Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Lanonimoscrittore93    07/05/2017    0 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano successe davvero tante cose in così poco tempo. Sam era davvero fuori di testa, stavo iniziando a pensare che lo psicopatico che era in lui si fosse fatto di nuovo vivo. Ancora non riuscivo a crederci che fosse riuscito a convincere mia madre a farci trasferire a casa sua e di suo padre, e per di più, aveva permesso che dormissi insieme a lui nello stesso letto, anche se non ricordavo come ci fossi finita a letto. Mistero.
Le cose tra noi stavano decisamente cambiando, era come se adesso si fidasse di me, si stava aprendo. La parte illusa di me credeva che lui mi amasse, poteva essere possibile? Stava così cambiando? Ma arrivare ad amarmi? No, era meglio che non ci pensassi, non volevo sperare per poi avere una delusione, con conseguenza un cuore spezzato.
Quando uscii dai miei pensieri, mi accorsi che l'autista di Sam, che ora sapevo che si chiamava Jacob, non ci stava portando a casa ma in un posto a me sconosciuto. "Dove mi stai portando?".
"Sorpresa".
"Non mi piacciono le sorprese", mi imbronciai. Non mi piacevano proprio le sorprese.
"Come mai?".
"Perché sono troppo curiosa e non so resistere". Rise di me. Com'era odioso quando rideva di me. Io ero seria e lui che faceva? Rideva. Ma io lo strozzo!
"Sei incredibile".
"Scemo". Gli feci la linguaccia incrociando le braccia imbrociata.
"Sai, sei davvero carina quando fai così". Cosa? Ma erano cose da dire? Solo lui sapeva come mettermi in imbarazzo, compreso suo padre.
"Non è vero", mi portai le mani sul viso.
"È la pura verità", mi sussurrò all'orecchio per poi morderlo. Era impazzito per caso!?
"Sam! Cosa fai!?".
"Nulla", continuò a ridere di me. Io lo strozzo davvero! "comunque, siamo quasi arrivati, non manca molto".
Mi guardai intorno. Perché mi stava portando in un prato? Voleva fare un picnic per caso? Avevamo appena pranzato! "Facciamo un picnic?", lo guardai sospettosa. "Hai intenzione di farmi ingrassare? Abbiamo finito di mangiare da poco".
"Non ti sto portando a fare un picnic", esclamò
"E allora dove mi stai portando?".
"A fare un giro". Un giro? E dove, nel nulla?
"Tutto qui?", chiesi scettica.
"Tutto qui". Sapevo che mi nascondeva qualcosa, si credeva davvero così furbo? Non mi poteva ingannare così facilmente, no signore.
Quando l'autista accostò l'auto, vidi una mongolfiera. Voleva farmi fare un giro su una mongolfiera? Non è che mi voleva buttare di sotto?
"Cosa c'è?", mi chiese dopo che gli lanciai un occhiataccia sospettosa.
"Non è che hai intenzione di farmi qualche scherzo o qualcosa del genere?".
"N-no", balbettò intimorito.
"Cos'hai in mente?", strinsi gli occhi a fessura.
"Non posso farti fare un giro?".
Sospirai rassegnata, dopotutto non aveva tutti i torti. "Sì, certo che puoi".
"Bene, allora andiamo". Mi prese per mano tutto contento trascinandomi verso la mongolfiera. Era gigantesta vista da vicino.
"Salve", salutò Sam con un cenno l'uomo che presumevo ci avrebbe fatto fare il giro sulla mongolfiera. Come al solito Sam non cambiava, era freddo e distaccato con gli altri, come se non gli importasse nulla di loro. Sapeva che volevo che fosse più gentile con le persone.
"Salve a lei, signor Edwards", ricambiò il saluto l'uomo in modo formale, per poi rivolgersi a me con più gentileza e regalandomi un sorriso cordiale, "e a lei signorina". Notai che Sam era infastidito dalle attenzioni che mi aveva prestato l'uomo, se avesse potuto ucciderlo con lo sguardo lo avrebbe fatto. "Se siete pronti possiamo andare", continuò.
"Certo", gli rispose Sam. Era evidente che fosse infastidito da lui e la cosa mi piaceva, mi faceva sentire importante.
Il signore della mongolfiera, che non ci aveva detto il suo nome tra l'altro, ci aprì la cesta facendoci salire. Quando partimmo, notai che Sam era agitato. Dopo un po' strinse gli occhi ed iniziò a fare dei respiri profondi. Decisamente c'era qualcosa che non andava. Gli presi la mano nella mia stringendola cercando di rassicurarlo ma non funzionò. Perché aveva deciso di portarmi su una mongolfiera se soffriva l'altezza? Era così pazzo o tremendamente romantico da non importargli? Ma poi, non era lui quello che si arrampicava dal mio tubo di scolo? Non capivo. Ma in fondo lui era Sam e viveva nel suo mondo fatto delle sue regole.
"Sam?", gli sussurrai mentre gli accarezzavo la guancia, "va tutto bene, ci sono io qui con te".
"No che non andrà bene". Era evidente dal suo tono di voce che era agitato e terrorizzato, non l'avevo mai visto così prima d'ora.
"Perché dici questo?".
"Perché questa cesta non può reggerci, cadremo, me lo sento".
"Ma Sam, questa cesta è stata testata e ci reggerà, sta' tranquillo", gli dissi con voce bassa e rassicurante.
"Lo so ma non ci riesco".
"Sam, guardami negli occhi". Con fatica e riluttanza aprì gli occhi per fissarli nei miei, e il blu e il grigio si ritrovarono come sempre. "Non temere". Mi avvicinai a lui poggiando le mie labbra alle sue in un bacio casto.
"Solo tu riesci a farmi perdere", mi sussurrò, anche se non capivo cosa volesse intendere.
"A farti perdere?".
"Ogni cosa".
"Non capisco".
"È meglio così". Perché diceva questo? Non capivo, a volte sapeva essere così misterioso. "Sai perché ti ho portata qui?", mi chiese ad un tratto.
"Perché volevi essere romantico?", provai ad indovinare.
"Non solo". Cosa voleva intendere? "Ricordi che ti ho detto che stavolta sarà diverso?".
"Sì".
Con mia sorpresa e stupore, dalla tasca interna del suo trench estrasse una piccola scatola. "So che ho pochi mesi di vita e probabilmente non dovrei fare questo, sarei solo un egoista, ma poi in fondo l'uomo in se non è perfetto". Mi guardò per qualche attimo prima di proseguire il suo discorso profondo, "È proprio perché sono un egoista che ti sto chiedendo con questo, di diventare ufficialmente la mia fidanzata e passare questi miei ultimi mesi insieme, accetti?".
Rimasi per un tempo infinitesimale senza proferire parola. Ero sotto shock. Da lui non mi sarei mai immaginata una cosa del genere. Non era da lui, anche se... Da quando l'avevo incontro la prima volta, lì sotto quel albero a piangere, a poco a poco era cambiato sempre in meglio, e questa era la prova tangibile. Il punto adesso era se accettare o meno. Sapevo che lui voleva una risposta sincera e non dettata dal semplice fatto che stesse per morire, non avrebbe mai accettato una cosa del genere. Perciò, io volevo essere ufficialmente la sua fidanzata, era ciò che volevo? Ebbene sì. Non m'importava se ci restava poco tempo da trascorrere insieme, sarei sempre stata sua, anche dopo la morte, e poi lo amavo in un modo che non mi sarei mai immaginata ma che era accaduto.
"Sì", accettai per poi catturare le sue labbra in un bacio pieno d'amore.
"Bene, a questo punto dovrei metterti l'anello al dito", mi disse nervosamente dopo che si fu staccato da me. A volte sapeva essere così impacciato, mi piaceva questo suo lato che mostrava solo a me.

Dopo il pomeriggio stupendo passato col mio Sam, purtroppo siamo dovuti tornare alla realtà. Quando tornammo a casa, per mia sfortuna, c'era mamma. Non aveva più un lavoro per caso? Doveva per forza starci tra i piedi? Quando ci vide ci lanciò la sua famosa occhiata di disapprovazione, forse era dovuto al fatto che io e Sam ci stessimo tenendo per mano, era così imbarazzante. Volevo staccare a malincuore la mia mano dalla sua ma lui non mi mollava, anzi, mi teneva ben salda a sé, come se volesse far capire che ero di sua proprietà. Che situazione. Invece il signor Edwards era spensierato come al solito, se ne stava seduto sul sofà a leggere un libro, fortunatamente era un tipo tranquillo, al contrario di mamma che non le andava mai bene niente.
"Dove siete stati fino a quest'ora? Avete idea di che ore sono? Non avete neanche avvisato. Sapete che domani avete scuola e dovete studiare". Mia madre quando iniziava non la finiva più con le sue domande e rimproveri.
"Sono affari nostri", la liquidò Sam annoiato. Come faceva? Era incredibile. Io al contrario suo ero rimasta paralizzata dal terrore, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
"Invece sono affari miei e di tuo padre giovanotto, questo non è mica un albergo". Oh no, Sam la stava guardando col suo sguardo da insetto schifoso che andava schiacciato. Quei due insieme non erano di certo una bella cosa, e ritrovarsi nella stessa stanza con loro non era da meno.
"Ricorda che questa è casa mia e tu sei l'ospite, perciò non mi annoiare e far perdere tempo con i tuoi stupidi ed inutili discorsi". Adesso mamma sarebbe scoppiata.
"Tu, ragazzino impudente, come osi parlarmi a quel modo!", lo additò.
"Mi stai annoiando. Elle, andiamo in camera nostra, qui qualcuno mi sta guastando l'umore", dicendo questo mi trascinò via con sé, anche se...
"Tu non porti mia figlia da nessuna parte. Richard, fa' qualcosa!".
"Ehm... cosa?". Per tutto il tempo il signor Edwards era rimasto seduto a leggere il suo libro, ignorando la discussione in corso.
"Sam ed Eleonora sono stati via fino a tardi chissà dove, non dici nulla al riguardo?".
"Vi siete divertiti?", ci chiese curioso e con un sorriso sulle labbra.
"Richard!", lo riprese mamma.
"Ehm sì. Dove siete stati?".
"A fare un giro su una mongolfiera", interveni prontamente prima che scoppiasse la terza guerra mondiale.
"Che bello!".
"Non è per niente bello, sai che Sam soffre l'altezza, poteva sentirsi male". Adesso capivo perché Sam non aveva voluto dirgli dove eravamo andati. Il mistero era stato svelato.
"Grace, lascia che i ragazzi si divertano, sono giovani dopotutto, lascia che se la godano questa giovinezza finché possono".
"Sam poteva sentirsi male", ribadì.
"Come vedi non è successo, in caso, Sam sa cosa fare, e poi non era da solo, dico bene?", si rivolse in fine a noi.
"Certo, ma qui qualcuno ci crede stupiti", disse Sam lanciando una frecciatina a mia madre. Questa faccenda stava diventando una commedia comica.
"Potevate avvisare però".
"Che bisogno c'è? Non siamo mica dei bambini".
"Ha ragione Grace, i nostri figli sono abbastanza grandi da essere responsabili, sta' tranquilla, non devono dirci sempre tutto, fidati di loro". Il padre di Sam era fantastico, avrei tanto voluto che il mio fosse come lui, ma era chiedere la luna.
"Come vuoi Richard, dopotutto questa è casa tua, quindi regole tue", si rassegnò.
Il Signor Edwards posò il libro alzandosi da dov'era seduto per avvicinarsi a lei. "Questa adesso è anche casa tua e di Eleonora, quindi, se vuoi stabilire delle regole per me non c'è nessun problema".
Mamma lo guardò con occhi sognanti. "Dici sul serio?".
"Ma certo, però lascia un po' liberi i ragazzi". Si voltò verso di noi, "Dico bene?". Io annuii, Sam invece sembrava infastidito ma fece comunque una specie di grugnito d'approvazione, era il solito.
"Adesso possiamo andare?", chiese infine.
"Certo, vi faremo chiamare per la cena".
"Finalmente". Era decisamente irritanto. "A proposito, io ed Elle siamo ufficialmente fidanzati". Ero spacciata. Come poteva dire una cosa del genere in un momento come questo! Lo psicopatico era tornato.
Non si fermò neanche per un attimo, ignorando le grida di mia madre.
"Sam, non credi di aver un tantino esagerato?", gli feci presente.
"Tu dici?".
"Ma certo, e poi sai che non mi piace quando ti comporti così".
Si fermò per voltarsi a guardarmi. "Sai, è divertente guardare tua madre mentre da di matto, ma tu questo non dirglielo", mi fece l'occhiolino, per poi voltarsi e tornare a camminare verso la nostra stanza. Era diabolico, aveva provocato apposta la mia ignara madre solo per divertimento.
"Sei uno psicopatico".
"È per questo che mi adori", rise.
Mi spuntò un sorriso. Sì, aveva ragione. "Chissà...".

Durante la cena, era evidente che mamma fosse furente, a momenti le sarebbe uscito il fumo dalle orecchie, intanto; Sam e suo padre mangiavano come se nulla fosse. Come facevano a essere così tranquilli e rilassati? Io mi sentivo addosso lo sguardo da omicida di mia madre e loro erano belli che tranquilli, che situazione. Intanto, prima di scendere per la cena, mi ero assicurata di girare l'anello che mi aveva regalato Sam, nel vano tentativo di non farlo notare. Secondo voi aveva funzionato? Ebbene no! Da quando mamma lo aveva notato credeti di morire sul colpo, letteralmente. Mi aveva guardato con uno sguardo assassino e aveva stretto il coltello che aveva in mano in modo sospetto, come se volesse accoltellarmi. Fortuna che il mio Sam mi ha salvata, be', a modo suo avviamento. Ero decisamente finita in una gabbia di matti.
"Papà, hai visto l'anello che ho regalo a Elle?", gli chiese un po' troppo ad alta voce, chissà mai il perché, eh. Chissà.
"No, vediamo?". Oh no... mi sentivo lo sguardo di tutti addosso e quello di mia madre sempre più omicida.
Con titubanza lo girai mostrandogli l'anello a forma di fiore con al centro una pietra. Avevo chiesto a Sam che pietra fosse ma lui aveva fatto il vago, sospettavo che fosse un diamante. Lo sospettavo fortemente conoscendolo ma avevo fatto finta di niente e non glielo avevo restituito solo perché era un suo regalo e non volevo che ci restasse male, però era troppo, ma in fondo lui era fatto così. "Davvero stupendo, ottima scelta figliolo, non trovi anche tu, Grace?". Ecco come Sam voleva salvarmi, astuto come sempre.
"Oh sì, davvero stupendo". Ad un tratto la pazza omicida che era in lei era stata sostituita dalla lei civettuola. Era incredibile.
"Non sei contenta per loro?".
"Oh sì".
"Chi avrebbe mai detto che un giorno i nostri figli si sarebbero messi insieme". Era raggiante.
"Eh già". Mamma invece era una pessima attrice.
"Basta parlare di me e di Elle", intervenne ad un tratto Sam, come se fosse infastidito da qualcosa. "Piuttosto, hai pensato dove andremo in viaggio?". Viaggio? Quale viaggio?
"Ancora non abbiamo deciso, qualche proposta?".
"Sai che per me è uguale". Continuavo a non capire.
"Che viaggio?", mi intromissi.
"Il viaggio con la scuola", mi spiegò Sam.
"Penso che i ragazzi ricevano più stimoli quando viaggiano, e poi è un ottimo modo divertente per imparare, infatti durante l'anno facciamo almeno quattro viaggi all'estero".
"Poi conta anche le gite che facciamo durante l'anno", precisò Sam.
"Esatto". Amavo sempre di più questa scuola.
"Quindi dove si va?", chiesi infine.
"Perché non scegli tu?", mi propose Sam. Cosa, io?
"Non saprei, ci sono tanti posti da visitare...".
"Non c'è un posto dove ti piacerebbe andare?".
C'erano tanti posti che volevo visitare. Fin da piccola vedevo mio padre viaggiare per il mondo per via della sua arte e fama, io invece restavo a casa con la Tata, così lui poteva spassarsela con le sue conquiste senza una mocciosa intorno. Pensai a dove volessi andare, poi un pensiero, o meglio, un ricordo riaffiorò dalla mia mente. "Mi piacerebbe andare in Giappone".
"Che bella idea", esclamò il signor Edwards, "solo che è un gran peccato che non sia il periodo dei ciliegi in fiore". Lo sapevo benissimo, solo che per allora Sam non sarebbe stato in grado di partire.
"Non fa niente".
Dopo cena, i e Sam andammo per volontà di mamma a studiare in camera nostra. Anche se amavo studiare e ci tenevo a tenere la mia media alta, oggi non mi andava proprio, avevo altro per la testa.
"Giappone, eh?", esclamò ad un tratto Sam mentre eravamo seduti alla scrivania a studiare.
Lo osservai per qualche attimo, aveva uno sguardo pensieroso. "Non vuoi andarci?".
"Una volta ti avevo detto che ti avrei portata lì durante il periodo dei ciliegi in fiore perché mi ricordavano il tuo profumo".
"Sì, ma per allora...", mi morirono le parole in gola a quel pensiero.
"Sarò morto...", concluse per me.
"Perché il destino è stato così crudele con noi!", esclamai arrabbiata.
Si avvicinò a me. "Non dimenticare che quel destino stesso c'ha fatto incontrare", mi diede un leggero bacio sulle labbra.
"Potevamo incontrarci prima però", sussurrai sulle sue labbra.
"Evidentemente non dovevano andare così le cose", sussurrò a sua volta sulle mie labbra, per poi baciarle. "È meglio se iniziamo a studiare", mi disse divertito. Non era giusto, volevo continuare a perdermi nei suoi baci.
"Va bene", sbuffai rassegnata.
"Cosa c'è, vuoi un altro bacio?", mi chiese divertito.
"Non più". Com'era odioso quando faceva così, si divertiva a prendersi gioco di me.
"Dai, non fare così, scherzavo", mi diede una leggera spinta.
"Non lo trovo affatto divertente, va' a prendere in giro qualcun'altro piuttosto".
"Su Elle".
"No", incrociai le braccia al petto, così imparava a prendersi gioco di me.
Improvvisamente mi afferrò per le braccia attirandomi a lui così che il mio corpo aderisse perfettamente al suo. Quando faceva così mi mandava in confusione. "Respira", mi sussurrò.
"Ok...", biascicai, anche se in quel momento non ricordavo più come si facesse a respirare.
"Sappi che prendo in giro solo te". Oh che bella cosa. Davvero. È così divertente prendermi in giro io dico! "Mi diverto solo con te, e sorrido solo a te, sai il perché?".
"Illuminami".
Alzò un sopracciglio ma non replicò, continuando il suo discorso. "Perché con te ne vale la pena. Tu ne vali la pena".
"Quindi è per questo che mi prendi in giro?".
"Sì". La cosa era un po' contorta ma aveva il suo perché, almeno così credevo.
"Sei il solito", replicai scuotendo la testa è ridendo.
"Ricorda che vivo nel mio mondo con le mie regole, e tu ne fai parte". Questo era vero. "Adesso, se non ti spiace, dobbiamo studiare".
"Va bene".
"Prima che dimentichi, anche se è impossibile ma tu hai la capacità di distrarmi, perciò, domani dobbiamo andare a scuola un po' prima".
"Come mai?".
"Devo andare da Clark", alzò gli occhi al cielo. "Prima mi ha mandato un messaggio dicendomi che è da un po' che non vado a trovarlo". Sembrava seccato, ma dopotutto a lui infastidiva tutto.
"Perciò mi lascerai sola in classe?". Dimmi di no, non voglio restare sola in classe con la possibilità che quella strega torni all'attacco, lei e la sua combriccola.
"Sì, ma non resterò via per molto, dovrò solo aggiornarlo e bla bla bla". Aspetta! Aggiornarlo su cosa?
"Non vorrai mica parlargli di me spero?".
Si accigliò. "Gli parlo sempre di te", mi disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo e io quella tonta che non capiva mai nulla. No. No. No, e poi no. Che vergogna. Gli parlerà del nostro primo bacio? Dei nostri baci? O di quando l'ho provocato in quel modo che neanche io sapevo spiegarmi?
"Non osare", lo additai.
"È perché mai?", mi chiese accigliato mentre mi abbassava la mano.
"Perché no. Che vergogna!".
"Vergogna?", chiese non capendo cosa intendessi. Era un caso disperato.
"Tu non raccontargli aneddoti imbarazzanti su di me, ok?".
"Ad esempio?".
"Quando ti sono praticamente saltata addosso".
Gli spuntò un sorrisetto che non mi piacque affatto. "Quale delle due volte?". Due volte? "Quella dopo aver studiato, oppure quella quando stavi preparando la valigia?". Impallidii, mi ero completamente dimenticata della prima.
"Entrambe".
"Mmh...", si portò la mano sul mento pensieroso, "sinceramente ho preferito la seconda, mi hai lasciato senza parole. Approvo. Però puoi fare di meglio", annuì compiaciuto. Era serio per caso?
"Sam?".
"Sì?", mi osservò curioso.
"Preparati ad assaggiare la mia ciabatta". Improvvisamente impallidì.
Protese le mani in avanti agitandole. "Stavo solo scherzando, abbi pietà di me".
"Ti conviene, e non dire certe cose al tuo psicologo, sono private".
"Ok, come vuoi, basta che non ti arrabbi". A volte sapeva essere proprio impossibile.

Come da programma ci recammo a scuola prima. A quell'ora del mattino la scuola era praticamente deserta, evidentemente i signorini non avevano voglia di alzarsi la mattina presto, e dire che le lezioni iniziano alle 9:30. E poi nessuno di loro prende mezi pubblici, la pigrizia sarà qualcosa da ricchi snob evidentemente. In compenso c'era qualcuno che si aggirava nei corridoi, forse qualcuno che teneva allo studio come me e che non era uno snob presuntuoso che se la tirava tanto. Quando arrivammo in classe, c'erano solo due ragazze che parlavano tra di loro, con la quale non avevano mai scambiato una parola tra l'altro. Non mi avevano mai dato l'impressione di essere delle snob, solo che non avevo mai avuto l'occasione di parlare con loro, e la causa maggiore era un certo psicopatico di nome Sam, con lui era impossibile avvicinare qualcuno, tutti avevano timore di lui, ignorando quanto fosse buono e gentile in realtà. Anche se, pensandoci bene, questo lato di sé lo dimostrava solo a me. Poi con mio orrore, vidi la strega snob che mi dava il tormento ma stranamente era da sola. Chissà, forse i suoi genitori per punirla la facevano andare a scuola in anticipo. Ben le stava. Intanto andai a sedermi al mio posto, sistemando le mie cose per bene.
"Farò in fretta, per quando inizierà la lezione sarò già tornato, ok?", cercò di rassicurarmi sapendo che non volevo restare da sola.
"Ok", sospirai.
Si avvicinò a me dandomi un bacio a stampo sulle labbra. "Mi mancherai...", mi disse per poi voltarsi e andarsene via, non prima di regalarmi un ultimo sorriso e sparire dietro la porta. Mi sarebbe mancato ma doveva andare dal suo psicologo, chissà che tipo era. Probabilmente un tipo serio che vestiva sempre con abiti solo e solamente marroni e con degli occhi vecchio stile sul naso.
Mentre fantasticavo, un forte e improvviso rumore mi fece sobbalzare. Era la strega che aveva sbattuto il palmo della mano sul mio banco con violenza, e adesso che voleva da me? "Cos'è questa storia?", mi urlò in faccia.
Agrottai la fronte non capendo. "Non abbiamo storia a prima ora".
"Mi riferivo a Sam, tonta!". Tonta ci sari tu. "Con quale diritto lo hai baciato?", mi urlò un'altra volta contro.
"In primis; è stato lui a baciarmi, e per secondo; non sono di certo affari tuoi ciò che faccio", le risposi a modo anche se sospettavo che me ne sarei pentita amaramente, a volte non sapevo proprio tenere a freno la lingua.
"Sono affari miei eccome! In questa scuola tu non conti nulla, non sei una di noi". Intendi una snob? Meno male direi. "Non parteci alle nostre feste e non conosci la gente che conta. Sei solo una poveraccia, una morta di fame che va dietro al più ricco. Sei solo una scalatrice sociale da quattro soldi". Mi stava per caso confondendo con quell'oca che ha sposato mio padre o sbaglio?
"Senti". Mi alzai per essere alla sua altezza, anche se era più alta di me ma dettagli. "Tu non sai niente di quello che c'è fra me e Sam o di quello che ci lega, perciò, sparisci e tornatene fra i tuoi simili".
Le spuntò un sorrisetto che non prometteva nulla di buono. "Ma guarda un po' la stracciona com'è audace e sfrontata". Adesso mi stava davvero irritando.
Mi spostai dal mio posto per starle faccia a faccia senza ostacoli davanti. "Sentimi bene", la additai, "ti senti superiore agli altri solo perché hai un conto in banca alto, ma alla fine sono i tuoi genitori ad avere i soldi. Tu nella tua breve vita non hai fatto altro che sperperare denaro ed ostentare la ricchezza dei tuoi genitori, quando là fuori c'è gente che muore di fame o arriva a malapena a fine mese, dovresti solo vergognarti di te stessa".
"Sai quanto me ne importa dei poveracci", rise. Era disgustosa. Mi squadrò da capo a piedi. "So come sono fatte quelle come te, fate innamorare il povero ricco di turno e poi gli spillate i suoi bei quattrini, che sciocca. Sam è troppo intelligente per farsi abbindolare, probabilmente starà facendo uno dei suoi esperimenti per noia, lo fa spesso".
"Cosa c'è, ti dà fastidio che Sam abbia scelto me e non te?", la provocai.
Per un attimo la sua espressione era furente, poi guardò dietro di me e le spuntò un sorriso maligno. Mi voltai e vidi la sua combriccola al completo. All'improvviso mi sentii afferrare da dietro per i capelli. "Adesso ti daremo una bella lezione, così imparerai a stare al tuo posto fra i straccioni come te, con noi non si scherza... e questa volta nessuno verrà a salvarti", mi alitò all'orecchio. Stavolta era davvero la fine.
Tutto il gruppo mi trascinò a forza verso il bagno delle ragazze. I ragazzi presenti, nonostante vedessero che ero in difficoltà, non vennero a darmi una mano, troppo vigliacchi per farlo oppure non gliene importa nulla di me. Mi buttarono con violenza sul pavimento freddo del bagno.
"Credi davvero che Sam voglia una come te?", mi chiese un ragazzo alto e con un taglio alla moda che gli stava davvero male. "Lui non vuole nessuno, ha detto più volte di essere assessuato".
"E lei come una sciocca ha creduto che lui fosse interessato a lei", mi derise la strega snob. Loro non sapevano nulla di Sam. Non gli importava nulla di lui, ma solo dei suoi soldi, era questa la verità.
"Non sapete niente di Sam e dei suoi sentimenti", gridai a tutti loro.
"Sei tu che non sai niente di lui", mi urlò in faccia il ragazzo col pessimo taglio. "Scommetto che non ti ha mai toccata". Se credeva di avere una voce provocante e sexy, aveva sbagliato tono.
Lo guardai dritto negli occhi senza alcun timore. "Non sono affari tuoi e né dei tuoi amichetti snob".
"Che ragazza sfrontata, mi piace". Tentò di accarezzarmi la guancia ma io lo scansai in modo brusco. "Ed è pure aggressiva, mi piace". Tutti ridevano come degli stupidi tranne me ma sapevo che da lì a poco sarebbe accaduto qualcosa di davvero brutto, e Sam non era qui a salvarmi, non stavolta.
La strega si avvicinò a lui. "Perché non le dimostri come si comporta un vero uomo? Magari è così ingenua da non sapere certe cose, scommetto che non ha nessuna esperienza", rise di me.
Mi sentii lo sguardo di lui addosso e intuii cosa voleva fare, cosa stava per farmi. Sentii chiudere la porta del bagno. Il cuore mi batteva così forte che lo sentivo rimbombare nelle orecchie in modo frenetico. Non volevo che mi toccasse, che nessuno di loro facesse, l'unico e solo che avrebbe potuto farlo e che aveva il mio permesso era Sam. Se avevo paura? Chi non l'avrebbe avuta al mio posto? Dentro di me c'era però una parte coraggiosa, e se volevano toccarmi avrebbero dovuto faticare, perché avrei lottato con le unghie e con i denti pur di non farmi toccare da nessuno di loro.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Lanonimoscrittore93