51)Il paese delle risaie
Il viaggio fu abbastanza
agevole. Eravamo attenti, ma non estremamente vigili. Era difficile
trovare delle pattuglie così lontane da Konoha o Uzushi e,
dato che
stavamo attraversando le terre del fuoco, mi preoccupavo
relativamente poco di fare altri incontri. Certo, non che dei
Nukenin fossero ben visti, ma era difficile che un gruppo di
pattuglia - normalmente composto da tre, quattro ninja - avesse
desiderio di confrontarsi con nove avversari.
Mei si era portata
dietro un ragazzetto, anzi un bambino, che sembrava avesse imparato a
camminare solo l'altro giorno, un tale di nome Chojuro, che
però
brandiva una delle spade leggendarie e che pendeva talmente tanto
dalle labbra di Mei, che se lei non gli avesse detto di respirare, se
ne sarebbe probabilmente dimenticato, morendo soffocato.
Ogni
tanto mi divertivo a stuzzicarlo, dato che arrossiva e balbettava
ogni momento e ad ogni parola, ma non dubitavo del fatto che se la
provocante ninja gli avesse ordinato di attaccarmi, lui lo avrebbe
fatto. C'era anche una ragazza, all'incirca della nostra
età, che
sembrava soffrire quasi di bipolarismo per come passava dall'essere
taciturna e scostante all'essere 'provocante' e civettuola.
Si
chiamava Chichi, o, perlomeno, così la chiamavano i nukenin
di
Kiri... Un nome un programma... Era una tipetta abbastanza carina,
con dei begli occhi nocciola e i capelli rosso scuro, snella e di
belle forme.
Ci provò in tempo zero con Genma, rischiando
seriamente di essere sgozzata da Yuki; quindi ripiegò su
Kakashi e
mi divertii a vederla sbattere contro il muro di freddezza che il
ragazzo albino sapeva essere quando voleva.
Io e gli altri ci
eravamo celati dietro maschere ANBU, di modo che nessuno potesse
riconoscerci; nemmeno Chojuro e Chichi sapevano chi fossimo. D'altro
canto era parte del nostro accordo, per cui Mei era la nostra
'ragazza immagine'.
Speravo davvero che non facesse cazzate
troppo grandi.
Per quanto riguarda il resto... Ora che eravamo più
tranquilli e ricongiunti al resto del gruppo, buona parte delle
tensioni precedenti erano sciolte. Eravamo più pronte al
riso che al
pianto.
Sapere di essere 'bandite' dal villaggio era triste, ma
stavamo considerando questa sortita una sorta di 'missione a lungo
termine', da cui non potevamo rientrare prima di averla compiuta e
quindi cercavamo di convincerci che dovevamo solo aspettare.
Il
fatto che ci fossero i ragazzi con noi ci dava un buon incentivo a
non pensarci troppo.
Insomma, non ci badavamo, e quando lo
facevamo ci costringevamo a considerarla una sorta di gita. Un buon
modo per evitare di cadere in depressione.
Yuki e Genma erano
piuttosto tesi, dato che la nostra trecciolina era acida come yogurt
scaduto a causa della kunoichi della nebbia e Genma era troppo idiota
per rimanere serio, e troppo sbadato per trattare la questione
'gelosia' con la dovuta delicatezza. Non che la loro coppia fosse a
rischio. Nonostante le stronzate che volavano tra i due, Genma si
sarebbe tagliato le mani prima di tradire Yuki e lei era troppo
innamorata per arrabbiarsi davvero per così poco.
Però i
battibecchi erano così frequenti che ogni tanto avrei voluto
strapparmi le orecchie pur di non sentirli per qualche minuto e
riuscire a dormire, dato che le discussioni esplodevano la sera,
mentre ci coricavamo per dormire.
Per quanto si sibilassero solo
le frasi tra di loro, eravamo tutti ninja con udito ben allenato...
Cosa che si rivelava ancor più fastidiosa (e imbarazzante) quando finalmente facevano pace, ad essere del tutto sinceri...
Mei a riguardo si limitava
a sorridere divertita dalla situazione, e la sera faceva finta di non
sentirli.
Raido e Nadeshiko erano talmente palesemente felici
l'uno dell'altro che, soprattutto lui, che per certi versi celava
meno le emozioni, non mi sarei stupita di vederli galleggiare a
qualche spanna da terra anziché camminare.
Nacchan era spesso
sorridente, e scherzava con gli altri più volentieri del
solito.
Indice del fatto che doveva essere di ottimo umore.
Io e
Kakashi... Beh, che dire.
Lui non è che fosse mai stato molto
discorsivo, per cui credo che il fatto che la sera prima di dormire
parlassimo sempre qualche momento insieme, raccontandoci qualcosa, o
dei nostri ricordi più piacevoli, o discutendo del piano
attuale e
di come si poteva fare per svolgerlo al meglio, fosse un indice di
miglioramento.
Era piacevole discorrere con lui.
Di quanto in
quando volava qualche battuta, per lo più assurda o
certamente poco
comprensibile per le 'orecchie estranee', dato che non eravamo dotati
dell'umorismo palese di Yuki o Genma e mi rendevo conto che, se
ascoltate da estranei, le nostre conversazioni sembravano in larga
parte assurde. Trovai poi molto curioso il miscuglio di
divertimento e irritazione che provai quando Chichi tentò di
imitare
i modi provocanti di Mei, per cercare di 'conquistare' Kakashi.
Tentativo che finì a dir poco miseramente, ma che comunque
m'infastidì.
Se non altro iniziai a capire lo stress a cui si
sottoponeva Yuki.
Anche Mei in persona di quando in quando si
lanciava in una delle sue battutine ambigue... Sebbene lo facesse
più
per il gusto d'istigare che non per vero interesse.
Indipendentemente
da tutto, Kakashi era così freddo e scostante con Mei, che
faceva
più pensare che le avrebbe volentieri tirato il collo con le
sue
mani che non al fatto che avrebbe potuto soccombere ai suoi modi
suadenti.
Per quanto riguarda lei... Dedicai dei lunghi momenti
tutti i giorni ad osservarla.
Giunsi ad una conclusione.
Lei
era un giocoliere. E stava giocando con più palle di quante
non
riuscisse effettivamente a gestire. Indossava una maschera diversa
per ogni persona che incontrava. Fredda, distante, distaccata,
determinata, appassionata, compiacente, provocante, scostante,
raffinata, diretta, sfacciata... aveva così tante maschere
che mi
chiesi come facesse a non venirle la nausea a indossarle tutte.
Da
una parte ammiravo la sua determinazione: era disposta davvero a
tutto per giungere al suo fine. Dall'altra mi era inconcepibile il
suo modo di fare.
Si, anche io avrei combattuto per il mio
villaggio e per me, ma non sarei ricorsa a tanta falsità.
Non ne
sarei stata in grado.
Anche se, forse, fossi stata costretta, mi
dissi, anche io avrei giocato tutte le carte a mia disposizione.
Ero
poi tanto diversa da Mei? No, non troppo. Facevo del mio meglio con
quello che avevo.
Però lei... Ci nascondeva ancora tanto e più
la osservavo più me ne convincevo.
Se da una parte si fidava a
sufficienza di noi da metterci al corrente dei suoi piani, non si
fidava abbastanza da confidare i suoi pensieri. Cosa che, peraltro,
non faceva assolutamente con nessuno.
Iniziai a provare una certa
curiosità. Cosa si nascondeva dietro quei suoi begli
occhioni? Aveva
un cuore che batteva sincero dietro quei modi suadenti e provocanti,
o era freddo, distante e gelato da tempo?
Durante il viaggio ebbi
modo di affinare anche un'altra cosa.
Mi rendevo conto che avevamo
tutti avversarsi degni di nota. Non conoscevo molto bene Yagura, ma,
che fosse manovrato o meno, tutti accordavano su un punto: era
spietato e potente, e poteva avvalersi del suo demone... O quanto
meno, se lo scatenava erano guai per tutti.
Avevo bisogno di nuove
tecniche, per variare il mio stile, perché se avessi trovato
qualcuno che sapeva contrastare i sigilli... A essere onesti la mia
arte marziale era nella media, ma nulla di più.
Dovevo imparare
qualcosa di nuovo, ma cosa?
Subito mi venne in mente il Raikiri di
Kakashi. Potevo impararlo, dato che avevo lo sharingan e non mi
mancava la prontezza di riflessi.
Però il mio raiton lasciava un
po' a desiderare... Anche se comunque non avevo il tempo necessario
per inventare una tecnica da zero.
Quindi, riflettendo, ripiegai
su Chojuro.
“Heila!” lo salutai una sera, a circa un giorno
dalla partenza.
“Ehm... Buonasera Inazuma-sama.”
Lo
intrattenni a dire un paio di parole mentre lo studiavo.
“Ti
andrebbe di allenarti con me? Diciamo una piccola sfida... In
amicizia ovviamente.” gli dissi con un mezzo sorriso.
Il ragazzo
guardò verso Mei con aria persa.
“Forza ragazzo, mettici
grinta!” lo incoraggiò lei.
La sfida iniziò in modo esitante.
Io studiavo le sue mosse... Lui invece era incerto su cosa fare.
Da
quella sera iniziai regolarmente a misurarmi con lo spadaccino. Era
abile, considerata la sua età e la sua statura.
“Hai in mente
di usare Nuibari?” mi chiese Kakashi, una sera mentre ci
stavamo
per coricare.
“Cosa te lo fa pensare?”
“Il fatto che ti
alleni tutte le sere con un ragazzino che altrimenti non avresti
neppure considerato? Soprattutto considerata la 'fatica' che fai,
quando altrimenti potresti spaparanzarti intorno al fuoco... Cosa
molto più in sintonia col tuo carattere.”
“Hai davvero un
carattere di merda lo sai?”
“Il che vuol dire che ho fatto
centro.”
“Ti rendi conto che mi tratti come una
fannullona?”
“Tu SEI una pigrona.”
“Ma non è gentile
da parte tua rimarcarlo in continuazione!”
“C'è sempre la
vana speranza di riuscire a farti scomodare...”
“Appunto, tu
spera...”
La discussione si concluse con uno sbuffo e una mezza
risata.
“Comunque si... Già che me la sto portando a
spasso
tanto vale cercare di usarla no? Solo che mi servirebbe qualche
tecnica da abbinare... Per ora sto solo cercando di studiare le mosse
di Chojuro. Purtroppo però le nostre spade sono troppo
differenti.
La sua usa massa e potenza d'impatto come fattore principale. Nuibari
è troppo sottile per sopportare colpi di quella portata di
taglio. È
fatta per un'agile schivata e poi colpire di punta. Vorrei riadattare
il mio stile per poterla sfruttare al meglio.”
“Dovresti
chiedere una mano anche a Raido. Non sarà uno spadaccino
leggendario, ma non se la cava male con la spada.”
“Farò
così. Ora... Buonanotte!”
“Dormigliona!” mi disse in tono
scherzoso.
“Se cercassi di goderti un po' di più il riposo
non
saresti sempre così scontroso!” e con questo mi
coricai.
Sia
come sia, arrivati in vista di un piccolo villaggio di crocevia,
composto per lo più da furtivi agricoltori che erano nel
tempo
riusciti a sopravvivere alle varie guerre ninja, dovemmo fidarci ad
aspettare, mentre Mei, camuffata dalla tecnica della trasformazione,
andava in avanscoperta per cercare di stanare le prede.
Stette via
quasi una giornata intera.
La sera però tornò con aria
trionfante.
“Sono in tre, fortuna che li conoscevo già di
vista! - esclamò sedendosi con noi - Lavorano separatamente.
Uno si
finge un fabbro. Fornisce utensili di metallo ai contadini della zona
e, per quel poco che ne so, ci sono due probabilità su tre
che
smerci sotto banco armi. È un tale grande e grosso che si
chiama
Ihei.
Uno invece interpreta il ruolo dell'ubriacone, raccogliendo
informazioni. È un tipo con i capelli color sabbia e la
faccia da
furetto. Kindomaru.
L'ultimo è probabilmente il più pericoloso.
Nel villaggio si spaccia per un commerciante di bestiame, va e viene,
certamente è un intermediario che comunica notizie e piani
alle
altre staffette, che le portano poi a Yagura. Non conosco il suo vero
nome, ma so che si è fatto una certa reputazione al
villaggio. È
brutale nell'uso delle arti marziali e ha una resistenza invidiabile.
Usa anche alcune tecniche dell'acqua davvero niente male.”
“Idee?”
chiesi.
“Posso solo dire che è meglio agire prima che se
la
fili.”
“Bisogna anche fare in modo da attirare il meno
possibile l'attenzione...” commentò Raido.
“Facciamogli avere
un brutto incidente sul lavoro no?” commentò Genma.
Lo guardai
stupita. “Hai appena avuto l'idea migliore di sempre, almeno
per la
tua media.” commentai. “Mei esiste un modo
per...”
“In
effetti sia il finto fabbro che il finto commerciante devono passare
su un ponte piuttosto mal messo sopra il fiume. Sai, un asse un po'
marcio può facilmente cedere... Le disgrazie
capitano.” commentò
Mei.
“E se ho visto bene il fiume in questione è
piuttosto
sassoso e con la corrente violenta. Anche i migliori nuotatori
possono fare una brutta fine...”
“E il falso ubriaco?”
chiese Kakashi.
“Oh, userò un po' di fantasia. Inoltre, il
tasso di ubriachi che muoiono soffocati nel loro stesso rigurgito
durante il sonno è più alto di quello che si
pensa.” disse Mei
con nonchalance facendomi arricciare il naso nell'immaginarmi la
scena.
“Credo che non mi ubriacherò mai nella mia
vita...”
Dissi, alzandomi per poi dirigermi verso il luogo
dell'incidente.
Preferivo pianificare al meglio l'azione.