Scritta per Elisabetta Stella di Rosa.
Hermes/Apollo.
Cap.7 L'irrequietezza di Hermes
La luce del sole illuminava le
colonne candide del tempio,
filtrando al suo interno, facendo brillare i fisici scolpiti delle due
divinità
all’interno.
“Adoro la tua musica,
fratellino” sussurrò Apollo. Socchiuse
gli occhi, teneva appoggiata la testa sulle gambe di Hermes. I suoi
lunghi capelli
biondi, su cui spiccava una ghirlanda di alloro, brillavano illuminando
le
gambe nude del messaggero degli dei.
“Sin da bambino questo
suono placava le tue ire nei miei
confronti” disse gentilmente Hermes. Chiuse gli occhi e
sorrise, le sue gote
erano spruzzate di efelidi. Faceva scattare rapidamente le sue dita,
pizzicando
le corde della lira.
“Amo suonarlo a mia volta,
quanto stare in tua compagnia; ma
le tue marachelle ti accompagnano dal tuo primo giorno di vita,
pestifero
fratello mio” sussurrò Apollo. Il resto del suo
corpo era mollemente
abbandonato sul triclino rosso sangue su cui era seduto il fratello, le
sue
nudità erano coperte da un drappo candido.
“Sono frutto del fuoco che
arde in me e che tanto ti
soddisfa in altri momenti” lo stuzzicò Hermes.
Le alucce sui suoi sandali
ondeggiavano, le piume candide
erano rigonfie. Il vento gli faceva aderire la lunga veste candida al
corpo
sottile e oscillare i suoi morbidi ricci castani.
“Perché non hai
rubato solo mie proprietà, ma mi hai rapito
il cuore. E tra gli scambi svantaggiosi che mi convinci a fare,
c’è anche
quello di donarti tutto il mio amore per ricevere in cambio tue
fuggevoli
attenzioni” gemette Apollo. Strinse gli occhi, le sue labbra
rosee si tinsero
di rosso rubino.
Hermes si volse e, piegandosi,
posò sul pavimento di marmo
riflettente la propria lira. Posò un bacio sulla fronte del
fratello e gli
sorrise.
“Tu, mio sole, sei
d’ispirazione a ogni mia follia. Mi lega
a te un sentimento più profondo di quello che
credi” lo rassicurò.