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Autore: ary91    11/05/2017    3 recensioni
Quando Sloane Kelly ha chiesto a Sara Ryder di accompagnarla nelle Badlands, lei non si aspettava minimamente di scoprire in quel modo l'identità del leader nascosto dietro al Collettivo.
Avrebbe voluto che le cose andassero in maniera diversa. E farci i conti, in un modo o nell'altro, è tutto ciò che le resta.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Mai viaggio con Sara Ryder al volante filò più liscio – viste le sue scarse doti da guidatrice... Ogni volta che Vetra e PeeBee la accompagnavano in missione era la solita solfa: dieci o quindici minuti di implorazione perché ne uscissero vive, almeno un coppino e due o tre strilli.

Sloane Kelly non era una compagna di viaggio facile: bastava anche solo tentare di rivolgerle la parola per sentirla gorgogliare disprezzo da ogni poro, e Sara si mise il cuore in pace, bandendo rumori di ogni sorta... anche se la tentazione di urlare «DOOOOSSO!!!», dopo aver accidentalmente schiacciato un essere vagamente simile a un aracnide, era stata abnorme.

Un po' per pena, un po' per bontà d'animo, la Pathfinder non riuscì a dirle di no. La richiesta l’aveva infastidita, doveva ammetterlo; quella donna l’aveva trattata a pesci in faccia sin dal primo secondo in cui mise piede su Kadara: perché accettare di aiutarla quando lei stessa era stata la prima a negarle, senza alcun rimorso, ogni tipo di aiuto nei confronti dell’Iniziativa?

«Era ora!», sbottò Sloane, una volta fuori dal Nomad.

Prese a guardarsi intorno, un sopracciglio alzato. Sara non la conosceva per niente, non avrebbe saputo dire se quella fosse l'espressione di una donna spaventata dall'ignoto dell'imminente resa dei conti o quello di chi non vede l'ora di arrivarci, a prescindere dal prezzo da pagare.

Anche la ragazza si diede un'occhiata in giro: nessun segno di vita. Le coordinate le avevano portate nella zona di Draullir, un luogo roccioso cosparso di caverne scavate naturalmente dal tempo nelle montagne.

L'entrata designata non trasmetteva nulla di buono, uno spiffero proveniente dall'interno le mise i brividi.

«Sicura di volerlo fare...?»

«Kaetus ci ha quasi rimesso la pelle» biascicò Sloane, dando una pacca leggera alle pistole nella cintura, le narici dilatate. «Ammazzerò quel figlio di puttana anche a mani nude pur di avere la sua testa su una picca.»

Sara rispose alzando le mani, una smorfia espressiva le si disegnò in faccia per sopperire la mancanza di parole concrete; non avrebbe mai contraddetto una leader a cui hanno tolto il tirapiedi preferito dalla circolazione.

Doveva esserci un'altra entrata lì dentro. Una luce soffusa rendeva la visuale libera quel tanto da vedere dove andavano a mettere i piedi senza finire col spaccarsi il naso contro le rocce. Il tonfo dei passi rimbombava lungo le pareti. Bastava aguzzare un poco l'orecchio per sentire dell'acqua gocciolare, l’eco arrivava dritto alla spina dorsale; ploc, ploc, ploc... quasi che ogni singola goccia fosse lì a scandire i secondi che separavano Sloane Kelly dalla sua vendetta.

«Pathfinder, rilevo due tracce di calore distinte nel raggio di dieci metri.»

Lo sgocciolio venne sciacquato via da un sospiro appena accennato. E con la voce di SAM a rimbombarle ancora nella testa, Sara imbracciò il fucile a pompa, pronta a far fuoco contro chiunque avesse messo in pericolo la sua vita. Aveva una galassia da sistemare, non poteva permettersi di crepare per colpa di una faida tra criminali.

Non avrebbe mai voluto immischiarsi in quelle faccende, ma aveva davvero bisogno di un avamposto su Kadara e, se le avesse parato il culo, magari Sloane glielo avrebbe concesso.

Non fece in tempo a mettere bene a fuoco la sagoma nel mirino, che sulle labbra le si dipinse in un sussurro: «Reyes...?».

Le venne naturale abbassare l'arma. Ma che-

«Hai l’aria di chi sta aspettando qualcuno…» uscì dall’ombra Vidal, il suo viso non era mai stato tanto serio in quasi trent’anni.

Sloane gli rivolse uno sguardo arrogante, semi-delusa. Strinse le palpebre per metterlo meglio a fuoco nella penombra della caverna. «Sono qui per il Ciarlatano», biascicò, irritata. «non per un qualunque trafficante da quattro soldi.»

«Sono la stessa persona…» realizzò Sara, scuotendo leggermente la testa come per scacciare via quella verità, come fosse solo un brutto sogno. 

«Sorpresa!» fece lui, sarcastico come Reyes Vidal, infimo come il Ciarlatano.

Per un istante il mondo, quel mondo, smise di girare su se stesso. Sara sentiva il tempo scivolarle tra le dita come granelli di sabbia nel vento, e rivide alcuni sprazzi delle settimane passate vividi nell'occhio della mente. Fu come ricevere un pugno nello stomaco e lottò contro l'istinto di piegarsi in due per riprendere fiato.

Per Reyes Vidal essere il Ciarlatano era un privilegio: gli permetteva di avere occhi e orecchie ovunque, senza che, tuttavia, gli altri dovessero necessariamente esserne consapevoli. Gli sarebbe bastato manipolare i video della sorveglianza nel palazzo di Sloane Kelly per venire a sapere del coinvolgimento di Sara nell'incontro che aveva organizzato. Come avrebbe mai potuto intuire che, fra tutti i Reietti, Sloane avesse chiesto aiuto proprio a lei?!

D’altronde era perfettamente plausibile: in un posto dove per dormire sonni tranquilli devi continuamente guardarti le spalle anche dai tuoi stessi uomini, quale soluzione migliore del chiedere supporto a un esterno, qualcuno senza alcun interesse pendente per una parte o per l'altra.

Reyes non avrebbe mai voluto mettere in mezzo la ragazza, non avrebbe mai voluto che venisse a scoprire dell'inganno, non in quel modo perlomeno. Eppure, inconsciamente, aveva cercato di avvertirla di non fidarsi già una volta, quando in lei era sorto il banale sospetto che il suo proclamarsi “gentiluomo” non fosse poi così sincero: «Perché sto mentendo...» le aveva ammesso.

Strinse la mascella, evitando di soffermare lo sguardo sulla giovane Ryder per impedire che i sentimenti andassero a offuscare tutto ciò per cui aveva lavorato duramente nell'ultima decina di mesi. Sloane era una donna pericolosa e dai metodi barbari: stava decimando una popolazione già esigua e presto avrebbe portato Kadara Port al fosso, era arrivata l'ora di finirla.

Niente più tasse dissanguanti, niente più decapitazioni, niente più esili, niente più droghe: il Collettivo era la soluzione.

Difficile concentrarsi quando tutto ciò che il viso di Sara era in grado di trasmettergli era lo schiaffo della delusione. Proprio per quello non era mai riuscito a trovare il momento per dirle la verità e probabilmente non lo avrebbe mai voluto trovare: per non vedere quel cambiamento nei suoi occhi. Non voleva che le voci sul suo conto influenzassero l’opinione che si era fatta di lui… o i sentimenti che provava nei suoi confronti.

Cos’è che diceva quella vecchia canzone? The show must go on.

Reyes indugió per un secondo di troppo sul viso di Sara e i suoi eccentrici capelli color lavanda. Una volta, su quel tetto, nel soffio di una risata gli aveva raccontato che era stata una follia fatta sul momento, un souvenir portato nella galassia di Andromeda dalla Via Lattea.

«Un pugno nell'occhio, più che altro», aveva riso lui, baciandole la punta del naso per infastidirla con mille effusioni; poi le aveva affidato il whiskey e si era levato il giaccone, lanciandolo di lato. E tirò giù il tutone.

«Reye-»

«Rilassati», aveva sghignazzato. «È  solo per mostrarti questo.»

Sara aveva inclinato la testa all'indietro per vedere meglio: la spalla di Reyes puntava verso di lei, aveva ruotato leggermente il busto per darle le spalle, ciondolando le gambe nel vuoto.

«Cos'è? Sembra un... è egizio?», aveva chiesto Sara, sfiorandogli la pelle ambrata per tracciare le linee scure del tatuaggio che gli copriva tutta la parte superiore della schiena.

«Anubis, il protettore dei morti», gli era venuta la pelle d’oca nel sentire le dita della ragazza su di sé, non distolse gli occhi dal tramonto. Infine riprese le sue stesse parole: «Un souvenir dalla Via Lattea».

«Dicevi di voler sistemare le cose», fece Sloane, tirando su spalle e schiena dritte. «In che modo?»

Sperava di sentirselo chiedere. Con un balzo Reyes piombò giù dalle rocce, atterrando sui talloni a pochi centimetri dalla leader dei Reietti. Aveva sollevato un gran polverone – letteralmente – ma nessuno batté ciglio.

«Un duello. Io e te. Ora. Il vincitore si prende Kadara Port.»

Sloane non era una donna particolarmente attraente, eppure in quei suoi magnetici occhi bicolore riusciva a scorgerci del bello. Ed era certo che prima della rivolta del Nexus anche gli altri riuscissero a vederlo senza difficoltà.

«Vuoi impedire una guerra sparandovi a vicenda?!» gracchiò Sara; si fece avanti, mettendogli una mano sul petto; ed entrambi, in quel momento, tornarono a capire cosa vuol dire un’unica anima in due corpi diversi. Ma entrambi lo rinnegarono a se stessi.

«Due persone che si sparano a vicenda, sono molto meglio di un sacco di persone che si sparano a vicenda!» replicò, fissando la sua avversaria a occhi ridotti a fessura.

«Affare fatto», accettò Sloane, facendo da parte Sara con una spinta.

Sloane Kelly aveva piena fiducia nelle sue abilità, d’altro canto era stata addestrata dai migliori ufficiali dell’Alleanza: non le fregava un gran cazzo se quello era il Ciarlatano in carne e ossa. 

A denti stretti, Sara rimase nell’angolo. Non si rese neppure conto di aver iniziato a mordersi l'interno della guancia, almeno non finché un leggero gusto metallico fece capolino sulla lingua.

Un passo avanti, un passo più vicino allo scontro; un passo più vicino alla fine, alla morte. I due leader si giravano attorno, senza mai distogliere lo sguardo, le mani poggiate sulle pistole nel cinturone pronti a far fuoco. Era come osservare preda e predatore, senza comunque sapere chi corrispondesse a cosa.

All'improvviso l'unico rumore che Sara riuscì a sentire fu il martoriante rimbombo del suo stesso cuore, mentre il sangue le martellava nelle orecchie. E tremava, tremava all'idea di poterlo perdere per sempre. Ma non poteva farci nulla.

C'era spazio solo per scherno e arroganza sul volto del Ciarlatano. Su quello del Pathfinder, al contrario, solo il terrore della perdita, l'ennesima.

Non si rese conto di averlo fatto, finché le sue dita non si strinsero attorno al calcio della pistola. In cuor suo sapeva molto bene che se per salvargli la vita si fosse reso necessario sparare a Sloane Kelly, lei lo avrebbe fatto.

E questo la spaventò a morte. Andromeda la stava cambiando profondamente.

Poi un luccichio spezzò la quiete dell’ombra e la voce di SAM si fece largo nel canale privato che lo legava a Ryder: «Cecchino. Sta puntando a Sloane».

Prima ancora che elaborasse l'informazione, prima ancora che mettesse a fuoco la figura schiacciata in fondo a un'alcova naturale nella parete rocciosa, prima ancora che realizzasse cosa avrebbe dovuto fare… Sloane si accasciò sulle proprie ginocchia in un gemito, le mani a comprimersi in un gesto disperato l'addome. Aveva fame d'aria, gli occhi vacui fissi su un punto indefinito.

«Bang!» esultò Reyes, le dita a mimare il colpo di una pistola.

E prima ancora che Sara capisse cosa fosse successo: Sloane Kelly, ex direttrice della sicurezza del Nexus e attuale leader dei Reietti di Kadara, era morta.

«Portatela via da qui» ordinò al cecchino sbucato fuori dall'ombra. «Avvisa la squadra: Kadara Port è nostra, stanotte.»

Quello fece un cenno d’assenso, avvicinandosi. Digitò qualcosa nell'omnitool e in breve uno shuttle fece capolino all’altra uscita della caverna. Una donna e un salarian si fecero largo fino al cadavere da portare via. Al cenno di raggiungerli a bordo l’uomo scosse la testa: aveva altro a cui pensare.

Socchiuse gli occhi in un tempo che gli sembrò senza fine, per poi rivolgerli verso Sara, che alle sue spalle se ne stava immobile, paralizzata a bocca socchiusa a fissare la pozza di sangue lasciata dalla donna che avrebbe dovuto proteggere.

La vittoria gli aveva portato gioia. Ma il volto affranto di Sara… quello lo mandò in frantumi. Aveva attraversato due galassie e un sonno di 600 anni per trovare una donna come lei. E quello che aveva appena fatto, Dio! Quello gliel'avrebbe fatta perdere.

«Adesso hai tutto ciò che volevi…» mormorò Sara a sguardo basso. E lo schiaffeggiò in pieno viso, con un tonfo così forte da produrre l’eco. Un eco che le giunse fin dentro le ossa e sentì il riverbero salirle lungo la spalla.

Colto alla sprovvista, Reyes non poté trattenersi dallo spancare gli occhi. Eppure non si mosse di un millimetro, non per orgoglio: perché consapevole di meritarsi qualunque sfogo lei volesse infliggergli per quella pagliacciata, per quel segreto non detto… per troppe cose.

La ragazza avrebbe voluto rimanere impassibile, mostrargli quanto fosse ferita era solo un modo per rendersi ancora più vulnerabile di fronte a lui, ciò nonostante non riuscì ad arginare le lacrime. Lacrime d’ira, di rimpianto, di fallimento, di cuore infranto. Aveva dentro un fuoco, un incendio, e l’unico modo per domarlo era prendersela con lui, il Ciarlatano.

Gli tirò un altro ceffone.

E un altro.

E ancora uno. 

Al quinto, Vidal cedette a un rantolo, seguito da un gemito. Prima che lo colpisse di nuovo, in uno scatto le afferrò il polso, lei alzò l’altra mano d’istinto ma le acciuffò anche quella. Gli oppose resistenza solo i primi cinque, interminabili, secondi poi lei cedette e fu in quel momento che smise di essere il Pathfinder Ryder, lasciando spazio solo a nient’altro che Sara; riuscì a scorgerlo scrutando nei suoi occhi, nelle lacrime impigliate nella fitta ragnatela di quelle ciglia nerissime. Fronte contro fronte, le labbra smarrite in un bacio prima delicato, poi esigente. Un bacio che aveva ceduto il sapore di whiskey invecchiato di seicento anni a quello greve della delusione.

Si scambiarono uno sguardo silenzioso, incerto, che poteva voler dire tutto e niente.

«In tutto questo tempo, non hai fatto altro che mentirmi...» mormorò Sara, la voce strozzata nell'incapacità di contenere le emozioni in un angolino buio di se stessa.

«Non riguardo a tutto...» replicò lui deciso, quasi ferito che lei potesse mettere in dubbio tutto quello che c’era tra loro. Che c’era stato. «Tu sai chi sono davvero.»

Sara ebbe un sussulto dentro, una capriola nello stomaco. Lo sapeva davvero?

Doveva controllarsi. Avrebbe voluto elemosinare di non farlo, di non spezzarle il cuore. Doveva puntargli addosso il fucile. Avrebbe voluto piangere a dirotto e farsi cullare dalle sue braccia.

«Shena. Ma puoi chiamarmi Reyes. Odio i nomi in codice», le aveva detto al loro primo incontro.

Tutte quelle allusioni al Ciarlatano e al Collettivo… tutte quelle frasi buttate lì... Zia e la congiura dei contrabbandieri proprio contro di lui... tutti quei contatti segreti... le informazioni sui Roekaar… l'amicizia di Keema Dohrgun ed Evfra...

Tutto aveva senso. Era un puzzle che aveva messo assieme giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, e lei non se n'era mai resa conto. Non fino a quel momento, almeno.

Eppure, in fondo a se stessa lei considerava Reyes Vidal qualcuno. Sotto la facciata da sbruffone c'era ben altro, le si era mostrato in tutta la sua vulnerabilità, si era confidato con lei, le aveva mostrato di essere un'anima buona.

Ma perché non essere sincero, allora? Perché lasciarle scoprire la verità nel peggiore dei modi? Come poteva continuare a fidarsi di lui?  

Per la prima volta, il Ciarlatano si sentiva smarrito e, per un istante, si fissò le mani vuote. Si passò il palmo della mano sugli occhi per riflettere e prendere un gran respiro; tutto ciò che poteva darle era una spiegazione, la sua. «Quello che voglio è la pace… Sloane avrebbe portato la guerra in Heleus e non abbiamo abbastanza gente per sopravvivere a una cosa simile.»

Aveva senso. Sara digrignò i denti, un lacrimone rotolò giù e si sentì solleticare in maniera quasi dolorosa la guancia. Sapeva benissimo che tra Reietti e Collettivo, lui rappresentava il male minore, ma non le bastava.

«Perché non ti sei fidato di me?» biascicò, la voce impastata. Non aveva il coraggio di incontrare il suo sguardo. Non sapeva se ci sarebbe mai più riuscita, a quel punto; si sentiva gli occhi bruciare e voleva picchiarlo, fargli male, distruggerlo perché lui era stato il primo ad averla distrutta.

«Io...» Reyes esitò, chinando il capo perché incapace di guardarla ancora negli occhi. «Mi piaceva il modo in cui mi guardavi... E avevo paura ciò sarebbe cambiato.»

Le prudevano le dita, avrebbe voluto toccarlo… avrebbe voluto alzare la mano e sfiorargli la guancia martoriata dalle sue sberle. Avrebbe voluto poggiare l’orecchio contro il suo petto e ascoltare il suo cuore ancora una volta.

Reyes non era mai stato un uomo onorevole, non fino in fondo almeno. Due o tre azioni buone le aveva fatte anche lui, ma non lo avevano mai portato da nessuna parte nella vita e ormai era abituato a sopravvivere solo grazie ai segreti. Rivelarle di essere il Ciarlatano l'avrebbe automaticamente messa in pericolo, e con lei, egoisticamente, anche lui stesso lo sarebbe stato. Dirglielo adesso sarebbe sembrato soltanto una banalità detta per salvarsi le chiappe.

Magari avrebbe anche potuto rivelarle il piano di togliere di mezzo, in un modo o nell’altro, Sloane Kelly, ma conosceva Sara e non avrebbe mai lasciato che si sporcasse le mani a causa sua, perché era consapevole che, nonostante tutto, lei non lo avrebbe mai ostacolato… e lui non era disposto a farla scendere a compromessi solo perché a legarli c’erano ben più degli affari.

Finché era riuscito a tenerla fuori dalla vicenda, agli occhi di Sara lui era soltanto Reyes Vidal, un contrabbandiere da quattro soldi con l’accento latino. Uscire allo scoperto, invece, significava proprio quello che aveva sempre temuto: Sara aveva smesso di vederlo in quel modo.

Non era più solamente qualcuno, adesso nelle pupille di lei c'era solo il riflesso del Ciarlatano. Nient'altro.

Reyes lottò contro il desiderio insopportabile di asciugarle le guance dalle lacrime che gridavano a perdifiato il suo stesso nome. Doveva rinunciarci perché non ne aveva più il diritto, e questo lo avrebbe ucciso.

«Non sei l’uomo che pensavo tu fossi…»

Sara avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente, ma il danno era fatto. Aveva di fronte il nuovo leader di Kadara, il Ciarlatano del Collettivo e, presa da un moto di arroganza mista a disperazione gli fece una riverenza per poi andarsene, asciugandosi finalmente le lacrime.

Se lui si fosse fidato di lei dicendole chi fosse, se non l’avesse tenuta all’oscuro dei suoi piani e se, soprattutto, non l’avesse costretta ad assistere a un omicidio meditato a tavolino… sarebbe stato tutto diverso e quell’unica anima in due corpi diversi non si sarebbe spezzata.

«Volevo esserlo…» bisbigliò Reyes.

 

***

Note: Ciao! Ammetto di essere totalmente nel Reyes-hell e volevo assolutamente scrivere anch’io qualcosa al riguardo. Soprattutto perché mi è difficile accettare che la Sara abbia subito compreso e abbracciato completamente la loschità di Reyes, senza battere ciglio di fronte all’assassinio a sangue freddo di Sloane; quindi ho deciso di headcanonare il dialogo che i due hanno quando la loro storia finisce… ma senza che comunque lo sia davvero, visto che nella mia run sono super felici e contenti a ballare jazz e farsi l’occhiolino nelle storage-room. E niente, fatemi sapere anche voi opinioni al riguardo… soprattutto perché non c’è ancora nulla riguardo Andromeda… scrittrici e scrittori con l’ossessione per Mass Effect: dove siete scomparsi?!

  
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