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Autore: Elykei    12/05/2017    0 recensioni
[Ci sono stati dei piccoli combiamenti per quanto riguarda il lato formale della storia, questi non modificano in alcun modo la trama, ma solo l'estetica dei capitoli. Ho deciso di fare ciò per rendere la storia più ordinata e magari anche un po' più scorrevole. ]
Alina ed Altea non si sopportano ma sono costrette dalle circostanze a passare molto tempo assieme, per fortuna ci sono Mattia, Paola, Acrisio e Fulvio a distrarle. Eleonora è la nuova arrivata che si ritroverà a far parte di questo strano gruppetto, il suo arrivo come cambierà le cose?
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La vita e la famiglia non sempre sono ciò che sembrano. A volte si è convinti di conoscere tutte le carte in tavola ma quando poi arriva un nuovo giocatore tutti i piani vengono sconvolti.
Tre giovani donne, e ancor più giovani streghe molto diverse tra loro si troveranno riunite da qualcosa di inaspettato.
Il cambiamento è proprio ciò che dovranno affrontare queste ragazze assieme a pericoli inattesi e una vita quotidiana movimentata.
Questa è la mia prima storia in ambito sovrannaturale, fatemi sapere cosa ne pensate!
Gli aggiornamenti sono un po' più lenti rispetto all'inizio ma la storia NON è sospesa, continuerò ad aggiungere nuovi capitoli prima possibile!
Genere: Romantico, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19

- Non riesco a credere che tu l’abbia fatto -.

- Fatto cosa? -.

- Lo sai, non far finta di niente! -.

- Altea, ma che cavolo ti prende? È a causa dell’incantesimo dell’energia? -.

- Oh vedo che ti è finalmente tornata la memoria -.

Mattia scosse il capo – Non riesco a crederci, dopo ciò che ci eravamo detti la scorsa volta? Mi avevi dato la tua parola che non l’avresti più usato! Non vedi di che cosa è causa? -.

- Io non ti avevo promesso niente, e comunque ora vuoi dare la colpa a me? -.

- No, non – il ragazzo si interruppe e Altea lo vide inspirare profondamente. Quando riprese a parlare aveva un tono più pacato – Altea, questa cosa è rischiosa ed in un modo o nell’altro deve finire -.

A quelle parole la giovane Montecatini si infuriò.

Suo cugino, nonché il suo migliore amico, l’aveva tradita e lo aveva pesino ammesso come se niente fosse. Per di più Mattia cercava di nascondersi dietro dei ‘’ l’ho fatto per te ‘’, giustificava le sue azioni con un perbenismo snervante ed insensato. Se davvero avesse voluto aiutarla, lo avrebbe fatto senza metterla nei casini con la madre.

- Vai a quel paese -. Disse Altea allontanandosi dalla villa Torratone.

Lei e Mattia erano rimasti indietro quando gli altri erano andati via, sotto suggerimento di Altea. Voleva chiarire la cosa una volta per tutte.

- Altea! Dove vai? Aspetta! -.

Mattia cercò di fermarla, ma lei lo ignorò, ormai era oltre il recinto ed era davvero troppo arrabbiata per sentire le altre scuse che suo cugino le avrebbe rifilato.

Alina era al Giardino. 

Fulvio le aveva assicurato che la distanza dal libro non influiva in alcun modo sulla formula, perciò non era necessario che lei la pronunciasse al Maniero e in più, lì aveva la privacy necessaria all’incantesimo.

Il Giardino non era altro che una piccola riserva ad accesso limitato poco lontana dal municipio.

Agli arbori della cittadina, prima ancora che la seconda congrega arrivasse in città, gli Sforza, assieme alle altre due famiglie, avevano costruito un nuovo municipio, e con esso una piccola zona nella quale la magia potesse essere utilizzata liberamente, in previsione del proprio ruolo nel governo del luogo.

Con la guerra successiva e con il passare degli anni, le streghe si erano allontanate dalla politica, ma il Giardino era rimasto di loro proprietà.

Nel 1893, dopo anni di trattative tutti i membri della congrega riunificata erano diventati comproprietari della riserva.

Coloro che non facevano parte del mondo magico consideravano il Giardino un’altra stravaganza da ricconi, un luogo bellissimo che probabilmente sprecavano per feste private o altre sciocchezze simili. In poche parole tutti pensavano che quella riserva fosse un qualcosa che solo gli eccentrici abitanti di Viale Verdi potevano permettersi.

Le barriere create dalle famiglie, oltre ad impedire la fuoriuscita di magia rendevano il mondo esterno cieco e sordo a quello che accadeva all’interno.

Alina si sedette accanto al ruscello della riserva.

Il Giardino era un luogo particolare, al quale, sin dalla fine dei conflitti, ogni famiglia e generazione aveva aggiunto qualcosa.

C’era un piccolo corso d’acqua che nel 1880 gli Sforza avevano richiamato dalle viscere della terra, esso era circolare e creava un isolotto al centro del perimetro. Non servivano strumenti di alcun tipo per raggiungere quel pezzo di terra, era sufficiente sfruttare quelle pietre che spuntavano dall’acqua: un passo sulla pietra ed un altro per raggiungere il terreno, nulla di più semplice.

L’isolotto era pieno di massi dalla forma peculiare, erano cilindrici con la punta in superficie arrotondata, raggiungevano le ginocchia di Alina. Essi erano stati incantati, nel 1951, dai Bellini. Non vi era posto in città in cui la magia fluiva più liberamente, lì la natura era al suo apice.

Nel 2000 Beatrice e Gasparre Montecatini avevano modificato una particolare specie di farfalle affinché non potessero essere toccate. A quel tempo Piermarco aveva quattro anni e amava guardare gli insetti colorati volare, spesso cercava anche di toccarli e, quando ci riusciva, finiva per danneggiarne le ali. Per ovviare a questo problema i due fratelli avevano fatto sì che le ali delle farfalle, a contatto con la pelle, modificassero il loro stato in liquido, per poi tornare solide e perfettamente integre una volta interrotto il contatto.

Quel particolare incantesimo era frutto di decenni di studi, i primi a postulare l’ipotesi alla base della formidabile invenzione erano stati i fratelli Alberico Ferruccio Montecatini e Silvana Montecatini nel 1959 all’età rispettiva di cinquantanove e cinquantasette anni.

Ci erano voluti quarantuno anni per completare l’opera, di cui trenta erano serviti a creare un incantesimo potente abbastanza da modificare la struttura molecolare di esseri viventi capaci di muoversi e mutare negli anni, e altri undici per raggiungere l’equilibrio necessario ad incantare solo le ali degli insetti.

Gli Imperatore avevano aggiunto qualche pianta curativa e, nel 1900, avevano nascosto nell’incavo di un albero secolare, una delle pozioni curative più potenti mai create. La leggenda tramandata per più di centosedici anni, narrava che quella fosse l’unica cosa capace di curare l’anima. Alina non era certa di cosa volesse dire in termini pratici, e ogni tanto le veniva il dubbio che nemmeno gli adulti lo sapessero.

Guarire il corpo era una cosa, ma l’anima? Quella era spesso un mistero anche per le streghe.

Sepolte tra le radici dell’unico salice piangente vi erano delle fiale. Ognuna di quelle conteneva qualche centilitro di sangue, proveniva da tutte le generazioni di Torratore che dal 1879 in poi lo avevano depositato nel Giardino. La magia dei Torratore era magia del sangue, perciò ogni goccia rossa era pervasa di potere e conoscenza.

Come ogni aggiunta, anche quelle fiale recavano un beneficio al Giardino e a chi ne calcava il terreno.

Il sangue de Torratore infatti, era capace di far trovare le risposte ad ogni domanda che veniva posta ai piedi del salice. Il processo non era complesso: ci si accostava al maestoso albero e si meditava, fino a quando a risposta non diveniva palese. Era però importante sapere che non tutti riuscivano a gestire tale potere, alcuni venivano sopraffatti, altri non riuscivano a interpretare la risposta ottenuta, coloro che però erano sufficientemente equilibrati potevano sfruttare tale dono per fare grandi cose.

Alina non aveva mai provato ad interpellare le forze che circondavano il salice, non era certa di esserne in grado e non voleva rischiare. La piccola Sforza sapeva per certo che suo zio meditava nei pressi dell’albero, ma non pensava Elia avesse mai posto una domanda al luogo, il suo era per lo più un metodo per accentuare la concentrazione.

Ulfa Zaccaria nel 1888 aveva creato una serie di barriere sferiche piene d’acqua che contenevano specie rare e colorate di pesci. Queste fluttuavano nell’aria e creavano una delle visioni più belle che Alina avesse mai visto. Era magia pura, qualcosa che nessun essere senza il dono avrebbe avuto il privilegio di osservare.

L’incantesimo di Ulfa, che agli occhi di un non magico o di una strega inesperta sarebbe potuta apparire una sciocchezza, era in realtà una delle forme più raffinate di magia mai utilizzate.

Riuscire a creare uno scudo completamente invisibile, di forma stabile, che neanche dopo la morte della donna si era schiacciato su sé stesso stritolando i pesci né tanto meno espanso fino a dissolversi, e che era inoltre capace di far traspirare aria affinché l’acqua fosse sempre ossigenata e alla giusta temperatura era straordinario.

Alina non riusciva a comprendere un tale livello magico, figurarsi a replicarlo.

Il Giardino era pieno di piccole ed immense magie, per questo era il posto preferito della rossa.

Il padre di Eleonora le aveva dato buca.

Luigi era rimasto bloccato a lavoro ed Eleonora non poteva più mettere in atto il suo piano per ottenere un cucciolo.

La riccia sbuffò, a quel punto non aveva nemmeno più senso raggiungere Martina al canile!

Per non pensare all’opportunità mancata Eleonora decise di andare a prendersi una cioccolata, era quasi arrivata al bar quando vide Mattia che camminava per strada, la testa bassa sul cellulare, non sembrava prestare molta attenzione a dove metteva i piedi.

Altea tempo prima le avevano detto che solo le persone di una certa età utilizzavano le auto per girare per la città, ed era vero.

Eleonora aveva notato che raramente si vedeva gente al disotto dei trent’anni dietro ai finestrini di una macchina, Mattia d’altro canto pareva l’eccezione. Per almeno due volte il ragazzo le aveva dato un passaggio con la sua vettura, anche se pensandoci, Eleonora si rese conto che non sapeva se quella era proprio di Mattia o della famiglia.

Gli Imperatore erano abbastanza ricchi per comprare un Audi ad un diciannovenne?

Se la casa e le dicerie della gente erano un indizio, allora la risposta era: decisamente sì!

Ad ogni modo non era alla ricchezza della famiglia del suo amico che doveva stare attenta, piuttosto forse avrebbe dovuto fermare Mattia prima che sbattesse contro il palo della luce che aveva davanti.

Forse il ragazzo passava tanto tempo in auto perché a piedi si distraeva troppo!

Eleonora fece una corsetta e intercettò il castano ad un passo dall’impatto – Ehi! – disse, e lui alzò lo sguardo - Forse dovresti concentrarti meno sullo smartphone e un pochino di più sul grande e, piuttosto grosso, pilastro in cemento e ferro che stai per abbracciare! -.

Mattia si guardò attorno, poi sorrise alla riccia – Oh a quanto pare mi hai salvato -.

- Sempre felice di aiutare un amico. -.

- Dovrei trovare un modo per ringraziarti – fece finta di rifletterci su, poi il ragazzo, indicando il bar poco distante, disse - che ne dici di un caffè? -.

- A dire il vero ero diretta proprio lì, ho una gran voglia di cioccolata calda -.

- E cioccolata sia! -.

Si sedettero ad uno dei tavoli interni, fuori non era una giornata troppo fredda, ma era pur sempre l’inizio di marzo ed il vento si faceva sentire.

Riferite le loro ordinazioni, Eleonora chiese – Prima sembravi sovrappensiero, che è successo? -.

Mattia non rispose subito, così lei si affrettò a scusarsi – Non che tu debba dirmelo per forza. Non volevo essere invadente, sono stata invadente vero? Oh scusa -.

- No tranquilla! È che stavo pensando a come spiegartelo, c’è di mezzo un mezzo segreto -.

- Se è così non devi farlo, davvero non sei obbligato -.

- Lo so, Ele clamati – Mattia rise – So che non ho alcun obbligo, ma voglio comunque parlartene, sto solo cercando il modo giusto per farlo -.

Eleonora si illuminò, per un secondo aveva creduto di aver commesso una gaffe, invece non era nulla.

Mimò di chiudersi la bocca con un lucchetto - Okay, sto zitta, parla tu -.

- Allora, in pratica ho discusso con Altea, e credevo di aver capito il perché, ma poi ho iniziato a riflettere su quello che mi ha urlato contro e mi sono reso conto che non aveva molto senso -.

La castana alzò una mano chiedendo la parola. Il suo voto del silenzio era durato meno di due secondi, ma a giudicare dal volto del ragazzo la cosa era apparsa ilare non fastidiosa.

- Sì, dimmi pure -.  

- Perché dici questo? Perché sei convinto che la tua prima idea fosse sbagliata? -.

- Perché Altea mi ha accusato di averla in qualche modo tradita e io non l’ho mai fatto. Inizialmente non ci avevo fatto caso perché in quel momento ero arrabbiato anch’io per un’altra cosa -.

- Eri convinto che quell’altra cosa fosse anche alla base del suo nervosismo -.

- Sì, esatto -.

- E suppongo che questa cosa sia quello che non puoi dirmi -.

Mattia annuì.

- Chiamala, no? Magari se ne riparlate riuscite a chiarirvi -.

- Ci ho provato, non risponde. Le ho anche mandato dei messaggi, per questo ho rischiato un bernoccolo in testa prima -.

- Vuoi che ci provi io? -.

- Non voglio metterti in mezzo, Altea è una litigatrice feroce -.

- Se non sbaglio me lo avevi accennato alla festa, e mi hai anche detto di non scommettere mai contro di lei in uno scontro corpo a corpo -.

- Esatto -.

- Va beh dai, considera che domani la vedrai sicuramente a casa tua -.

Eleonora vide Mattia rivolgerle uno sguardo inquisitorio.

- Per la festa, domani è il primo venerdì del mese -.

- Infatti, a casa mia ci riuniamo il secondo e l’ultimo -.

- Davvero? Memoria schifosa. Però vi vedrete alla guarigione! -.

- Già. A proposito, è l’ultima sessione, come ti senti? -.

- L’ultima, non ci avevo ancora pensato -.

- Bugiarda -.

- Okay, è vero, co penso in continuazione, ma solo perché questo vuol dire che la volta successiva potrò capire se ho veramente dei poteri o meno. Il che è incredibilmente eccitante -.

- Se la cosa più farti piacere sono abbastanza sicuro che tu sia una strega -.

- Davvero? -.

- Certo. Ricordati che ho analizzato il tuo corpo, e c’è un qualcosa che – si interruppe per un attimo, - non so bene come spiegarlo, ma c’è un riverbero? Che mi fa propendere per l’ipotesi secondo la quale tu hai dei poteri magici -.

- Speriamo -.

Alina rilesse il messaggio di Fulvio, e dopo una piccola prova generale, pronunciò ad alta voce:

Cerco nel buio le parole giuste,

e invoco Mnemosine,

per ringraziarla di quelle che mi ha donato:

‘’ sii ciò che sei, di’ ciò che senti,

perché quelli a cui importa non contano, e a quelli che contano non importa ‘’

e chiamo Eros,

affinché la parola scritta a lui tanto cara ritrovi il suo sentiero,

e imploro Dolos,

perché mi assista nell’inganno,

così che l’astuzia mi supporti,

e al testo perso mi riporti.

L’effetto fu totalmente diverso da quello della pozione della memoria.

Nessun sogno, niente di lento o confuso, parevano più una serie di scatti fotografici che progressivamente zoomavano su una sezione, fino ad inquadrare un solo diario, quello giusto.

- Seconda libreria, terzo scaffale dall’alto, settimo diario da destra. Seconda libreria, terzo scaffale dall’alto, settimo diario da destra -.

Alina continuò a ripeterlo finché non prese il cellulare e non lo segnò nelle note. Due incantesimi e decisamente più tempo del previsto, ma alla fine ce l’aveva fatta.

Era una bella sensazione.

Raramente era stata tanto arrabbiata con il suo amico. Sì perché Mattia era suo cugino, ma lei lo aveva sempre visto più come un amico, e quello non era un modo per sminuire il loro rapporto, anzi, serviva ad esaltarlo.

Una volta aveva letto in un libro che non si può scegliere la propria famiglia, quella ti capita e non puoi farci nulla. Mattia però non le era solo capitato, lei lo aveva cercato, aveva costruito un rapporto che superava il sangue, la loro non era cieca fiducia dettata da legami familiari, Mattia se l’era guadagnata la sua fiducia, così come lei lo aveva fatto con lui.

Per questo il tradimento risultava più difficile da digerire.

Mattia l’aveva chiamata, e aveva perfino provato a contattarla per messaggi, ma Altea aveva cancellato la conversazione senza nemmeno leggerla.

L’ultima cosa che voleva in quel momento era una conversazione con lui.

Trovare un luogo in cui restare soli non doveva essere complesso per quanto piccola una cittadina fosse, eppure Altea non ci era ancora riuscita, forse perché lei non voleva solo un luogo nel quale non parlare con nessuno, lei voleva essere proprio sola.

Qualsiasi esercizio commerciale era da escludere, nei parchi c’era sempre qualcuno anche nei giorni nei quali si congelava, forse l’unico posto adatto era il Giardino.

Non avendo più opzioni si recò lì.

A prima occhiata non pareva ci fossero i grandi, né alcun adulto, i ragazzi non avevano motivazioni per andarci, perciò decise che quello era il luogo giusto, in più lì poteva distrarsi con qualche magia senza doversi preoccupare di eventuali testimoni.

Altea iniziò a camminare vicino al recinto, fece due giri prima di sentire un mormorio leggero, era forse la voce di Alina?

Di tutte le coincidenze possibili quella era la peggiore.

In quel momento le scelte erano due, andare via, che era anche la più ovvia, oppure restare e magari convincerla ad allontanarsi.

Stava quasi per optare per le prima quando riconobbe le parole, conosceva quell’incantesimo.

Si avvicinò al corso d’acqua, quale libro era inaccessibile ad uno Sforza se non uno con gli apparteneva? Alina stava forse cercando l’ubicazione di un Grimorio Montecatini?

Non aveva sentito la frase fulcro della litania, ma era piuttosto certa che non nessuno all’esterno della famiglia conoscesse abbastanza dettagli sugli incantesimi da poter usare una magia che richiedeva un qualcosa di tanto specifico.

Ma se la ragione non era maliziosa perché farlo nella protezione del Giardino, e perché senza nessuno accanto?

Poi il colpo di genio: era nel Giardino, non al Maniero, non a casa sua, ma in un luogo nel quale nessun suo parente poteva sentirla.

Alina doveva sapere che né Elia né nessun altro aveva faccende da sbrigare nel Giardino, era la sua famiglia che si occupava dei turni di utilizzo formale infondo.

Se aveva scelto di sfruttare un momento simile doveva esserci una ragione, e Altea non poteva sprecare un possibile vantaggio.

La cosa doveva essere andata a buon fine perché Alina indossava il suo solito sorriso superbo, quello che le adornava il viso ogni volta che un professore le riconsegnava un compito da nove, oppure quando se ne usciva con una battuta spiazzante.

- Che stai combinando? -. Esordì la bionda.

Alina si girò di soprassalto, non si aspettava compagnia – Che ci fai qui? -.

- Sono certa di averla fatta prima io questa domanda -.

- Va’ via -.

- No -.

- Bene, vado via io -.

- Perché tanta fretta? Dimmi piuttosto come mai sei qui a formulare incantesimi da sola -.

La rossa la guardò di sbieco - Sai com’è, certa gente ci tiene a migliorare, e per farlo è necessario allenarsi -.

- Davvero? Credevo tu fossi una bambina prodigio, o una di quelle cazzate là -.

- Non ce la fai a non essere volgare? -.

- Oh le mie parole hanno forse ferito le tue orecchie perlacee? -.

- Doveva per caso essere un insulto? -.

Effettivamente l’aggettivo non era dei più negativi, avrebbe potuto fare di meglio, la carnagione di Alina però era del colore delle perle più brillanti. Stupida Sforza con la sua pelle perfetta.

- Ad ogni modo, ti allenavi con un incantesimo per ritrovare libri perduti? Mi sembra un livello un tantino basso -.

- E se anche fosse? -.

- Stai ammettendo di essere una strega mediocre? -.

Alina si fermò e fissò il suo sguardo in quello di Altea – Sto dicendo che il tuo parere per me è inutile, quindi pensa pure quello che vuoi -.

Entrambe sapevano che era una menzogna. Che l’una si credesse superiore all’altra era inevitabile, era scritto nel loro DNA, ma che Altea la considerasse una strega da quattro soldi? Alina non lo avrebbe mai permesso.

Eppure non aveva contrattaccato in modo efficace, voleva andare via da lì in fretta. Il che era ancora più sospetto.

Altea decise di sfoderare le armi di grande calibro – Elia la penserà allo stesso modo? -.

- Non ho dubbi sul fatto che mio zio ti consideri alla stregua di un criceto lobotomizzato -.

Quello sì che era un insulto.

- Può anche considerarmi un’ameba, ma cosa pensi che dirà quando gli riferirò che la sua eccelsa nipotina ha bisogno di esercitarsi al Giardino su un incantesimo tanto semplice -.

- No! Non dirglielo -.

Alina aveva reagito troppo in fretta e con troppa enfasi, e Altea se ne era accorta.

- Aspetta, non è per l’imbarazzo. Non vuoi che lo sappia per qualche altra ragione -.

- No, senti, lascia perdere, me ne sto andando, vedi di lasciarmi in pace -.

Era un pizzico di paura quello?

- Dimmi che stavi combinando o dico tutto a tuo zio -.

La rossa sbuffò, si era cacciata in quel guaio da sola, e tutto solo perché non aveva avuto una risposta abbastanza pronta.

- Da piccola avevo un diario, qualche giorno fa ho provato a cercarlo, ma nulla, così ho deciso di usare l’incantesimo per ritrovarlo -.

- Okay, ma perché farlo nel Giardino? -.

- Non sono affari tuoi! -.

- Alina, non farmi ripete la minaccia -.

- Va bene. La verità è che penso che il prozio Leonardo sia contrario a quello che sto facendo -.

- Perché? -.

- Non lo so -.

- Alina… -.

- Non sto mentendo, davvero non lo so! Non so neanche se sia effettivamente così, è solo una sensazione -.

Anche quella di fidarsi di Eleonora era stata una sensazione, e fino a quel momento non si era rivelata errata.

D'altronde anche Altea nell’ultimo periodo si era affidata molto al suo stomaco per quanto riguardava le prese di posizione, e persino allora qualcosa le diceva che Alina non mentiva.

- Bene. Andiamo insieme a cercare questo diario allora -.

- Ma che diavolo ti passa per la testa? Non puoi farti vedere a casa mia -.

- Diciamo che è a causa della ricerca -.

- La ricerca è finita ormai -.

- Loro lo sanno? -.

- No, ma comunque non c’è Eleonora, non è credibile -.

- Eleonora non sta bene e noi dobbiamo finire entro oggi perché domani c’è la presentazione -.

Alina considerò le opzioni: cedere alla Montecatini o ribellarsi rischiando di far emergere il suo piccolo segreto.

- Non farmene pentire -.

Altea sogghignò, appagata dall’idea di aver convinto la rossa - Tranquilla, non si accorgeranno di nulla -.

   
 
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