parlare in maniera sconnessa e affannandosi ma Matt la bloccò, per evitarle un'asfissia o un attacco di panico.

«Calmati Ashley! Mi dispiace, ho anche un'auto ma per il posto in cui dobbiamo andare era scomoda e inutile. Comunque, visto che continui a pensare che io sia uno stupido... - Matt si interruppe per abbassarsi a prendere un oggetto che pendeva davanti a lui, sotto il manubrio, ma che Ashley non aveva notato subito, presa dal terrore – mettiti questo e sbrigati a montare sù, è più pericoloso se continuiamo a stare fermi qua a discutere come due babbei!.» concluse e le porse un casco integrale, uno di quelli che si usano per andare sulle moto.

Dovette dargli ragione, era rischioso stare fermi a dare spettacolo, così prese con esitazione il casco e lo guardò, rigirandoselo tra le mani.

«Sì, lo so, sembrerai un'idiota con quel coso enorme in testa su quest'affare, ma almeno sarai un'idiota irriconoscibile» la tranquillizzò a modo suo, convincendola.

Ashley indossò il casco, sentendosi immeditamente più tranquilla col viso coperto, poi si avvicinò al mezzo, mentre Matt si spostò in avanti per farle più spazio.

Appoggiandosi al sellino, salì a cavalcioni e si posizionò il più lontano possibile dal ragazzo, per evitare qualunque contatto che potesse riaccenderle le sensazioni di quel pomeriggio, le quali le tornarono in mente, arrossandole le guance nascoste dal casco.

«Posso?» Matt le chiese il permesso di partire ed Ashley gli diede risposta affermativa poi, non appena lo scooter cominciò a muoversi, le sue solite paranoie ripresero la loro ordinaria attività.

«Si può sapere dove hai intenzione di portarmi?» urlò, cercando di farsi sentire e lasciando trapelare una certa diffidenza.

Matt aveva detto che quel posto era irraggiungibile in auto ed Ashley si chiese se non fosse un postaccio sperduto dove nessuno potesse sentirla o vederla in alcuna situazione.

«Questa cosa che mi credi un serial killer o un maniaco comincia a diventare offensiva – le comunicò tranquillo, voltando appena la testa per incontrare i suoi occhi spauriti – e comunque se non ti fidi di me almeno fallo di Luke, secondo te un ragazzo così tranquillo e sincero potrebbe mai essere amico di un delinquente? Sembra che ormai voi due vi conosciate, no?» le frecciò, facendole capire di essere perfettamente al corrente del loro incontro segreto, aveva già provveduto a fare una finta lavata di capo a Luke per aver spifferato il suo numero di telefono.

«Scusa, è solo che... sono un po' nervosa» si giustificò sinceramente, mentre stava aggrappata al sellino per evitare qualche scossone.

«Stà tranquilla e goditi il giro» ripetè lui, con gli occhi fissi sulla strada.

Ashley si lasciò rassicurare e finalmente riuscì a sentire il vento piacevole che le carezzava le braccia e la sensazione di libertà data delle strade che scorrevano sotto i suoi piedi e la portavano via, lontano dalla città affollata e dai suoi problemi.

Non si parlarono per tutto il tragitto, ognuno perso nei propri pensieri, poi, dopo un quarto d'ora circa, la voce di Matt si rifece viva.

«Da questo punto in poi ti conviene tenerti a me, la strada è un po' stretta e malandata» la informò e probabilmente era quello il motivo per cui portare la macchina non sarebbe stata una scelta saggia.

«Tranquillo, non credo ce ne sia bisogno» si affrettò a rifiutare, decisa a evitare quel contatto.

Matt scrollò le spalle e continuò, mentre Ashley serrò le dita con più forza sul sellino, facendo fatica a rimanere stabile perché la strada era diventata davvero sconnessa e piena di sassi.

Uno scossone più forte mandò a monte i suoi intenti e la fece finire spiaccicata sulla schiena di Matt, così schiacciata a lui che riuscì a sentire il sussulto del suo torace quando rise di lei.

«Ti avevo avvertita, razza di testarda!» la rimproverò scherzando, poi percepì le braccia della ragazza che si arrendevano e gli circondavano i fianchi, esitando un po', le mani sottili che si fermavano sull'addome, delicate, senza premere troppo, la morbidezza delle sue forme contro la schiena.

Senza volerlo si trovò a reprimere un brivido di piacere, causato da quei semplici tocchi innocenti ma involontariamente capaci di accendere i suoi sensi, però non potè cancellare quell'irrazionale pace che invase il suo essere, adesso che i loro corpi avevano aderito.

Quando lo scooter rallentò Ashley capì di essere quasi arrivata, così mollò la presa attorno ai fianchi di Matt e si scostò da lui, ignorando quella sensazione di vuoto che seguì alla perdita del contatto col biondo.

«Siamo arrivati!» confermò lui, deviando verso sinistra alla ricerca di un punto tranquillo in cui abbandonare il suo adorato scooter.

Ashley scese dalla sella e si guardò intorno.

Era stata così impegnata a preoccuparsi – prima - e a controllare le sue sensazioni – dopo - quando aveva abbracciato Matt per non volare via, che non aveva più fatto caso al paesaggio che cambiava e a dove il suo compagno di avventure l'avesse condotta.

Si meravigliò nel notare che non era affatto un luogo desolato o squallido di chissà quale degradata periferia, come forse la parte più diffidente di lei si sarebbe aspettata, ma aveva tutta l'aria di essere un ridente parco e nemmeno tanto solitario, visto che ci passeggiavano famiglie con bambini, coppie e gruppi di ragazzi.

Quell'ambiente verde, dove l'erba curata e fresca rifletteva l'ombra pacifica delle fronde dei grandi alberi sparsi qua e là, senza un ordine preciso, mosse dalla brezza leggera, la tranquillizzò all'istante, infondendole un senso di serenità che le ridiede un respiro regolare e calmò i battiti del cuore.

Doveva trattarsi di un posto quieto lontano dalla città e poco conosciuto, dove la gente si recava per trascorrere qualche ora di pace via dallo smog e dal caos che imperava sovrano nella quotidianità.

«Allora, valeva la pena ascoltarmi?» le chiese Matt, giungendole alle spalle dopo aver sistemato il suo mezzo di trasporto.

«É meraviglioso, non sapevo esistesse un posto così a pochi minuti dalla città» gli disse, ancora incantata ad ammirare le chiome degli alberi e i fiori che coloravano qua e là la distesa di verde.

«Non è molto gettonato, la strada per arrivarci non è proprio il massimo, come hai potuto constatare – le chiarì, prendendo a camminare lungo un vialetto alla ricerca di un'area tranquilla e appartata in cui fermarsi – di sicuro non è un luogo che Terence e i suoi frequenterebbero, troppo poco raffinato e in vista per loro, quindi ho pensato fosse perfetto per evitare che ci vedessero insieme»

Ashley lo osservò, alzando lo sguardo, e cercò di studiare il suo bel viso, così imperturbabile e privo di qualunque segnale o indizio su ciò che gli girava in testa.

«Ti ringrazio» mormorò flebilmente, quasi timorosa di essere sentita. In fondo Matt aveva mantenuto la parola e si era prodigato perché rischiasse il meno possibile, anche se per colpa di una situazione di odio in cui la vera vittima era lui.

«Lascia stare – tagliò corto, poi si fermò dopo aver individuato un angolo di prato libero e distante dalla gente, che sembrava ideale per loro – ti piace qua?» le chiese.

Ashley annuì, Matt tirò fuori dalla tracolla un telo, lo stese per terra e vi si accomodò, senza dire nulla a lei, che però lo imitò subito dopo, occupando la porzione di stoffa diametralmente opposta alla sua.

Seguì un silenzio imbarazzante, intervallato solo dal fruscio delle foglie e dal cinguettio degli uccelli, un silenzio così pesante che fece riaffiorare in men che non si dica tutti gli interrogativi irrisolti di Ashley.

Che ci faceva lì con lui? Perchè aveva accettato e che senso aveva per loro vedersi?

Non sapeva cosa fare, nè cosa dire e prese a giocherellare con dei fili d'erba senza riuscire a spiccicare più parola.

«Mi dispiace per l'altro pomeriggio, ti giuro che non sapevo che Luke sarebbe passato, e non volevo certo farti sentire in trappola» fu Matt a rompere quell'atmosfera pesante ed Ashley gliene fu immensamente grata.

«Non preoccuparti, l'ho capito. - gli sorrise, sentendosi già più a suo agio – e poi Luke è stato molto convincente!» gli rivelò, ormai aveva capito che il suo amico era stato smascherato.

Matt si aprì in una risata cristallina ed Ashley si ritrovò a guardare attentamente il suo profilo lineare, i capelli lunghi e scompigliati che gli ricadevano dietro la nuca, gli occhi socchiusi, la sua pelle chiara e quelle braccia che l'avevano stretta poco tempo prima nel suo studio, tese e poggiate per terra per sostenere il suo peso.

«Che bastardo» mormorò il biondo tra sè e sè, riferendosi all'amico.

«Ci tiene molto a te» precisò Ashley, addolcendo lo sguardo, sempre fisso su di lui.

«Lo so» rispose pacato lui, buttando indietro la testa e fissando i giochi di luce che gli alberi creavano con le loro fronde.

Ashley incrociò le gambe e posò lo sguardo sulla distesa di verde lì intorno; non era così che si era immaginata quella giornata, in realtà non era riuscita a immaginarsela per niente e adesso ne era rimasta colpita, era tutto surreale e magico e sì, lei stava bene, ancora una volta, ancora insieme a lui.

«Beh, mi aspettavo il gelato, ma questo non è da meno!» scherzò, ormai la tensione di prima era sparita ed Ashley si tolse la felpa, ormai riscaldata dalla temperatura mite del posto.

Matt si rialzò di colpo e battè una mano sulla fronte, poi si girò e afferrò la tracolla con urgenza.

«Cazzo, che stupido, quasi me ne dimenticavo! - sbottò, poi frugò nella borsa e ne estrasse una vaschetta piccola di gelato con due cucchiaini – ecco qua, piccola donna senza fede, direttamente dal supermercato! - la apostrofò, guardandola con sfida – non possiamo sederci pubblicamente in un bar senza rischiare lo scoppio di una rissa o una catastrofe nucleare, quindi mi sono arrangiato!» scherzò su quella situazione penosa, rendendola così tragicomica da fare esplodere la sua compagna in una risata liberatoria.

«Così è ancora meglio, anche se sarà liquefatto» lo stroncò Ashley, facendo la guastafeste con un sorriso furbo sulle labbra, come se avesse davanti un suo vecchio amico.

«Sei davvero disfattista! - si lamentò lui, poi aprì il coperchio e le mostrò il contenuto, piegando da un lato la vaschetta, parte del gelato colò miseramente – beh, è una specie di poltiglia- frappè semi-solido, ma è pur sempre cioccolato, di solito piace a tutti» provò a cadere in piedi Matt, facendo ridere Ashley per la seconda volta in un solo pomeriggio, quasi un record per lei, negli ultimi tempi.

«Andrà benissimo» gli disse, ancora scossa da qualche risata.

Matt la osservò con interesse, non era uno spettacolo frequente vederla ridere di gusto e la cosa gli provocò una sensazione piacevole all'altezza del petto, che riaccese in lui quell'attrazione misteriosa.

Non aveva certo dimenticato quel bacio mancato e, osservandole le labbra, riprovò la stessa identica voglia di affondarci di quel pomeriggio.

Le prese il mento con le dita e lo sollevò per portarlo alla sua altezza, la percepì irrigidirsi e immobilizzarsi al suo tocco, le labbra rosee le si schiusero per la sorpresa, ma furono i suoi occhi a distrarlo irrimediabilmente e a catturare tutta la sua attenzione.

Quel castano chiaro aveva una luce diversa, luminosa e calma e la tempesta che di solito vi scorgeva sembrava essersi rasserenata.

«Sono diversi» sussurrò a due passi dalla sua bocca, ma con gli occhi fissi nei suoi. Non ci fu bisogno che specificasse l'oggetto del discorso perché Ashley capì subito.

«Mi sento meglio oggi, qui...con te...- azzardò, ma poi si rese conto dell'idiozia che era appena uscita dalla sua bocca e tentò di correggere il tiro – nel senso che...questo posto mi fa sentire bene, è così tranquillo e...»

«Quando ridi sei molto più sopportabile, l'acidità e l'astio non ti donano, sai?» la punzecchiò, togliendola dall'imbarazzo e allontanandosi da lei, facendo scivolare via le dita dal suo mento.

«Senti chi parla, e a te non donano la presunzione e l'arroganza, non te l'hanno mai detto? - gli rispose per le rime, sembravano di colpo regrediti alle fasi inziali del loro rapporto ma c'era una confidenza diversa ad animarli – Ho fame!» borbottò poi, strappandogli via il gelato mezzo sciolto dalle gambe e cominciando a mangiarlo.

Matt le si affiancò in silenzio e la imitò, tuffando il cucchiaio nella vaschetta.

Ashley rimase con gli occhi fissi sul gelato, che per fortuna raffreddò i suoi bollenti spiriti e le fece dimenticare i brividi provati prima, quando le loro labbra si erano trovate di nuovo a un passo dall'incontrarsi e lei aveva desiderato con tutte le sue forze scontrarsi con lui e stringerlo di nuovo, come sullo scooter.

Il cellulare le squillò dalla borsa e quando Ashley lesse il nome lampeggiante raggelò, ma decise comunque di rispondere, per non destare sospetti.

«Pronto, Michelle - ripose tremando, Matt a quel nome si voltò verso la rossa con una vaga aria pensierosa a increspargli la fronte.

«Ehi, Ashley, volevo solo dirti che Terence ce l'ha fatta! Tra un mese si laurea! Tieniti libera per i prossimi giorni perché ci sarà da festeggiare, ok?» urlò Michelle dall'altra parte, così forte da perforarle il timpano. La sua gioia, dopotutto, era comprensibile ed Ashley sorrise, anche se col cuore in gola.

«Sono davvero felice per lui, fagli i miei complimenti, anche se di sicuro ci vedremo!» disse, con gli occhi puntati su quelli chiari e pungenti di Matt, in una situazione a dir poco assurda.

Se solo avessero saputo con chi si trovava in quel momento!

«Certo! Tu come stai? Già finito dal dottore?» domandò l'amica, completamente ignara della sua reale localizzazione.

«Ehm, no, il dottore non è ancor arrivato, credo che perderò ancora del tempo!» balbettò, gettando un'occhiata sbilenca a Matt, che adesso stava ripiegato su sè stesso, coi capelli sulla fronte, a farsi una delle sue solite sigarette.

«Beh, mi dispiace! A stasera allora, devo raccontarvi un sacco di cose!» la salutò Michelle, ancora esaltata per la notizia, Ashley riattaccò, sospirando rumorosamente.

Il ghigno sul viso di Matt non preannunziava nulla di buono.

«Dal dottore, eh?» rimarcò con tono ironico, passando la lingua sul lembo della cartina per chiuderla e risultando terribilmente lascivo e provocante.

«Beh, qualcosa dovevo pur inventare, no?» si difese Ashley, voltando la testa dall'altra parte per non farsi abbindolare dal fascino di quell'insolente, al quale evidentemente non era immune.

Quando rigirò la testa se lo trovò a pochi centimetri di distanza, silenzioso e agile come un gatto, con la sigaretta ancora spenta a mezz'aria e quegli occhi penetranti fissi su di lei, quasi imploranti.

Non pareva più voler scherzare, adesso.

«Perché lo fai?» le domandò serio, confondendole le idee.

«Che intendi?»

«Perché sei qui?» riformulò la domanda, senza muoversi di un millimetro.

«Sei tutto matto, sai? Sei stato tu a portarmici!» rispose lei con la voce tremolante, squadrandolo con sospetto.

Si era fatto strano in viso, serio e.. ansioso?

«Questo lo so. - dichiarò calmo, poi le scostò dei capelli dalla fronte per renderle libero il viso e potersene cibare, poterlo indagare senza pietà, facendola sentire nuovamente esposta – Intendo, perché con me, perché racconti frottole per vedermi?» le chiese, un' improvvisa necessità di comprendere si era insinuata in lui e premeva per uscire.

Bramava di capire, di sentirle dire che i dubbi che lui covava erano gli stessi che assillavano anche lei, che non c'era nessuna fottuta spiegazione a ciò che stava accadendo tra loro, che non era impazzito e che, nonostante tutto, andava bene, maledettamente bene.

Ashley aprì bocca ma non uscì alcun suono, rimase a fissare Matt, a desiderare che la toccasse, che le parlasse di nuovo di lui, di come si sentiva, di come la capiva; voleva ancora una volta tuffarsi in lui e sentire l'anima di quel ragazzo carezzare la sua e ripulirla, toglierle via anche solo un po' di inquietudine.

Sarebbe andata bene come risposta?

«Io...non...» provò ad articolare ma le parole non ne volevano sapere di mettersi in fila e formare un discorso di senso compiuto.

Matt sorrise, lui la sua risposta l'aveva ottenuta.

Rimase a bearsi del suo viso smarrito, di quella pelle diafana, dei capelli rossi che luccicavano quando qualche raggio faceva capolino tra i rami, del tremore che lei non era proprio capace di nascondere, mentre osava un debole tentativo di allontanarsi da lui, che il suo corpo però non assecondò.

Perché lei lo voleva vicino, lo voleva addosso esattamente come lui e fingere ormai non serviva più a molto, erano due bombe a orologeria pronte a esplodere e l'unica incognita era solo quando sarebbe successo.

La trovò bella e irresistibile e la desiderò ancora una volta, col corpo e con lo spirito.

«Che fai?» domandò Ashley, con la voce spezzata dalla paura di una risposta che l'avrebbe confusa ancora di più.

«Annego»

Matt non la deluse, fu criptico, come sempre, come i primi tempi in cui quelle sue frasi misteriose la mandavano in confusione e lei lo respingeva per poi ricascarci, mentre adesso no, adesso si era stancata di lottare.

«Cosa? Non capisco» provò a domandare quando invece, inconsciamente, dentro di sè aveva ben chiaro cosa Matt intendesse.

«Neanche io» la spiazzò.

Ashley tremò, e nelle risposte di quel ragazzo riuscì a leggere tra le righe le stesse emozioni che lei provava, sperando di sbagliarsi, perché di guai ne aveva avuti abbastanza e non voleva aggiungerne un altro sulla lista.

«Lo ribadisco, sei tutto matto! – asserì, trovando la forza di staccarsi da lui e riprendere fiato, fino a gonfiare i polmoni, come se per tutto il tempo avesse trattenuto il respiro sott'acqua e fosse riemersa solo ora – e fammi una di quelle!» gli ordinò secca, indicando la sua sigaretta prima di stringersi le ginocchia e coprire il volto con una mano per sorreggerselo.

«Da quando fumi?» Matt si allontanò, rompendo la magia e recuperando il necessario per accontentarla.

«Stà zitto e fallo» insistette, osservandolo sorridere di nascosto, da sotto qualche ciocca di capelli rossi che usava come scudo.

Non fumava ma in passato le era capitato di farlo quando era agitata o quando si sentiva strana e mai come il quel momento ne ebbe voglia.

«Agli ordini» le sussurrò, armeggiando col tabacco, per poi passarle l'oggetto desiderato una volta che ebbe finito.

«E adesso sdraiati, il cielo è limpido, oggi» le suggerì lui, tirandola dolcemente per un braccio, mentre si stendeva con le braccia incrociate dietro la nuca.

'Come i tuoi occhi' le avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece, le bastò sentire le loro mani che si toccavano e la testa di lei che sfiorava la sua spalla, in silenzio.

 

 

 

 

 

 

  
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