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Autore: elfanika2    12/05/2017    1 recensioni
Se pensate che quello che state per leggere sarà come sempre una bella fiaba con un lieto fine ricredetevi. I personaggi principali sono sempre gli stessi, che passano da reame a reame, cambiano d'identità, ma non d'aspetto o di carattere perché i personaggi delle fiabe sono vanitosi e questo si sa. Queste sono le storie di un giovane dall'aria nobile e arrogante che sembra un conte e di un uomo giovane e affascinante, ma così affabile nei modi e cordiale che sembra quasi essere un maggiordomo. Ecco a voi Ciel Phantomhive e Sebastian Michaelis come non li avete mai visti, fuori dalla residenza e, apparentemente, completamente ignari del patto. Cos'è successo? Vi chiederete e fate bene.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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" Dall'antologia delle fiabe, Volume terzo, la storia di Cenerentola.

 

C'era una volta, tanto tempo fa, una vedova che aveva due figlie bruttine e anche un po' antipatiche. Un giorno sposò un ricco gentiluomo, che aveva una figlia. Le sorellastre, invidiose perché era bella e dolce, la presero subito in antipatia.

Anche la matrigna la trattava male affidandole i lavori di casa più pesanti e lasciandola sempre vestita di stracci. Tutte si facevano servire come grandi signore e mentre la fanciulla era sempre gentile ed allegra, loro invece litigavano continuamente. Quando la sera poteva finalmente riposarsi, si sedeva in un angolo del camino. Proprio perché trascorreva la serata vicino al fuoco, aveva sempre le guance ed il vestito sporchi di cenere. Così le sue antipatiche sorellastre per prenderla in giro incominciarono a chiamarla Cenerentola.

 

C'era una volta una giovane donna che aveva avuto due figlie, sgradevoli alla vista e nel carattere, divorate dalla bramosia e da tutti i peggiori vizi. Un giorno questa signora sposò un ricco e meraviglioso uomo con cui diede alla luce un bambino bellissimo. Le sorellastre appena videro com'era bello e dolce, affabile e perfetto, lo presero immediatamente in antipatia. Quando l'uomo morì, la donna mutò comportamento e iniziò ad odiare quel ragazzo e assieme alle figlie decise di rendergli la vita un inferno. Gli facevano indossare i vestiti peggiori che avevano, stracciati e logori, era costretto ad alzarsi prima dell'alba, andava a prender l'acqua, accendeva il fuoco, cucinava, lavava e puliva i pavimenti. Quando aveva finito di sbrigare tutti i lavori, per riscaldarsi era solito sedersi vicino al camino accanto al carbone ed alla cenere. Perciò cominciarono a chiamarlo dita di cenere. La matrigna e le sorellastre dormivano in belle stanze, mentre la piccola camera di Dita di cenere era in soffitta, proprio sotto il tetto della casa, dove vivevano dozzine di topi. Nonostante questo lui rimase gentile e cortese, immaginando il giorno in cui se ne sarebbe potuto andare e incontrare la persona che più desiderava vedere. In tutta la sua vita voleva solo rivedere la persona che gli aveva impresso quel marchio sulla mano e sperava che quel giorno sarebbe arrivato presto.

Dall'altra parte della città c'era il palazzo reale e un giorno il re convocò uno dei suoi consiglieri e gli disse “ È tempo che il principe prenda una moglie e si sistemi”

“ Sire” rispose il marchese “ voi avete tutte le ragioni del mondo, però vostro figlio non sembra interessato a sposare nessuno, tanto meno la fanciulla che voi gli avete promesso, lady Elizabeth.”
Il re sospirò e annuì, sapendo che ciò che quell'uomo aveva detto era verissimo e che il figlio sembrava intenzionato a fare di tutto meno che a prendere moglie e a pensare al bene del regno. Da sempre tutte le donne lo avevano amato per la sua straordinaria e pura bellezza, per il suo sguardo intenso e profondo, autoritario e deciso, per il suo carattere forte e per la sua mente geniale, capace di intrappolare persino il più astuto nella sua tela. Fin dall'infanzia era stato un consigliere meraviglioso e il monarca aveva potuto rendere il suo regno un luogo pacifico e prosperoso solo grazie all'intervento del suo futuro erede. Era certo che un giorno sarebbe stato un sovrano straordinario, ma gli mancava quel qualcuno che sapesse mitigare il suo temperamento irascibile e impulsivo, dare un limite alle sue ambizioni e ai suoi desideri che a volte sembravano non finire mai. Il re ci pensò a lungo finché l'uomo che aveva a fianco, un valido amico e una persona molto furba e schietta non esclamò: “ Sire perché non organizzate un ballo e vi invitate tutti i rampolli e le fanciulle più nobili. Di certo se conoscerà le ragazze giuste, potrebbe decidersi e sposare qualcuna di loro”
“ Non ho intenzione di sposare una donna di cui non potrò innamorarmi.” il principe, con una camicia bianca e un paio di pantaloni, dall'aspetto ben poco regale in quel momento, con un bicchiere di vino in mano e la benda sull'occhio, i capelli scompigliati, stava scendendo le scale.
“ Figlio mio, che indecenza. Dovresti vestirti in modo più appropriato e smettere di bere, tutto questo vino ti farà male”
“ Ti ho ripetuto fino allo sfinimento padre che non potrò sposarmi con una donna che amo. Tanto vale che tu scelga una poveretta qualsiasi e organizzi le cose con lei e la sua famiglia, ti risparmieresti un sacco di problemi”
“ Perché sei così ostinato nel dire che non ti innamorerai mai? Non è una cosa che puoi decidere, specialmente se non conosci nessuno”
“ La verità è che il mio cuore appartiene già ad una persona” lo sguardo del giovane divenne cupo, guardarlo in quel momento era come cercare di penetrare una coltre di nuvole nel bel mezzo di un temporale.

“ Ma è una cosa meravigliosa!” il re ignorò, forse neppure volendolo, lo sguardo pericoloso e pensieroso del giovane ed esclamò con impeto: “ Perché non l'hai detto subito? Invita questa giovane a palazzo e lascia che io e tua madre la incontriamo così potrai sposarla ed essere felice”
“ Non so dove sia questa persona e poi se te la presentassi, tu mi cacceresti da palazzo e mi proibiresti di rivolgerti ancora la parola”
“Non essere sciocco, non può esserci nulla di così grave da farmi assumere un tale comportamento nei tuoi confronti”
“ Organizza la festa padre, troverò una dama che ti soddisfi” disse il giovane stancamente e scese solo per andare a riempirsi il bicchiere di nuovo. Intanto il re fece annunciare da tutti i banditori che era stata organizzata una festa per il giorno successivo in onore del principe e che ogni giovane donna e uomo facente parte di una famiglia importante avrebbe dovuto presentarsi al ballo mascherato. Immediatamente furono spediti gli inviti e il regale biglietto fu portato anche a casa di Dita di cenere. “ Un ballo, un ballo! Andremo a un ballo!” gridarono Anastasia e Genoveffa. “ Anch'io sono invitato, c'è scritto: per ordine del Re ogni fanciulla e fanciulla dai nobili natali dovrà partecipare!” le sorellastre risero all'idea di Dita di polvere che andava ad un ballo indossando il grembiule con una scopa in mano. Ma la matrigna, con un sorriso sornione, disse a Dita di cenere, che sarebbe certamente potuto andare se avesse finito il suo lavoro e si fosse procurato un vestito decente da indossare. E venne il gran giorno. Fin dall'alba le sorellastre furono indaffarate a scegliere abiti, sottovesti ed ornamenti da mettere nei cappelli e non parlarono che del modo in cui si sarebbero vestite per il ballo. La matrigna sapeva quanto il giovane fosse bravo a sistemare tutto in un tempo incredibilmente veloce e quindi gli affidò una montagna di abiti da sistemare e di altre commissioni lunghe e tediose. Quando venne la carrozza il ragazzo non aveva avuto neppure il tempo di prepararsi. “ Bene” disse la matrigna “ Allora non verrai. Che peccato! Ma ci saranno altri balli.”

Dita di polvere salì pieno di rabbia le scale buie e si affacciò alla sua finestra illuminata dalla luna e guardò il palazzo lontano che risplendeva di luci. Sarebbe potuto arrivarci persino a piedi se si fosse impegnato, ma con che coraggio poteva presentarsi al principe in condizioni simili?

All'improvviso una candela venne accesa e vide una donna in piedi, dietro di lui che indossava un lungo mantello nero con un cappuccio a coprirle completamente il viso.

“ Sebastian” Il ragazzo fissò la nuova arrivata, un certo stupore si leggeva nei suoi occhi color fuoco “ Conosco la tua condizione e so che neppure volendolo tu potresti agire senza aiuto. I tuoi poteri in questa realtà sono limitati e l'unico modo per avere ciò che desideri è assecondare il corso degli eventi. Sorridi, io ti darò il modo di andare al ballo e trovare cosa stai cercando. Fa attenzione però, a mezzanotte quando suoneranno le campane, tu dovrai correre via perché i tuoi abiti torneranno stracci e non ti sarà concesso rientrare a casa se tarderai.”

“ Tu chi sei?”
“ Normalmente sarei la tua fata custode, ma nessun essere puro in questo mondo accetterebbe di essere affiancata ad un diavolo, per quanto particolare tu sia. Per questo dovrai accontentarti di una strega che vuole aiutarti, ma tranquillo, non chiedo nessun favore in cambio, se non che tu riesca nel tuo intento.”
Delle mani pallide, con dita sottili come zampe di ragno e aggraziate, soffici, si posarono sul suo petto candido e un formicolio invase il corpo di Dita di Cenere. Gli stracci sporchi che aveva indosso si tramutarono in uno splendido completo bianco, candido e pulitissimo, ogni singolo centimetro della sua pelle era pulito e dei soffici guanti bianchi coprivano il marchio e le unghie nere. Le dita della ragazza, perché intuì che almeno d'aspetto doveva essere giovane come lui, corsero ad allacciare dietro la sua nuca una maschera perla con dei decori rossi e una piuma sull'angolo destro in alto. Nel complesso, Dita di polvere era una visione angelica e perfetta, simbolo di grazia ed eleganza. Anche il modo in cui si muoveva era semplicemente ipnotico, potendo tornare al suo abituale, mellifluo comportamento. La donna lo accompagnò fino ad una splendida carrozza trainata da varie file di cavalli scalpitanti ed ella stessa si sedette per fare da cocchiere. Il viaggio fu breve e tranquillo, per passare il tempo il giovane guardò fuori dal finestrino la foresta scorrergli davanti agli occhi, come di solito faceva il paesaggio quando riusciva a prendere un treno tranquillo al seguito del suo signorino. Nel frattempo il ballo a palazzo era gia iniziato e il principe, fasciato in uno splendido completo color cobalto che faceva risaltare i suoi occhi azzurri e i suoi capelli color antracite. Era circondato da dame che facevano inchini e cercavano in tutti i modi di attirare la sua attenzione, ma c'era così tanto frastuono e così tante persone che faticava a rimanere concentrato. Più le giovani cercavano di mettersi in mostra o di parlargli, più lui perdeva interesse e cercava con lo sguardo i servitori che portavano i calici di vino agli ospiti. Servitori. Il semplice pensiero lo fece sorridere appena e poi rattristire, abbassare lo sguardo con amarezza e rimpianto. Perché Ciel Phantomhive rimpiangeva ogni singolo giorno di non aver confessato i suoi sentimenti a quel diavolo così imprevedibile e assurdo, ma anche così leale, devoto. Quando il giovane all'interno della carrozza arrivò, il ballo era già iniziato e il principe, con aria assolutamente annoiata, stava facendo l'inchino alla duecentodecima e duecentoundicesima damigella: le brutte sorellastre, Anastasia e Genoveffa. All'improvviso alzò lo sguardo e scorse il più bel giovane che avesse mai visto, così simile al suo amato maggiordomo che quasi non gli tolse il fiato. Come trasognato piantò in asso le sorelle e si avvicinò al giovane poi gli sussurrò all'orecchio qualcosa e uscì dall'ampia sala. A quel punto iniziò a conversare con il giovane che rispondeva con eleganza e garbo ad ogni sua domanda, il suo muovo di muoversi, di atteggiarsi erano così familiari che dovette trattenersi con tutte le proprie forze per non afferrarlo per la giacca e baciarlo lì, sotto la luna, in mezzo al giardino e tra le rose rosse e bianche. La serata sembrò volare in quella compagnia, tra scherzi e battute, giochi sottili di parole e continue piccole sfide, mentre il re cercava in lungo e in largo il figlio. Uno dei servitori disse che aveva notato il principe uscire dalla stanza seguito da un giovane vestito di bianco che sembrava davvero un angelo, una visione. Il re allora credette di aver capito perché il figlio rifiutava tutte le spasimanti e del perché avesse parlato in quel modo alla prospettiva di trovare una moglie. Si era innamorato di quel giovane dunque. Quando la luna fu alta nel cielo e le campane batterono la mezzanotte, il giovane Dita di Cenere si guardò intorno e memore delle parole della ragazza, si allontanò in fretta dal principe, una cosa davvero straziante per il futuro sovrano.

“ Devo andare” gridò e cercò di scendere la scalinata in fretta, ma il giovane aristocratico lo prese per mano e così facendo gli sfilò uno dei guanti. Quello che vide fu così scioccante che non riuscì a muoversi per diversi secondi e bastò perché l'altro riuscisse a sgusciare via e a sparire nella notte. Il marchio. Aveva ritrovato il suo Sebastian e poi l'aveva perso ancora. Si era abituato fin dalla più tenera età a ricordare sempre di più della sua vecchia vita e venire a patti con essa era diventato naturale, come il dover avere a che fare con sentimenti che sentiva crescere giorno dopo giorno nel proprio petto. Sapeva benissimo che mai nessuno sarebbe riuscito a scaldargli il cuore come quel diabolico maggiordomo, ma ormai l'aveva accettato, come si era abituato a sentire la solitudine e la mancanza per anni, sapendo chi doveva essere accanto a lui ma che non riusciva in nessun modo a ritrovare. Era come un vuoto nell'anima, un dolore sordo e costante, per questo non appena aveva potuto aveva iniziato a bere vino, per sentire il pungente sapore della bevanda e non quello amaro della tristezza. Sentì un dolore sordo al petto e gli mancò il fiato per qualche istante mentre guardava la figura snella del suo maggiordomo sparire nell'oscurità. Stavolta non si sarebbe dato per vinto. Sapeva che ora, il contratto sarebbe stato in bella mostra e che avrebbe soltanto dovuto cercare la persona che lo portava inciso nella pelle.

Dita di cenere intanto guardava la carrozza passare attraverso il cancello della casa in cui aveva passato gli ultimi anni, con il cuore in gola per la corsa, ma soprattutto per la pena che lasciare il principe gli aveva procurato. Si disse ancora che era soltanto perché aveva notato che la salute del signorino era a rischio ed era suo dovere, come espresso nel contratto, di prendersi cura di lui e di evitare la sua morte in tutti i modi. Non appena entrati, la carrozza sparì, così come i suoi abiti e unico ricordo di quello che aveva avuto per quella notte era il guanto bianco che gli era rimasto. Trovò nella sua stanza ad aspettarlo la giovane strega che abbassò il cappuccio, rivelando un volto pallidissimo e bello.
“ Sebastian, dunque l'hai incontrato e lui ti ha riconosciuto.”

“ Si, è successo. Eppure non capisco.”

“ So cosa c'è nel tuo animo, so che hai scoperto da poco di avere un cuore, ma non lasciare che questa occasione ti sfumi tra le dita. Proprio ora il ragazzo sta cercando di convincere il padre a partire per cercarti in ogni angolo del regno. Ha già da tempo accettato che non può esistere Ciel senza Sebastian e fidati di me, è stato male abbastanza da potersi permettere il lusso di capirlo. Ha sofferto indicibilmente da quando sei sparito perché non riusciva neppure a sentire se eri vivo o morto, ma lo conosci ha un carattere impossibile, per questo pur di non mostrare la sua debolezza ha iniziato a partecipare alle feste che tanto odia e a bere vino pur di non sentire la tristezza. Ti ha trovato e ti ha perso tutto nell'arco di pochi istanti. Potrete tornare a casa una volta che entrambi avrete terminato questa storia, ma se sceglierete di dimenticare tutta l'esperienza, ricorderete il vostro percorso, i vostri sentimenti diventare più forti. Il degno finale di questa fiaba è il principe che trova l'amato e lo bacia. Preparati a questo e decidi se preferisci tenere alto il tuo orgoglio e imprigionare entrambi in un mondo di sofferenza o metterlo da parte e rendervi felici.” la ragazza si mise seduta e il giovane dita di cenere si stese, senza per altro riuscire a riposare. La notte fu terribile anche per il giovane erede che senza riuscire a chiudere occhio si era recato dal padre e l'aveva svegliato scuotendolo piano: “ Padre devo parlarvi”
“ Figlio mio, è tardi cosa mai dovrai dirmi di così importante da non poter aspettare il mattino”
“ Padre lasciate che io prenda delle guardie e un cavallo, devo andare a cercare una persona”
“ Ti riferisci forse al giovane della festa? Non fare quell'espressione sorpresa, ragazzo mio, so che te ne sei innamorato follemente, lo leggo nel tuo sguardo e nel modo in cui ti stai comportando. Se non riesci proprio ad attendere o a prendere sonno, parti con la mia benedizione tutti gli uomini che vuoi. Il regno è vasto, dovrai trovare un modo efficiente per perlustrare tutto il territorio.”
“ Mi inventerò qualcosa, vi ringrazio molto” baciò in segno di deferenza la mano del padre e poi si infilò la corona, prese la spada e si avvolse nel lungo mantello, radunò gli uomini e salito in fretta e furia sul primo cavallo che lo stalliere assonnato gli fece trovare sellato e partì. Dal momento in cui sorse il sole, il giovane non si fermò un attimo neppure per mangiare o per bere e bussò a tutte le case cercando il giovane a cui stesse quel guanto e che ne fosse sprovvisto. Arrivò infine a casa di dita di cenere. La matrigna tutta eccitata, corse a svegliare le sue pigre figlie. "Non abbiamo un minuto da perdere" gridò. "C'è la possibilità che una di voi diventi la sposa del principe, se riuscirà a calzare un guanto" e le mandò giù di corsa dal principe in persina, con la raccomandazione "Non deludetemi"! Poi seguì Dita di cenere, che era andata in camera sua per rendersi presentabile al nobile e la chiuse dentro a chiave. Nessun'altro doveva poter approfittare di un'occasione tanto fortunata. Quando Dita di cenere udì lo scatto della serratura, capì, troppo tardi, cos'era accaduto. "Per favore fatemi uscire." chiese con rabbia girando inutilmente la maniglia. La matrigna si mise in tasca la chiave e se ne andò sogghignando. Non si accorse però che due topolini la seguivano, senza mai perdere di vista la tasca in cui aveva messo la chiave. Nel frattempo Anastasia e Genoveffa stavano discutendo sopra il soffice guanto e ciascuna affermava che era sua. La matrigna le osservò con attenzione mentre cercavano senza successo di far entrare le loro manone nel piccolo guanto. Non si accorsero che i due topolini le sfilavano silenziosamente la chiave dalla tasca e se la portavano via. Il principe riprese il guanto alle due sorellastre immusonite e si avviò alla porta per andare nella casa seguente, quando dita di cenere, chiamò dalle scale: "Per favore Vostra Grazia, aspettate! Posso provare il guanto?" La matrigna tentò di sbarrargli il passo. "E' solo Dita di cenere, il nostro sevo." disse al principe, ma egli la spinse di lato. Da quando Sebastian aveva sceso le scale con il suo solito fare elegante e sensuale, Ciel non aveva saputo spostare lo sguardo da lui neppure per un istante e aveva spinto da parte le ragazze che lo guardavano confuse.

“ Sebastian” fu l'unica cosa che l'udito finissimo del demone riuscì a captare, un sussurro quasi inesistente, ma per il giovane maggiordomo fu abbastanza. Con il suo solito, vecchio sorrisetto, nella sua tenuta di stracci, con il viso e le mani sporche di cenere si inginocchiò davanti al giovane principe e poi con la mano marchiata poggiata sul petto disse: “ Signorino, perdonatemi per il mio comportamento, non sono degno di essere il maggiordomo del casato Phantomhive, vi ho fatto attendere a lungo”

“ La tua mano, Sebastian. Porgimi la mano” disse Ciel ritrovando un po' di voce e facendo qualche passo avanti.

“ Si, bocchan” bastarono queste due parole a mozzare il respiro al giovane che rimase a guardarlo, finché il demone non tese la mano e il giovane rampollo non poté calzargli il guanto che, com'era prevedibile, si infilò alla perfezione. A quel punto le tre donne osservarono scioccate il principe inginocchiarsi davanti a Dita di cenere e dire queste parole: “ Sei rimasto a lavorare in questa casa per tutto questo tempo invece di venire a palazzo da me? Che demone poco intraprendente.” ma gli occhi e i gesti di Ciel dicevano tutta un altra cosa. Nessuno osava muoversi, mentre il principe alzava la mano e accarezzava il viso del suo diavolo, togliendo la cenere con una carezza. “ Mi sei mancato, tu e la tua ossessione per i gatti, persino la mia allergia. Ti ho dato l'ordine di non lasciare più il mio fianco e di rimanere con me, l'hai già dimenticato?” spostò in avanti il busto e sussurrò all'orecchio del demone: “ Mai avrei immaginato che sarebbe andata in questo modo, ma ti amo Sebastian e penso sia meglio che io smetta di mentire a me stesso in proposito.” l'uomo lo guardò tirarsi indietro e rivolgergli un occhiata: “ Ora la scelta spetta a te”
Il momento della verità era giunto e anche se non avrebbe dovuto, fece quello che desiderava più di tutto il resto e rispose con un semplice: “ Anche io” Ciel conosceva il suo carattere e sapeva che non avrebbe mai ottenuto di più, ma per lui quello era più che sufficiente, perché chiuse gli occhi e poggiò le labbra su quelle dell'uomo, mentre con una mano si sfilava la benda, per guardarlo con entrambi gli occhi, uno azzurro come il cielo, l'altro marchiato dalle profondità dell'inferno. Nell'istante in cui le loro labbra si sfiorarono, il marchio iniziò a bruciare, senza dare loro dolore e una sensazione di calore li pervase, come se entrambe le metà della stessa medaglia fossero grate per essersi nuovamente riunite.

La strega apparve alle spalle di Sebastian sorridendo e quello che sembrava un portale si aprì davanti ai due giovani.

“ È il momento di tornare a casa” disse loro e Sebastian prese in braccio il suo giovane signore, il suo giovane amore mentre questi gli passava le braccia attorno al collo e appoggiava la bella chioma sul suo petto.

“ Andiamo, Sebastian”
“ Si, my lord”.

Con un passo entrambi furono di nuovo nel loro mondo, ricordando però tutto quel che era successo nel vecchio e confortandosi con il pensiero che non si sarebbero lasciati per nessuna ragione al mondo.

   
 
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