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Autore: baby80    08/05/2017    14 recensioni
Ho voluto immaginare un epilogo differente della puntata "accusa di tradimento". Cosa sarebbe successo se...
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si, ora rammento ogni cosa e mi domando come è che non abbia ricordato tutto destandomi questa mattina, ma forse è vero quel che si dice, che la memoria cancella ciò che la mente non può sopportare. Come un dolore troppo forte.
Ed io lo sento, quel dolore, vivido come la presa delle mani di André sulle mie braccia, un'inezia paragonato alla sofferenza del cuore, della notte appena lasciata.
Lui non si mosse e non proferì verbo, quando lo ringraziai, la rabbia che lo aveva portato a bloccare la mia crudele sfida sembrava non essere mai esistita. Eppure l'avevo veduta montare nel verde del suo sguardo, bruciandolo fino a velarlo con una tonalità cupa e spaventosa, e l'avevo sentita nella sua carne, quando mi toccò come non aveva mai fatto. Nel palmo della sua mano percepii tutta la sua ambivalenza, desiderava farmi male per quel che la mia bocca, lordata dal belletto, aveva osato dire, ma al tempo stesso vi era un ardore che nulla aveva a che spartire con l'ira. Quelle dita premute sul viso e così pur il tocco della mano che m'aveva impedito di perdere l'equilibrio, narravano una storia differente. Di una brama che deve essere incatenata, per non far scempio della preda.
Amore e odio. Istinto e ragionevolezza.
Non compresi le sue ragioni, non subito almeno, mi limitai ad ascoltare le mie. Staccai la fronte dalla sua e abbassai gli occhi sulla bocca, che il mio respiro fattosi parola aveva lambito d'una gratitudine incerta, e su di essa mi persi. Ne osservai i contorni ben definiti, la forma piena, il colore, d'un rosso intenso, umido, forse a causa del vino, e mi resi conto di non averne memoria negli occhi, ma in un bacio violento e disperato. Dovetti mordermi il labbro per placare il piacere che provai, anche solo guardandolo.
Proseguii la mia esplorazione oltre il mento, dove vi era un filo di barba e giù lungo il collo, visibile solo in parte nello spazio creatosi tra un lembo e l'altro della camicia. E proprio sul tessuto di mussola posai le mani, stringendole attorno al colletto, con una flemma inattesa, imperturbabilità che mancò ad André. Il suo pomo di adamo, un particolare che, negli occhi degli individui più attenti avrebbe palesato con la propria presenza il suo essere uomo, e nella sua assenza su di me il mio essere donna, prese a muoversi su e giù, per inghiottire la sorpresa di quel mio osare.
Lasciai che le dita scivolassero verso il basso fino ai bottoni, dove cominciarono a scioglierli dalle asole, sfiorando appena la pelle del torace ogni qualvolta i lembi dell'indumento venivano disgiunti.

“Fermati.”
la sua voce arrivò quando giunsi all'altezza del ventre, dove mi arrestai, a capo chino.

“Guardami, Oscar.”
non mi allontanò, non tentò neppure di forzare quella richiesta, bastò la sua voce nuovamente altera a farmi innalzare il viso. Lo guardavo con le mani ancora aggrappate al bordo della camicia ormai quasi completamente aperta.   

“Ti sto ringraziando, permettimi di farlo...”
gli rivelai il mio intento priva di vergogna, tirai la camicia al di fuori dei pantaloni e ne forzai gli ultimi bottoni. Posai le mani sul suo addome accaldato, pelle contro pelle, e lo sentii respirare profondamente.

“Non negare che è quello che vuoi...”
lo incalzai nel tentativo di condurlo dalla mia parte, in un luogo dove eravamo già stati tanto tempo addietro, forse una vita fa.

“Credi davvero che voglia questo? Del mero appagamento della carne? Per averlo mi basterebbe attraversare la via.”
Divenni sorda alla sue parole, coscientemente decisi di ignorarle. Forse fu l'alcol a corrodere l'ultima ritrosia virginale, trasformandomi in un essere privo di coscienza, come un animale famelico che farebbe qualunque cosa pur di riempirsi lo stomaco, perché l'azione che compii di li a poco fu l'apice della follia di quella notte. Gli nascosi i miei occhi e cominciai a slacciare la cintura delle sue braghe.
Mi afferrò per le braccia prima che avessi modo di aprire la patta, mi scostò e si fece serio. Le dita m'impugnavano gli avambracci con forza, dovetti serrare le labbra per impedire la fuoriuscita di un lamento, ma non vi riuscii per molto. Mi strattonò finché sputai un alito di fiato, che fino a quel momento, testardamente, m'ero premurata di trattenere.

“Credi che mi approfitterei della situazione? Per chi mi hai preso, Oscar?”
mi urlò addosso, strattonandomi ancora, senza più alcun riguardo.

“Per un uomo che ha affermato di volermi sposare, prima ancora di domandarlo a me!”
urlai anch'io per sovrastare la sua voce, gettandogli addosso il mio sguardo più crudele. E subito me ne pentii, perché mai mi ero ritrovata nuovamente a rinfacciarglielo?

“Vuoi sposarmi, Oscar?”
mi chiese, con un sorriso pungente, prendendosi gioco di me.

“Io...”
tutto ciò che avevo avuto nella testa fino a  quel momento scomparve e la sola parola sopravvissuta  si gettò oltre le labbra, debole e priva di consistenza.

“Io... André, io... non ne posso più di sentirtelo ripete. Smettiamola di prenderci in giro, vuoi? Ho detto di volerti sposare, non perché mi aspettassi una tua risposta, ma per potermi sentire finalmente libero.”
esitò qualche secondo, staccò le mani dalle mie braccia e continuò a parlare.

“E non provare a dire che hai cercato di...”
dove non giunse la voce arrivarono i gesti, abbassò il capo e presa ad allacciare la cintura dei pantaloni.

“...solo perché hai creduto che io pretendessi qualcosa da te, dopo la confessione a tuo padre. Stai offendendo la mia intelligenza Oscar. Tutto quello che hai fatto stanotte, dalla più piccola sciocchezza, riguarda solo te. Ti amo, è vero, ma sono stanco d'essere lo sfogo per i tuoi problemi.”
ritrovò la tranquillità perduta nella pacatezza che aveva accompagnato la predica, ma che mancò nel tocco, quando, ancora una volta, mi afferrò per il braccio e mi condusse davanti al vecchio comò della camera da letto. Sistemò il pezzo di vetro di modo che mi ci potessi riflettere e lo scorcio di immagine che vidi mi squarciò il cuore.
Vedevo la mia figura ma non riuscivo a riconoscermi; i capelli in disordine mi incorniciavano il volto così pericolosamente bianco da sembrare quasi diafano, l'azzurro degli occhi, ridotti a delle fessure, mi parve pallido come quello d'uno sguardo morente. Sbattei le palpebre un paio di volte per ritrovarne la lucidità ma non ci fu mutamento, rimase la vacuità alcolica e null'altro.
Infine le labbra, che avevo ornato col colore dell'ardire, mostrarono i segni dell'oltraggio subito. Gran parte del belletto era stato rimosso dal gesto di André e il restante era sbavato lungo la guancia, a marcarne il peccato.
Per secondi che sembrarono ore progettai di fuggire da quella visione, mi sarebbe bastato muovere un passo, uno soltanto, il secondo ne avrebbe copiato la movenza e sarei stata lontano da li, ma non ne ebbi il tempo. La sua immagine comparve nel brandello di vetro e le sue mani mi si posarono addosso, in un punto tra le spalle e il collo.

“Chi sei?”
guardai le sue labbra scandire la domanda ed il suo volto addossarsi al mio, la barba mi punse la gota sinistra, ma non mi allontanai.

“Oscar.”
risposi semplicemente, come se quella richiesta fosse lecita, quando invece era ciò che più si avvicinava ad uno schiaffo.

“No, non la Oscar che conosco. Io vedo soltanto una bugiarda.”
la sua voce raggiunse una tonalità rabbiosa, pur rimanendo paradossalmente pacata. Aprii la bocca per replicare ma le sue parole precedettero il mio intento.

“Hai indossato una nuova maschera, è cambiata l'ambientazione ma la storia è la medesima. Quale ruolo avevi intenzione di interpretare questa volta? Scappare non risolverà i tuoi problemi e di certo non aiuterà la nostra situazione. Guardati... cosa ti eri messa in testa di fare? Tu non sei questa donna. Vorrei soltanto che tu fossi qui, perché ho bisogno di te.”
ascoltai senza ribattere e quasi non mi accorsi del pianto che prese a riempirmi lo sguardo. Guardai le lacrime scavalcare le ciglia e abbandonarsi sulle guance, anche lui le vide e le sentì, perché una di queste si insinuò tra la sua e la mia gota.
Avrei voluto dirgli che si sbagliava, io ero quella donna o almeno una parte di essa, nascosta sotto il cumulo di sciocchezze e esagerazioni alcoliche. E quella donna aveva una paura del diavolo, il nome, il titolo, la carriera, avevano fatto di lei la persona che era sempre stata, ma ora, denudata di tutto era soltanto una donna spaventata per aver scoperto di provare dei sentimenti che faticava a comprendere. Ma qualcosa sapevo, anch'io avevo bisogno di lui.
Elusi la sua presa e ci ritrovammo faccia a faccia, sollevai le mani e le posai sul suo volto senza alcun inganno, sperando che quel  mio gesto potesse rimpiazzare le parole che mi era impossibile pronunziare. Io c'ero, vera, reale, con tutte le mie imperfezioni, ma ero li. Per lui. Avevo scelto di seguirlo perché di nessun altra persona mi sarei potuta fidare così ciecamente, in fin dei conti aveva rischiato la vita per me, ma la verità era che non avrei potuto fare altrimenti, da quando l'amico di sempre era divenuto il mio André.
Cercai di ringraziarlo così come avrei dovuto fare fin dal principio.
Fallii su ogni fronte.

“Direi che per questa notte hai fatto fin troppe idiozie. Non devi toccarmi Oscar, non devi, a meno che non sia io a permetterlo. Sono stato abbastanza chiaro?”
neppure lui mi toccò, staccai le mani dalle sue guance e mi voltai, dandogli le spalle, augurandomi che se ne andasse in fretta.

“Vai a dormire Oscar, ne hai bisogno.”
fu tutto quello che mi disse prima di lasciare la stanza, quello che feci io fu gettarmi sul letto, incurante della sporcizia sopra di esso. Mi misi su un fianco, raggomitolata nella posizione che assumevo da bambina quando qualcosa mi turbava i pensieri, ma quella notte vi era una sofferenza diversa, un dolore che stava scavando nel profondo dell'anima.
Permisi al male di venir fuori come forse non era mai accaduto e lui violò il mio corpo con violenza. Il rimpianto per tutto quello che non avevo fatto e detto sferrò il primo colpo in pieno petto, l'impotenza per il destino dei miei soldati si scagliò come una frustata su ogni lembo di pelle, e la paura, colei che teneva i miei polsi legati con catene di ferro, mi lacerò la carne fino a dissanguarmi. Mi arresi alle lacrime e piansi sommessamente, attenta che non mi si potesse udire, poi non potei trattenermi oltre e i singulti si presero la voce.
Mi addormentai senza averne coscienza, stremata, ma nel pieno della notte qualcosa mi destò, o quantomeno mi parve, poiché non posso affermare con certezza se si trattò di un sogno o di realtà. Una lieve carezza mi si posò sulla fronte, sul capo, in una lusinga perpetua e rassicurante, ma non mi voltai e non aprii gli occhi, immaginando fosse opera di Morfeo, ma sperando con tutta me stessa che fosse la premura dell'uomo che era al mio fianco da una vita intera.
  
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