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Autore: mamogirl    07/05/2017    0 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Ventiduesimo Capitolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le prime gocce di pioggia avevano incominciato a scendere totalmente inaspettate, invisibili e impercettibili come se fossero tanti e infiniti ladri che dovevano semplicemente mettere a segno il loro colpo e poi scomparire definitivamente; esse si lasciavano cadere gentilmente sulla stoffa dei vestiti, sui capelli e su quei centimetri di pelle che era sempre rimasta nuda; esse si intrufolavano in ogni spazio che poteva rivelarsi essere un’apertura, uno sbocco dove poter scivolare senza che nessuno potesse accorgersene, non fino a quando fosse stato troppo tardi e un brivido avesse già percorso ossa e nervi, scontenti di quel tocco freddo.

Ma quelle prime gocce erano state solamente un avvertimento, il primo squadrone a cui era stato affidato il compito di andare in avanscoperta prima che il vero esercito soffiasse la propria forza e intensità. Ed era arrivato, un esercito composto da fitte gocce che colpivano indistintamente alberi o persone, incuranti se lasciassero un segno o se si portassero dietro con sé foglie troppo deboli per resistere quell’attacco.

Brian non si era nemmeno reso conto di quella battaglia che aveva preso anche il suo corpo come campo di gioco. A malapena riusciva a ricordare o a rendersi conto dove si trovasse, i contorni di ciò che lo circondava si erano mutati in sfumature di grigio e di nero, senza nessun contorno o linea che ne desse una forma: era come un automa, i piedi che si muovevano meccanicamente uno di fronte all’altro mentre la mente era lontana, rimasta vittima e prigioniera là, in quel luogo, dove tutto era incominciato e dove tutto stava anche finendo.

Lo stridore dei pneumatici.

Il colpo.

Quelle immagini a rallentatore che non svanivano se lui chiudeva gli occhi ma, anzi, con il buio sembravano prendere ancora più forma, i contorni diventavano sempre più nitidi esattamente come i colori, brillanti come se stessero riflettendo la luce di centinaia e centinai di riflettori. Nella sua mente quei momenti si dilungavano e si abbellivano con le vesti di un tempo infinito, sembravano non voler mai giungere alla fine e, crudelmente, si ingrandivano per mostrare dettagli e particolari che si trasformavano velocemente in lame appuntite: il sorriso, l’ultimo sorriso che Nick gli aveva rivolto prima di incominciare ad attraversare la strada; lo sguardo atterrito e terrorizzato quando egli si era accorto di quella macchina che non accennava a rallentare e che era diretta contro di lui, in un surreale bowling vivente dove lui era l’ultimo birillo da colpire per poter vincere la partita; il modo in cui il corpo di Nick si era accartocciato su stesso come se fosse un semplice foglio di carta, incapace di proteggersi dai colpi del vento carico di tempesta. Infine quegli ultimi secondi in cui il cuore di Brian aveva smesso letteralmente di battere, dimenticandosi che un’operazione lo aveva rimesso in sesto e scordandosi di riprendere un ritmo regolare. Erano stati gli attimi in cui il suo corpo si era mosso senza che gli fosse stato dato un ordine, avvicinandosi e inginocchiandosi accanto alla figura di Nick e pregando di non doversi trovare di fronte al peggiore dei suoi incubi.

E, per un istante, Brian si era quasi convinto che la realtà non fosse altro che un incubo e che sarebbe bastato riuscire a svegliarsi per ritrovarsi ancora fra le lenzuola, il corpo caldo di Nick accanto al suo e un’espressione accigliata e preoccupata dipinta sul volto; quella convinzione si era rafforzata e radicata ancor di più quando Tyler si era avvicinato a lui, quando aveva percepito la sua presenza che torreggiava su di lui come un avvoltoio avrebbe fatto con la sua prossima vittima: era bastato un sussurro, era servita l’ultima minaccia per affondare ogni resistenza rimasta e ritrovarsi catapultato indietro di dieci anni, quella stessa paura e terrore che aggrovigliava lo stomaco mentre Brian veniva trascinato via.

Ancora una volta.

In tutti quegli anni, in quelle ultime settimane che sembravano esser uscite dalle pagine di un romanzo, Brian si era sempre ripetuto che le cose sarebbe state diverse, se mai si fosse ritrovato davanti a Tyler un’altra volta: si sarebbe comportato diversamente, avrebbe reagito e preso forza da tutto ciò che era riuscito a essere e ad avere nonostante quella cicatrice che si portava dietro.

Invece...

Invece quelle parole, quelle risoluzioni erano crollate come castelli di carta dopo un solo soffio di respiro. Quello stesso respiro che aveva accarezzato con freddezza il suo orecchio, insinuandosi poi lungo il collo e correndo lungo la spina dorsale e portando in superficie battute, parole e frasi che Brian aveva cercato di dimenticare, di cancellare totalmente dalla sua mente. Invece eccole lì, a bussare con insistenza mentre Tyler lo manovrava come la più docile e inerme marionetta e a mescolarsi con quella minaccia che aveva messo a tacere anche quella flebile intenzione di opporsi, di ribellarsi e di rimanere al fianco di Nick.

“Sai di che cosa sono capace. Vieni con me e non succederà più nulla al tuo amico. Rifiutati e quest’incidente sembrerà una passeggiata di fronte a ciò che posso fare al tuo biondino. Che cosa scegli, dunque?”

Brian non era riuscito a dire di no. Si era sentito un traditore, si era sentito come la peggior persona del mondo nel lasciare Nick lì, su quella strada e con la consapevolezza di non poter far nulla per fermarlo o per trattenerlo. Ma non c’era stato nemmeno bisogno di riflettere su quella domanda, non c’era stato nemmeno il più piccolo dubbio sul fatto che Tyler avrebbe trasformato quelle parole in fatti concreti. E più della sua stessa incolumità, più della sua stessa salvezza, Brian aveva giurato di proteggere e di difendere Nick a qualsiasi costi, mettendosi in mezzo e diventando una barriera per impedire che quel serpente potesse mordere e contaminare la sua anima con il suo veleno.

Seguire Tyler, lasciare che lo allontanasse da quella cittadina che si era trasformata in una sorta di porto sicuro, era stata l’unica decisione possibile. Era stato in quel momento, nell’attimo in cui le case avevano incominciato a diradarsi e diventare solamente dei puntini colorati fra alberi e vegetazione sempre più fitta, che la mente di Brian aveva deciso di chiudersi completamente e rifiutarsi di ricevere e comprendere i segnali che giungevano dall’esterno.

Che cosa era cambiato, d’altronde?

Passato e presente incominciarono a intrecciarsi l’uno nell’altro, l’uno attorno all’altro, fino a quando le loro immagini divennero semplicemente un film senza suono e colori: vegetazione e oscurità cedettero il passo agli ultimi raggi di sole di una giornata d’estate e alle grida di bambini che ancora volevano rimanere e provare chissà quante altre attrazioni; il ragazzo che aveva combattuto, che era cresciuto senza una parte di se stesso, si ritrovò faccia a faccia con quel bambino che veniva trascinato via, quella stessa stretta di ferro attorno al polso che Brian riusciva a percepire anche nella realtà.

Fu quell’ultimo dettaglio a squarciare una prima e timida breccia nella nebbia in cui Brian si era nascosto, atterrito dalla preoccupazione per Nick e preda di quelle paure e demoni che si cibavano del buio e della sua inerzia. Quella stretta attorno al polso, quelle dita che premevano e premevano quasi volessero lasciare la loro impronta e marchio sulla pelle, gli ricordarono che, esattamente come in quel lontano giorno, lui non aveva idea di dove Tyler lo stesse portando. Niente era cambiato, dunque. Persino le parole che Tyler stava pronunciando sapevano di già detto, avevano la forma e il sapore di terra e di polvere e sembravano essere dirette a quel ragazzino spaventato di quindici anni invece che a un adulto di venticinque.

Era davvero così, quindi? Era lui ancora quel ragazzino o era quel ragazzo che si era rinchiuso, si era annullato per poi portare con un finto e fragile orgoglio le cicatrici lasciate dal tempo? Ed era Tyler lo stesso demone di cui aveva avuto paura a pronunciare persino il nome, terrorizzato che si potesse materializzare all’improvviso e riportarlo ancora in quel capanno abbandonato?

Con la coda dell’occhio Brian lanciò un’occhiata all’uomo che camminava al suo fianco, a quel vaso di Pandora che non aveva mai voluto ricordare o chiedersi se e quanto fosse cambiato; non si era mai permesso di memorizzare con precisione e perfezione i lineamenti di quel viso che, allo stesso tempo però, avevano continuato a vivere e sopravvivere nei suoi incubi: lì, in quel mondo fra il dormiveglia e il sonno, solamente due dettagli si stagliavano in quello sfondo nero come la pece, come uno di quei cieli in cui nemmeno una stella riusciva a capitolare fuori e farsi ammirare: quegli occhi freddi, quelle due glaciali gemme verdi in cui non era possibile scorgere nemmeno la più piccola emozione, a eccezion fatta per quella luce ossessionata da un pensiero che era diventato un tarlo. E la cicatrice, quel segno bianco che era l’unica testimonianza di come le parole di Brian, urlate e scongiurate quando era stato il momento di donarle a Nick, fossero reali e non un tentativo di minimizzare il suo ruolo di vittima. Quei dettagli erano ancora lì eppure Brian ricacciò indietro il brivido di disgusto e repulsione e si costrinse ad allargare il suo campo d’osservazione, passando al viso che divenne più nitido e lineare e che lasciava intravedere una vecchiaia che non aveva niente a che fare con il tempo o con l’età sulla carta d’identità: la pelle era segnata da segni e piccole cicatrici, la testimonianza che la prigione non perdonava certi crimini; linee e rughe attorno gli occhi rendevano lo sguardo meno terrorizzante e spaventoso di come Brian ricordava. Anzi. C’era un’aria di sofferenza attorno a quel viso, un demone da cui anche quell’essere, quella figura da cui lui aveva sempre cercato di fuggire, veniva tormentato e segnato senza scusanti.

Eppure, nonostante tutto, Tyler rimaneva quell’essere carismatico che era riuscito a tessere reti e piegare menti sotto le sue bugie, menzogne e intenzioni: era un potere che non si riusciva a cogliere di primo acchito, era quasi impossibile rendersi conto di come, in un semplice incontro di sguardi, eri stato trasformato in una pedina qualsiasi, un oggetto che sarebbe stato buttato via non appena si fosse dimostrato inutile. Ma quella consapevolezza arrivava quando ormai tutto era già concluso, quando le ferite erano state aperte e l’unico rimedio era cercare di fermare il sangue che scorreva via. Il potere di Tyler era subdolo, si nascondeva dietro tutte quelle attenzioni che facevano sentire la sua vittima come qualcuno di importante, il centro di un universo dove anche il più insignificante dettaglio o aneddoto diventava un racconto applaudito e racchiuso in uno speciale cofanetto: era quello che era successo a Brian, era in quel modo che lui era caduto nella trappola quasi volontariamente, senza nemmeno accorgersi di tutti quei segnali che avrebbero potuto metterlo in salvo. 

Ed era su quello che Tyler ancora faceva affidamento. Nella sua mente nulla era cambiato. Nella sua mente quel potere non si era affievolito, né la consapevolezza di esser stato scoperto lo aveva minimamente sfiorato. Per Tyler Brian era ancora quel ragazzino che poteva essere manipolato a proprio piacimento, una bambola di pezza che poteva essere piegata ancora una volta e riposta in qualsiasi nascondiglio avesse trovato quella volta.

E Brian, fino a quel momento, non gli aveva dato motivo per pensare il contrario.

Era ora di spezzare quel cerchio e quell’aura di indistruttibile sicurezza.

Ma prima che Brian potesse incominciare a pensare a come fare, successe qualcosa di totalmente imprevedibile e impensabile.

Accadde all’improvviso. Così era Tyler e, se Brian fosse stato più attento e meno perso nei suoi pensieri e in quei ricordi, forse non si sarebbe lasciato prendere così di sorpresa.

Ma successe lo stesso.

Un secondo stavano camminando e, quello successivo, Tyler si fermò come se qualcosa fosse scattato nella sua mente. Si voltò. La pioggia che continuava a scendere fitta, lampi che sempre più spesso si avvicendavano nel donare un po’ di luce in quell’ombra scura e nera. Fu in uno di quegli scorci gialli che Brian riuscì a intravedere lo sguardo di Tyler e bastarono quei pochi secondi per raggelarlo completamente e cancellare tutti i ragionamenti fatti fino a quel momento: perché era quello il potere che il passato aveva ancora su di lui, quell’abilità di distruggere ogni forza e riportarlo indietro, fra quelle catene di paura e terrore che parevano indistruttibili. Bastò quell’espressione, gelida, due punti verdi che lo osservavano come se fosse un gioiello su cui una gazza ladra aveva messo gli occhi sopra.

La stessa che, dieci anni prima, aveva squarciato la sua normalità e realtà.

Preda e predatore, vittima e cacciatore. I ruoli sembravano non essere cambiati, nonostante tutti i discorsi e i ragionamenti che si era fatto fino a quel momento. Avrebbe voluto muoversi. Avrebbe voluto ordinare alle sue gambe di muoversi e di correre via, lontano da quel luogo e verso il suo porto sicuro.

Invece rimase lì.

Atterrito. Spaventato da quei passi che si muovevano verso di lui, terrorizzato da quelle mani che, come tenaglie, si attorcigliarono attorno al suo corpo e gli impedirono ogni altro movimento. Brian chiuse gli occhi nel momento in cui sentì il respiro di Tyler vicino al suo viso, mormorò silenziosamente una preghiera quando percepì delle labbra sopra le sue che non appartenevano a chi lo aveva baciato con amore, dedizione e gentilezza. Non c’era niente di gentile in quel bacio, erano tocchi che cercavano di possederlo come se potesse così appropriarsi della sua anima allo stesso tempo; erano ferite che non si fermavano a morsi e tagli, erano nuovi tagli che si aprivano in quello spirito che aveva cercato di rimediare con ciò che aveva avuto a disposizione. Non c’era niente di gentile in quelle mani che cercavano di possedere ogni centimetro di pelle a disposizione, carezze che non erano carezze ma marchi che, invece di lasciarsi dietro impronte di fuoco, seminavano altro ghiaccio e veleno.

“Glielo lascerai fare, quindi?” La voce di Nick apparve all’improvviso nella mente di Brian, la sua figura si delineò nell’oscurità anche se sfocato.

Una lacrima pizzicò la palpebra ben chiusa, quasi come se stesse battendo la testa per cercare un piccolo, anche minuscolo, pertugio che le permettesse di uscire e mostrare a tutto il mondo il suo dolore e il suo terrore. La bile era lì, un groppo in mezzo alla gola che impediva all’aria e all’ossigeno di passare, costringendo i suoi polmoni a stringersi e costringersi per non soffocare in quell’acido veleno. Echi del passato ritornarono prepotentemente indietro, la loro forza sprigionata in immagini che erano state dimenticate, che erano state lasciate sopite e che ora si erano risvegliate più agguerrite che mai. Era incominciato tutto con un bacio, era finito tutto in sangue e dolore. Sarebbe successo ancora? Il corpo di Brian si irrigidì ancora di più, la mente pronta a nascondersi dietro una corazzata che, almeno, non lo avrebbe lasciato inerme di fronte a ciò che si stava prospettando.

Era l’unico modo per sopravvivere. Era l’unico modo per non lasciarsi sopraffare...

“Non è l’unico modo e lo sai perfettamente. Glielo lascerai fare, quindi? Gli lascerai inquinare e avvelenare ogni nostro futuro bacio? Ogni nostro futuro abbraccio, tocco o carezza? E’ questo che vuoi? Abbandonare quel rapporto che hai sognato e desiderato per così tanto tempo e che finalmente eri riuscito a trasformare in realtà?”

Brian sapeva che non era davvero la voce di Nick a giungergli nelle orecchie. Era la sua stessa coscienza ad aver rubato quella voce, sperando così di poterlo risvegliare e convincerlo ad agire invece che solamente subire come se non avesse più forze. Quella coscienza sapeva che punti colpire, quella voce sapeva quali armi tirare fuori per poter risvegliare una forza che, in quel momento, sembrava essersi nascosto come un gattino terrorizzato.

“Tu non sei mai stato un gattino, Frick. ­ - La voce di Nick arrivò con una risata, quella risata argentata che Brian aveva sempre cercato di far nascere perché lo aveva sempre fatto sentir meglio. – Sei più un leone ferito, in questo momento. Sei qui, a leccarti delle ferite che credi che si siano riaperte ma è solo tutto nella tua mente. Sii davvero quel leone e reagisci. Esci dal tuo nascondiglio e metti fine a questo spettacolo ignobile. Esci e usa quella rabbia che ti sei tenuto dentro fino adesso, quella rabbia che è quasi riuscita a divorarti. Quella rabbia che è quel bambino a cui non hai mai dato modo di sfogarsi e di urlare tutto il suo dolore. Lascialo andare, Bri. Lascialo andare e affronta il tuo nemico a testa alta. Non sei una vittima. Sei un combattente. E so che puoi farcela. So che puoi mettere fine a tutto questo e tornare a casa. ”

Aveva ragione. Nick e la sua coscienza. Avevano ragione. Quante volte Brian si era domandato che cosa sarebbe successo se avesse combattuto con la forza di un uomo invece di un bambino? Quante volte Brian si era promesso che avrebbe lottato, avrebbe tirato fuori gli artigli e sarebbe stato in grado di ribellarsi, di rivoltare la situazione affinché la preda diventasse il predatore, colui che aveva la fortuna di camminare via dal luogo del delitto senza sfregi o perdite.

Una nuova forza incominciò a crescere dentro Brian. Un fuoco incominciò a sprigionarsi da un punto indefinito della sua anima, lingue infuocate che si allungavano come se fossero delle radici che portavano linfa e vita a quei nervi che erano stati imprigionati dal freddo veleno del terrore. Le lacrime scomparvero esattamente come erano apparse, sciolte via da quel coraggio che ora scalpitava a gran voce e che si era impossessato di quella figura per cui tutta quella lotta aveva acquisito maggior senso. Ma sarebbe stata una bugia se Brian si fosse semplicemente lasciato convincere da un fantasma creato dalla sua stessa mente: quella lotta non era solamente per quell’amore che finalmente era diventato realtà; quella lotta non era solamente per dimostrare a Nick tutto ciò che non era e che non era mai stato, nemmeno quando si era trovato con la schiena contro una parete appuntita.

Quella lotta era per lui, per quel Brian bambino che non aveva avuto una vendetta e per quell’anima che voleva finalmente ritornare a vivere all’aria aperta.

A sorprendersi fu Tyler, quella volta. A non aspettarsi quel brusco cambiamento quasi come se qualcuno avesse deciso di scambiare il ragazzo che stava baciando, che stava finalmente possedendo e facendo suo, con un altro di diversa pasta e intenzioni.

Fu un lampo seguito quasi immediatamente da un rombo capace di scuotere gli alberi e far vibrare i nervi. Fu ciò che Tyler non si sarebbe mai aspettato, e che mai avrebbe potuto prevedere. E di fronte a quello che successe, Tyler non sapeva come rispondere.

O come comportarsi.

Brian non sprecò altri secondi preziosi a dialogare con la sua coscienza ma, agendo soprattutto con l’istinto e la forza di chi ormai non ha più nulla da perdere, alzò il ginocchio e colpì Tyler all’inguine, che non poté far altro che lasciare la presa delle mani e inginocchiarsi dolorante per terra.

Era quello il momento migliore per scappare. Brian lo sapeva. Eppure qualcosa lo tenne lì, anche se non era più paura o terrore. Con una freddezza che sorprese persino se stesso, Brian si inginocchiò di fronte alla figura dolorante di Tyler, boccheggiante fra i rantoli di dolore e, negli occhi, la più completa incapacità di credere a quello che era appena successo.

“Perché?” Fu tutto quello che riuscì Tyler a far uscire, piegato in due e la rabbia che stava già incominciando a prendere il posto lasciato dal dolore. Perché Brian aveva fatto quello? Perché lo aveva allontanato con così tanta repulsione e rabbia? Che cosa gli aveva fatto Nick, quello stupido essere, per trasformare Brian in quella persona così carica di rancore? Così carica di odio, quella luce che aveva trasformato quegli occhi azzurri in due nubi grigie e imperscrutabili.

Brian non esitò. Non c’era più spazio per tentennamenti, dubbi o passi indietro. Era quello il momento che aveva aspettato da sempre, l’attimo in cui avrebbe potuto prendere tutte quelle tempeste che si erano date forza dentro di lui. Non c’era nemmeno spazio per quella vecchia e famigliare sensazione che nasceva da quella così intima vicinanza, quel sentirsi come se la sua pelle volesse staccarsi dalle sue ossa e nascondersi in un luogo dove non potesse più essere violata e avvelenata. C’era spazio solamente per un freddo autocontrollo, una spinta e soffio di orgoglio e sicurezza che veniva alimentata da quell’espressione confusa e smarrita che dipingeva il volto di chi, solamente qualche attimo prima, era stato sicuro di sé e del suo potere.

“Non osare mai più toccarmi. – Sibilò in una voce così gelida e fredda, priva di ogni calorosa rotondità com’era solita, che sembrò quasi tagliare il silenzio e superare il fragore dei tuoni e della pioggia battente. – Non sono tuo. Non lo sono mai stato. E non lo sarò.”

“Sei mio! Quanto altro dovrò fare per dimostrarti che ti amo?”

La risata uscì dalla gola ancor prima che Brian potesse percepire quell’aria solleticare le corde vocali e uscire repentina come un serpente, pronto ad attaccare la sua vittima e infondere il suo veleno. Era una risata atona. Sarcastica. Era la risata di chi ormai aveva smesso di considerare quelle parole come una minaccia ma le prendeva per quello che esattamente erano: vuote. Figlie di una pazzia e di un’ossessione malata e perversa.

E non lo toccavano più. Non avevano più effetto.

“Amore? Tu non hai nemmeno idea di che cosa sia l’amore. Tu non mi ami. Tu mi vuoi come un bambino vuole un giocattolo. Ma non lo sono, Tyler. E questa storia finisce qui.” Brian si alzò in piedi, indietreggiando nel momento in cui il suo oppositore incominciò ad alzarsi in piedi.

“Questa storia finisce quando lo dico io. – Tyler sembrò essersi ripreso velocemente da quel primo momento di smarrimento. In un certo senso, quel lato ribelle e combattivo di Brian non faceva altro che riaffermare un’attrazione che non aveva mai subito colpi o fermate; aumentava quella voglia e quell’istinto di addomesticare quel cavallo impazzito, quella forza della natura che all’improvviso si era risvegliata e non aveva intenzione di ritornare là dove era sempre rimasta nascosta. – E tu ora vieni con me.”

“No.”

“Non m’importa ciò che tu vuoi. Tu vieni con me.”

“E dove, sentiamo? Mi vuoi portare in un altro capanno abbandonato?” C’era una punta di sarcasmo nella voce di Brian, come se davvero tutta quella conversazione non fosse altro che una messinscena, un pezzo di copione che qualcuno aveva scritto e che lui si trovava all’improvviso costretto a recitare.

“Non ha importanza dove andiamo. E’ solo una breve sosta, il tempo necessario per far sì che ci lascino in pace. Nessuno potrà trovarci.”

Un pugno di ghiaccio incominciò ad arrotolarsi nello stomaco di Brian mentre l’implicazione sottotesa a quella frase lasciò un gusto amaro e secco nella bocca. Non poteva lasciare che accadesse. Non poteva lasciare che Tyler lo trascinasse in un buco nero, scomparire nel nulla come se non fossero mai esistiti. E non era solamente il pensiero di che cosa Tyler avrebbe potuto fargli in quel buio e in quel dimenticatoio a raggelare il sangue nelle vene, ma era soprattutto quella sua antica paura di essere dimenticato da tutti.

Soprattutto da Nick.

Glielo aveva promesso. Gli aveva promesso che sarebbe tornato da lui, anche se a Nick non aveva mai pronunciato quelle parole perché non c’era mai stata la possibilità. Ma, a se stesso, aveva anche promesso che avrebbe messo fino a quella storia. Ed era proprio quello il motivo per cui, anche se avrebbe potuto voltarsi e andarsene, Brian continuava a rimanere lì: non avrebbe consegnato a Tyler un’altra occasione per scomparire, nascondersi, leccarsi le ferite per poi tornare a tormentarlo come se niente fosse. Come se gli anni non fossero corsi via.

Non gli avrebbe permesso di distruggere la sua vita un’altra volta. E un’altra ancora.

Doveva semplicemente tenere duro. Qualcuno doveva pur aver avvertito la polizia di quello che era successo. Kevin, Howie o Aj si dovevano essere accorti della sua assenza al fianco di Nick e avrebbero di certo collegato i due avvenimenti. O forse era stato Nick stesso ad avvertirli, perché le sue ferite non erano state così gravi come la sua mente continuava a fargli credere. Sì, la polizia doveva essere sulle sue tracce e presto lo avrebbero trovato. Presto li avrebbero trovati e lui avrebbe potuto riprendere a respirare senza doversi continuare a guardare alle spalle.

E lui, nel frattempo, si sarebbe preso con gli artigli quella vendetta che la sua anima agognava da fin troppo tempo.

“Credi davvero che tutto ciò possa funzionare, Tyler? Non sono più quel bambino che hai trascinato con la forza. Posso combatterti. E, credimi, lo farò.”

Quella reazione continuò ad aumentare il desiderio in Tyler: era attraente, davvero non si era mai accorto di come quella luce di ribellione rendesse ancora più magnetici quegli occhi? O di come la mascella tesa sembrava ancor più definita e quasi appartenente a una di quelle statue greche, così perfette?

“E sai benissimo che cosa io farò. La mia minaccia rimane ancora valida, mi basta una sola telefonata per far sì che il tuo caro e amato Nick esali l’ultimo respiro. E’ questo che vuoi? Vuoi essere il responsabile della morte del tuo Nick?”

“E, sentiamo, che cosa pensi che possa succedere dopo? Se io ora ti seguissi, se Nick non facesse più parte della mia vita, cosa credi che possa accadere? Credi che io possa davvero accorgermi di averti sempre amato solo perché sei l’unico rimasto? Credi che ti possa diventare riconoscente di aver ucciso Nick? – La risata risalì velocemente ma Brian la soppresse in un ghigno sarcastico. – Non ti pensavo così illuso e ingenuo.”

“Un giorno lo farai. Un giorno ti renderai conto che io ho sempre avuto ragione. Un giorno ti renderai conto che l’odio era solamente una faccia dell’amore che provi per me. – Dichiarò Tyler, frustrazione e rabbia che si mescolavano insieme. – Ed è per questo che farò di tutto affinché quel giorno arrivi il più in fretta possibile.”

“No. Non importa quanto altro male mi getterai addosso; non importa se farai terra bruciata attorno a me e distruggerai le vite di chi amo. Niente di tutto questo riuscirà mai e poi mai ad avvicinarti al tuo scopo, a quella sporca illusione che ti sei creato durante tutti questi anni. Non sarò mai tuo. Potrai avere il mio corpo, potrai tenermi legato a te e lontano anni luce dalla mia famiglia e dalle persone che amo ma sarebbe solamente come avere una bambola vuota e morta.”

Le mani di Tyler si chiusero in pugni ben stretti, i denti incominciarono a mordere le labbra per impedire alla rabbia di uscire e scatenarsi contro Brian. Inspirò ed espirò a fondo, ricordandosi che quello era il frutto solamente di tutte le bugie che erano state raccontate al ragazzo in tutti quegli anni.

Sin dall’infanzia. Sin da quando... Tyler scosse la testa, la memoria si stava perdendo fra nebbie e nuvole, in quella terra di mezzo dove presente e passato sembravano essere due gemelli, uniti l’uno con l’altro senza possibilità di divisioni.

“Non è lui. – si rimproverò Tyler mentalmente, scuotendo la testa per cancellare via quegli echi che erano tornati a tormentarlo. – Sono due persone diverse.”

“Tu... è colpa loro e nemmeno te ne rendi. Non importa, presto capirai la verità. Presto ti renderai conto che ti hanno sempre raccontato frottole. Sin dall’inizio.”

“E la verità, la tua verità, è che siamo destinati a stare insieme. Che siamo anime gemelle. Solo tu mi ami veramente. Solo tu sai come proteggermi e prenderti cura di me. E’ questa la verità che dovrei comprendere? E’ questo che mi hanno tenuto nascosto per tutti questi anni?” C’era ironia e sarcasmo in quella voce, in quel tono che sembrava così estraneo all’immagine di Brian che Tyler aveva accarezzato per così tanto tempo. E se da una parte questo nuovo lato di Brian non faceva altro che aumentare la voglia di nascondersi e di scoprire nuovi tratti e sfaccettature, dall’altra quelle parole si trasformavano in veleno e, come se fosse stato punto da un’ape, non facevano altro che dar fiamme a un fuoco di rabbia e di frustrazione.

Non era così che sarebbero dovuto andare le cose. Avrebbe dovuto essere un gioco da ragazzi. Avrebbe dovuto esser molto più semplice prendere quel ragazzo e portarlo ovunque avrebbe desiderato, lontano da occhi che non facevano altro che giudicarli e mani che volevano tenerli lontani.

Chi era, davvero, quella persona che aveva davanti? Dov’era il suo Brian?

“Non rimarrò qua a perdere tempo a ripetere ciò che avresti già dovuto capire. Si sta facendo tardi. Dobbiamo andare.”

“No. – Affermò Brian con ancor più determinazione e sicurezza. – Io non vengo da nessuna parte.”

“Tu lo farai. Esattamente come tu scoprirai che ti ho sempre raccontato la verità. Sin dall’inizio. Sin da quel giorno...” Tyler non face in tempo a concludere la sua frase perché Brian lo interruppe quasi immediatamente. E, forse, fu una sorta di fortuna perché ciò che lui ricordava di quel giorno erano cespugli e alberi, un nascondiglio che nessuno aveva mai scoperto e un gioco di cui lui era l’unico custode delle regole.

“... il giorno in cui mi hai trascinato in un capanno e mi hai violentato? – Brian riuscì a pronunciare quella parole senza nessun sussulto. Senza nessun tremore di voce, come se non fosse lui, Brian, il soggetto di quella frase. – Quel giorno? E di quel giorno ricordo ben altro. Di quel giorno ho solamente e semplicemente compreso che non avrei mai potuto avere una parvenza di normalità perché tu l’avevi distrutta. Fatta a pezzi.”

Quasi.

Tyler ci era quasi riuscito perché, alla fine, Brian era lì. A combattere per se stesso e per un amore che non aveva mai pensato potesse avere e custodire fra le dita.

 “No! Menzogne! – Urlò Tyler, avvicinandosi ancor di più e stringendo la mano attorno al braccio di Brian. Stringendo e stringendo fin quando vide Brian sussultare e cercare di svincolarsi da quella stretta d’acciaio. Ma inutilmente. – Sono menzogne! Ti hanno sempre raccontato menzogne per tenerti lontano da me!”

Non era colpa di Brian. Tyler lo sapeva, non era quello che aveva sempre ripetuto per giustificare e spiegare quei comportamenti così strani del ragazzo? Non era colpa sua ma di tutte le persone che lo circondavano, tutti quegli adulti che avevano visto qualcosa di maligno nel loro rapporto e avevano fatto di tutto per separarli. Bugie su bugie, strati e strati che lui non era ancora riuscito a scalfire perché si erano cementati con la lontananza e il trascorrere del tempo. Non era colpa di Brian ma qualcuno doveva pur pagarne le conseguenze.

 “Menzogne sono quelle che hai raccontato e che continui a raccontare per giustificare quello che hai fatto. Parli di amore ma anche quella è una bugia. Se davvero provavi quel sentimento per me, non mi avresti lasciato mezzo morto in quel capanno! Ma è quello che hai fatto, no? Quando hai ottenuto ciò che desideravi, te ne sei andato senza nemmeno un briciolo di rimpianto e di pietà verso di me.”

Era quasi una liberazione, per Brian, poter finalmente sfogare tutta quella rabbia e frustrazione, tutto quel risentimento e confusione che avevano vissuto e si erano nutriti dentro la sua anima come se fossero dei secondi abitanti di quel corpo. Era una liberazione poter finalmente urlare contro all’unica persona che aveva davvero colpe e responsabilità a pesare sopra le sue spalle, l’unica persona a cui poteva riconsegnare quel pesante fardello che Brian si era portato dietro e che lo avevano sempre rallentato e, molto spesso, fermato.

Ma, in quel momento, Brian riuscì a liberarsi anche di un’infantile fantasia che si era portato dietro, una specie di spugna che avrebbe potuto cancellare via rabbia e frustrazione, anni a chiedersi perché proprio lui: Tyler non avrebbe mai ammesso le sue responsabilità né, dalle sue labbra, sarebbero uscite parole di scusa e richieste di perdono.

Le immagini arrivarono all’improvviso e colpirono Tyler come un colpo ben assestato alla tempia, riportandolo indietro a un periodo e un tempo che aveva perso ogni cognizione o etichetta.

“Sei proprio sicuro che funzionerà?”

“Sì, non preoccuparti. Devi solamente rimanere qui per qualche ora. Un giorno al massimo. E poi tornerò. Poi verrò a prenderti e insieme ce ne andremo lontano, dove nessuno potrà separarci.”

“Prometti? Prometti che torni? Non mi piace il buio.”

Occhi verdi incontrarono occhi azzurri, seppur offuscati da nuvole di indecisione e di paura. Una mano si appoggiò sulla guancia, un tocco di carezza in cui il viso cercò calore e rassicurazione.

“Prometto. Tornerò e staremo insieme per sempre.”

Lo aveva fatto. Lo aveva promesso. A Brian. Glielo aveva promesso che sarebbe tornato, perché lui non se ne ricordava? Perché tutti dimenticavano le promesse che gli avevano fatto?

 “Sarei tornato. Su questo devi credermi. Sarei tornato a prenderti e ce ne saremmo andati via. Te lo avevo promesso. Avevo promesso che sarei tornato ma non me l’hanno permesso. Mi hanno tenuto lontano, mi hanno impedito di ritrovarti.” Il tono di Tyler assunse una tinta di disperazione, sconforto per non essere in grado di far capire a Brian quello che realmente era successo. Lui non aveva colpe, come avrebbe potuto mantenere la promessa se lo avevano sempre allontanato da lui? Se li avevano sempre tenuti separati?

No, non questa volta. No, non sarebbe più successo. Tyler non lo avrebbe più permesso, non si sarebbe più dimenticato di quelle parole e avrebbe smosso mare e monti, distrutto chiunque si ponesse come ostacolo, pur di mantenere fede alla parola date.

Tyler strinse ancora di più la mano attorno al braccio di Brian, spingendolo infine contro di lui e appoggiando la fronte contro la sua. A quel contatto Brian cercò di liberarsi, mentre un brivido percorse la spina dorsale e si portò dietro un misto di paura e ribrezzo per ciò che quelle parole facevano intendere. Un altro brivido, questa volta più intenso, lo fece sussultare e, allo stesso tempo, gli diede la forza per liberarsi da quella stretta e da quella distanza fin troppo intima mentre mille pensieri sfrecciavano come giostre impazzite nella sua mente: si era salvato.

Per miracolo.

E tutto grazie a Kevin. Se Kevin non fosse stato lì quel giorno, se non si fosse preoccupato e, preso dall’ansia, non si fosse messo a cercare in ogni angolo di quel parco, forse si sarebbe scritta un’altra storia. Forse Brian non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di conoscere Nick o tutto il resto del gruppo, segregato da qualche parte e alla mercé di quella mente psicopatica che aveva deciso che lui gli apparteneva senza se e senza ma.

Ed era quello il destino che gli attendeva se non fosse riuscito a scappare.

“E sai perché ti hanno tenuto lontano?”

“Per cattiveria! Per ignoranza!”

“No! – La voce di Brian uscì in un urlo mezzo strozzato, come se qualcosa di invisibile cercasse comunque di trattenerlo e di continuare a ingrandire quella bolla di rabbia che era sul punto di scoppiare. – Per proteggermi! Da te! Hai idea di come mi hai rovinato? Hai idea di quanto tempo ho dovuto passare in ospedale? Hai idea di quanto tempo mi è servito prima di sentirmi vagamente normale? Prima di poter tornare a scuola? O lasciarmi solamente abbracciare da mia madre? Tu parli di amore ma se davvero mi amassi... ora mi lasceresti andare.”

“Non posso farlo. Lo sai bene. Non posso. - Ripeté Tyler quasi come una nenia, cercando di riavvicinarsi e accusando il colpo ogni volta che Brian gli sfuggiva, un’espressione di disgusto e repulsione sul volto. – Devi venire con me. E’ ciò che avevamo deciso. Non ricordi?”

Per la prima volta Brian lasciò che quelle parole entrassero nella sua mente e incominciassero a seminare un primo seme di dubbio. All’inizio non ci aveva dato peso, aveva semplicemente pensato che fossero parole dettate da quella pazzia di cui Tyler era nettamente portatore. Ma ora, dopo l’ennesimo riferimento a promesse fatte di cui lui non aveva memoria, e che non erano mai accadute nella realtà, Brian incominciò a sospettare che ci fosse qualcosa di più sotto.

O che, forse, aveva preso sottogamba quanto pazzo e psicopatico Tyler fosse.

“Non ricordo perché non ti ho mai promesso niente! – Brian scosse la testa, ormai era inutile continuare quel batti e ribatti che adornava quella situazione con pizzi e merletti di assurdità. – Ho sempre avuto terrore di te. Ho sempre avuto paura. Ma ora non più. Ora non posso odiarti ma... mi fai pena, Tyler. Hai bisogno di aiuto.”

Fu quell’ultima frase a cancellare qualsiasi altro discorso e riportare a galla una vecchia discussione di cui lui era stato un silenzioso e invisibile testimone. Era successo tanto tempo prima eppure quelle parole riuscivano sempre a far male, colpivano il bersaglio lì dove c’erano ancora ferite che si riaprivano così facilmente perché il tempo non le aveva mai guarite o cicatrizzate.

“Ha bisogno di aiuto. Lo sapete benissimo, eppure continuate a nascondervi dietro un’apparente normalità. Ha bisogno di aiuto o ci sarà qualche altro bambino a farne le conseguenze. E non sto parlando di qualche livido come...”

“Ti ho perdonato. – Sibilò Tyler, avvicinandosi lentamente e tenendo la mano appoggiata al fianco. – Ti ho perdonato nonostante ciò che la tua bugia ha fatto. Ti ho perdonato per avermi mandato in prigione, per avermi rubato tutti questi anni e per tutto quello che mi è successo. Non ho bisogno di aiuto. Ho solo bisogno di te.”

“Ma io non ho bisogno di te! – Urlò Brian frustrato. – E non ho bisogno del tuo perdono!”

“E di che cosa hai bisogno, allora? Non certo di quello spilungone che non sa nemmeno attraversare la strada!”

“Ho bisogno che mi lasci in pace! Ho bisogno che tu la smetta con questo ridicolo piano e di questa tua ossessione! Ho bisogno che tu mi dica perché hai fatto tutto questo!”

“Te l’ho detto ma tu non ascolti. Tu non mi ascolti mai, è questo il problema. Dovevo punirti. Non volevo farti male ma dovevo darti una punizione, dovevo far capire a loro quanto si fossero sbagliati su di noi. Dovevo far capire loro che cosa significasse avere la propria reputazione rovinata per una stupida bugia, esser preso e allontanato da ciò e da chi ami di più solamente perché qualcuno crede che tu sia colpevole. Fa male, non è vero?”

Avrebbe avuto voglia di ridere. Brian. Se non fosse per dove si trovavano e che cosa stava succedendo attorno a loro, Brian si sarebbe seduto per terra e avrebbe riso fino a quando non avrebbe avuto più respiro. “Tu non sai nemmeno che cosa stai dicendo. Butti parole così, sperando di potermi far comprendere qualcosa che non ha senso. Sei tu che non comprendi, sei tu che non riesci ad accettare che, nonostante tutto quello che hai architettato e tutto il fango e il dolore che mi hai tirato addosso, io non sarò mai ciò che tu vuoi che io sia. Non ti amo. Non lo farò mai. – Poi, con un’improvvisa e alquanto incomprensibile presa di coraggio, fu lui stesso a eliminare la distanza fra di loro e avvicinarsi fino a quando i due respiri si mescolavano e diventavano un unico soffio di aria. – Tu mi disgusti.” Brian pronunciò quelle parole scandendole lentamente, un sibilò che non poteva non esser captato anche in quella furia di tuoni e fulmini. Brian pronunciò quelle parole senza staccare lo sguardo da quello di Tyler, mostrando una forza che sembrava esser nata all’improvviso; e sapeva che quella stessa forza, ora, era riuscita a cancellare via ogni nebbia e nuvola di paura e disperazione dagli occhi. Brian pronunciò quelle tre semplici parole con un tono freddo, quasi come se volesse uguagliare quello stesso azzurro ghiaccio negli occhi: era la realtà, non poteva essere girata o ritoccata in altro modo.

Ormai era finita. Ormai non ci sarebbero più stati ripensamenti, neppure appelli a una redenzione che, a conti fatti, era solo stata un’infantile fantasia che Brian aveva usato per poter dar senso a quello che gli era successo. Ormai quella battaglia, incominciata dieci anni fa, era finita.

E Brian sapeva di averla vinta. E non era semplicemente una sensazione. La vittoria, in quella battaglia, la vide nello squarcio di dolore impadronirsi degli occhi e del viso di Tyler; la vide nel modo in cui l’uomo si ritrovò boccheggiante per un minuto, come se quelle parole fossero state dei pugni che Brian aveva assestato direttamente nello stomaco; la vide nel passo all’indietro che Tyler fece, incredulo che l’oggetto dei suoi desideri, fantasie e illusioni si fosse ribellato contro di lui, rifiutandosi di far parte dei suoi progetti. Tyler osservava Brian, osservava quel sorriso compiaciuto e pieno di orgoglio che si era disegnato sul volto, un sorriso che ricordava ben altri e che, in quel momento si confusero e divennero un’unica risata che lo beffeggiava e lo faceva sentire inerme e inutile. Tyler osservava Brian come se non riuscisse a riconoscerlo, così diverso dal bambino che aveva amato molto più di se stesso: era quella la sua vera forma? Era quell’espressione di vendetta che era stata tenuta celata dietro ai sorrisi e a quegli occhi azzurri?

Neppure Brian sarebbe riuscito a riconoscersi in quell’essere così carico e vibrante di vendetta, né riusciva a ben masticare quella punta di soddisfazione che nasceva dal vedere Tyler ridotto in quello stato, vittima e prigioniero di un dolore che lui stesso aveva provocato. Eppure una parte di lui, una parte che se ne era stata nascosta per tutto quel tempo, vibrava e si elevava grazie a quella consapevolezza perché Tyler era differente. Tutta quella situazione era totalmente e completamente differente da tutti gli sgarbi e gli errori che erano stati commessi negli anni: c’erano state parole di scusa, gesti e comportamenti forse portati all’esasperazione ma tutti dipinti da buone intenzioni. Con loro, con Nick e con gli altri ragazzi, Brian era riuscito a trovare la forza di perdonare perché ne era valsa la pena.

Non con Tyler.

Ma con Tyler era differente.

Non solo Tyler non aveva mai accennato a un gesto di scusa, anzi, aveva quasi preteso che fosse lui, Brian, colui che doveva abbassare il capo e mormorare una preghiera di perdono; non solo Tyler non aveva mai mostrato di essere consapevole di ciò che aveva fatto e di quali conseguenze erano sorte ma, al contrario, aveva continuato testardamente per la sua strada, come se l’unica cosa che contasse davvero fosse il suo volere. Tyler aveva anche commesso un errore imperdonabile, l’unica vera cosa che Brian non avrebbe mai potuto ricoprire con un telo e dimenticare: aveva cercato e aveva fatto del male alla persona che lui amava, aveva tentato di buttare al rogo una carriera e una reputazione di cui lui andava orgoglioso e fiero. Ed erano quei due sentimenti, ora, a prendersi una rivalsa e assaggiare quel piatto di vendetta offerto nel viso di chi lo aveva sempre terrorizzato e spaventato.

E furono quelle due emozioni a fargli commettere un errore, una piccola e breve distrazione che, però, si rivelò quasi fatale: perso in quel turbinio di pensieri, Brian non tenne conto di come Tyler avrebbe potuto reagire alle sue parole. Non poté nemmeno prevedere ciò che sarebbe successo di lì a pochi secondi perché questa, la reazione di Tyler, arrivò come un silenzioso fulmine. Uno squarcio di luce prima della tempesta, prima del vento che soffiava con forza e della pioggia che avrebbe battuto la terra alla ricerca di qualcosa: la pioggia, in quel caso, furono i pugni di Tyler che incominciarono a colpire ogni centimetro di pelle possibile, incurante di quanti e quanti danni si lasciasse dietro al suo passaggio. Il primo colpo arrivò direttamente all’altezza dello stomaco e si portò via la capacità di incamerare aria e ossigeno per qualche, interminabile e impalpabile, secondo; barcollò all’indietro prima di piegarsi in due, il braccio che andò a coprire quella parte come se potesse cancellare via il dolore. Ma non ci fu tregua perché, quasi subito, arrivò anche il secondo tuono e fu forte abbastanza da far crollare Brian per terra, il tempo necessario per coprirsi e proteggersi prima che si scatenasse quella tempesta di pugni e colpi

Eppure, in quel temporale che si stava scatenando sopra il suo corpo, i cui rombi di tuono erano parole e frasi sconnesse di qualcuno che si era reso conto di quanto la partita fosse stata perduta, Brian sentì una risata sarcastica incominciare a gonfiarsi dentro il petto. Perché, alla fine, Tyler aveva gettato via ogni maschera e si stava rivelando per ciò che Brian aveva sempre saputo che fosse: una persona malata, una persona capace di uccidere anche senza rendersene conto.

Le mani si bloccarono al primo accenno di risata. Due punti di verde pungente si fissarono sul volto di Brian, illuminati da una luce malvagia e intrisa di pazzia.

“Che cosa c’è di tanto divertente?”

Brian lasciò morire le risate ma, nemmeno per un secondo, lasciò che la determinazione sfumasse in un’ombra di paura: la posizione, il percepire il corpo del suo aggressore sopra di lui e quelle mani che già una volta lo avevano violato, erano già riusciti a riportare vividamente a galla i ricordi di un’altra lotta. Si rendeva conto, Brian, di essere sul ciglio di un pericoloso burrone: un solo passo e poteva ritrovarsi a cadere nel vuoto e fra le mani di Tyler, questa volta senza la possibilità di salvarsi o di scappare; dall’altra, c’era la concreta possibilità di lasciarsi tutto alle spalle e di poter finalmente vivere una vita senza quell’ombra a soffiargli sul collo. Poter finalmente vivere una vita assieme e con Nick.

“Tu, Tyler. Tu.”

Le mani di Tyler erano ormai strette attorno al suo collo, le dita pronte a stringere fino a quando avrebbero chiuso ogni entrata e uscita all’aria. La scena, paradossalmente, sembrava essere un flashback, seppur lui non riuscisse a identificare bene se fosse davvero accaduto o se era solamente un’altra di quelle immagini che la sua mente si divertiva a creare: non c’era la pioggia in quel ricordo, anzi, c’era la sensazione del sole che si appoggiava sulla schiena e la scaldava, quasi come volesse dargli il benestare in quello che stava succedendo. Quasi come se volesse rassicurarlo che quella punizione era più che giusta e meritata.

“Che cosa c’è da ridere?” Ripeté Tyler urlando, allentando per qualche secondo la presa. Era più che sufficiente, si disse fra sé e sé. Non voleva davvero fargli del male, non voleva perdere un altro secondo in quella futile discussione. Soprattutto, non voleva sprecare quel momento, quella posizione in cui sarebbe bastato semplicemente abbassarsi di qualche centimetro per sfiorare le labbra di Brian e mettere a tacere quelle parole che sapevano di bugia e di presa in giro.

“Stai semplicemente dando prova di ciò che ho sempre saputo. – Rispose Brian, ignorando ogni brivido e pulsazione di dolore e, soprattutto, quello sguardo che lo osservava come se fosse una preda pronta per essere divorata. – Sei malato e sei pazzo.”

Per un istante, negli occhi di Tyler brillò un bagliore di totale lucidità, come se avesse compreso che le sue parole non sarebbero mai riuscite a far cambiare idea a Brian. Ma essa si sfocò velocemente mentre veniva presa prigioniera da un’altra voce e da un altro volto, molto più adulto e più carico di odio di quello di Brian.

Brian si approfittò di quel secondo, si giocò l’ultima carta per potersi allontanare da quel mostro. Con tutta la forza che riuscì a trovare, alzò il ginocchio e lo fece sbattere contro l’inguine di Tyler, provocando nel ragazzo un rantolo di dolore; quasi immediatamente, le mani scomparvero dalla presa attorno al suo collo e, con esse, anche il peso del suo corpo. Finalmente libero, Brian non aspettò nemmeno una frazione di secondo e rotolò sul fianco che, fortunatamente, non era stato trasformato in un pungiball; si mise in piedi, ignorando tutti le saette di dolore che il suo corpo rivelò tutti all’improvviso. Ma Brian rigettò indietro il gemito di dolore che voleva uscire, accantonò da una parte la preoccupazione e il timore di qualche ferita più grave di quanto apparisse: di quello se ne sarebbe potuto occupare una volta lontano da Tyler e dalla sua pazzia.

Ora, il suo unico obiettivo era riuscire a fuggire via.

E in quel frangente, in quell’attimo dove tutte le energie erano focalizzate su di un unico obiettivo, il pensiero di essere un codardo non sorvolò né atterrò all’interno della mente di Brian. Forse lo era, forse era davvero un codardo se stava scappando via con il cuore che batteva all’impazzata contro lo sterno. O, forse, la sua fuga non era esattamente un segno di codardia ma la vittoria dell’istinto di sopravvivenza sulla paura e il panico, quei due sentimenti che erano stati sempre i controllori di ogni suo pensiero e di ogni sua azione. Quante volte aveva sognato di poter rispondere a tono a Tyler? Quante volte si era torturato con immagini di come avrebbe reagito diversamente se avesse potuto tornare indietro? Persino qualche settimana prima, quando Seth lo aveva aggredito, tutto quello che Brian era riuscito a fare era implorare un senso di pietà e pregare che qualcuno lo potesse salvare in tempo. Non era stato quel Brian, quel indifeso e impietrito Brian, il più codardo fra i due?

La sua, ora, non era codardia.

Era istinto di sopravvivenza. Era mettere come prima priorità se stesso e la sua sanità, invece che rimanere e rischiare di perdere qualcosa di ben più prezioso che un’oncia di orgoglio. E, in realtà, il suo orgoglio ne usciva nettamente rinfrescato e rinvigorito: era riuscito a tener testa a Tyler, era riuscito a impedirgli di portare a termine il suo piano e, nel mentre, era anche riuscito ad assestare un colpo che aveva sancito la disfatta del suo aggressore. Figurativamente e fisicamente.

No, Brian non era un codardo.

Già i suoi polmoni respiravano l’aria di libertà. Nonostante il freddo, nonostante l’essere bagnato fradicio e con un polso rotto, Brian si sentiva come mai prima di allora. La libertà aveva un sapore differente quando ti rendevi conto, con assoluta certezza, di quanto avevi rischiato di essere rinchiuso per sempre in una prigione. Quella libertà non era solamente l’esser sfuggito via a Tyler. Quella libertà sapeva di essersi finalmente tolto le catene che lo avevano tenuto ancorato al passato, che lo avevano bloccato là dove prima si sarebbe buttato senza pensare alle conseguenze.

E, con la sua proverbiale fortuna, quella libertà durò il tempo di un fulmine e di un tuono.

Tyler era riuscito a recuperare il controllo, quello smarrimento che era arrivato nel momento in cui aveva visto Brian allontanarsi e la certezza che lo stava per perdere per sempre, se non avesse agito. E gli era rimasta solamente un’ultima possibilità, quell’arma che si era ripetuto più volte che avrebbe usato solamente in caso di estrema necessità. Non voleva ripetere lo stesso errore una seconda volta, non voleva sporcarsi nuovamente le sue mani con del sangue che, poi, lo avrebbe tormentato ogni volta che avrebbe chiuso gli occhi.

Perché doveva finire sempre così?

Perché lui lo costringeva sempre a usare la violenza?

La mano si infilò dentro la giacca e impugnò la pistola che aveva tenuto nascosto fino a quel momento. La estrasse, nonostante la mano tremasse e tutto il suo corpo stesse cercando di fermarlo, impedirgli di commettere un altro omicidio.

Ma non poteva non farlo. Brian se ne stava andando. Brian avrebbe raccontato altre bugie, esattamente come aveva fatto tanti anni prima. Lo avrebbero costretto a raccontare bugie, si corresse Tyler. Esattamente come la prima volta, esattamente come quando aveva dovuto nascondere quel prezioso amore e rapporto per paura che glielo portassero via.

Doveva farlo.

“Perché mi costringi sempre a fare ciò?”

Brian si fermò all’improvviso, un brivido che gli corse lungo la schiena. Non seppe dire, poi, che cosa lo fece voltare invece di continuare a camminare e dimenticarsi di quelle ore di incubo: forse era stato il tono, così freddo e, allo stesso, con una punta di pazzia e di delirio che era impossibile semplicemente cancellare dalla mente. O, forse, era stato anche quel rumore, quello scatto metallico, che lo aveva raggelato e lo aveva costretto a girarsi per assicurarsi che non fosse ciò che la sua mente e la logica suggerivano.

Invece queste si sbagliavano. Perché quando Brian riuscì a voltarsi, lentamente, si ritrovò di fronte alla figura di Tyler che, tremante, gli stava puntando una pistola contro.

“Perché? Ogni volta. Ogni stupida volta riesci a farmi arrabbiare così tanto. Perché lo fai? Non vedi che cosa mi costringi a fare? Lo hai già fatto una volta e sai che non volevo. E anche adesso non voglio ma tu... tu mi costringi a farlo. Tu mi costringi a ucciderti una seconda volta, Thomas.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*****************

Spero che questo "colpo di scena" abbia incuriosito un po' di più tutti i pii lettori silenziosi. =)
Al prossimo capitolo!
Cinzia 

   
 
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