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Autore: _Pulse_    12/05/2017    1 recensioni
«Non so perché sono venuto qui», iniziò a parlare velocemente, sentendo il rossore che si impadroniva del suo volto. «Non so perché ho pensato a te, quando sono scappato dall'Istituto. Forse non sarei dovuto piombarti in casa in questo modo per scaricarti addosso i miei problemi. Forse farei meglio ad andarmene».
Era già diretto verso la porta, quando Magnus lo raggiunse e lo afferrò per il braccio. Alec abbassò gli occhi sulle dita inanellate dello Stregone, osservandole col cuore che batteva a mille nella cassa toracica mentre scendevano ad accarezzargli il polso e poi la stessa mano ferita. Il suo tocco, nonostante fosse delicatissimo, ravvivò il bruciore delle escoriazioni e il Cacciatore strinse i denti.
«Resta, Alexander».
[Malec - Missing moment 2x05 con riferimenti alla 1x09]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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FALLING FASTER


I love the lightning but hate the rain
Tomorrow's frightening but not today
Wish I could slow down time
But not enough to slow you down

Alec si portò ancora la mano ferita al petto, ripensando alle parole di Magnus.
«Speri che il dolore qui sopraffaccia il dolore lì», aveva detto puntandosi un dito sul cuore, lo stesso cuore che si era aperto per lui dopo più di un secolo di solitudine. Pensarci gli faceva ancora venire i brividi.
Aveva anche tirato in ballo il suo matrimonio, dicendo che aveva fatto esplodere il terreno su cui stava pur di fare la cosa giusta. Ma a quale prezzo? Magnus non aveva usato quella metafora con leggerezza... Sapeva che, come ogni esplosione che si rispetti, aveva lasciato su di lui danni collaterali che solo il tempo sarebbe stato in grado di curare. Il tempo e il suo amore, sperava. D'altronde l'aveva fatto per lui... Aveva rischiato tutto per lui, come il peggiore dei giocatori d'azzardo.
Alec si voltò verso la cucina immacolata, dove Magnus aveva messo a riscaldare l'acqua per il té. Il Nephilim si chiese perché non l'avesse semplicemente fatto apparire con uno schiocco delle dita: forse la sua specialità erano gli alcolici? O forse... forse era solo una scusa per stargli lontano?
Atterrito da quel pensiero, si sollevò su un ginocchio e chiamò lo Stregone.
«Che cosa c'è?», gli domandò questi, notando l'espressione ansiosa sul suo viso ed assumendone una simile.
«Non so perché sono venuto qui», iniziò a parlare velocemente, sentendo il rossore che si impadroniva del suo volto. «Non so perché ho pensato a te, quando sono scappato dall'Istituto. Forse non sarei dovuto piombarti in casa in questo modo per scaricarti addosso i miei problemi. Forse farei meglio ad andarmene».
Era già diretto verso la porta, quando Magnus lo raggiunse e lo afferrò per il braccio. Alec abbassò gli occhi sulle dita inanellate dello Stregone, osservandole col cuore che batteva a mille nella cassa toracica mentre scendevano ad accarezzargli il polso e poi la stessa mano ferita. Il suo tocco, nonostante fosse delicatissimo, ravvivò il bruciore delle escoriazioni e il Cacciatore strinse i denti.
«Resta, Alexander».
Il suo cuore rallentò quasi fino a fermarsi, per poi recuperare con fatica.
Gli era sempre riuscito bene scappare dai propri sentimenti. Era facile, anche se doloroso. In qualità di Shadowhunter era addrestato ad affrontare e ad uccidere i demoni, a portare a termine il lavoro ad ogni costo, perciò era una vergogna che si ostacolasse in quel modo, mettendosi i bastoni tra le ruote da solo. Come poteva definirsi un vero soldato, combattere le guerre degli altri, quando in realtà lui era il primo nemico di se stesso?
Magnus era stato il primo e l'unico per cui era riuscito ad esporsi, ad accettarsi per ciò che era, ad iniziare a pensare che forse non era lui quello sbagliato. E guardare i suoi occhi caldi ed apprensivi, sentirsi dire che lo voleva al suo fianco, era come un'iniezione di adrenalina dritta al cuore. Non a caso, con un coraggio che sorprese anche se stesso, si voltò e chinando di poco il capo fece scontrare le loro bocche. Ad occhi chiusi, respirò profondamente il suo profumo per imprimerselo nella mente e si ritrovò a pensare che c'era un motivo se si era ritrovato sul suo balcone: casa di Magnus era l'unico posto in cui poteva rifugiarsi all'infuori dell'Istituto.

***

We're falling faster than we can fly...

Magnus si scostò per primo, lasciando ad Alec qualche secondo per riaprire gli occhi e realizzare ciò che aveva appena fatto.
Il loro secondo bacio.
Quella volta c'erano solo loro due, nessuna folla, eppure l'emozione era stata la stessa. Il vuoto sotto i piedi, lo stomaco accartocciato, la testa leggera come un palloncino gonfiato ad elio... Nonostante tutta l'esperienza, ciò che provava con lo Shadowhunter non l'aveva mai provato con nessuno. Era nuovo anche per lui ed era maledettamente spaventoso.
«Davvero... Davvero posso restare?», sussurrò Alec, deviando il suo sguardo.
Magnus non riuscì ad impedire ad un'espressione maliziosa di comparirgli sul volto mentre sollevava la mano ferita del Cacciatore e se la portava sul petto.
«Sì, se è quello che vuoi anche tu».
Un angolo della sua bocca si sollevò in un mezzo sorriso, mostrando i suoi denti bianchi. Sorrideva così di rado, Alec... Forse era per quello che lo trovava così dannatamente bello?
«Devo solo abituarmi, tutto qui», specificò poi lo Stregone, una volta spezzato l'incantesimo. Lui, incantato da uno Shadowhunter! Se si fosse venuto a sapere avrebbe potuto dire addio alla sua reputazione.
«Abituarti a che cosa?».
Magnus lasciò a malincuore la sua mano, dandogli le spalle per trovare il coraggio di confessargli la sua paura. Non lo trovò.
«Tu sei così giovane, Alexander... Dubito che capiresti».
Lo sentì sospirare lievemente prima di insistere: «Mettimi alla prova».
«E va bene». Si voltò di nuovo e unì le mani dietro la schiena, così da potersi torturare le dita inanellate senza dare nell'occhio. «Il mio continuo spostarmi, i cambi d'arredamento, le feste... La verità è che faccio tutto questo perché odio la solitudine. Le memorie si accumulano, col passare del tempo, e se rimango solo troppo a lungo finisco per perdermici dentro. Sta succedendo anche con te, Alec. Ti capita mai di vedere qualcosa, di sentire una canzone, di annusare un profumo... e di pensare a qualcuno, anche se non è tua intenzione?».
«Più spesso di quanto tu creda», mormorò infilandosi le mani nelle tasche e provocandosi una fitta di dolore a quella ferita.
Magnus colse tutti i significati di quella risposta - Jace, i suoi genitori, la madre di Clary... - ma sapeva che se si fosse fermato non avrebbe mai concluso, perciò decise di metterli da parte per ritornarci su in un altro momento.
«Ciò che voglio dire», riprese in fretta, «è che voglio che tu rimanga perché questo stesso appartamento si sta riempiendo di ricordi sul tuo conto e senza di te... è così vuoto».
Alec impiegò qualche secondo a metabolizzare il senso di quelle parole ed incredibilmente non reagì come Magnus aveva immaginato, alzando una barriera; piuttosto annullò nuovamente la distanza tra loro e lo strinse forte tra le braccia, immergendo il naso tra i suoi capelli.
«Se fosse per me non ti lascerei mai andare via», aggiunse lo Stregone, ricambiando l'abbraccio e posando il mento sulla sua spalla, gli occhi chiusi. «Ma prima di buttarsi bisogna saper volare. Evita spiacevoli inconvenienti, sai».
Alec rise piano e Magnus si beò di quel suono celestiale insieme al leggero tremore della sua gabbia toracica contro il proprio petto.
«Sono contento di averti fatto divertire, ma...».
Il Nephilim si scostò per guardarlo negli occhi e dire: «Non ricordi? Ho fatto esplodere il terreno su cui stavo, per te. Questo ci darà del tempo extra per imparare a volare. E se non ci riusciremo... almeno non ci sentiremo soli».
Quella volta fu Magnus a sporgersi per catturare le labbra di Alec tra le sue, portandogli persino le mani ai lati del viso per sentirlo più vicino ed impedirgli di vedere la lacrima che gli era sfuggita dalle ciglia.
Non c'era modo però per raggirare i sensi di uno Shadowhunter, specialmente quelli di uno bravo come Alec Lightwood, il quale sollevò una mano e con precisione chirurgica asciugò quella goccia di sale e glitter, senza nemmeno dover interrompere il bacio. Decisamente multi-tasking, il ragazzo.
Quando si allontanarono per prendere fiato Magnus temette che potesse dirgli qualcosa in merito, ma Alec fece finta di nulla, come se sapesse che non avrebbe voluto mostrargli un tale segno di debolezza - lui avrebbe dovuto essere quello esperto, il pilastro portante di quella relazione appena iniziata! - e sorrise persino, nonostante il rossore che si impadronì del suo volto quando esclamò: «Ti ricordi di quella TLC da stregone che mi avevi offerto per la ferita al braccio? Penso che potrei averne bisogno ora».
Il Nascosto ricambiò il sorriso con una vena maliziosa e scosse il capo. «Allora si trattava di una ferita inflitta da un Dimenticato... Penso che la runa della guarigione basterà».
«Lo dici perché non vuoi sprecare la tua magia o perché vuoi che mi sollevi la maglietta?».
Magnus aprì la bocca per rispondere, anche se la sua espressione era alquanto eloquente, ma venne interrotto dal fischio del bollitore.

***

I feel like the moon
Is spinning off into outer space without you
The universe an empty place without you

Lo stregone arretrò di un passo, facendo scivolare la mani dalle sue spalle al suo petto, e con tono sbarazzino esclamò: «Avanti, torna sul divano e tira fuori lo stilo».
Alec arrossì, ripensando alla battuta che Jace aveva fatto per primo: da allora non era più riuscito a pronunciare una frase con la parola "stilo" senza pensare ad un doppio senso. Chissà se Magnus l'aveva fatto apposta...
Ad ogni modo fece come gli era stato detto: tornò a sedersi sul divano ed estrasse lo stilo per attivare l'iratze, disegnata sul suo fianco sinistro.
«Sai, in quell'occasione mi hai interrotto e non ho più completato la frase», disse Magnus dalla cucina, accompagnato dal rumore di stoviglie. Questo bloccò Alec con lo stilo a pochi centimetri dalla runa e quando lo Stregone lo raggiunse con il vassoio del té lo trovò con la maglia verde petrolio sollevata, gli addominali in bella mostra. Il Cacciatore però anziché sentirsi imbarazzato provò una specie di orgoglio nel vedere l'effetto che il suo corpo faceva al più grande: all'improvviso tutti gli estenuanti allenamenti stavano dando dei frutti più gradevoli del semplice riuscire ad uccidere i demoni.
«E che cosa avresti voluto dire?», lo incalzò, trattenendo un sorriso.
Magnus chiuse ed aprì la bocca, gli occhi leggermente sgranati per lo shock, e quando si diede un contegno posò il vassoio sul tavolino e si sedette al suo fianco, tanto vicino che le loro gambe si toccavano e Alec poteva sentire il suo respiro accarezzargli l'orecchio.
Il Sommo Stregone di Brooklyn allungò una mano per prendere quella con cui impugnava lo stilo ed avvicinarla alla runa della guarigione. Lo guardò negli occhi mentre rispondeva: «Se mai dovesse succederti qualcosa... potrei perdere il lume della ragione e lasciare il comando al mio lato demoniaco».
Alec gemette, senza sapere bene se a causa del suo corpo così vicino, di quelle parole e dei loro significati oppure della magia da Stregone che si era mescolata a quella angelica, facendo brillare l'iratze di un blu intenso. Il piacere che provò in tutto il corpo gli fece chiudere gli occhi e gettare il capo all'indietro. Alec non aveva mai provato una sensazione del genere e si chiese se non si trattasse di una specie di orgasmo, dato che ne sapeva ben poco.
«Come va la mano?», gli chiese Magnus con voce roca e Alec riaprì lentamente gli occhi, languidi di desiderio. Ma era troppo presto per quel passo, purtroppo.
Cercò di riprendere il controllo e sollevò la mano ferita, trovandola perfettamente guarita. Se non ci fossero state delle nuove e pallide cicatrici avrebbe detto che quei tagli se li era immaginati.
«Bene... Bene, sì», balbettò, sentendo la testa appesantirsi. Non sapeva se fosse un effetto collaterale della magia o delle troppe emozioni, ma faticava a tenere gli occhi aperti.
Magnus sorrise soddisfatto e gli tirò via lo stilo dalle dita per appoggiarlo sul tavolino, poi gli abbassò la maglia e lo accompagnò a stendersi sul divano.
«Riposa pure, Alexander. Ne hai bisogno», gli sussurrò, torreggiando su di lui.
Lo Shadowhunter, con l'ultimo briciolo di lucidità che gli rimaneva, afferrò un lembo della lunga giacca nera dello Stregone e lo trascinò con sé sul divano.
Stretti l'uno nelle braccia dell'altro, con le gambe intrecciate, Alec si sentì finalmente in pace. I sensi di colpa per la morte di Jocelyn si fecero per un attimo da parte, lasciandolo libero di respirare, e la presenza di Magnus gli diede quel senso di protezione che troppo stesso gli mancava, anche con arco e frecce sulla schiena.
L'ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi vinti dal sonno fu il sorriso dolce del Nascosto, il quale gli accarezzò con un dito la runa che aveva sul collo e sussurrò: «L'universo intero mi sembrerebbe vuoto senza di te, Alexander».


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E beh... era da un po' che non ci concentravamo su questi due piccini *^*
Il tutto è nato grazie ad uno degli ultimi singoli dei Blink-182: "Home is such a lonely place". Vi consiglio vivamente la lettura con questa canzone di sottofondo.
Non sono brava con il fluff, perciò spero di essere stata all'altezza. Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando ;)
I personaggi non mi appartengono e questa storia non è scritta a scopo di lucro!!
Grazie e a presto!

Vostra,
_Pulse_
   
 
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