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Autore: nikita82roma    08/05/2017    1 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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L’assistente sociale che si occupava del caso di Joy era fuori New York per accompagnare un altro bambino dalla sua nuova famiglia. L’istituto dove era stata fino a pochi mesi prima l’aveva già contattata ed aveva assicurato che sarebbe passata al distretto nel tardo pomeriggio per occuparsi personalmente della questione. Le vicende di Joy erano state piuttosto complicate e per tutti era meglio se ci fosse stata lei, una delle poche persone delle quali la bambina si fidava.

Rick faceva compagnia a Joy in una sala che Montgomery gli aveva messo a disposizione. Le avevano dato dei fogli e qualche pennarello ed evidenziatore recuperato dalle varie scrivanie e la piccola, dopo un po’ di titubanza iniziale, aveva cominciato a disegnare. Castle non era uno psicologo, ma si immaginava di vedere nei suoi disegni colori scuri e tratti cupi, invece la piccola cominciò a disegnare delle farfalle, tante farfalle colorate. Castle provava a parlare con lei, chiacchierando tanto, come al solito, ma Joy sembrava non interessata a parlare con lui, anche se era palese che apprezzasse la sua vicinanza, visto che si metteva sempre vicino a lui e non lo lasciava un attimo. L’unica cosa che diceva, sempre era “grazie” ogni volta che le veniva dato qualcosa, poteva essere la crêpes come un semplice foglio di carta o delle penne.

Kate entrò nella stanza facendo sussultare la bambina, si avvicinò a loro e con un gesto istintivo accarezzò i capelli di Joy mentre chiedeva a Castle se poteva uscire un attimo, doveva parlargli. 

- Fino a stasera l’assistente sociale che si occupa di Joy non può venire, è occupata fuori città ed io… ecco Castle… ti vorrei chiedere se puoi rimanere qui, visto che con te si trova meglio che con chiunque altro.

- Certo, Beckett, non devi nemmeno chiederlo. Allora io… uhm… vado a comprarle qualcosa, dei colori come si deve, per farle passare il tempo, voi poliziotti non siete molto riforniti!

- Ehm… già… Ah Castle… prendile un puzzle, ho visto che in camera ne stava facendo uno, magari le piacciono. 

Rick guardò Kate sorridendo stupito. Un puzzle, certo, era un’ottima idea. Tornò al distretto il più velocemente possibile, colori di vario tipo, album per disegnare ed un puzzle sulle farfalle, pensò che se le aveva disegnate, le piacessero. Joy non era mai rimasta sola, Kate si era seduta proprio dove prima stava lui e faceva la stessa cosa, provava a parlarle e la osservava disegnare.

- Ehy guarda cosa ti ha portato Castle! - Le disse Beckett indicando Rick con due buste piene di cose - Sai, lui ha un difetto, non riesce mai a capire bene la giusta misura delle cose. Voleva prenderti dei colori, ha saccheggiato una cartoleria intera!

Joy osservò Rick mettere tutto il contenuto delle buste sul tavolo e sorrise, era uno dei pochi sorrisi che aveva fatto. Beckett si alzò, lasciando il posto vicino a lei a lui e, oltre quelli di Joy, anche lei gli sussurrò un “Grazie”.

Kate li lasciò soli, alle prese con altri disegni e con il puzzle, appena fuori dalla stanza incrociò il capitano Montgomery

- Allora Beckett?

- La bambina non parla. Castle è quello che sembra essere entrato più in sintonia con lei, ma nemmeno con lui ha detto nulla.

- Sarà traumatizzata… Forse dovremmo chiamare uno psicologo, magari sarebbe più facile.

- L’assistente sociale che si occupa di lei ha detto di aspettare il suo arrivo. È rimasta molto sul vago, non so perché.

- La stavo osservando prima, mi fa molta tenerezza. - Sospirò il capitano che pensava alle sue figlie, più o meno della stessa età.

- Sì… leggevo il suo fascicolo, era da poco che stava con gli Austin ma credo gli fosse affezionata.

- Cosa si sa sull’omicidio? - Chiese Roy tornando a focalizzarsi sul caso, anche se in quella situazione non era facile

- Poco. Non c’è segno di scasso o di lotta e non è stato rubato nulla. Più che un omicidio sembra un’esecuzione, ma non sappiamo nulla dei casi di Ethan Austin, era un’avvocato penalista, dovremmo indagare sui suoi clienti, magari qualche causa persa di recente… La moglie era una pediatra, dubito che nel suo lavoro si possa trovare qualcosa.

- Continuate a cercare, Beckett, anche in chiave familiare. Contattate i parenti, se ne hanno.

Kate si era rimessa al lavoro. Ryan ed Esposito avevano già contattato i genitori di Lauren ed il padre ed il fratello di Ethan. A quanto risultava erano gli unici parenti in vita che avessero. Aaron e Elijah Austin sarebbero arrivati il prima possibile, i signori Gilbert, i genitori di Lauren, invece, vivevano a Chicago, la città originaria della famiglia e non avrebbero raggiunto New York prima del giorno successivo.

Castle passò davanti a loro con Joy addormentata in braccio, facendogli segno che l’avrebbe portata in sala relax. La mise sul divano ed abbassò le tende prima di uscire e lasciarla riposare.

- Era molto stanca e debole. - Disse Castle appena uscito.

- Le vado a prendere una coperta. - Kate si allontanò lasciando i tre uomini da soli.

- Ehy ci sai fare con i bambini Castle! - Esclamò Esposito.

- Se devi crescere una figlia da solo, devi imparare per forza. - Quello che i due detective videro in quel momento era un Castle molto più serio e meno scanzonato del solito.

- Già, sì, immagino di sì… - Tagliò corto Esposito mentre Beckett tornava con una delle coperte della polizia.

Entrò nella sala relax facendo attenzione a non fare rumore ed adagiò la coperta sulla bambina, cercando di coprirla nel migliore dei modi mentre sembrava dormisse tranquilla. Appena uscì andò a sbattere contro Castle che la osservava da fuori. Sobbalzò scontrandosi con lui che sorrise. Era evidente come Kate si imbarazzasse ad essere sorpresa in quei momenti nei quali si mostrava con la bambina più premurosa di quanto volesse apparire.

Castle mentre che lei riposava andò a prendere degli hamburger per tutti per pranzo, sperava dopo le crêpes di farla felice anche con hamburger e patatine, non c’era bambino che resisteva a quello. Quando tornò al distretto la trovò sveglia, seduta nella sua sedia vicino a Beckett che le faceva domande alla quale lei rispondeva per lo più solo muovendo la testa.

- Sai che mi piacerebbe di più sentire la tua voce? Secondo me è bellissima, come te. - Le disse infine la detective accarezzandole la mano con un dito. La piccola sorrise nascondendosi poi il volto dietro i capelli. Kate provò un forte senso di tenerezza per quella bimba che sembrava non abituata a ricevere complimenti ed attenzioni.

- Ehy Joy, guarda chi arriva laggiù! - Disse Esposito indicando Castle con il pranzo. Nel vederlo il viso di Joy si illuminò, scese dalla sedia e gli andò incontro, abbracciandolo.

- Quindi la possiamo annoverare come un’altra delle tue conquiste, scrittore? - Gli disse Kate prendendo le scatole con gli hamburger e lasciando che lui prendesse in braccio Joy.

Mangiò in braccio a Rick, dopo averlo ringraziato per l’hamburger. Joy mangiava con calma, come stesse assaporando ogni singolo boccone, così come aveva con le crêpes.

- Ma sai dirmi qualcos’altro oltre a “grazie” - Le chiese Rick sorridendo

- Sì. - Rispose lei decisa.

- Oh meno male! - Esclamò lui facendo ridere tutti, come se si fosse appena tolto un gran peso - E allora cosa mi dici?

- Vuoi fare il puzzle con me? - Glielo chiese quasi temendo un rifiuto.

- Certo che voglio fare il puzzle con te! Se no perché l’ho preso? Io adoro fare i puzzle, chiedilo a Beckett, mettere tutte le tessere al loro posto è una delle cose che mi piace di più! E sono anche bravissimo! - Fece l’occhiolino a Kate che sorrise accondiscendente.

- Gli piace tanto, ma Joy, credimi, non è bravissimo, si vanta solo tanto! Castle se c’è una cosa in cui è bravissimo è vantarsi! - La fece ridere e sentirono quella risata gioiosa che solo i bambini sanno avere e per un attimo a Rick sembrò anche di vedere i suoi occhi meno tristi. Era strano, dopo quello che aveva vissuto solo poche ore prima, ma quella risata spronò tutti a rimettersi a lavoro. Lo dovevano anche a lei. 

Aaron e Elijah Austin si presentarono al distretto poco dopo l’ora di pranzo. Non avevano avuto molto da dire, volevano solo sapere chi avesse ucciso il figlio e la nuora. Kate provò a dirgli se volevano incontrare Joy, ma entrambi declinarono. Quella bambina, dissero, non faceva parte della loro famiglia e loro erano sempre stati contrari alla sua adozione da parte di Ethan e Lauren. Rimasero tutti pietrificati da quelle dichiarazioni così dure, anche Montgomery che li aveva sentiti appena uscito dal suo ufficio e che li invitò ad andare e a lasciargli fare il loro lavoro. Se avesse potuto, avrebbe trovato un pretesto per arrestarli.

 

L’assistente sociale era arrivata che era quasi sera e Joy sembrava di nuovo stanca, ma appena la vide le corse incontro, come aveva fatto con Castle.

- Ciao Emily! - Esclamò la piccola vedendola.

- Ciao tesoro! Mi dispiace tantissimo per quello che è accaduto a Ethan e Lauren.

Joy alzò le spalle e sospirò, non era menefreghismo, sembrava piuttosto rassegnata.

- Come stai? Ti senti bene? - Le chiese vedendola affaticata.

- Oggi è stata spesso stanca, è normale? - Chiese Castle intromettendosi.

- Sì, per Joy è normale… - rispose allo scrittore - Più del solito? 

Emily scostò i capelli dal volto della piccola, che scosse la testa con decisione.

- Devo tornare in istituto, vero? - Chiese all’assistente sociale.

- Ti sto cercando un posto dove stavi prima, almeno già conosci l’ambiente e i ragazzi, che dici? - Le rispose Emily cerando di essere il più comprensiva possibile

- No, per favore! - La supplicò

- Perché Joy? È un bell’ambiente, uno dei migliori! - Si era piegata per parlare meglio con la piccola che però sembrava molto turbata.

- Ti prego Emily! Poi mi prenderanno tutti in giro… - Joy aveva le lacrime agli occhi mentre l’assistente sociale l’abbracciava. Rick aveva assistito inquieto a tutta la scena.

 

Kate aveva parlato con Emily che aveva acconsentito affinché la detective provasse a chiederle qualche cosa di quella mattina. Sembrò quasi chiedere il permesso a Castle prima di andare nell’altra stanza con Beckett e lui, prima che l’assistente sociale se ne andasse con loro fermò la donna.

- Le posso parlare? - Chiese Rick molto serio.

- Veramente dovrei essere presente… - Disse indicando Kate e Joy.

- Non si preoccupi, Beckett non farà nulla che possa turbare la bambina.

- Cosa vuole sapere? - Chiese quindi Emily chiudendo la porta alle sue spalle.

- Di Joy… mi parli di lei…

 

Joy aveva 10 anni ed era ancora una bambina. Non di quelle bambine che si vedono spesso in giro che giocano a fare le adulte, vestite con abiti che scimmiottavano i grandi, ispirate da madri o sorelle maggiori. Joy era una bambina e si comportava da tale. Non aveva mai avuto un cellulare, amava i pupazzi, i libri, matite e colori per disegnare e i puzzle. Tutte cose con cui poteva giocare da sola, pensò tristemente Castle.

Emily gli aveva detto che era sempre stata così, piuttosto taciturna e che difficilmente passava troppo tempo a giocare con gli altri, non perché fosse asociale, ma stava bene così. Certo la sua malattia non l’aveva molto aiutata, più di qualche volta era stata presa di mira da qualche bambino con frasi poco gentili e quelle prese in giro crudeli che solo i bambini sanno fare nel loro parlare senza filtri. Joy era un po’ più piccola della media della sua età, aveva una carnagione molto chiara ed era spesso debole e stanca, anche per questo preferiva stare da sola, perché si vergognava quando i suoi amici correvano in giardino e lei, dopo poco, non ce la faceva. Però amava l’altalena, era lì che si rifugiava guardando la vita degli altri bambini, che andavano e venivano e da lì sperava che un giorno qualcuno sarebbe venuto a prendere anche lei. L’assistente sociale gli aveva raccontato di come una volta un bambino le aveva detto che a lei non l’aveva voluta nessuno, nemmeno sua madre, perché era sbagliata e Rick si sentì morire guardando quella piccola al di là del vetro che Beckett cercava in tutti i modi di far parlare e farla uscire dal suo mutismo, inginocchiata davanti a lei per essere alla sua altezza, senza però riuscirsi. Joy, secondo Castle, era bellissima. La sua pelle color porcellana era racchiusa da lunghi capelli castani e quegli occhi verdi velati di tristezza nascondevano un mondo che andava scoperto. Non sapeva perché, ma quella piccola lo aveva conquistato subito, appena l’aveva vista aveva provato un naturale istinto di proteggerla.

I signori Austin erano stati il primo esempio di famiglia vera ed affetto sincero che lei aveva avuto, ma era durato tutto meno di un anno ed ora si ritrovava di nuovo da sola, ancora più traumatizzata di prima.

- Signor Castle, è sicuro? - Gli chiese l’assistente sociale al termine della loro chiacchierata.

- Certo, se Joy lo vuole la prenderò con me.

- È un impegno importante, se ne rende conto? - Lo mise ancora una volta davanti a quelle responsabilità che lo avrebbero atteso.

- Ho tutte le possibilità per garantire a quella bambina il futuro che merita. Non mi manca il tempo né il denaro per farla vivere come si deve e darle tutto l’affetto possibile.

- Non crede che dovrebbe parlarne con la sua famiglia? Con sua figlia, magari. Se deciderà di far entrare Joy nella sua vita, dovrebbe essere informata e vorremmo evitare alla piccola il trauma di un nuovo abbandono se le cose non andassero bene. La sua scelta è stata così d’impulso, capisce cosa voglio dire, è per il bene di Joy che è la prima cosa che devo tutelare.

Era un’obiezione sensata alla quale lui non aveva pensato. Gli chiese, anche se era tardi, se poteva aspettare il tempo perché Alexis lo raggiungesse e ne parlassero, ma era certo che sua figlia non si sarebbe opposta. La chiamò e le chiese di farsi accompagnare da Martha lì al distretto. La donna gli disse che per il momento era meglio se non andava da lei, evitando di creare altri legami che sarebbe stato più difficile recidere in caso di parere negativo di sua figlia. Rimase quindi chiuso in quella stanza ed osservava dal vetro Beckett mettersi le mani nei capelli, esasperata per non riuscire a scalfire il muro di quella piccola chiusa in se stessa e poi la vide fare qualcosa che non si aspettava, prendere Joy in braccio e sedersi dove prima era lei. La bambina continuò a non dire nulla, ma Beckett aveva smesso di chiederle qualsiasi cosa, la vide solo appoggiarsi alla detective e chiudere gli occhi. Avrebbe sempre negato fino alla fine che in quel momento si era realmente commosso.

   
 
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