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Autore: Pleasance Carroll    12/05/2017    1 recensioni
Per la serie, A volte ritornano, dopo diverso tempo di assenza pubblico una storia che ha partecipato al Mezzogiorno d'Inchiostro del sito Writer's Dream. Sviluppata su una traccia dal titolo "Ode allo sport" in cui il protagonista doveva essere impegnato in una gara sportiva. L'obbligo era l'inserimento della perdita di un oggetto da parte di uno dei partecipanti.
Dal testo, "Non avevo mai visto Siena, prima.
Passeggiare in questa piccola città, in un periodo così particolare dell’anno mi fa sentire fortunato ed elettrizzato. Assistere ad una corsa mi ha sempre reso felice, ma questa…questa è speciale: ha in sé qualcosa di catartico. Coloro sono nati qui hanno l’occasione di rivivere antichi usi medievali, di dar sfogo ai più bassi istinti umani."
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Sacra Corsa

 

Non avevo mai visto Siena, prima.

Passeggiare in questa piccola città, in un periodo così particolare dell’anno mi fa sentire fortunato ed elettrizzato. Assistere ad una corsa mi ha sempre reso felice, ma questa…questa è speciale: ha in sé qualcosa di catartico. Coloro sono nati qui hanno l’occasione di rivivere antichi usi medievali, di dar sfogo ai più bassi istinti umani.

Pochi sono quelli che possono dire di aver scorto quest’ombra di eternità che riecheggia fieramente fino ai nostri giorni tra gli stretti vicoli, o di aver alzato lo sguardo sugli edifici che sicuramente sono in piedi da più di dieci secoli, come sto facendo io ora per sentire il peso del tempo.

Sono arrivato solo tre giorni fa, baldanzoso, con l’idea che avrei partecipato ad una corsa sportiva.

Ero spaesato: essere accolto in contrada con ogni onore, mentre tutti festosamente urlano il mio nome, Figaro, quasi con gioia reverenziale mi ha meravigliato. Venir coinvolto in ogni occasione di aggregazione, o eventi mondani non è una cosa che capita tutti i giorni, ad uno straniero.

Del Palio avevo solo sentito storie e leggende dal momento in cui nacqui, fino a poco prima di arrivare in città. Da allora ne sento il nome riecheggiare di bocca in bocca, come una preghiera, o con gioia e spesso mi ritrovo troppo stordito dalla troppa vicinanza con tutta la folla che sempre mi si fa attorno quando mi vede, per capirci qualcosa.

Finalmente, dopo una meritata notte di riposo accanto al mio chaperon, Barbaresco, una ragazza mi si avvicina con modi gentili e mi accarezza una guancia. Mi sento rassicurato per la prima volta da quando sono arrivato. Ne ascolto la voce delicata mentre mi sussurra all’orecchio che è certa che la Contrada Capitana vincerà, o che le basta che la Rivale, La Torre, non trionfi quest’anno se proprio l’Onda deve perdere; quando se ne va, baciandomi la fronte capisco che per i senesi il Palio non è uno sport, è una corsa equestre che si perpetua per tradizione, ed è sacra, perché unisce passato e presente, e mai come in quei giorni si respira un’atmosfera belligerante, tesa, ma carica di attese. Mi sembra di assistere alla preparazione per una guerra. Se fossi pavido penserei che i senesi siano dei folli, ma amo la sfida e non voglio deludere la Contrada dell’Onda al mio debutto in città, perciò sono pronto, e farò di tutto perché la sorte sia dalla nostra parte.

 

È il gran giorno. Il calore del sole mi fa sentire energico, anche se so che la corsa non si correrà prima del pomeriggio. C’è prima una serie di rituali da rispettare.

Non credevo che potessero farmi sentire tanto parte di un tale tradizione in così breve tempo. Ho visto la conchiglia lastricata di Piazza del Campo ricoperta di tufo, argilla e sabbia e gli stendardi delle contrade che parteciperanno, esposti alle finestre, assieme a drappi decorativi, sulle tribune, rossi come il tramonto.

Il corteo storico sta attraversando le strade della città, e mentre gli alfieri sventolano le bandiere compiendo splendide coreografie riesco a sentire i canti dei contradaioli. Mi piacerebbe partecipare ma ho la testa impegnata in altre faccende più importanti.

Sorrido dentro di me. Ho memorizzato il percorso che abbraccia la piazza, giorni fa, tramite costante esercizio. Ho i muscoli tesi. Non vedo l’ora di poter dar prova di me.

Ancora non posso, a quanto pare.

 

I contradaioli con cui vivo continuano a dirmi quanto per questo evento sia grata la Madonna.

Io non sono mai stato un tipo religioso, eppure li seguo nella chiesa di contrada e resto in silenzio ad ascoltare la messa.

Tutti mormorano assieme, forse per farsi forza, e sono sul punto di innervosirmi per via dell’inattività quando il prete esegue la formula di rito finale e mi cosparge con l’acqua benedetta, catturando la mia attenzione. Quando urla il mio nome non posso far altro che nitrire in risposta:

-       Figaro! Va' e torna vincitore!-

Grida beneauguranti riempiono la navata della chiesa e il cuore mi si gonfia d’orgoglio: ora mi sento veramente parte di quella aggregazione di persone, ma c’è dell’altro, mi sento il loro rappresentante, un eroe che sta per scendere sul campo di battaglia.

Mi lasciano passare per primo per le vie, tutti mi toccano il pelo bruno e lucente con fare adorante, i turisti mi scattano delle foto. Mi darebbe fastidio se non fosse che mi sono abituato al chiacchiericcio chiassoso in questi giorni di permanenza in città.

Mi faccio guidare dal mio fantino fino al canape della partenza. La curva di San Martino è la più pericolosa: dicono che siano stati gravemente feriti altri cavalli, qui. Tanto da dover essere soppressi.

Ma non ho paura. È il mio momento. Posso dimostrare quanto valgo.

Gli altri miei colleghi, in rappresentanza delle altre contrade escono dopo di me.

Mi lascio distrarre solo un secondo dall’ingente folla raccolta in piazza. Sono accalcati gli uni addosso agli altri, i più fortunati sono affacciati alle finestre, ma non gli manca certo il fiato per tirare bestemmie o offese che ormai non mi sconvolgono più perché so che sono quasi necessarie.

 

Lo sparo che segna l’inizio del Palio squarcia l’aria. Qualcuno tra il pubblico sobbalza.

Mi sento come liberato dal mio corpo, dal peso dell’aria. Tutto attorno a me si fa silenzioso, e divento sordo alle urla del popolo senese.

Ora si guerreggia. Il primo cavallo a compiere tre giri avrà vinto, oggi. E voglio essere io.

Il cuore mi pompa sangue in tutto il corpo, roboante nelle orecchie. I muscoli reagiscono pronti e scattanti, e mi sento fatto di pura energia.

Al primo giro ed al secondo siamo in testa, ma sia il mio fantino che io sappiamo che è l’ultimo giro, quello in cui si decideranno le sorti di questo scontro.

Quell’umano che mi cavalca a pelo ha imparato a fidarsi di me, non mi colpisce col nerbo perché sa che sto dando il massimo, ma ha il suo bel daffare a tirar nerbate agli avversari, per non farsi superare. All’inizio dell’ultimo giro non ce la fa: una cavalla mezzosangue mi sorpassa.

Siamo in vista della curva di San Martino, non ho ancora rimontato...la via si restringe e Arianna, una spanna dietro di me è costretta a rallentare il passo. Rischio di prendermi una storta, ma sono deciso a tornare in testa.

La polvere sollevata dagli zoccoli mi annebbia leggermente la vista, ma ormai conosco a memoria la pista e sfrutto la curvatura a novanta gradi per seminarla, mi butto in quello stretto passaggio deciso a uscirne vincitore.

Il mio fantino si piega troppo e sento la presa delle sue gambe allentarsi, finché non lo perdo…

Non ho tempo per voltarmi a guardare come sta, spero solo che non si sia fatto troppo male.

Compio gli ultimi metri che mi separano dal traguardo con i muscoli che bruciano…dopo le salite e le discese percorse non pensavo che l’avrei mai detto ma temo di stare per mollare!

Chiudo gli occhi per non sentire il dolore…e vengo fermato dalla folla che mi si accalca attorno e mi acclama vincitore. Tutt’attorno a me l’aria si satura di gioia e dell’inno della Contrada dell’Onda.

Sono un vincitore. Scosso, ma pur sempre un vincitore.

Stasera siederò a capotavola in occasione della cena della vittoria, al posto del mio fantino!

 
  
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