Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: kamony    05/05/2017    8 recensioni
Qui si narra di pirati leggendari conosciuti in tutte le galassie per le loro gesta. C'é chi li considera eroi e chi li considera criminali . «La verità a volte è molto lontana da ciò che sembra» dice Harlock...
Tra vecchie conoscenze e nuovi protagonisti si snoda questa storia "diversa", ambientata in un "other verse" in cui potrete riconoscere tante sfaccettature dei molti universi, in cui è apparso il nostro pirata spaziale, e non. Una sorta di mashup (letteralmente mescolare), un racconto diverso da ogni storia che ho scritto in precedenza. ➤➤【INCOMPIUTA】
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Nuovo personaggio
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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6

Harlock improvvisamente ruzzolò da una parte all’altra del grande letto a baldacchino, sul quale si concedeva qualche ora di sonno, e cadde sul pavimento. Si svegliò di colpo. Imprecò appena a denti stretti per la sorpresa e poi scattò in piedi.
L’Arcadia aveva fatto una manovra strana e molto brusca. La cosa non gli piacque per niente. Si rivestì in fretta e prontamente uscì dalla sua cabina, per raggiungere il ponte di comando e capire che cosa stesse accadendo.
In postazione trovò Yattaran, anche lui era stato sbalzato fuori dal letto e si era precipitato a controllare. Stava spasmodicamente visionando lo schermo della sua postazione con aria preoccupata.
«Che diamine succede?» gli chiese Harlock accigliato.
L’Arcadia di notte navigava in modalità automatica, gestita e controllata dal Computer Centrale. Quell’avaria aveva l’acre sapore del pericolo.
Il primo ufficiale continuò a tenere lo sguardo incollato sui dati che gli scorrevano davanti.
«Sembrerebbe… - esitò appena - …un guasto del Computer Centrale» pronunciò poi con cautela, come se avesse paura di affermarlo a voce alta.
Harlock strabuzzò l’occhio buono.
«Che dici? È impossibile!».
Se fosse stato vero, la cosa avrebbe implicato, di conseguenza, un danno alla mente di Tochiro, che ancora viveva sotto forma di essenza spirituale inglobata in quel particolare computer. Il Capitano non voleva neppure contemplare una simile prospettiva, ma, in preda alla preoccupazione, si precipitò subito nella sala dove era allocato lo speciale macchinario, la cui particolare peculiarità era però sconosciuta ai più. Quando entrò gli fu subito chiaro che Yattaran aveva visto giusto. L’enorme massa composta da metallo, titanio e fili intrecciati, sempre illuminata da una miriade di luci colorate, che si accendevano e spegnevano in modo aritmico, ora appariva come disattivata. Buia. Morta. Come se qualcuno avesse tirato via la spina di botto e creato un guasto. Era rimasta accesa una sola e unica lucina rossa, che lampeggiava flebilmente, ricordando uno di quei segnali di avaria, o pericolo, tipici dei vecchi computer di una volta.
«Tochiro, amico mio! Che succede? Parlami!» disse Harlock molto preoccupato, poggiando le mani nude sul freddo acciaio. Non era mai capitata prima una cosa del genere e tutto ciò non gli piaceva affatto.
Il silenzio fu una risposta più che eloquente.
Il Capitano allora non ebbe più dubbi, uscì subito da quella specie di Sancta Sanctorum e come una furia irruppe nella cabina di Portia.
La donna, sebbene colta nel sonno, non si fece sorprendere e gli si avventò contro, sfoderando un pugnale che teneva sotto il cuscino. Ebbe un attimo di esitazione solo quando si rese conto che si trattava di lui. Per scongiurare quella minaccia inattesa, era balzata dal letto con uno scatto felino, incurante di indossare solamente slip e canotta. Harlock allora le afferrò il polso e lo strinse in una morsa d’acciaio, obbligandola così a mollare la presa. L’arma bianca cadde ai suoi piedi producendo un rumore metallico. Portia non si arrese e fece per sferrargli un calcio, ma il pirata fu molto più veloce di lei e le girò il braccio, immobilizzandola con la schiena contro il suo corpo.
«A che gioco state giocando?» le sibilò tagliente in un orecchio.  
Non era da lui essere così aggressivo, ma si trattava di Tochiro e aveva perso il lume della ragione, come poche volte gli accadeva.
«Non so di che cosa tu stia parlando» gli rispose Portia con la voce arrochita dal dolore che la torsione al braccio le procurava.
Harlock serrò ancora di più la stretta facendola guaire per la fitta lancinante che le provocò.
«Sì che lo sai! Non avrei dovuto fidarmi di un manipolo di delinquenti prezzolati come voi».
«Senti chi parla. L’agnellino!» lo schernì lei.
«Non ho voglia di perdere tempo. Dimmi subito che cosa avete fatto al Computer Centrale e ti risparmierò la vita».
«Dannazione! Come devo dirtelo? Non so di che stai parlando!».
«Non ti sei neppure accorta della manovra brusca che ha fatto la nave, vero? Ma certo, perché tu ne eri al corrente».
«Me ne sono accorta eccome, pensavo a un errore e mi sono rimessa a dormire, dato che tutto pareva rientrato subito nella norma».
«Hai sempre la risposta giusta» commentò sarcastico, aumentando ancora la torsione, portandola quasi al limite della frattura.
Portia si sentì mancare per il dolore e finse di cedere. Harlock che era comunque un uomo non avvezzo ad usare tali metodi, temendo di avere esagerato, allentò appena la presa. Fu in quel momento che la donna, con il calcagno, gli assestò un poderoso calcio in uno stinco. Lui, colto di sorpresa, accusò il colpo e mollò quasi del tutto la stretta, allora Portia, fulminea, si girò e gli assestò un pugno di una potenza inaudita che lo fece quasi vacillare, sia per il dolore, ma più che altro per la sorpresa. Picchiava con più forza di un uomo del doppio della sua stazza. Lei, intanto, approfittando del vantaggio recuperò il coltello e, prima che il Capitano potesse fare, o dire nient’altro, glielo puntò dritto alla giugulare.
Harlock si riprese subito dalla sorpresa iniziale. Freddo e con una calma spaventosa avanzò impercettibilmente verso di lei, facendo in modo che la punta della lama gli ferisse appena la gola, giusto per farle capire che non aveva paura, né che la temeva.
Portia, di contro, non si fece neppure scalfire dall’audacia dell’uomo e, anzi, aumentò ancora di più la pressione, aprendo appena i lembi della ferita e facendo così stillare da essa una goccia di sangue, che colò lungo il collo del pirata.
«Vedo che non hai paura, ma sappi che potrei tagliarti la gola» gli disse decisa.
«Fallo» la sfidò con distacco.
In realtà era già pronto a disarmarla una seconda volta, ma a sorpresa la donna allontanò l’arma dalla sua carne e gli porse il coltello dalla parte del manico.
«Non sono qui per ucciderti né per ingannarti. Qualcuno sta giocando sporco per confondere le acque. La posta in gioco deve essere altissima, spero tu mi creda e spero che tu voglia andare a caccia del vero responsabile dell’avaria, ma soprattutto spero che tu voglia andare in fondo a questa faccenda, perché, credimi, si sono impegnati troppo, quindi qualcosa di terribile e grave accadrà presto».
Fu a quel punto che l’interfono gracchiò.
«Capitano! Dove siete? Venite sul ponte, io e…come ti chiami tu? - chiese Yattaran - ah..., sì, ecco… io ed Emily abbiamo appena scoperto che Dupont è evaso!».
«Che ci fa lei lì? Immobilizzala e non farla scappare, arrivo subito!».
«Immobilizzarla? Capitano, ma che dite?».
«Per una volta dammi ascolto, Yattaran».
«Va bene…» rispose interdetto il primo ufficiale. Non voleva protrarre oltre la discussione, perché aveva avvertito che Harlock era molto arrabbiato, ma la ragazza lo stava aiutando e non certo ostacolando.
«Continui a non fidarti? Emily è solo una ragazzina, ma è molto in gamba, sicuramente sta collaborando con il tuo uomo» gli disse Portia amareggiata.
Harlock non le rispose e le lanciò un’occhiata intensa e molto severa, tanto che la donna per la prima volta, da quando lui aveva fatto irruzione nella sua cabina, si sentì a disagio nell’essere in biancheria intima.
«Vestiti!» le intimò, come se le avesse letto nel pensiero.
«Girati» replicò seccata, ma solo per controbatterlo, il suo atteggiamento l’aveva innervosita non poco.
Il Pirata incrociò le braccia al petto e non si mosse. Pur non parlando, la sua risposta fu eloquente.
«Che gentiluomo!».
«Non m’interessano le tue grazie. Ma se pensi che ti volterò le spalle, per darti un vantaggio, te lo puoi anche scordare» spiegò tagliente.
Portia non gli rispose più e con aria di sfida, fissandolo dritto nell’occhio, si tolse la canotta, si mise il reggiseno e in fine indossò la tuta. Lui, immobile, inespressivo, sembrava una statua di ghiaccio, come se la vista delle sue nudità non gli facesse né caldo né freddo, e in realtà era proprio così. Dopo la sua esperienza con le mazoniane, si era abituato a essere impermeabile alla bellezza femminile, non era certo tipo da farsi abbindolare dall’avvenenza di una donna, seppur attraente e sensuale come effettivamente era Portia. Di contro, lei non era una che si formalizzava troppo, così non le era pesato mostrarsi a lui, anche se la sua aperta indifferenza l’aveva indispettita. Non era abituata a essere ignorata.
«Ora che ti sei goduto lo spettacolo possiamo anche andare» lo punzecchiò.
Lui non le rispose, l’afferrò saldamente per un braccio e se la portò dietro.


***


Dopo i dovuti chiarimenti trai due equipaggi, Yattaran rilevò che il Computer Centrale era come in stand by, una sorta di coma indotto elettromagnetico. Non era rotto, né fuso, ma non funzionava. Era come congelato. Dopo questa scoperta, che era sicuramente terribile, ma che lasciava aperta la porta alla speranza di poterlo riattivare e ripristinare, era stato deciso di esaminare il sistema di sicurezza della nave e di esaminare le videoregistrazioni della sala, l’unica parte dell’Arcadia che aveva un sistema di sorveglianza video perpetuo, con archiviazione telematica e automatica.
Entrambi gli equipaggi erano sul ponte, a cercare di capire che cosa fosse accaduto e come avesse fatto Dupont, notoriamente impedito e molto maldestro, a causare quel guasto, evadere e a sparire nel nulla all’interno dell’Arcadia, tutto da solo.
Yattaran, seguito passo dopo passo dalla giovane hacker Emily Kolburn, nome in codice “E”,
si apprestò a visionare il materiale, per vedere di venire a capo di qualcosa.
Non era così semplice come poteva apparire, causare danni a quello speciale computer, dato che era dotato di un sistema di auto protezione a prova di bomba.
I video però non mostravano nessun intruso o sabotatore. Sembrava che l’unico a essere entrato e uscito da quella sala fosse stato solo Harlock. L’unica cosa che si vedeva era che a un certo punto, proprio poche ore prima, si era prodotta come una piccola scintilla, a causa della quale il Computer Centrale si era spento di colpo, eccenzion fatta per quell’unica lucina rossa.
Yattaran e la ragazzina si guardarono negli occhi.
«Anche tu lo pensi?» chiese lei.
«Sì» le rispose grave il primo ufficiale.
«Intendete rendere partecipi anche noi? » chiese spazientito Harlock, che ancora nutriva numerose riserve su quegli ospiti indesiderati, sebbene fosse stata sancita una sorta di tregua momentanea, per cercare di risolvere il grave problema che stava minando anche la loro collaborazione.
«Sì, Capitano, scusate. Dunque, sia io che Emily pensiamo che nonostante l’apparenza si tratti sicuramente di un sabotaggio».
«Ad opera dei fantasmi?» s’intromise  sarcastico Boone.
«No. Il trucco deve esserci per forza, tutto sta nello scoprirlo» ribatté Emily.
«Personalmente, nonostante le grandi innovazioni degli ultimi tempi, non credo sia stata messa a punto nessuna tecnologia che renda invisibili le persone» commentò Kei fulminando Portia con lo sguardo.
La giovane ufficiale era rimasta molto male nel vedere che Harlock era stato ferito, seppur lievissimamente, dalla procace nuova arrivata, che non le piaceva neanche un po’. Infatti di sua spontanea iniziativa aveva deciso di tenerla strettamente sott’occhio e la studiava.
«Non risulta neanche a me» intervenne Griffin Jones, nome in codice “F”
. Il suo parere era piuttosto autorevole perché, da ex poliziotto dell’Autorità Galattica, a suo tempo aveva avuto accesso a file classificati e riservati di un certo livello. Di certo una tecnologia del genere sarebbe stata data loro in dotazione, se fosse esistita, anche a livello di prototipo.
«Posso fare una ricerca. Sono in grado di intrufolarmi nel loro archivio dati » disse con la sua voce metallica e argentina Android.
«È troppo rischioso, potrebbero scoprirti e localizzarci» le disse Portia.
«Non se noi, mentre lei ricerca, le azioniamo uno schermo protettivo elettromagnetico» disse Emily scambiandosi un’occhiata d’intesa con Yattaran.
«Cioè?» chiese Kei non capendo bene.
«Lascia perdere, roba da smanettoni, bionda» le spiegò in modo piacione Boone facendole l’occhiolino.
Kei stava per rispondergli a tono, ma fu anticipata.
«Procedete» disse Harlock, che non aveva voglia di perdere tempo. Si fidava delle capacità di Yattaran e anche quella ragazzina gli pareva in gamba e sveglia, ma soprattutto non era il caso di indugiare oltre.
Collegarono Android alla rete dell’Arcardia, poi Yattaran ed Emily si misero, ciascuno per conto proprio, a lavorare alacremente per schermarla e lasciarla libera di intrufolarsi negli archivi segretati della Coalizione e dell’Autorità Galattica.
Dopo circa quaranta minuti di ricerca, Android aprì gli occhi e sorrise.
«Non esiste nessuna traccia di tecnologie invisibili o similari».
«Ve l’avevo detto!» disse Griffin.
«Però ho scoperto una cosa interessante» aggiunse.
«Cosa?» le chiese Yattaran
«Se resto collegata ai vostri computer posso pilotare questa nave, posso sostituire il vostro pilota automatico avariato».
«Levatelo dalla testa! - saltò su Maji - Non ti daremo mai accesso ai nostri file criptati! Scopriresti tutti i segreti dell’Arcadia».
«Volevo solo rendermi utile. Essere… come dite voi umani? Ah sì, amichevole!» ribatté l’umanoide artificiale.
«Basta con queste chiacchiere inutili. Continuate a cercare» intervenne Harlock, che poi abbandonò tutti e si diresse nuovamente nella sala del Computer Centrale. Tutto desiderava, meno che venisse svelato IL segreto.


Qualche ora seguente, dopo svariate visioni e revisioni del materiale video, Emily ad un certo punto notò un particolare quasi impercettibile. Un bruscolino nero che si spostava nella stanza. Yattaran prontamente isolò un fotogramma e ingrandì l’immagine.
«Ma è una mosca!» si meravigliò sbigottito il primo ufficiale.
«Non è possibile!» gli fece eco Kei, che accorse a sincerarsi con i propri occhi.
«Che c’è di strano? Sembra che non ne abbiate mai vista una» commentò stupito Tetsuda.
«Sono anni che non facciamo scalo sulla Terra - spiegò duro Harlock, che era spuntato all’improvviso - quindi è impossibile che una mosca si sia introdotta sulla nave».
«Potrebbe essere un alieno killer a forma di mosca? Ah no, aspetta, un alieno che ha usato il correttore retinale per fingersi una mosca, meglio eh?».
«Finiscila di fare l’idiota una volta tanto, Marcus!» lo redarguì Portia.
«Più che una mosca pare un moscerino -  disse Emily che lo stava osservando attentamente - Vediamo se riesco ad ingrandirlo ancora di più» e cominciò a spippolare freneticamente sulla tastiera.
Yattaran la seguiva con lo sguardo, era dura da ammettere ma quella ragazzina era una potenza e conosceva dei trucchetti che avrebbe tanto voluto imparare.
«Ecco, ci sono!» disse Emily con aria trionfante «Le zampe hanno qualcosa che non va, non hanno quella sorta di peletti finali».
«E quindi?» chiese polemica Kei.
«Potrebbe darsi che non sia un vero moscerino - spiegò Emily - Android, per favore, fai una ricerca per vedere se esistono nuove nanotecnologie».
La macchina sorrise ed annui e cominciò subito, pochi secondi dopo aprì gli occhi.
«Esiste un progetto chiamato Maikuro, in cui sono stati sviluppati, tra le altre cose, anche micro robot. Alta tecnologia a forma di insetto».
«Bingo!» esultò Yattaran.
«Che c’è?» chiese Emily.
«Ho isolato una parte del video e l’ho ingrandito al massimo!».
Subito lo trasferì nello schermo olografico, per renderlo visibile a tutti.
Si vedeva chiaramente il moscerino meccanico che volava verso il Computer Centrale, vi ci posava sopra, emetteva una microscarica di qualcosa, evidentemente molto potente, e lo metteva fuori uso.
«Ora non ci resta che capire chi ha introdotto questo micro ordigno sull’Arcadia e dov’è finito il vostro amico» commentò molto seria Kei, fissando l’equipaggio della Raza. Per lei erano colpevoli, senza ombra di dubbio.
«Credo che sia tutto chiaro a questo punto. Ho capito come ci hanno fregato, senza volerlo è stato uno dei tuoi uomini ad aprirmi gli occhi - disse criptico Harlock a Portia - Tu verrai con me a ritrovare il fuggitivo. I tuoi amici, invece, saranno rimessi sotto chiave».
«Ma Capitano, Emily ci ha aiutati» disse mogio Yattaran. La ragazzina gli piaceva e gli ricordava tanto Mayu.
«Solo in via precauzionale» spiegò Harlock.
«Non ti preoccupare, li terremo chiusi e li sorveglieremo finché non avremo ritrovato quell’uomo» disse Kei, che era più che felice di rinchiuderli.
«Bene, andiamo - disse Harlock a Porzia - ma prima lascia le tue armi ai miei uomini, coltello compreso, ovviamente».
La donna non disse una parola e fece come le era stato chiesto, anche se lanciò al pirata un’occhiata di malcelato rimprovero per la sua scarsa fiducia.
«Ah, dimenticavo, anche Android verrà con noi» concluse Harlock, a cui interessava solo rianimare il suo più caro amico, senza però tradire il loro grande segreto.


Note

MAIKURO è una parola giapponese (マイクロ) e significa “micro”.
Per questa tecnologia mi sono ispirata ai mini droni a forma di insetti esistenti realmente anche oggi. Cliccando qui potete vedere come appaiono. Io ho immaginato una tecnologia ancora più microscopica e ancora più evoluta. Anche se la mosca (ovvero in questo caso il moscerino) è anche un omaggio sotto forma di citazione, ad una serie TV tra le più belle degli ultimi anni: Breaking Bad e chi l’ha vista capirà, chi non la vista prenda per buone le mie parole :)


Bibliografia
(Via via verranno aggiunte varie informazioni all’equipaggio della Raza e questo promemoria sarà d’ora in poi sempre alla fine di ogni capitolo, pronto per esser consultato e fare chiarezza per chi ne avesse bisogno)

Portia Lin
nome in codice “B”
Marcus Boone
, nome in codice “C”
Ryo Tetsuda
, nome in codice “D”
Emily Kolburn nome in codice “E” 
Griffin Jones
nome in codice “F”
Android
  nessun nome in codice


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Spiegoni domande e risposte

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Ma Buona sera cari lettori vicini e lontani!!!!
Ariecchime qua, abbastanza puntuale e molto motivata. Come avrete visto ho pensato di presentarvi l’equipaggio della Raza spero che la cosa vi abbia fatto piacere, ma soprattutto vedendo la foto avrete sicuramente capito perché Emily ricorda a Yattaran Mayu, hanno infatti entrambe i capelli blu! xD
Ci rivediamo tra un mesetto, ma forse anche prima, chissà…

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Ringraziamenti Sparsi

Grazie, grazie, grazie e ancora GRAZIE a tutti voi che leggete e seguite questa storia, tanto, tanto, tanto, TANTO amore e riconoscenza a chi mi regala un po’ del suo tempo e mi lascia le sue impressioni recensendo ♥ 1000 grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite ♥

Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)

All pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!

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