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Autore: queenjane    08/05/2017    0 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Lo sai che è una parentesi?”
“Sì, Catherine”
“Che mi devi dare retta”
“ Ma ..”corrugando la fronte, un preludio a qualche questione spinosa.
“Cosa?”
“Se sei in Francia, che ci fai in Russia?”Eccoci, era davvero intelligente, altro che storie.
“Un segreto, Aleksej.” Camminavamo nei boschi vicini alla città, ogni tanto mi toccava il fianco con la spalla, il polso con le dita, giusto per sincerarsi che non fosse un incantesimo, che vi fossi per davvero. Le foglie cadute componevano un arazzo, rame, oro e bronzo sotto i piedi, nell’aria profumo di mele e more, sopra di noi volavano stromi di rari uccelli migratori.
Che  scuse si sia inventato lo Zar, gli espedienti li ignoro ancora oggi, pregavo tutti i santi del calendario e alcuni di mia invenzione che non accadesse nulla, un urto poteva avere affetti deleteri.
Ed era  l’ennesima prova di quanto Nicola II si fidasse di me, affidando il figlio delicato e cagionevole a una persona non meglio specificata, che tornava sgangherata e spiritata da ingaggi non  meglio definiti. Sua moglie sarebbe inorridita, con ogni buon diritto, sottolineo,  ogni sera alle nove entrava nella stanza dello zarevic, pregava davanti alle sue icone, come se il bambino fosse a casa, attendeva le sue note giornaliere e scriveva a sua volta, invitando lo zar a fare attenzione.
“Come un soldato. Io sono un soldato dello zar”Omettendo la stanchezza, le missioni compiute, gioco o caso, mete rincorse senza scopo, e vinte per caso.
Strinsi le palpebre.“Ma non combatto in trincea”Semplici parole per spiegare il nuovo destino, dai giorni dell’addio che mi ero forgiata dall’anno prima.
 “ In un altro modo, un reparto segreto. Già. A Olga piace Achille, a te il re Ulisse. Che si traveste e cerca sempre una soluzione”
“Perfetto, hai centrato il punto” peccato che Cassiopeia fosse un misto tra Achille e Ulisse.
La lezione l’aveva appresa e declinata in modo sorprendente.
 “A Olga manchi. Non dice nulla, ma scorre 10 volte le tue lettere, quelle che ci mandi, diciamo che sono pensieri raffazzonati, anzi manchi a tutti. E tanto lei non lo dirà mai, almeno a me, appena lo ammette tra di sé ” Improvviso. L’amore non segue il merito, io che ritenevo di non meritare nulla ne ricevevo, accadeva e basta.
“ Ti ricordi la storia di Achille, dei travestimenti e degli incantesimi?“Parole semplici per spiegare l’inenarrabile. Una mano sulla schiena, rimisi a posto una ciocca di capelli sul viso, frammenti di tenerezza.
Una pausa, Alessio mi osservava con tanto di occhi  sgranati, una sfumatura di zaffiro e indaco nello sguardo (come ha avuto poi Felipe, Andres aveva indovinato che sarebbero tornati dove meno li attendevo).
Omisi di chiedere di Olga,nello specifico,  in quei momenti, che non dovevo guardarmi la spalle, la sua mancanza era un tizzone avvelenato. Capì al volo che non ero pronta a parlare di Lei.
Eravamo in un momento di pausa, per intrattenerlo e non camminare per ore avevo avuto la leggiadra idea di insegnargli a smontare e rimontare la pistola, una vera. Davanti ai suoi perché  e  cosa, mi ero alleggerita, ridendo di cuore, se vuoi ti insegno.
“ Tieni così le mani, le braccia così..”
“Tre, due e uno..!
“Bravissimo.. hai preso le pigne!!!
Odore acre di polvere da sparo, la resina.. giusto due tiri, per evitare di ritrovarci addosso una pattuglia. Se non fosse stato malato come era avrebbe avuto un grande potenziale, era preciso e coordinato, le mie non erano illusioni affettuose. Sarebbe andato a caccia, a cavallo, avrebbe giocato a tennis, si sarebbe arrampicato sugli alberi, avrebbe giocato e si sarebbe goduto in pieno la vita.
“.. ho fame”.
Annuendo.
Tirai fuori due panini, ripieni di prosciutto e formaggio, Alessio aveva così fame da spazzolarlo in pochi minuti, in genere farlo mangiare era una lotta, una supplica e una contrattazione, non aveva mai appetito, ogni pasto era una tortura per lui e i suoi, si alzava di continuo, faceva le smorfie, parlava e parlava, era un successo fargli mangiare tre o quattro forchettate, non lo inibiva nemmeno la presenza di estranei, anzi, era ancora più bizzoso. Definirlo maleducato e irrispettoso era un eufemismo. O era un modo per controllare gli altri, una situazione che poteva gestire. Il cibo, osservo, lui che era monitorato a vista.
E colsi quella grazia inopinata, di non supplicare per un boccone..
Era un rischio, ogni movimento brusco poteva essere fonte di una crisi, ma, ormai, era cresciuto ed era un errore che fosse controllato a vista, come un infante. Doveva essere più autonomo possibile per avere maggiore auto controllo e la Stavka era una grande avventura, in un dato senso, lontano dal palazzo di Alessandro e dalle ossessioni materne, ansie giustificate peraltro e basate sulla imprevedibilità del morbo. Che, cresciuto, non sarebbe stato il suo bene se fosse rimasto un moccioso viziato e petulante. E insieme era un macroscopico azzardo, poteva stancarsi troppo, prendere più spesso malattie o semplici scossoni rimanendo in treno con conseguenze inenarrabili.
“Con Papa, abbiamo visitato un ospedale di feriti, è stato .. duro. C’era puzza, i malati si lamentavano e molti non avevano un braccio o una gamba, o mancavano entrambi. O deliravano per il dolore”
“E che hai fatto?” bloccai il movimento, lo volevo accarezzare, una tenerezza potente e sconosciuta.
“ Il saluto militare e detto che ero orgoglioso, che erano valorosi, anche se era tremendo che fossero .. feriti. Mutilati. E visitato le truppe, tante sai”  Mi scostò delle ciocche di capelli dalla fronte, sfiorando la cicatrice, quella della caduta a cavallo del 1906, poi la guancia, la appoggiai contro il suo palmo, per un momento. 
C’est le guerre, Alexis” Lo dissi in francese, una leggerezza apparente, è la guerra, Alessio, incartando i resti del mio panino.
Mi era passata la fame tuttavia. Avevo timore di quello che mi avrebbe riservato mio zio. Se lo zar esponeva suo figlio, il suo solo erede a quelle realtà, a me che sarebbe spettato?
“ Già, vedo, sei una principessa soldato. Come il dragone della tua storia segreta”
“ Te la ricordi?”
“Sì, poi anche Olga le racconta. Vedi, fa l’infermiera con Mamma e Tata,(l’affettuoso nomignolo per Tatiana) il pomeriggio legge o suona per chi sta meglio, dei convalescenti, sta insegnando a scrivere meglio a un soldato, si chiama Michael.. e legge, come sempre, e ha annotato le storie che dicevi su un quaderno, le ripesca e le ridice” la cronaca di un bambino che raccontava una nostalgia. Spero solo di non vederti mai più.. Come no..
Sbattei le palpebre, mi stava venendo da piangere “Già, alcune sono belle. Mi  manca..”E le avevo forgiate per sottrarmi a un lungo incubo, una bambina diffidente, curiosa e arrogante, amata solo da Olga e ricambiata in ben misero modo.
“Ritorna e fate pace, se avete litigato. Comunque stasera, mi racconti te qualcosa”
“ Va bene. “Deglutii e mi ricomposi. Non era un litigio, era uno scontro tra Titani, una lotta fra sorelle, la riconciliazione sarebbe stata ben difficile.
“Intanto stamattina non ti ho pesato per bene, quanto sei cresciuto? Fatti sollevare, vieni qui” Mi allacciò per la vita, lo sollevai contro il fianco, come sempre, come al solito. I lineamenti delicati, fini e regolari, i capelli castani e le iridi meravigliose, indaco e zaffiro, era alto e sottile, gli arti snodati e magri, una meraviglia, la mia.
Dopo, con il senno degli anni, ho capito che per lo zarevic quella fu una parentesi incantata. Sempre oppresso dai divieti, dal non fare, la permanenza alla Stavka con lo zar, con annessi e connessi, fu un punto di luce.
Era un piccolo soldato e tutto poteva accadere, compreso il ritrovare me. E Andres fu suo amico, nonostante la differenza di età.
Un segreto, una favola. Amara, che, in fondo, era sensibile e timido e le continue crudeltà e molto altro gli fecero più male che bene, rendendolo nel lungo periodo irrequieto e frettoloso, con incubi notturni e risvegli continui, e mi si attaccò e lo feci attaccare a me oltre misura, peraltro ricambiato.  
Vidi che era stanco, per non umiliarlo con i soliti veti gli proposi di venirmi a cavalcioni sulla schiena, che il giorno dopo lo avrei fatto a montare a cavallo, doveva fare le prove e annuì, per educazione, senza crederci fino in fondo, se era uno scherzo ero cattiva e non lo ero mai stata in modo deliberato, con lui, e tanto era, che ne sapeva che potevo avere visto e combinato in un anno.
E sua madre, per ovvie ragioni, non glielo aveva mai permesso e pensava che lo prendessi in giro, affondò i gomiti nelle mie clavicole, fremeva dalla voglia inespressa, ai tempi ancora riuscivo a caricarlo con agio, dopo, tra che era cresciuto di altezza e di peso, oltre al resto, era una scommessa.
“Basta Zarevic.. mi avete riempito di lividi “
“.. dai, dillo.Uffa.. Te la sei cercata..” Mi si rannicchiò addosso, ridendo, le dita contro le mie labbra, gliele scaldai  con il fiato.
“E mi sei mancato, va bene.”
“Quanto?”
“BOH, un pochino.. scherzo, Zarevic, parecchio..”vedendo il suo visetto corruscato. Ogni singolo momento, Zarevic, se sapessi. Poi “Giochiamo a carte o dama ..”
“Entrambi, tanto ti batto, scaldami le mani, massaggiami le braccia, la gamba”
“Perché non lo fai?Su” notando che avevo incrociato le braccia e lo fissavo severa, giusto un angolo delle labbra sollevato in un sorriso.
“Che hai saltato? Un per piacere o simili. Che le orecchie le ho buone, mica ho sentito.”
“Per favore.. Dai, ti prego, poi giochiamo.”
“Come se Olga avesse torto a dire che ti vizio.. o almeno diceva” mi corressi.
“Uffa, per favore, Cat, scusami” Vezzoso, sbattendo le sopracciglia. A rigirarmi come voleva era sempre un campione annotai divertita. Vieni qui, sussurrai, mettendolo in grembo, cingendolo con le braccia, fatti scaldare, poi giochiamo,
Finimmo in pareggio, lo feci apposta,  Olga mi batteva a occhi chiusi, avevo all’attivo una decina di anni di partite in più rispetto a lui.
 
Quella sera mangiammo insieme, nelle stanze di mio zio, che non si fece vedere, aveva requisito lo Zar per una riunione urgente, ma Alessio non fece una piega.
Era stanco, in piedi dalle sei e rotti di mattina, alle sette e trenta di sera sbadigliava.
“Non ho fame”
“ E mi fai mangiare da sola? Siediti e fammi compagnia.Sul tuo appetito carente nulla osservo, ormai è un dato assodato” rise per quelle parole, assillarlo alla lunga a cosa serviva.
“No.” Un sorriso birichino. “ Ma tu mi hai fatto sparare, quell’altro no”
“Chi?” intanto, senza parere, mormorando mm che buono, gli avevo fatto prendere una forchettata abbondante di pollo arrosto.
“Uno.. ma è simpatico” idem come sopra per le patate, bevve un poca d’acqua per deglutire, gli sfiorai la mascella con un dito.
“Ah. Questo è veramente buono” terza spedizione nelle imperiali fauci. Aveva masticato per riflesso, abitudine.
“ Vedrai.” Quarto ingaggio, si ripulì con un tovagliolo.
Già, alla lunga ci risultammo fin troppo “simpatici”, io e “Uno”,  intanto lo avevo imboccato,Alessio,  rapide forchettate per mezza porzione abbondante, mi tirò un colpetto alle mani e mormorò solo Cat, mi hai giocato. Come no.. Se mi prendi in braccio mangio ancora qualcosa..Salta su, imperatore dei viziati..Vediamo. Allora avevi fame davvero..hai finito tutto… saltando di dire, Alessio, possibile che se hai fame, davvero e sul serio, dobbiamo fare questi teatrini, che mi si era rannicchiato sul petto, non per capriccio, quanto per rassicurazione e mancanza.
Era l’erede di un impero e voleva una bastarda, cioè IO.
L’amore non segue il rango.
Ti voglio bene, Alexei.
 
   
 
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