Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Echocide    10/05/2017    1 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.648 (Fidipù)
Note: E salve a tutti! Eccomi qua con un nuovo capitolo di Inori e, come ho detto nello scorso capitolo, la storia ha finalmente cominciato a carburare, dopo una parte iniziale leggermente lenta e siamo al tanto agognato ballo, dove qualcuno farà scoperte e...Beh, vi lascio al capitolo, come sempre!
Prima di passare ai ringraziamenti di rito, vi lascio ai consueti aggiornamenti della settimana: venerdì ci sarà un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3, mentre sabato verrà aggiornato Scene.
E detto ciò, come sempre, ringrazio tutti coloro che leggo, commentano, inseriscano la mia storia in una delle loro liste e me fra gli autori preferiti!
Grazie di tutto cuore!



Marinette si voltò verso il finestrino della carrozza, osservando la strada illuminata fiocamente e ascoltando distratta il chiacchiericcio eccitato di Mylène, mentre Alya rispondeva di tanto in tanto alla ragazza: «E tu, Marinette?» domandò la loro ospite, facendola voltare verso di lei.
Mylène era seduta davanti a lei, in un tripudio di stoffa verde e trina dello stesso colore, che fasciava la figura grassottella della ragazza senza renderla ridicola: «Cosa?» mormorò la mora, accorgendosi di non aver ascoltato le ultime frasi che gli altri occupanti si erano scambiati.
«La nostra Marinette era persa nel mondo dei sogni?» domandò Fred Hapèle, sorridendo: «Spero che stasera qualcosa si smuova qualcosa ed io possa finalmente scrivere la storia con la esse maiuscola.»
«Avete qualche idea?»
«Una tragedia d’amore, Alya. Questo voglio scrivere, ma ancora non ho trovato quel je ne sais quoi che la fa innescare…»
«Chissà, forse stasera…» mormorò Alya, voltandosi verso Marinette: «Forse stasera molte persone troveranno quel qualcosa che le fa innescare» Marinette sostenne lo sguardo, sapendo benissimo a cosa si riferissero le parole dell’altra: «La maschera, Marinette.»
«Sì, certo» mormorò la ragazza, indossando la piccola maschera rosso cremisi come l’abito che portava: un chiaro affronto al reggente di Paris indossare il colore portante della casata dei Dupain; si portò una mano alle orecchio destro, carezzando l’orecchino e inspirando profondamente mentre la carrozza si avvicinava sempre di più al maniero degli Agreste.
Sussultò, quando il mezzo si fermò e la porta venne aperta da un valletto: Mylène balzò fuori, ignorando la mano che il servitore le aveva offerto, seguita dal padre e dalle altre due ragazze: «Marinette» mormorò Alya, prendendola per un braccio e voltandola verso di lei: «Lo so  che ce l’hai con me: avrei voluto dirti la verità da tanto tempo, ma non potevo…»
«Non potevi?»
«Dirti tutto era compito di tua madre, non mio.»
«Eri mia amica, Alya.»
«E lo sono ancora» dichiarò la ragazza, alzando il mento e fissandola: «Ti sarò sempre fedele e sarò sempre al tuo fianco, qualunque decisone prenderai: puoi scegliere di mandare tutto al diavolo ed io sarò con te, ma ciò che vedremo da questo momento in poi…» Alya sospirò, scuotendo la testa: «…tutto ciò è stato portato via alla tua famiglia.»
«Io non so più chi sono, Alya. Tutto ciò che ho vissuto è stata una menzogna.»
«Non la mia amicizia, non l’amore di tua madre e non certo l’odio per loro» dichiarò la ragazza, indicando con la testa il palazzo illuminato: «Ricordati questo: forse adesso non sei più soltanto Marinette, la figlia della panettiera, ma ciò che io, tua madre e tutti gli altri proviamo per te, è reale. Così come è reale…»
«Non dire altro, Alya. Siamo in territorio nemico.»
«Sì.»
Marinette sospirò, indicando il palazzo e prendendo a braccetto l’altra: «Non ti ho ancora perdonato…» mormorò, mentre si avviavano verso l’entrata: «…ma non posso farcela da sola» concluse, superando il grande portone e osservando l’immensa sala dalle mura candide e dallo sfarzo ostentato, come il grosso lampadario di cristallo dominava il centro del soffitto e illuminava da solo l’intero luogo.
La mora si guardò attorno, osservando a bocca aperta la magnificenza e la ricchezza che gli Agreste mostravano, posandosi di tanto in tanto sulle dame ingioiellate e sui signori vestiti che seguivano i dettami della moda attuale; continuò a guardarsi attorno fino a che il suo sguardo non venne catturato da un uomo: alto e vestito di nero, risaltava in mezzo a tutto il resto, mentre dal balconcino del piano superiore scandagliava la folla sottostante.
«Alya?»
«Sì?»
«Chi è quello?» domandò Marinette, portando l’attenzione dell’amica sull’uomo e vedendola irrigidirsi: «Alya?»
«Quello è Gabriel Agreste.»
Marinette osservò l’uomo, il regnante di Paris, lo stesso che aveva disprezzato e che sua madre odiava: era lui che aveva ucciso suo padre? Lui che aveva costretto sua madre a una vita misera?
Perché aveva dovuto uccidere?
Il potere accecava così tanto le persone?
«Devo prendere una boccata d’aria» mormorò la ragazza, voltandosi e guardando attorno a sé, individuando una porta aperta che dava su un giardino; sollevò leggermente la gonna e si diresse verso l’uscita, respirando pesantemente e sentendo la gola serrarsi: aveva vissuto una vita misera, fin da quando aveva memoria, le sue giornate erano sempre state scandite dal lavoro e aveva creduto che sua madre si prostituisse e suo padre fosse stato uno dei suoi tanti clienti.
La realtà le era piombata addosso e, dal giorno in cui le era stata rivelata, ogni suo pensiero riguardava il padre: che tipo d’uomo era stato? Come sarebbe stato il loro rapporto? Avrebbero litigato spesso? Sarebbero andati d’accordo?
Gabriel Agreste le aveva portato via, non solo il titolo, ma anche la possibilità di avere un padre nella sua vita.
Un padre buono, a quanto le aveva narrato Fu in quei pochi giorni.
E adesso aveva visto quell’uomo e non capiva ciò che provava: disprezzo? Sì, era stata cresciuta per questo e non poteva non disprezzarlo.
Lo odiava? Forse non come la madre, ma di certo non provava sentimenti buoni verso quell’uomo dallo sguardo predatore.
Era il nemico.
Ecco.
Questo era vero.
Continuò a camminare, fino a che non si fermò nei pressi di una fontana in marmo e osservò la statua al centro, seguendo con lo sguardo le figure morbide del soggetto femminile, cercando di trovare un senso alla confusione nella sua mente: odiava gli Agreste? Gli erano indifferenti? Cosa provava?
Cosa sentiva?
Cosa avrebbe fatto?
Sospirò, scivolando a terra e poggiando la fronte contro il marmo bianco, socchiudendo gli occhi: gli Agreste erano il nemico.
Gli Agreste le avevano portato via tutto.
Gli Agreste avrebbero potuto portarle via altro, se avessero saputo chi lei era veramente.
Forse non poteva combatterli per quello che aveva perso, ma poteva farlo per quello che non voleva perdere.
Poteva impugnare la spada del padre per difendere ciò che aveva adesso e proteggerlo.
Gabriel Agreste cercava sua madre e l’avrebbe uccisa una volta trovata.
E questo non poteva succedere.
«Marinette?»
La voce familiare di Chat Noir la fece voltare, incontrando la figura di un ragazzo in abiti sontuosi che la fissava con lo sguardo sorpreso: «Ah…io…» l’osservò portarsi una mano alla bocca, mentre lei fissava il volto senza maschera di quel ragazzo che, nei momenti di pace, aveva popolato i suoi pensieri di normale ragazza.
Aveva lasciato la mente scorrere, ripensando all’appuntamento mancato e domandandosi cosa sarebbe successo: Chat l’avrebbe corteggiata come le altre volte? Si sarebbe dichiarato ancora? L’avrebbe baciata?
Era arrossita, nella solitudine della sua camera, mentre pensava a tutto ciò.
E adesso lui era davanti a lei.
«Chat Noir.»
«Eh già…» mormorò il biondo, portandosi una mano alla nuca e sorridendo impacciato: «Non ho pensato prima di parlare.»
Marinette sorrise, rialzandosi e sorridendogli: «Avrei riconosciuto comunque la tua voce: hai miagolato troppo perché io non potessi riconoscerla.»
«Oggi sei tu che indossi una maschera, però » dichiarò il giovane, avvicinandosi e fissandola negli occhi: «Eppure ti ho riconosciuta subito» dichiarò, allungando una mano e carezzando la curva della maschera cremisi: «Non sei mai venuta…»
«No»
«Ti ho aspettato»
«Lo immaginavo»
«Ho anche provato a dimenticarti»
«Invece tu sei stato fin troppo presente nei miei pensieri»
Il giovane sorrise, chinandosi appena e mantenendo lo sguardo in quello della ragazza, carezzando con le nocche la guance lievemente arrossata: «Posso sperare nelle tue parole?» domandò, chinandosi appena e aspirando il profumo di lei: rose, sapeva di rose.
«Sperare?»
«Penso di averti già detto che sono innamorato di te, Marinette» mormorò lui, riducendo ancora la distanza: «Le tue parole…»
«Io credo…»
«Tu credi…»
«Penso di provare…»
«Per me?»
«Io…»
«Ad…» una voce maschile la interruppe e Chat Noir si voltò verso il giovane giunto in quel momento lì: «Ah, non mi ero accorto che eri in compagnia» dichiarò mestamente, mentre Marinette l’osservava: lo ricordava, era un giovane nobile che era venuto per un certo periodo alla panetteria e aveva cercato un approccio con lei.
«Che c’è?»
«Tuo padre ti vuole»
«Arrivo» dichiarò Chat, voltandosi verso di lei e sorridendole: «Dopodomani sera. A Notre Dame. Se ti do appuntamento lì, non mi lasci aspettare invano…»
Marinette annuì, osservandolo sorridere e poi voltarsi, raggiungendo l’altro e rientrando all’interno del maniero, mentre lei rimaneva immobile, lasciando andare l’aria che inconsapevolmente aveva trattenuto e sorrise: aveva reincontrato Chat Noir, l’aveva visto senza maschera e l’avrebbe incontrato nuovamente.
Aveva così tanto da dirgli e voleva sapere il suo vero nome.
Chi era in verità Chat Noir? Cosa faceva?
Scosse il capo, inspirando profondamente l’aria della notte e poi, lentamente, rientrò all’interno del maniero, cercando di godersi la festa a cui era stata portata; una volta entrata si guardò attorno, cercando di trovare Alya fra la folla ma, ciò che vide, fu invece la figura di Chat Noir: era in un angolo e stava parlando con il giovane che era venuto a chiamarlo, poco dopo una giovane dama dai capelli dorati si avvicinò a lui e, allungandosi, gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Marinette vide Chat Noir annuire e seguire la dama, dicendo qualcosa all’altro ragazzo: «Marinette!» la voce di Alya la fece sobbalzare, portando l’attenzione sull’amica che la fissava irata: «Dove eri andata?»
«Dovevo uscire» mormorò Marinette, tornando a guardare Chat Noir e accorgendosi di averlo perso: dov’era andato? Dove?
Guardò le dame e i signori, cercando di vedere il giovane biondo e sorrise, quando lo trovò mentre saliva le scale diretto al balconcino del piano superiore: lo vide avvicinarsi a Gabriel Agreste e chinare la testa in segno rispettoso verso quest’ultimo, parlando poi tranquillamente con il reggente di Paris, mentre la dama dai capelli biondi era aggrappata al suo braccio: «Chi è quello?» domandò, afferrando Alya per un braccio e indicando la coppia.
«Quello che sta parlando con Gabriel Agreste?»
«Sì.»
«E’ il figlio, Marinette» dichiarò la ragazza, osservando l’attuale principe di Paris: «Adrien Agreste. E quella attaccata come una sanguisuga è la sua fidanzata, Chloé Bourgeois.»
Chat Noir era Adrien Agreste?
Un Agreste.
Marinette si portò le mani al volto, osservando il giovane voltarsi verso la fidanzata e sorriderle come aveva fatto con lei poco prima: «E’ fidanzato?» mormorò, non accorgendosi di aver dato voce ai propri pensieri.
«Da quando era nella culla: i padri hanno fatto un accordo, sebbene la moglie defunta di Gabriel ne avesse fatto un altro.»
«Cosa?»
«Niente, lascia stare.»
Marinette annuì, riportando l’attenzione sulla coppia e osservando Chat Noir – no, anzi, Adrien – voltarsi verso la sala e fissarla dall’alto, esattamente come aveva fatto il padre poco prima, mentre lei rimaneva immobile, incapace di provare alcunché: il cuore le faceva male, voleva piangere eppure non aveva lacrime: «Il mio unico amore…» mormorò, portandosi le mani al volto e notando Adrien voltandosi verso di lei e notarla, spalancando appena lo sguardo: «…nasce dal mio unico odio.»

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Echocide