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Autore: Furiarossa    07/05/2017    0 recensioni
Sheldon viene alla luce in un mondo alternativo, dove tutti gli esseri umani posseggono sin dalla nascita un potere unico – un potere che può essere inutile come farsi crescere i peli del naso a comando o distruttivo come evocare fiamme dal nulla – e il suo dono è più unico che raro, nonché pericoloso: leggere nel pensiero di qualunque creatura animata, e dunque anche degli esseri umani che si trovano intorno a lui, risultando in un frastuono continuo nella sua mente, nella totale assenza di silenzio che potrebbe durare per tutta la sua vita.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inizieremo la nostra storia da un bambino nato a New Orleans, battezzato Sheldon La Poer da un padre single e disperato di nome Simon.

A metterla così, potrebbe sembrare una di quelle comuni storie di bambini che crescono nella miseria, ma riescono comunque a coltivare un carattere gioviale, a rimanere sempre allegri e buoni senza farsi spezzare dalla tristezza e alla fine ad avere la loro rivalsa sulla vita e trovare un lavoro di successo, ma vi assicuriamo che non è così: non c'è niente di più lontano del cliché dal nostro Sheldon; perciò se amate le storie di persone buone e perfette, chiudete questo libro, posatelo sullo scaffale su cui l'avete trovato e allontanatevi lentamente, siete ancora in tempo per non immischiarvi in cose che non vorreste sapere.

La storia che vogliamo raccontarvi è unica come il suo protagonista, un bambino così unico che a soli sei mesi di età iniziò a sentire le voci nella testa. Era pazzo? Parlava con i morti? E chi poteva dirlo, di certo lui non poteva visto che non sapeva ancora parlare.

Le voci che sentiva gli raccontavano di cose che non poteva capire, troppo piccolo e impaurito per comprendere cosa gli sussurravano, spaventate o eccitate, viscide come anguille che si dibattevano in una cassa o asciutte come sassi sotto il sole del deserto; quando iniziò a crescere, il piccolo iniziò a fare domande a suo padre, domande che nessun altro bambino della sua età faceva. Da quanti piccini di un anno e mezzo di età, con ancora il pannolino indosso e che si erano appena tolti il ciuccio di bocca, vi siete sentiti chiedere:

Perché abbiamo così pochi soldi nel nostro conto in banca? Perché non vai a parlare con quella signora, se ti piace tanto? Perché la mamma ci ha abbandonati dopo che sono nato, è perché sono strano? Perché pensi che sono tanto strano, papà?

Suo padre aveva paura, non gli aveva accennato mai a quelle cose, perciò lo guardava e tremava e in quel momento le voci nella testa di suo figlio si facevano spaventate, frementi come fiamme nel vento, e gli chiedevano “perché sei così strano? Perché spaventi tuo padre in questo modo?”.

Così il bambino smetteva di fare quelle domande, ma c'erano volte in cui non poteva trattenersi, in cui non riusciva a stare in silenzio e doveva chiedere cosa significassero quelle cose che le voci nella sua testa gli dicevano. Dopotutto, chi avrebbe mai chiesto ad un bambino così piccino di rimanere in silenzio durante l'età della curiosità?

Eppure a lui fu detto più e più volte, di quando in quando anche molto bruscamente. Suo padre era un pescatore, riparava motori di barche ed era profondamente timorato di Dio, ma a volte sembrava quasi che avesse più paura di suo figlio che non della divinità a cui si rivolgeva borbottando preghiere di notte, con le mani giunte e gli occhi chiusi.

Solo sull'erba, mentre suo padre lavorava, Sheldon si sentiva al suo posto: chiudeva gli occhietti, allargava le braccia e lasciava che un suono vibrante gli riempisse il cervello fino a saturarlo, sentiva la fame e la soddisfazione di tutte le creature, la vita e la morte e uno scorrere impetuoso, come di un fiume, che era la vita stessa. Facendo le fusa parlava con i gatti e comprendeva ogni loro pensiero e il significato dei movimenti dei loro baffi bianchi, ma sopra ogni cosa amava i cani, i sempre festanti cani che traboccavano gioia e forza e che quando si avvicinavano a lui gli annusavano le piccole mani e sciabolavano la coda. Sheldon ne aveva sempre desiderato uno tutto suo, un amico con cui parlare quando gli sembrava che il mondo volesse farlo sentire in colpa per il solo fatto di esistere, ma suo padre riteneva che fossero troppo poveri per possederne uno, pagargli cibo e spese veterinarie e dedicargli del tempo.

Allora il nostro protagonista avvicinava la gente per strada che possedeva dei cani, gli chiedeva gentilmente di toccarli, e come potevano loro rifiutare? Un bimbetto di al massimo quattro anni, con la pronuncia ancora stentata e il passo caracollante, le guanciotte rotonde e occhioni azzurri contornati da folte ciglia si allontanava dal suo preoccupato padre di solo qualche metro per chiedere «Pe' favo'e, poso aca'ezza'e il tuo caniolino?».

Per lui erano tutti “caniolini”, dal più piccolo dei chihuahua al più grosso, muscoloso e rugoso dei mastini napoletani. E i cani lo amavano sempre, anche quelli che di solito avevano un carattere irritabile, o che non andavano d'accordo con i bambini: gli annusavano le mani e la testolina coronata di riccioli, poi scodinzolavano quietamente e si lasciavano fare qualunque cosa. Lui gli parlava piano, a bassa voce, facendo rumorini dolci e i cani guaivano o gli leccavano la faccia e si inchinavano per invitarlo al gioco, gli occhi illuminati di gioia.

I passanti si intenerivano, lo riempivano di complimenti, poi quel piccolino diceva qualcosa, qualcosa di molto personale per il passante in questione, e d'un tratto non sembrava più tanto tenero e piccino, ma un qualche tipo di mostro che poteva scrutare nella loro anima e strapparne i segreti più oscuri per spiaccicarglieli in faccia.

Sheldon La Poer aveva sette anni quando apprese come mai era così speciale. Era seduto dietro un banco di scuola, le piccole braccia magre incrociate sul petto, e ascoltava distratto il brusio che fin dalla nascita lo aveva accompagnato ovunque, persino nei posti in cui non c'era nessun'altra persona. La maestra entrò facendo scricchiolare le scarpe nuove, si sedette posando la grossa borsa tintinnante sulla cattedra e iniziò una lezione molto particolare che, per la prima volta da quando aveva messo piede in quel noioso mondo scolastico, interessò il giovane La Poer.

«Buongiorno a tutti, scolaretti! Come state?»

«Bene!» risposero in coro gli studenti

«Allora, bambini, oggi parliamo di una cosa che sicuramente vi piace... ecco, Jimmy, quella cosa lì... allora, come sicuramente i vostri genitori vi hanno già detto, tutti noi abbiamo un potere diverso. Per qualcuno è un vero superpotere, per qualcun altro è un potere che... oh, si Jimmy, quel potere per esempio. Ora smettila, per favore!».

Sheldon era concentrato, le piccole sopracciglia nere aggrottate: suo padre non gli aveva mai accennato nulla di poteri e superpoteri. Eppure i genitori di tutti gli altri lo avevano fatto, questo lo sapeva per certo.

La maestra continuò a parlare con la sua bella voce chiara

«Ogni bambino ha un potere. Molti di voi ancora non lo hanno scoperto perché questi poteri speciali, che ogni persona ha, funzionano solo in condizioni particolari. Per esempio qualcuno di voi potrebbe avere il potere di fare crescere molto velocemente le felci, ma per scoprirlo dovrebbe provarlo mentre vede una felce e dubito che abbiate provato. Oppure potreste saper essere molto, molto bravi a comunicare con i rinoceronti, ma qualcuno di voi ha mai visto un rinoceronte? No, vero? Per qualcun altro è più semplice, per esempio potreste essere bravi a fare grandi salti oppure a mangiare molto velocemente una torta».

Jimmy continuava a comandare alle due mosche che gli giravano intorno alla testa di fare evoluzioni nell'aria, muovendo le piccole dita, emanando compiacimento per essere già capace di padroneggiare il suo potere.

«Molti di voi conoscono il potere dei propri genitori. Il padre di Samantha, per esempio, è un fantastico pompiere perché il fuoco non può bruciarlo e lui può passare incolume attraverso le fiamme per prendere le persone e portarle in salvo».

Samantha, una bambina dai capelli color grano con una t-shirt di Barbie, gonfiò il petto e sorrise, fiera del suo papà invincibile.

«E poi c'è il potere della madre di Anthony, che può prevedere i temporali e per questo lavora in televisione. Ogni potere ha il suo modo di tornare utile e ognuno è diverso. Può capitare che due o più persone abbiano lo stesso potere, anche se lo utilizzano in modi diversi o in condizioni diverse. Per esempio la madre di Anthony può prevedere i temporali, come il signore del meteo del canale sette, ma mentre la madre di Anthony può prevederli due o tre giorni prima, ma non può dire con esattezza quanto saranno estesi, il signore del meteo può prevederli solo un giorno prima che si verifichino, ma sa calcolare quante città copriranno con esattezza, cioè quante città saranno bagnate dalla pioggia di quel temporale».

Un bambino alzò la mano. Sheldon seppe quale domanda avrebbe fatto e quale sarebbe stata la risposta prima ancora che lui o l'insegnante potessero muovere le labbra.

«E quelle persone che non hanno i poteri?» Domandò il bambino, sputacchiando un po' per la mancanza di un discreto numero di denti «Perché non ce li hanno? Nonna non ce li ha».

Lo sguardo dell'insegnante per un attimo si riempì di pena, poi tornò acuto e splendente

«Non esistono persone che non hanno poteri, solo persone che non li hanno mai scoperti. Come puoi sapere se sei capace di muovere un ghiacciaio, se non sei mai stato al polo nord? Ci sono persone per cui è impossibile scoprire il proprio talento»

«E voi, signora maestra, che potere avete?»

«Io? Lo sai che c'è un segreto professionale sui poteri di una persona? Posso decidere di non dirlo a nessuno e se lo dicessi a qualcuno, quella persona sarebbe obbligata a mantenere il segreto sul mio potere: non potrebbe dirlo a nessuno. Comunque ci sono persone che decidono di rivelare a tutti le proprie capacità speciali e va benissimo così, specie quando sono molto utili».

La manina di Samantha scattò in alto per chiedere la parola.

«Dimmi, Samantha»

«E i supereroi?»

«Bella domanda, Samantha! Allora, alcune persone hanno dei poteri speciali ancora più speciali delle persone normali e questo poteri vengono chiamati “superpoteri”. Un superpotere potrebbe essere ad esempio una forza molto maggiore del normale o la capacità di sputare fuoco o di far levitare le cose e...».

La mano del bambino con pochi denti scattò in alto di nuovo.

«Dimmi, John»

«Signora maestra, che cosa significa “lievitare”? Come il pane?»

«No. Non lievitazione, ma levitazione. Significa essere capace di staccarsi da terra, quasi di volare!»

«Wow!».

Un brusio eccitato, che presto si sarebbe trasformato in un chiasso indiavolato, passò fra i bambini: non pensavano che quel potere che così spesso veniva ostentato nei film o nei cartoni animati potesse essere reale. Jimmy si sentì tutto d'un tratto scontento della propria capacità di controllare il volo degli insetti, desiderando ardentemente di volare lui stesso o almeno di poter controllare i falchi e i gabbiani. Malina, il cui potere non si era ancora rivelato, desiderò di poter lanciare lampi dalle dita e lo dichiarò a gran voce, mentre Samantha disse che un giorno il suo potere sarebbe stato di controllare tutti gli animali velenosi. Qualcuno voleva potersi trasformare in un mostro, qualcun altro in un lupo, ma l'unica cosa che si trasformò lì fu l'atmosfera della classe, d'un tratto infervorata dai desideri degli alunni.

Sheldon iniziò ad avere il mal di testa e si coprì gli occhi, premendosi i bulbi oculari e desiderando soltanto di trovarsi da un'altra parte, più silenziosa e meno piena di bambini.

«Va bene. VA BENE!» La maestra alzò i palmi delle mani «Ora basta! Ora basta, state calmi! È una cosa molto rara che si possa levitare. Non capiterà probabilmente a nessuno di voi, ma se sarete fortunati potrete vedere qualcuno capace di farlo. E quasi certamente quel qualcuno sarà un supereroe: un poliziotto speciale che protegge i cittadini dai cattivi dotati di superpoteri. Immaginate un ladro con dei superpoteri! Superpoteri come essere capace di aprire una cassaforte solo toccandola oppure capace di muoversi velocissimo! Oppure capace di fermare i proiettili delle pistole! Un poliziotto normale avrebbe qualche difficoltà a confrontarsi con una di queste persone, ma per fortuna i supereroi ci proteggono. Non pensate che basti avere un bel potere per essere un supereroe! Loro vengono addestrati molto seriamente e devono saper affrontare qualunque pericolo. È un lavoro molto, molto pericoloso e meno male che nessuno dei vostri genitori lo fa, perché i supereroi spesso si fanno molto male».

In realtà la maggior parte della classe era davvero delusa dall'assenza di supereroi fra i genitori dei propri compagni, ma in molti fecero finta di non essere interessati alla cosa per non doversi sorbire una lunga e noiosa predica, incentrata su quanto fosse irresponsabile e pericoloso provare a fare i supereroi, da parte di un'insegnante.

«Sapete, ci sono delle leggi che regolano l'uso dei poteri, che sono nate molti anni fa» Continuò la maestra «Perché dovete sapere, bambini, che tanti anni fa non tutte le persone avevano dei poteri. Le persone, più o meno centocinquant'anni fa, guardavano in maniera diversa tutti quelli che avevano una capacità fuori dal comune. Alcuni ne erano spaventati, altri ammiravano tutti quelli che erano capaci di fare cose che gli altri non sapevano fare, quindi fu stabilito che se una persona che aveva dei poteri li avesse usati contro una persona che non li aveva sarebbe stato messo in una prigione speciale per persone con i poteri. Poi, non si sa ancora bene come, tutte le persone hanno iniziato a manifestare i poteri e oggi ogni bambino che nasce ne ha uno, per quanto non tutti lo scoprano, come abbiamo detto prima, quindi quella legge non va più bene. Se Jimmy facesse volare una delle sue mosche sulla testa di uno di voi, di certo non lo metterebbero in prigione! Se invece fosse nato, diciamo, cento anni fa sarebbe stato messo in prigione per averlo fatto, perché la gente era spaventatissima dai poteri, anche quelli di fare volare le mosche sulla testa di qualcuno».

La classe rise. Tutti tranne Sheldon, preoccupato.

Samantha alzò una mano

«E... e... e signora maestra, come faccio a sapere se ho un potere strano? Se per esempio posso parlare con i serpenti dell'Africa?»

«Dovresti viaggiare fino in Africa. Oppure incontrare un serpente africano in un negozio di animali, Samantha. Ci sono molte possibilità nella vita e noi non sappiamo quali si sveleranno e che cosa ci riveleranno di noi. Ad ogni modo, c'è un solo modo per voi di scoprire il vostro potere: provare quante più cose diverse sia possibile. Studiare tanto, mangiare tutto quello che vi dicono i vostri genitori e andare dove vi dicono di andare senza fare troppe storie potrebbe portarvi a scoprire il vostro potere molto prima di quanto immaginiate!».

La maestra non pensava davvero quest'ultima parte, l'aveva aggiunta solo perché le conveniva manipolare quelle giovani menti nell'essere più docili. Sheldon sapeva che quelle parole erano state forzatamente attaccate alla fine della lezione molto dopo averla preparata perché aveva letto l'intero discorso nella mente dell'insegnante, una parola dopo l'altra, prima che lo pronunciasse.

E finalmente seppe che la lettura nel pensiero era solo un potere, uno di quelli di cui suo padre non gli aveva mai parlato, e che lui non era pazzo. Evidentemente, anche parlare con i cani faceva parte delle sue capacità.

«Adesso ci sono domande?».

Dozzine” Pensò Sheldon “Ma non sono le mie. Andate pure senza di me”.

I bambini alzarono le mani, qualcuno se ne dimenticò persino e prese a parlare a ruota libera, costringendo la maestra a zittirli e battere la mano aperta sulla lavagna, producendo il rumore di uno schiaffo.

«Maettra, maettra!» Esclamò un bambino con la mano ancora in aria, rimbalzando sulla sedia e producendo scricchiolii

«Dimmi pure Shawn, cosa vuoi sapere?»

«Pozzo andare 'n bagno?»

«Si. Se proprio ci devi andare» fece seccata la donna.

Shawn si alzò in piedi e corse letteralmente fuori dalla classe, facendosi urlare dietro “non correre, che ti fai male!”.

Sheldon guardò fuori dalla finestra mentre gli altri parlavano e gridavano e la maestra spiegava loro con dolcezza che non andavano discriminate le persone che non avevano poteri o quelle che avevano poteri più deboli e altre cose che lui sapeva benissimo.

Fuori, nel prato del giardinetto, c'era un gatto, un enorme gatto bianco, che guardava dentro la classe con gli occhi castani spalancati. Aveva il pelo cortissimo e una lunga coda sottile che si muoveva lentamente.

Sheldon riusciva a sentire solo debolmente i suoi pensieri, da così lontano e dietro la finestra, ma anche da lì capì che si trattava di un gatto inusuale. Non l'aveva mai incontrato prima, altrimenti avrebbe ricordato quella testa così rotonda e quegli occhioni gialli incorniciati dal pelo fitto, candido come neve, eppure l'animale stava pensando proprio a lui, come se lo avesse riconosciuto.

Forse anche gli animali hanno poteri?” Si chiese Sheldon, battendo le palpebre e cercando di penetrare nel mistero del gatto che lo conosceva e stava cercando di attirare la sua attenzione.

Al contrario di quello che le persone spesso pensavano, i pensieri dei gatti erano chiari quanto quelli dei cani, se non addirittura più semplici da leggere, con un'acutezza quasi umana; ovviamente Sheldon non pensava in questi termini a loro, ma con un molto più lineare “i gatti si capiscono facilmente”. Quel micione bianco però no, era muto ed emetteva una vibrazione di interesse verso la classe ed in particolare per un alunno in quella classe ed era come se volesse parlargli, dirgli qualcosa di importante, qualcosa che se Sheldon fosse davvero riuscito a sentire lo avrebbe...

La maestra batté forte le mani per due volte

«Sheldon. Sheldon, cosa guardi?» lo richiamò «Non ti distrarre».

Il bambino volse lo sguardo verso di lei e si sentì risucchiato di nuovo dalla normalità noiosa e prevedibile degli esseri umani. Chinò lo sguardo sul banco e disse esattamente quello che la maestra voleva che lui dicesse

«Scusatemi. Fuori c'era un gatto e lo stavo guardando, non lo farò più»

«Bravo bambino. C'è qualcosa che tu vorresti chiedere?».

Sheldon strizzò gli occhi alla ricerca di una domanda nella testa della maestra e trovò una di quelle che lei si aspettava. La fece. Ebbe la risposta che già sapeva. Si appoggiò allo schienale e lasciò che tutto scorresse come sempre, facendosi travolgere dalla corrente dei pensieri e perdendosi in essa fin quasi a cancellare il proprio pensiero.

I poteri sono utili per molte cose diverse, ma non vanno mai rivolti contro gli altri esseri umani, altrimenti si rischia l'ergastolo... ma ai bambini spieghiamolo dicendo che si va in prigione per moltissimi anni...”

Che noia. Palla palla palla”

Il mio potere fa schifo, da grande saprò fare scoppiare i poteri delle persone. Ma mi cambierà quando sarò grande?”

Il vostro potere sarà immutabile per tutto il resto della vostra vita. Ne avrete uno solo e rimarrà uguale anche quando sarete grandi. Mi dispiace, se il vostro potere fa schifo come il mio ve lo tenete, perché la vita è ingiusta”

Che noia”

Che noia” khow

Voglio andare a casa a mangiare la pasta con i pezzetti di würstel che fa la mamma”

Non mi interessa qui. Voglio solo trovare il mio gatto Bringo. Dove sarà andato Bringo? Chissà se papà l'ha già trovato, a Bringo...”.

Sheldon si riscosse, cercando di capire che in quella classe avesse pensato al gatto che si era perso, ma purtroppo stava solo distrattamente ascoltando i pensieri di tutti, troppo rumoreggianti e confusi, come una massa di spaghetti ingarbugliati, per riuscire a distinguerne la fonte. Si guardò intorno, ma nessuno di loro gli sembrò capace di prendersi cura di un gatto, forse per via delle espressioni annoiate e spente.

«Bringo» Sussurrò, guardando fugacemente la finestra mentre la maestra era troppo impegnata per pensare a lui, ma il gatto era scomparso. Sheldon batté le palpebre: no, solo il corpo del gatto era scomparso, perché i suoi pensieri continuavano a ronzare, provenienti dallo stesso punto, come fusa inquiete. Senza sapere perché, gli venne la pelle d'oca sulle braccia e respirò più profondamente.

Il gatto Bringo era scomparso. Letteralmente.

«Maestra!» Sheldon fece scattare in alto la mano

«Dimmi, Sheldon»

«Maestra, ho una domanda importante» il bambino si torse le mani, sperando di non sembrare stupido «Gli animali... gli animali possono avere dei poteri?»

«No, non credo. Io non ne ho mai visto uno, almeno»

«E se io ne avessi visto uno?»

«Un animale che ha dei poteri, Sheldon? Che genere di poteri? Perché devi sapere che molti animali hanno già sensi molto più sviluppati dei nostri, per esempio i cani possono sentire tutti gli odori che noi non sentiamo o anche i suoni»

«No. Questo era un gatto. Un gatto che scompare nel nulla»

«Come fa un gatto a scomparire nel nulla?» sul volto della maestra comparve un sorrisetto di compatimenti “I gatti sono bravi a infilarsi ovunque. Il bambino avrà girato un attimo lo sguardo e il micio sarà scivolato in un buco fra i mattoni o si sarà arrampicato su un albero”.

Sheldon fu molto irritato da quella mancanza di fiducia e alzò il mento del suo faccino corrucciato

«Lo stavo guardando» disse «Ed è sparito proprio davanti ai miei occhi. Come un fantasma»

«Sei sicuro che fosse proprio un gatto?» domandò la maestra, delicatamente «Può darsi che non te lo ricordi bene. L'hai visto alla tv?»

«No. Era nel giardino della scuola, proprio qui, nel giardino della scuola» indicò fuori dalla finestra «Era lì»

«Poco fa?»

«No» mentì con naturalezza Sheldon «Ero fuori anche io»

«E hai visto il gatto sparire così, puff, nel nulla? Davanti ai tuoi occhi?»

«Si»

«Sei sicuro?»

«Si» ripeté Sheldon.

Perché le domande dovevano essergli ripetute così tante volte? Sheldon strinse i pugni, nascosti dal banco, e annuì per rafforzare il concetto. I pensieri della mastra espressero incredulità, con solo un pizzico di meraviglia alla possibilità che quello che aveva detto il bambino fosse vero.

«Gli animali non hanno i poteri!» Quasi strillò Samantha, guardando male Sheldon «Non fare l'ignorante!».

Sheldon si trattenne dal risponderle che l'ignorante era lei, perché se lo avesse fatto avrebbe avuto contro l'intera classe, e si fece piccolo piccolo.

La maestra ebbe un po' pietà di lui e ammise, pur senza crederlo

«Noi non sappiamo se alcuni animali possono avere dei poteri, come le persone, Samantha. Magari c'è davvero un gatto che può diventare invisibile, non credi?».

Sheldon sentì il disprezzo e lo scherno dei suoi compagni verso di lui, che adesso era considerato contemporaneamente il cocco della maestra e un sognatore che parlava di animali fantastici e si ripromise che non avrebbe mai più detto quello che pensava davvero, ma quello che gli altri volevano che lui dicesse.

Sarebbe stato facile, avendo il potere di leggere nel pensiero.

 

  
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