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Autore: Daleko    13/05/2017    1 recensioni
Romantico MOLTO drammatico, siete avvisati.
~~
Michi fu il primo a distogliere lo sguardo con un sospiro, tornando a concentrarsi sull'asfalto fra le sue scarpe. Un urlo interruppe il silenzio della notte; le pupille dilatate di Lore erano rivolte di nuovo al cielo e i suoi polmoni erano pieni di aria fredda, mentre urlava il suo vuoto entusiasmo alla luna.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori sanguigni'
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9.
 

"Dio", pensò. "Quanto sangue".
Forse doveva provare paura, almeno così gli sembrava di ricordare. La botta di cocaina cominciava a lasciare lentamente il suo cervello e il cuore si alternava tra il batticuore chimico e quello del terrore.
"Anch'io ho tutto questo sangue dentro?", si chiese distrattamente. La donna si trascinava lentamente sul pavimento; le dita le scivolavano sul pavimento di mattonelle e le impronte scarlatte cozzavano contro il bianco perla del corridoio. Lo sguardo del ragazzo si spostò alle proprie mani: reggeva un lungo coltello da cucina con la mano destra e la sinistra era sporca del proprio sangue. Dei graffi profondi gli avevano scorticato la pelle, graffi di autodifesa che gli bruciavano nell'animo.
Si immaginò per un attimo al di fuori del proprio corpo: in piedi in quel corridoio, con una donna morente e in preda al panico intenta a strisciare lontano da lui, con un cadavere disteso nella camera alle proprie spalle. Tremava dal freddo, la temperatura era salita fino a sfiorare i trentanove, o almeno così immaginava. In lontananza udì una sirena, poi un'altra, diversa: autoambulanza e polizia, due lampeggianti diversi che correvano verso di lui, per strapparlo da quella casa e tutto ciò che lo circondava. Per strapparlo dalla sua vita.

Il gorgheggiare della donna distesa sul pavimento lo riscosse: stavano per strapparlo dalla sua vita, ma lui non aveva ancora finito di strappare alla coppia la loro. Si mosse verso di lei, distesa al suolo e in lacrime, con il volto girato verso il ragazzo pallido e dalle labbra violacee. Mormorava una prega lamentosa, gli occhi gonfi di pianto e la bocca piena di sangue: senza pensarci due volte il coltello venne conficcato un'altra volta nel corpo della donna, questa volta nell'unico punto vitale raggiungibile. La sua gola venne squarciata, il sangue ricoprì il viso e la maglia del ragazzo s'impregnò del puzzo e del colore della morte.
La porta della villa venne sfondata con forza, delle urla si susseguirono per qualche istante e prima che potesse rendersene conto venne spinto lateralmente al suolo, poi con la faccia contro il pavimento freddo.
Da quella posizione poteva vedere il viso morto a pochi centimetri da lui: labbra che gli avevano spesso sorriso, occhi che conosceva da sempre... E la vita assente in essi. Venne tirato in piedi con i polsi stretti in bracciali d'acciaio, una maschera di sangue e apatia. Quel muro di divise venne improvvisamente spezzato da un adolescente in lacrime, occhi rossi e gonfi, labbra tremanti e viso sconvolto. La voce stridula continuava a gracchiare parole che il ragazzo non riusciva a comprendere: cercava le iridi azzurre dell'altro, completamente assorbite dalle lacrime, e spariva a tratti tra i poliziotti che lo circondavano. Qualcuno provava a consolarlo, qualcuno a parlargli.
Avvertì una mano infilarsi nella sua tasca, qualcosa venirgli estratto: lo stavano perquisendo. «Quello è mio...» provò a biascicare. Il poliziotto non lo degnò di uno sguardo: i suoi occhi erano concentrati sul display dell'mp4, ancora acceso. «The National, "I need my girl". Porca puttana, questa roba la ascolta mia figlia» sentì dirgli a un collega. Il cavo degli auricolari venne arrotolato attorno al riproduttore musicale e imbustato, poi portato via. Il ragazzo non vi badò, i suoi occhi erano già tornati sulla figura dell'amico piangente.
Cominciarono a spingere l'assassino, a trascinarlo via. «Cammina», gli intimarono. Lui camminò, e intanto ascoltava le urla dell'altro. Lo indicava, diceva: «Li hai uccisi! Figlio di puttana, li hai uccisi!». Quasi non aveva più fiato, urlava tanto da avere un rigurgito. Il ragazzo scosse la testa, ora anche lui con gli occhi lucidi. «Ma l'ho fatto per te...» mormorò. Nessuno lo sentì. Ormai l'amico cominciava a scomparire dalla sua vista. «Doveva andare tutto bene, dovevamo... Noi dovevamo...» tornò a mormorare. Lo sguardo era perso, posato sul pavimento. Lo riportò per un istante sull'amore della sua vita, mentre veniva infilato a forza in una volante della polizia: con le lacrime sugli occhi, solo per un momento, sorrise soddisfatto. Lore sorrise e Michi si sentì morire, morire più profondamente dei genitori del suo amico. La sua mente si disconnesse completamente, rinunciando alla lucidità per non perdere la ragione. Gli occhi vacui, per consolare il cuore e l'anima finiti frantumi in un solo istante, richiamarono alla mente una sola canzone. L'aveva ascoltata, in un pomeriggio d'estate di molti anni prima, con Lore sul letto di camera sua. La canzone diceva: «Grazie per ogni singolo momento nostro, per ogni gesto, il più nascosto, ogni promessa, ogni parola scritta, dentro una stanza che racchiude ogni certezza...». Quella volta aveva perfino capito di essere innamorato di lui.

«E piantala di cantare!» ringhiò il poliziotto alla guida.
Michi trattenne il respiro.


 
 


Note dell'autore ~
Ora conoscete la storia di Michi, e di come Lore gli rovinò la vita.
O forse se l'è rovinata da sola?
Dite la vostra nelle recensioni. Alla prossima, e grazie per aver letto fin qui.
 
   
 
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