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Autore: Elayne_1812    13/05/2017    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao tutti! A dispetto de pronostici negativi aggiorno in tempi umani.
Non ho molte premesse da fare, colgo solo l’occasione per scusarmi con Gonzy_10. Nella risposta alla tua scorsa recensione ti avevo detto che in questo capitolo sarebbe tornata la 2min con delle svolte…purtroppo per una serie di motivi ho dovuto rimandare al prossimo.
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate, seguite e ovviamente tutti i lettori. Un grazie particolare a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, DreamsCatcher, Ghira_, Gonzy_10, Jae_Hwa, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey e vanefreya.
Ringrazio anche chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Jae_Hwa e MagicaAli  *.*
Grazie per il vostro sostegno ^^
Spero di non aver lasciato troppi errori di battitura. XD
Buona lettura!
 
 


Capitol 31
My Love left for a faraway journey
 
 
 
 

“When my sadness (my sadness)
Become rain (with the memories)
And fall in your heart
Maybe you’ll come back to me
So today, I become rain and fall”
Shinee, Wish Upon a Star
 
 
 
Jonghyun aveva guardato la figurina aggraziata del principe allontanarsi e sbiadire sotto la pioggia, infine aveva percorso la strada di ritorno al Rifugio in uno stato di totale apatia, lasciando che la pioggia lo investisse e del tutto indifferente agli abiti ed i capelli zuppi che gli ricadevano incollati sulla fronte.
Ora, davanti all’ingresso del Rifugio che fissava stranito non poté fare a meno di domandarsi il senso di ogni cosa. Alzò gli occhi sulla scarpata, proprio lì dove Kibum era piombato, mesi addietro, come un angelo caduto dal cielo. Fradicio e spezzato. Si rese conto che altrettanto fradicio e spezzato lo aveva reso al mondo sfavillante da cui era fuggito ma che, dopotutto, era il suo mondo. Guardò i flutti dell’Han scontrarsi con le rocce appuntite e generare una spuma fangosa.
Uno scrosciò più forte di pioggia lo investì in pieno e fu come lo sferzare di mille fruste sul suo corpo gocciolante. Desiderò che le violente lacrime del cielo potessero lavare il senso di colpa che, ora, lentamente si stava scavando una via profonda dentro di lui come l’acqua che erode il terreno. Non riusciva a scrollarsi di dosso il malessere quasi fisico che provava al pensiero delle parole orribili che aveva rivolto al più piccolo, parole che in fondo gli erano suonate folli e ridicole nel momento stesso in cui le aveva pronunciate. Aveva tentato di erigere uno scudo intorno a sé ma si era rivelato fragile ed inconsistente.
Poco importava che fosse bastato uno sguardo sincero tra loro, un bacio, per capire che era tutto perdonato ed i loro sentimenti immutati. Questo non gli offriva alcuna consolazione.
Sogghignò tra sé, amaro, rammentando i dubbi che in quei mesi lo avevano tormentato. Quanto aveva temuto che Key avvertisse la nostalgia di casa, che si ricredesse su ciò che davvero desiderava dal suo futuro e sul suo promesso? Innumerevoli. Più volte si era sentito inadeguato, ma il sorriso e gli occhi dolci dell’altro erano sempre riusciti a stemperare quel peso. Ma poco cambiava.
Lui è l’erede al trono, si disse.
Quella consapevolezza si fece strada nella sua mente travalicando ciò che restava della rabbia e della delusione. Kibum era un nome che racchiudeva in sé un mondo troppo lontano al quale lui, Jonghyun, non poteva appartenere. Il più piccolo aveva desiderato fuggirvi, forse era stata davvero una fuga momentanea e se anche l’orologio del fato non fosse giunto a contare i secondi della loro relazione destinata a perdersi, prima o poi sarebbe tornato a casa.
Perché hai paura?, gli aveva chiesto durante il Chuseok, quando il più piccolo era stato così desideroso ma anche restio all’idea stringere una relazione con lui.
Un giorno ti spezzerò il cuore, questo gli aveva detto.
Parole che all’epoca Jonghyun non aveva compreso, giudicandole delle semplici paure prive d’importanza.
Il corpo di Jonghyun fu attraversato da un brivido, mentre dalla sua mente riaffioravano le memorie indelebili di quei mesi. Uno ad uno tutti i tasselli andarono a ricomporsi sino a creare un quadro che era sempre stato davanti a lui ma che non aveva mai visto, o volutamente ignorato.
Le frasi non dette del più piccolo, i timori e le paure appena sussurrate, quel senso di inquietudine che nonostante i momenti di puro idillio non l’aveva mai abbandonato. Jonghyun aveva percepito quell’inquietudine sulla sua pelle, liscia e sottile come un velo semi trasparente, impossibile da focalizzare con chiarezza ma capace di generare brividi lunghi e gelidi. E lui l’aveva ignorato. Questa consapevolezza gli fece stringere il cuore in petto. Aveva detto di rispettare i silenzi dell’altro, era vero, ma egoisticamente riconobbe che dietro quel rispetto vi era stata anche paura. Paura di sentir pronunciare da quelle labbra a cuore una parola capace di spezzare il loro equilibrio precario nella sua immaginaria perfezione.
Nel tuo silenzio io ho egoisticamente trovato la mia tranquillità.
Si sentì miseramente egoista e si disse che, ora, meritava quel senso di solitudine. Era un pianeta in balia del nulla, di quell’universo senza luci che lo stesso Kibum aveva descritto mesi addietro e in cui diceva di essere sprofondata senza di lui.
-Kibum – sussurrò.
Assaporò quel nome come mai aveva fatto da che l’aveva sentito pronunciare dal più piccolo. Sorrise tra sé trattenendo una lacrima. Era bello e risuonava melodico alle sue orecchie, adattandosi perfettamente ai tratti teneri ed intriganti del suo proprietario.
Si appoggiò alla parete rocciosa che gli graffiò la schiena e si passò una mano sul viso fradicio. Un tuono scosse il cielo e un lampo illuminò l’Han in fermento.
La sua mente scavò nei suoi ricordi e vide davanti a sé tutte le scelte sudate e meticolose del più piccolo sotto un’altra luce. Il suo fuggire iniziale, l’insicurezza nonostante i sentimenti forti, il timore di perderlo perché, forse, sapeva che prima o poi tutto sarebbe finito. Rivide le colline avvolte dal biancore della neve luccicante sotto il cielo stellato al sorgere della nuova luna, i modi impacciati di Kibum mentre tentava di mettere totalmente a nudo il suo cuore.
Se taccio è come mentire a me stesso e a te. Non voglio dare importanza a qualcosa che rappresenta un passato che mi sono lasciato alle spalle…
Un tentativo nervoso accompagnato dallo stropicciarsi delle sue mani infreddolite e morto sul nascere, stroncato da un rimbombo nel cielo e da semplici parole: li odio.
-Lui me lo voleva dire -, si ritrovò a sussurrare sotto la pioggia.
Ora, di fronte alla verità nuda e cruda, sembrava tutto così chiaro e sensato nella sua assurdità.
Si strinse nelle spalle, infreddolito e sentendosi bagnato sino alle ossa, e s’accasciò a terra tra il fango e le rocce, portandosi le mani al capo. Chiuse gli occhi ed alzò il viso lasciando che le lacrime del cielo si fondessero con le sue. Singhiozzò. Si sentì ancora più vuoto e freddo. Sensazioni simili l’avevano inseguito per tutta la vita e solo agli occhi teneri e furbi del più piccolo erano riuscite a spazzarle via. Ma ora non più. Si rese conto di non essere più in grado di portare quel peso. Non da solo. Si sentì perso, perso come non lo era mai stato in tutta la sua vita.
Il nome del più piccolo uscì dalle sue labbra in un singhiozzo incontrollato, poi urlò al vento tutta la frustrazione che aveva in corpo.
 
 
***
 
 
I raggi del sole filtravano dalla vetrata ad arco rifrangendosi sulle gocce di cristallo del grande lampadario che pendeva al centro della sala, spargendo così sprazzi di arcobaleno sulle pareti di marmo e sui preziosi tappeti.
Kibum sbatté le palpebre disperdendo il riflesso di un cristallo che si era posato sul suo viso, emise un lieve sospiro ed appoggiò la schiena rigida all’imbottitura di velluto della sedia. Si portò alle labbra una fine tazzina di ceramica, sorseggiò il pregiato tè bianco che conteneva e, subito, un piacevole tepore si diffuse nel suo corpo. Ma era un calore apparente perché percepiva nelle sue vene il sangue fermo e gelato. Ignorò quella sensazione di gelo interno e si umettò le labbra apprezzando il sapore delicato della bevanda. Posò la tazzina sul tavolino intarsiato di madreperla ed il musicale tintinnare della ceramica andò a sovrastare il fastidioso brusio della voce di Heechul che, da tempo indefinito, gli riempiva le orecchie.
Sopirò si nuovo e ripiegò il collo di lato, volgendo la propria attenzione oltre la finestra, verso le colline inondate dal sole.
Quella precedente era stata una pessima nottata, non sapeva nemmeno se avesse dormito o meno. Gli sembrava di essere rimasto relegato in una bolla per tutto il tempo, indifferente allo scrosciare della pioggia e ad i tuoni che sconquassavano il cielo, tuttavia costantemente sull’attenti e pronto a cogliere qualunque suono giungesse dai corridoi.
Si portò le punte delle dita alla fronte e chiuse gli occhi, tormentato da un crescente mal di testa. Intorno a lui gli sembrava tutto così estraneo, eppure famigliare. Ogni dettaglio si fondeva in una trama resa confusa dalla sua stessa linearità, gli sembrava di essere stato staccato dalla realtà per un tempo indefinito e ora ne era totalmente disorientato. Ogni cosa era al suo posto eppure sbagliata.
-Bummie.- 
La voce di Heechul risuonò alle sue orecchie, ma il principe sbatté le palpebre, infastidito, scacciandola dalla propria mente. Tornò a guardare le colline, lo sguardo puntato all’orizzonte alla ricerca di qualcosa.
-Kibummie. –
Kibum sospirò di nuovo, mentre gli occhi iniziavano a pizzicargli con troppa insistenza. Scosse il capo, doveva ignorare il desiderio impellente di scoppiare in lacrime.
-Kim Kibum mi stai ascoltando? –
Questa volta la voce di Heechul risuonò dura e infastidita, penetrò con prepotenza le difese di Kibum riscuotendolo da quel mondo a metà strada per trascinarlo nella realtà fredda fatta di marmo, mobili pregiati e luccicanti ed il tavolo imbandito per il tè pomeridiano.
Kibum rabbrividì e volse di scattò l’attenzione al più grande, sbattendo le palpebra.
Dall’all’altra parte del piccolo tavolo circolare, Heechul l’osservava dubbioso arricciando con disapprovazione un angolo della bocca e corrugando la fronte, mentre i suoi occhi ardenti lo scrutavano.
-Allora?- fece Heechul, scocciato, inarcando un sopracciglio.
Kibum si schiarì la voce. – Allora…cosa? –
Heechul sbuffò, allungò le gambe accavallate e si massaggiò le tempie. -Aish…cosa devo fare con te? – rifletté ad alta voce.
Heechul aveva sempre saputo che Kibum non era un soggetto facile, dopotutto si conoscevano sin dalla più tenera età, stargli dietro era sempre stata un’impresa. Sapeva che avrebbe dovuto pazientare per molte cose, sopportare le sue frasi taglienti nonostante, oltre all’irritazione, riuscissero anche ad eccitarlo. Sottometterlo alle proprie attenzioni era il suo obiettivo da tempo, era una sfida esaltante capace di sfiancarlo ma anche di spingerlo a correre più forte e a gareggiare con il più piccolo in astuzia, pazienza e molto altro. Era l’unico modo per ottenere ciò che desiderava. Tuttavia, doveva riconoscere che a volte mantenere il controllo era davvero difficile, per molte cose. Era pronto a tutto, disposto a tutto, ma davvero non si era aspettato di doverlo “rieducare” come si conviene. Iniziava a temere che i peggiori sospetti del giorno precedente fossero più che fondati.
Non posso portare un selvaggio a corte, rifletté.
Heechul tamburellò le dita sul tavolino, pensoso, continuando a studiare l’altro. Illuminato dalla luce del pomeriggio e vestito a dovere, Kibum era una visione delicata, eccitante e terribilmente irritante. Sorrise. Era davvero una splendida rosa piena di spine.
Kibum si strinse nelle spalle ricambiando di sottecchi l’occhiata indecifrabile del più grande che come sempre riuscì a metterlo a disagio. Perché aveva sempre l’impressione che lo scrutasse dentro? Bastava un’occhiata di Heechul perché si sentisse violato nell’intimo ed era una sensazione che detestava. S’irrigidì e strinse le mani sulle cosce.
-Non hai ascoltando una parola di quello che ho detto, non è vero? – fece Heechul, atono.
-Di grazia, smettila di fissare la finestra e sospirare. –
Rivolse al più piccolo uno sguardo che tratteneva a stento un profondo senso di frustrazione e di rabbia.
Kibum cercò d’ignorarlo. Per quanto gli riguardava stava già concedendo fin troppo ad Heechul e una parte di lui gli suggeriva di essere molto più cauto, ma considerando il temperamento del più grande sembrava impossibile. Doveva studiare attentamente le sue mosse, rendere l’altro sufficientemente malleabile da fargli abbassare ogni difesa. Heechul doveva fidarsi di lui. Era difficile e se ne stava rendendo conto ogni secondo di più, non solo per tutto ciò che lo aveva tormentato in passato, ma perché ora Heechul si stava rivelando una minaccia anche per altri. Jonghyun per primo. Kibum si morse il labbro inferiore e, come molte settimane addietro, non ebbe dubbi sul fatto di essere disposto a tutto pur di proteggere Jonghyun. Heechul non doveva sfiorarlo nemmeno con un dito, né arrivargli sufficientemente vicino dal posarvi lo sguardo. Kibum sapeva di essere l’unico baluardo capace di ergersi tra i due. Forse tra lui e Jonghyun era davvero finita, ma questo non cambiava i suoi sentimenti. Il posto di Jonghyun dentro di lui era quello spazio vuoto e buoi che ora percepiva al centro del petto, il cui unico sprazzo di luce era il tepore lieve di quell’ultimo bacio. Resistette all’impulso di volgere di nuovo lo sguardo alla finestra e sospirare, perché questo l’avrebbe irrimediabilmente portato a rivangare ricordi e sensazioni troppo vicini al presente e troppo forti perché potesse semplicemente limitarsi a relegarli in un angolo del suo cuore.
Tornò a guardare Heechul e mordendosi l’angolo della bocca si alzò per raggiungerlo.
Il più grande seguì i suoi movimenti, incuriosito, ma sul suo viso si stampò un sorriso soddisfatto non appena le braccia del principe gli circondarono il collo da dietro. Il profumo dolce di Kibum gli arrivò dritto alle narici, stimolando i suoi sensi. Heechul sorrise tra sé, beandosi di quella tortura che non poteva fare a meno di concedersi. Era un profumo delicato quello del più piccolo, eppure il suo ricordo l’aveva inseguito per mesi desiderando respirarlo a pieni polmoni, così come desiderava sfiorare la pelle liscia dell’altro che, ora, gli stava concedendo un assaggio di sé mentre Kibum posava il mento sulla sua spalla e le loro guance si sfioravano.
Heechul s’impose calma, tuttavia non resistette all’impulso di posare una mano inanellata sull’avambraccio del più piccolo e massaggiarlo con insistenza. I suoi anelli d’oro e rubini luccicarono.
Kibum strinse con più forza le braccia intorno al più grande, tentando d’ignorare la presa possessiva che Heechul esercitava sul suo braccio e di respingere il senso di stordimento che gli provocava il suo profumo. Era così simile a quello di Jonghyun, eppure così diverso, come il loro fuoco, uguali ma irrimediabilmente opposti. Come fiori di pesco cresciuti su due alberi differenti. Il profumo di Jonghyun era dolce e caldo, quello di Heechul così dolce da risultare stucchevole, così caldo da bruciare. Desirava allontanarsi da lui, tuttavia non si mosse.
-Chullll -, cantilenò suadente all’orecchio dell’altro.
Il respiro caldo di Kibum fece rizzare i peli sul collo di Heechul.
Heechul sorrise. -Che cosa c’è, Bummie? -
-Perché sei così duro?  - miagolò Kibum in tono lamentoso. - Non volevo farti arrabbiare. –
Heechul non rispose, continuando a bearsi del profumo dell’altro e dello sfiorarsi delle loro guance. Quanto sarebbe stato meraviglioso se Kibum fosse sempre stato così, abbastanza irritante da stimolare il suo interesse, ma sufficientemente docile da riconoscere che era unicamente suo? Forse, dopotutto, si stava agitando più del dovuto. Nonostante fosse consapevole di non potersi permettere di abbassare totalmente la guardia, doveva ammettere che il più piccolo sembra essere abbastanza malleabile o, in ogni caso, nelle condizioni ideali per esserlo. Una situazione che non poteva lasciarsi sfuggire. Tuttavia si lasciò scappare un rimprovero.
-Sei distratto, un gatto selvatico. E’ da questa mattina che non ascolti una parola di quello che dico. Ringrazi i servi e usi la tua abilità per cose futili, è disdicevole. Come possiamo tornare a Soul in queste condizioni? È stato sciocco da parte tua andartene, lo vedi cos’è accaduto? –
Kibum mugugnò e mise il broncio. Il più grande parlava di lui come se fosse difettato, una perla perfetta che era tornata nelle sue mani graffiata e meno lucente. Decisamente un magro bottino da mostrare alla corte di Chosun. Lo strinse di più, mostrandosi dispiaciuto.
- Chulll, perché mi dici queste cose? Sono ancora spaventato –, miagolò Kibum.
Heechul piegò leggermente il collo e rivolse all’altro uno sguardo obliquo da sotto le ciglia castane, poi sbuffò e si massaggiò una tempia con la mano libera.
-Hai ragione, perdonami, sono un insensibile. –
Calò il silenzio e benché intenzionato a tornare a sedersi, Kibum fu costretto a rimanere avvinghiato all’altro, giacché Heechul non sembrava intenzionato a lasciare la presa. Il principe s’impose di trattenere la propria frustrazione che altrimenti avrebbe espresso con un sonoro sbuffò ed un pestare di piedi sul tappeto.
Dannata piovra[1]!, pensò.
Gli stava concedendo un minimo di contatto e quell’arrivista ne approfittava, come se quella situazione non fosse già sufficientemente tediosa per lui. Represse il senso di fastidio della mano di Heechul che gli massaggiava il braccio mordicchiandosi le labbra. Benché innocenti, non aveva mai concesso a nessuno simili effusioni tranne che a Jonghyun e il semplice avvicinarsi ad Heechul lo faceva sentire un traditore. Non ci doveva pensare o non ne sarebbe uscito mentalmente sano.
-Abbiamo molto da fare a Soul -, disse ad un tratto Heechul.
Oh puoi starne certo, pensò Kibum. Ho molto da fare a Soul.
Del tutto ignaro dei pensieri del principe, Heechul proseguì il suo sproloquio.
-Dobbiamo organizzare il funerale del defunto imperatore, il banchetto inaugurale dei cento giorni rituali prima dell'incoronazione, la cerimonia per il nostro legame... –
Heechul assaporò ogni singola parola, mentre nella sua mente prendevano forma in progetti sempre più concreti ed imminenti. In particolare non poté fare a meno di porre l’accentò sull’ultima parte, pregustando il momento con un sorriso trasognato.
Kibum guardò il viso beatamente rilassato dell’altro, gli occhi chiusi e la guancia che premeva sulla sua. Appiccicata come una ventosa. Approfittò degli occhi chiusi di Heechul per esprimere il proprio disgusto con una linguaccia.
-Che noia -, sbuffò Kibum.
Era tornato da meno di un giorno e già Heechul pensava ai suoi comodi. Bhe, dopotutto non vi era nulla di cui stupirsi. Non aveva forse sempre pensato al suo tornaconto personale? Quando doveva averlo tormentato la sua assenza in quei mesi? Kibum represse un sorrisetto. Doveva essere stato terribile per Heechul vedere messo a rischio tutto ciò per cui aveva e stava pazientemente lavorando. Lo immaginava frustrato ed irritabile come un serpente a sonagli. Kibum non ne voleva sapere di quelle sciocchezze, che Heechul si divertisse pure con i suoi progetti, lui ne aveva ben altri ed avrebbe fatto in modo che buona parte di quelli dell’altro non giungessero a compimento.
 –Lo sai quanto io trovi tedioso solo il pensiero di organizzare tutto questo. Pensaci tu, sono sicuro che farai un ottimo lavoro -, disse annoiato.
Heechul corrugò la fronte e gli rivolse un’occhiata di rimprovero.
-Questa tua indifferenza Kibum è…-
Kibum s’impose di non roteare gli occhi.
– Mi fido di te -, disse tentando di addolcirlo.
Terminò la frase posando un bacio leggero sulla guancia di Heechul nella speranza che un tale espediente gli permettesse ulteriori manovre per divincolarsi dalla presa dell’altro. Il sorriso soddisfatto che subito si delineò del viso del più grande gli fece corrugare la fronte. Kibum si domandò se avesse accolto con la medesima espressione compiaciuta la notizia della morte dell’imperatore, della presa del palazzo reale da parte dei suoi soldati o, peggio, fosse proprio con quel sorriso che avesse dato l’ordine di eliminare il suo fratellastro. Il principe represse l’impulso di sputargli in faccia. L’odiava tanto quanto in passato gli era stato legato.
Heechul volse il capo allungando il collo verso di lui e Kibum deglutì. Non credeva davvero che per un’effusione così innocente fosse disposto a lasciarsi baciare da lui, vero?
Bhe, rifletté Kibum, probabilmente si sente in diritto di fare molte cose.
Con un movimento fluido approfittò della momentanea distrazione di Heechul per scivolare ai ripari, trattenendo a stento un sospiro di sollievo.
-Oh torta panna e fragole, l’adoro! – disse saltellando intorno al tavolo e battendo le mani, eccitato.
Impadronitosi di una fetta di torta raggiunse il pianoforte di fronte alla vetrata e ripose il piattino, con il suo delizioso contenuto, sul coperchio dello strumento, prese posto sulla seduta e fece scivolare le dita sottili sui tasti d’avorio. Subito, una melodia nostalgica e delicata riempì l’aria della stanza.
Heechul sbuffò irritato, ma poi si passò una mano tra i capelli castani emettendo una risatina divertita. Dunque, Kibum voleva giocare? L’idea non gli dispiaceva a patto che il risultato fosse a suo favore. Volse di nuovo l’attenzione al più piccolo, le cui dita cerchiate da sottili anelli d’oro bianco danzavano esperte sull’avorio come se non avesse mai smesso di praticare quell’arte melodica e seducente. Heechul riconobbe subito quelle note, appartenevano ad un motivo che quelle pareti conoscevano molto bene e che lui stesso aveva udito risuonare generato dalle mani della defunta imperatrice. Si picchiettò l’indice sulle labbra. Forse fare leva sui ricordi della loro infanzia poteva essere un’ottima carta da giocare, Kibum poteva rivelarsi molto sensibile in quel senso e, indubbiamente, Haehwan gli offriva il palcoscenico perfetto. Dopotutto un tempo era stati molto uniti e proprio tra quelle pareti avevano passato momenti indimenticabili. Heechul sorrise facendo spaziare lo sguardo all’intorno. In quella stanza avevano letto libri, suonato insieme e ascoltato i discorsi delle loro madri sul loro futuro comprendendoli a stento, ma eccitati all’idea di ciò che si prospettava davanti a loro. I corridoi e i giardini di Haehwan avevano accolto le loro risate, le corse sfrenate e le confidenze ingenue.
Umma dice che un giorno staremo insieme.
La sua vocetta eccitata di bambino risuonò nella sua mente accompagnata dalla visione di un piccolo Kibum che sorrideva estasiato alle sue parole senza però comprenderne il significato.
Io voglio stare sempre con Chul hyung!
Heechul sapeva che non si poteva replicare il passato ma, forse, poteva trovare un modo affinché nella mente del più piccolo si fondesse con il presente, come se tra di essi non vi fosse mai stata alcuna cesura.
-Se non ricordo male -, azzardò, - questa musica era accompagnata da una canzone. –
Subito, la voce di Kibum riecheggiò tra le pareti di marmo.
Heechul sorrise e si umettò le labbra, senza staccare gli occhi dal più piccolo la cui figura aggraziata si stagliava in contro luce davanti alla vetrata, avvolta dai fasci della luce dorata del sole. Heechul chiuse gli occhi assaporando quel il canto armonicamente in sintonia con lo scorrere dei morbidi polpastrelli di Kibum sull’avorio.
Perfetto, pensò.
Oh era davvero perfetto per Heechul. Perfetto, seducente, una bambola di porcellana elegantemente confezionata e pronta ad essere modellata ad arte per cantare e danzare unicamente per il suo diletto.
Nonostante le premesse iniziali la fuga di Kibum aveva dato frutti positivi, rendendolo più docile. Proprio come sperava non tutto il male era andato per nuocere. Certo, vi era ancora parecchio lavoro da fare perché cedesse totalmente a lui, ma meno del previsto e Heechul si sentiva sufficientemente positivo da considerarsi sulla buona strada.
Non appena vibrarono le ultime note, Heechul si alzò e prese posto vicino al principe. Scostò una ciocca corvina dell’altro ammirando, avido, quei tratti delicati e furbi ed apprezzando sotto il suo tocco la consistenza morbida di quei capelli. Il riflesso di una goccia di cristallo giocò sulla pelle perlacea di Kibum dando vita a tutto quel biancore. Heechul non riuscì a trattenere i propri pensieri.
-Oggi sei stupendo. –
E lo era, una visione totalmente differente da quella sporca ed infangata che aveva fatto il suo ingresso il giorno precedente. Era così che il più piccolo doveva essere per lui.
Kibum inarcò un angolo delle labbra a cuore in un sorrisetto indecifrabile.
-Lo so, grazie -, rispose il principe.
Heechul si aspettava una risposta simile, era tipica di Kibum.
-Di norma si usa rispondere: grazie, anche tu. -
-Di norma non è mio costume dire ciò che non penso. –
Il più piccolo aveva davvero voglia di giocare e lo stava dimostrando a più riprese. Di nuovo, Heechul guardò con divertimento a quella prospettiva capace di rendere la caccia ancora più allettante. Dopotutto era una delle cose che apprezzava di più di Kibum, una caratteristica che anche la sua bambola perfetta doveva avere affinché ai suoi occhi apparisse più affascinante.
-Non sono attraente? –, domandò per stare al gioco.
-Un po' -, rispose Kibum, distratto, suonando dei tasti a caso.
-Un po' quanto? -
-Passabile. –
Heechul rise. -Aish questo micetto dispettoso. –
Il più grande tamburello le dita sul coperchio ligneo del piano, mentre Kibum continuava a giocherellare con i tasti senza produrre alcuna musica sensata.
-Non sei stato molto carino con me nemmeno l'ultima volta -, disse Heechul.
-La colpa è tua, non saresti dovuto entrare nella mia stanza senza permesso. –
Kibum alzò il mento con disappunto, suonando note forti.
-Perdonami, credo di essere stato, come dire, leggermente eccitato quella sera. Forse avevo bevuto un bicchiere di vino di troppo. –
-È disgustoso. –
Le dita del principe scivolarono all’unisono sul piano.
-Di veramente disgustoso, Kibummie, c'è il fango che avevi addosso ieri. –
Heechul si unì a quella musica sconclusionata fatta di note perfetta ma maldestramente combinate.
Kibum roteò gli occhi.
-Sei irritante, un pessimo fidanzato dovresti riempirmi di complimenti e viziarmi. -
Heechul l'osservo di sottecchi piegando all'insù un angolo della bocca, prese una fragola dalla torta ancora intoccata e l’accostò alle labbra altrettanto invitanti dell’altro.
Kibum arricciò il naso e tentò di prendere il frutto con le mani, ma Heechul gli fece intendere chiaramente che non era questo ciò che desiderava da lui. Il principe represse una smorfia nonché un impellente bisogno di vomitare e, fingendosi accondiscendente, esaudì la richiesta del più grande prendendo la fragola tra le labbra e leccando ciò che restava della panna dalle dita di Heechul.
Era disgusto e si vergognava di sé stesso, ma si disse che doveva farci l’abitudine. Dopotutto la recita era appena iniziata e non si faceva illusioni sul fatto che disfarsi di Heechul e riprendere il controllo del regno non sarebbe stato né veloce né indolore.
Heechul l’osservò umettandosi le labbra e lasciandosi trasportare da fantasie tutt’altro che innocenti. Quanto desiderava quelle labbra rosate per sé!
-Com’era? –, chiese.
-Deliziosa-, rispose Kibum fingendosi indifferente.
E’ stato disgustoso, pensò. E devo stare attento a quello che dico.
Kibum riprese a suonare per allontanare il senso di profonda umiliazione che provava. I suoi occhi abbracciarono la stanza rievocando davanti a lui le immagini di un tempo lontano e finito per sempre. Due bambini, uniti come fratelli, che giocavano, ridevano, leggevano storie e su di esse fantasticavano, sognando di raggiungere mondi lontani ed inesplorati. Un tempo era stato tutto più semplice, bello e spensierato. Ma era bastata la morte delle loro madri per spazzare via ogni cosa, come un colpo di vento troppo forte. Ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola innocente era svanita per sempre. E lì, proprio dove un tempo quelle donne avevano coltivato il sogno di vedere, un giorno, i loro amati figli uniti alla guida di Chosun, ora si consumava un dramma che lo stesso Kibum non poteva che definire patetico e pietoso e di cui lui era uno dei protagonisti principali. O forse l’oggetto. Non ne aveva idea. Di una cosa era certo: nel bene e nel male quelle morti li avevano cambiati ed altrettanto aveva fatto l’influenza dei loro padri trasformandoli in ciò che oggi erano. Due storie simili ma con esisti diversi. Kibum si era chiuso in sé stesso erigendo un muro di acida freddezza, mentre Heechul era stato consumato dall’ambizione.
-Perché ti sei fermato? –
La voce irritata di Heechul lo risvegliò da quel pericoloso mare di ricordi. Kibum sbatté le palpebre, guardò le sue mani tremanti sospese sui tasti d’avorio e poi Heechul.
-Oh, stavo solo pensando. –
Il viso di Heechul s’addolcì ed il più grande gli prese le mani, portandosele alle labbra.
-Non riesci a toglierti dalla testa le terribili esperienze di questi mesi, vero?-
Kibum simulò dei singhiozzi. – I ricordi m’inseguono come incubi. –
I ricordi lo inseguivano, ma non come incubi. Erano un lungo sogno meraviglioso che si dispiegava davanti a lui come un rotolo dipinto con sottili figurine danzati dai colori acquarello.
Jonghyun, pensò.
Quel semplice nome fece vibrare le corde del suo cuore e sì sentì irrimediabilmente solo e abbandonato in quella fredda stanza fatta di marmo, oro e falsità.
Liberò le mani dalla presa di Heechul e le strinse al petto per trattenere emozioni che già scivolavano lontane. Voleva tenerle dentro di sé, così come desiderava conservare sulle sue labbra la sensazione di quelle morbide di Jonghyun insieme al loro sapore. Quanto desiderava versare lacrime per lui, per loro, tramutarle in pioggia e vederle evaporare nell’aria satura del profumo dei ciliegi in boccio. Quanto desiderava, scioccamente, sperare anche solo per la frazione di un secondo che quello fosse un viaggio destinato a portarlo lontano dal suo amore ma, poi, anche a riunirli. L’assenza di Jonghyun bruciava dentro di lui e tra le sue ciglia, era come respirare a fatica in una scatola chiusa e vedere i colori sfumare in una monotona scala di grigi. Quanto desiderava urlare, piangere, sfogare tutto ciò che aveva in petto ma che, ora, doveva ignorare.
Non è nemmeno da due giorni che non sto tra le tue braccia, eppure le desidero, ne ho bisogno, come una stella del cielo notturno per brillare, fu il pensiero fugace che gli attraversò la mente.
Le braccia di Heechul scivolarono intorno alla sua vita e sobbalzò, tornando con i piedi per terra. I peli gli si rizzarono lungo tutto il corpo non appena le labbra carnose del più grande si posarono sul suo collo. Prima che si rendesse conto di ciò che stava accadendo, Heechul lo teneva già stretto a sé giocando con il suo collo che baciava, tirava e leccava, facendolo rabbrividire a più riprese.
-Smettila -, mugugnò tentando di divincolarsi.
-Perché? Ho l'impressione che ti piaccia.-
-Non è vero. –
Kibum tremò.
-Confessa, hai passato la scorsa nottata a rimproverarti per non avermi permesso di rimanere. –
-È ridicolo. –
E’ spaventoso, pensò.
Di veramente spaventoso vi erano le braccia di Heechul che l’avvinghiavano come tentacoli pieni di ventose, la sua bocca vogliosa che si muova sul suo collo ed il fatto che il più grande ritenesse davvero plausibile il fatto che avesse percepito la sua mancanza.
Sei già un incubo di giorno, pensò, faccio volentieri a meno della tua vicinanza notturna.
La presenza che davvero gli era mancata era stata quella di Jonghyun, dei suoi abbracci caldi e protettivi, stretti ma mai invadenti e costringenti, dei suoi baci dolci e passionali che avevano sempre avuto su di lui il potere di un balsamo guaritore. Le labbra di Heechul, invece, percorrevano il suo collo lasciando scie di saliva calda e bruciante ed aprendo ferite invisibili ad occhio nudo.
Tormentato da tremori caldi che si vergognava al solo pensiero di provare, Kibum mugugnò e tentò di divincolarsi.
-Stai fermo -, gli sussurrò dolcemente Heechul.
Kibum affondò le dita nel braccio del più grande, represse un lamento ed ubbidì. Vi era altro che potesse fare, aveva scelta? Doveva concedere al più grande almeno quel diversivo, quell’ingenuo scorcio di carne che innocentemente fuoriusciva dal suo colletto di seta. Poteva essere l’unico modo per tenerlo a bada. I suoi denti cercarono le sue labbra per sfogare su di esse la propria rabbia ed il senso di repellenza, tuttavia quando le sfiorò con la punta della lingua le scoprì già secce e martoriate. Si morse l’interno della guancia e subito il sapore ferroso ed aspro del sangue gli stuzzicò le papille gustative. Represse un senso di vomito. La sua mente si mosse disperata alla ricerca di un pensiero o di un’immagine capace di distrarlo, di allontanare la valanga di sensazioni e sentimenti che provava. Doveva essere freddo, insensibile, lasciare che ogni cosa scorresse indisturbata sulla sua pelle senza toccarlo davvero. Lentamente, la bolla l’avvolse, calda e confortante, un falso rifugio che poteva essere la sua unica via di fuga. Chiuse gli occhi e lì, in quell’universo nero e vuoto, trovò il sorriso luminoso di Jonghyun al limite di una strada buia e bagnata dalla pioggia. Era la sua lanterna, il suo faro in quella notte buia e burrascosa di cui non vedeva la fine. Probabilmente era una speranza sciocca, un’illusione che doveva imporsi affinché il peso delle sue scelte, della paura e della vergogna non lo schiacciasse. Doveva credere che alla fine di quel sentiero quel sorriso, che ora palpitava come una piccola luce calda nel suo cuore, fosse lì ad aspettarlo a dispetto di quell’ultimo bacio rubato e di quelle parole che, ancora, risuonavano tetre e terribili nella sua mente.
Io non sono per te e tu non sei per me.
Non è vero, pensò Kibum lasciandosi sfuggire un lamento non appena la bocca di Heechul tirò la pelle sottile del suo collo, io sono solo per te.
La bolla s’infranse.
Nel mondo reale una mano di Heechul risalì lentamente la sua schiena per poi insinuarsi tra le sue ciocche scure e stringerle, mentre le labbra del più grande continuavano a giocare sul suo collo provocandogli brividi che sapevano di paura, ma anche di un piacere fisico che era innegabile. Per quanto la mente di Kibum ne fosse nauseata il suo corpo non poté fare a meno di reagire positivamente a quei tocchi esperti che, con poche abili mosse, avevano capito quali corde toccare. Provò vergogna per sé stesso, disgusto per le mani e le labbra di Heechul che mostravano un desiderio crescente e la consapevolezza del fatto che, ora, lui doveva assecondarlo.
Le labbra a cuore di Kibum si dischiusero emettendo un sospirò rassegnato, ma che subito si tramutò in ben altro non appena Heechul rese quel bacio più insistente.
Il principe strizzò gli occhi e desiderò dissolversi al vento come mille petali di fiori, fondersi con la sottile pioggia primaverile che ora, nonostante il sole di poco prima, bagnava le colline ed i roseti di Haehwan. Forse, così, sarebbe riuscito a raggiungere Jonghyun e scivolare sulla sua pelle nella speranza di ledere le cicatrici che lui stesso gli aveva lasciato. Qualunque cosa pur di fuggire da quella stanza.
-Perché non anticipiamo i tempi? – sussurrò Heechul.
-I-i tempi? –
La voce di Kibum uscì dalle sue labbra in un sospiro balbettante. Si domandò cosa intendesse dire il più grande con quella frase gettata a caso, mentre un vasto numero di possibilità di dispiegava davanti a lui in uno scenario inquietante. Tremò.
-I cento giorni rituali prima dell’incoronazione e della cerimonia per il nostro legame…non trovi che siano…ridicoli? –, domandò Heechul continuando a tormentargli il collo.
Kibum mugugnò.
-Non penso che il consiglio reale sarà d’accordo. –
-E da quando t’importa? –
Heechul alzò il capo e sogghignò, Kibum s’irrigidì. La risposta giusta era che non gli era mai importato.
-Un mese -, gli sussurrò Heechul baciandoli di nuovo il collo.
Il corpo di Kibum fu attraversato dall’ennesimo brivido, questa volta unicamente di paura o meglio di terrore. Un mese. Un mese poteva essere un’eternità se solo immaginava di passarlo come quegli ultimi interminabili minuti, ma poteva anche rotolare rapido come un alito di vento se pensava a tutto ciò che doveva fare a Soul. Mettersi in contatto con Jinki, trovare un modo per fare entrare i Ribelli a palazzo, riprendersi la capitale e il regno non erano cose da poco, sarebbe stato sufficiente un mese?
Deve, pensò, deve o mi ritroverò definitivamente legato ai tentacoli di questa piovra.
-Non ti sembra un po' azzardato? – tentò.
-No. –
Heechul sollevò con l’indice il mento di Kibum, compiacendosi del rossore che si era impadronito delle gote del più piccolo e del segno inequivocabile che gli aveva lasciato sul collo, in artistico contrasto con la pelle chiara. Ai suoi occhi era come un marchio indelebile. Si passò la lingua sulle labbra.
-Abbiamo gli argomenti giusti per convincerli e, credimi Bummie, è un’ottima soluzione. –
Un’ottima soluzione per te!, pensò Kibum tentando di mantenere un’espressione calma e rilassata.
-L’impero di Nihon ci sta, come dire -, fece sogghignando, - con il fiato sul collo. Sai bene che attende da tempo di vedere il potere di Soul vacillare per tentare d’imporre il suo volere su Chosun. Il trono deve mostrarsi forte fin da subito e sventare ogni possibile minaccia d’invasione. Anticipare l’incoronazione e la nostra unione sarà indubbiamente un messaggio chiaro e forte ai nostri prepotenti vicini, non credi? –
Kibum corrugò al fronte. Sfortunatamente per lui il ragionamento di Heechul filava liscio. Troppo liscio. Gli sembrava una perfetta lastra di marmo sulla quale stava inevitabilmente per scivolare, il problema era che non aveva idea di cosa aspettarsi alla fine di essa. Era un trampolino sul vuoto.
-Sai bene anche tu quanto stringere un legame saldo tra Busan e Soul sia fondamentale, Busan è…-
-L’unico baluardo sicuro tra Soul e Nihon -, concluse Kibum fissando il vuoto.
Heechul sorrise soddisfatto. – Bravo -, disse dandogli un buffetto sulla guancia, - ricordi le lezioni di storia. –
Era impossibile per Kibum dimenticarle. Le alleanze matrimoniali e di legame tra Soul e Busan erano un motivo ricorrente sin dagli albori del regno di Chosun. Soul vantava una posizione strategica invidiabile per il controllo del territorio interno, ma Busan aveva il dominio sul mare e sulla costa. Due città potenti che spesso avevano rischiato di farsi la guerra tra loro, ma che non avevano esitato a stringere alleanze per respingere i nemici di Nihon. Probabilmente Nihon aveva iniziato a leccarsi i baffi non appena era giunta la notizia della morte dell’imperatore, aspettava solo una mossa falsa di Soul.
Kibum si rese conto che avrebbe dovuto fare i conti anche con tutto questo. Sospirò e guardò la finestra.
-Come vuoi-, disse alla fine, - se pensi sia più vantaggioso. -
Heechul tamburellò le dita sul coperchio del piano, reclinando leggermente il capo di lato e studiando il più piccolo.
Lui, Kim Heechul lord di Busan e, presto, imperatore di Chosun, intendeva organizzare una cerimonia indimenticabile e fare in modo che Soul non parlasse d’altro per mesi. Tutti dovevano guardarli e ammirarle lui quale nuovo regnante con la bellezza, la rarità dell’abilità di Kibum ed il suo sangue reale a fargli da cornice. Un gioiello luminoso da mostrare all’intero regno come suo.
Sorrise tra sé passandosi i polpastrelli caldi sulle labbra, mentre i suoi occhi deviavano sul profilo del più piccolo che aveva ripreso a suonare. Il capo di Kibum dondolava lento a destra e a sinistra e su e giù per seguire il ritmo della musica, i suoi trattiti erano delicatamente modellati da una luce grigio violetta, la curva dolce del suo spiccava in tutta la sua vivace tenerezza ed i suoi occhi erano concentrati sui movimenti delle sue mani, mentre le sue labbra semi dischiuse canticchiavano silenti.
 Heechul si era detto che aveva a disposizione tutto il tempo del mondo per farlo suo e di essere cauto, ma in realtà era solo il futile tentativo di porsi un freno. Era vero, aveva tutto il tempo del mondo, ma era anche una vita che aspettava ed ora che Kibum era lì, a portata di mano, resistere alla tentazione era quasi una battaglia persa in partenza. Certo, non intendeva essere frettoloso perché il rischio di mandare tutto a monte era troppo alto, non desiderava forse che il più piccolo cedesse spontaneamente?; ma forse poteva azzardare ancora un poco. Dopotutto, Kibum sembrava particolarmente docile quel giorno, nonostante non gli avesse risparmiato la sua parlantina pungente. Quando aveva iniziato a baciargli il collo l’aveva fatto mosso dal desiderio, senza riflettere, tuttavia per quanto fosse stata una manovra avventata ne era valsa la pena. Poteva forse rischiare di posare le sue labbra su quelle dell’altro o sarebbe stato troppo? Con Kibum non si poteva mai sapere.
Heechul gli accarezzò il viso con il dorso della mano, poi la fece scivolare dietro al collo del più piccolo per attirarlo a sé.
Kibum sbatté le palpebre trovandosi ad osservare con crescente timore il viso di Heechul che si avvicinava pericolosamente al suo. L’ennesimo brivido della giornata gli percorse la spina dorsale. Iniziava ad odiare quella situazione precaria e costantemente in bilico. Stare in presenza del più grande era come trovarsi su un terreno di caccia puntellato di trappole. I suoi occhi si mossero alla ricerca di una via di fuga e la sua mente lavorò veloce quando notò il piatto con la torta. Non perse tempo a riflettere e con un movimento repentino lo colpì facendolo rovinare addosso al più grande.
La torta finì dritta sui pantaloni di Heechul con tutto il suo tripudio di panna, le fragole rotolarono sul tappeto e il piatto cadde con un tonfo sordo.
Heechul si alzò di scatto, il viso paonazzo quanto il suo completo di seta scarlatta. Le macchie di panna sui suoi abiti sembrano delle decorazioni mal assortite.
-Yaaahhh Kim Kibum! -
-Ooohh Chullll- fece Kibum, allarmato. – Ti sei sporcato tutto! –
Il principe sgranò gli occhi fissando le macchia di panna sui pantaloni di Heechul.  –Tutta quella panna proprio lì...chissà cosa penserà la servitù. Dovresti andare a cambiarti, è orribile.  -
Kibum concluse la frase destreggiandosi in un allegro minuetto e in tutta risposta ottenne solo lo sbattere della porta. Quando alzò gli occhi dal piano vide che era rimasto solo. C'era solo Heebum, apparso da chissà dove, seduto sulla testata del divano che lo fissava con occhi giallognoli facendo dondolare la coda nel vuoto.
Tirò un sospiro di sollievo e si sfiorò le labbra con i polpastrelli, come a sincerarsi che la sensazione di quelle di Jonghyun sulle sue fosse ancora lì, intatta. Chiuse gli occhi e continuò a suonare. Le sue dita scivolarono sui tasti d’avorio inseguendo emozioni fatte di note timide e nostalgiche.
 
 
 
***
 
 
 
Kibum mugugnò nel sonno e arricciò il naso, infastidito dai movimenti molesti che lo sballottavano da una parte all’altra. Solo la presa salda di una mano sulla sua spalla gli impediva di rotolare chissà dove. Percependo la presenza di un corpo caldo al suo fianco si raggomitolò contro di esso.
Jong, pensò umettandosi le labbra.
Aprì lentamente gli occhi sorridendo rilassato, ma quando mise a fuoco l'ambiente intorno a sé si rese conto di essere in una carrozza in movimento.
La mano che gli stringeva la spalla gli accarezzo il capo e Kibum alzò gli occhi incontrando cosi l'irritante espressione compiaciuta di Heechul.
-Dormito bene?- domandò il più grande.
Kibum si rizzò a sedere rendendosi conto di aver dormito addosso all'altro per buona parte del viaggio verso Soul.
-No, sei scomodo -, mentì.
-Da come ti acciambellavi contro di me non si sarebbe mai detto.-
Heechul sogghignò scompigliandogli i capelli e Kibum si mise le dita tra le ciocche per ricomporli.
Il principe si maledisse tra sé. Si stropicciò gli occhi ancora assonnati ed iniziò a fare mente locale. La sua mente gli stava giocando brutti scherzi, meglio rimettere in fila ogni cosa prima di fare inconsapevolmente altre mosse insensate.
Erano partiti da Haewan in direzione di Soul quella stessa mattina con l’intento di raggiungere Soul in serata. Sbirciò oltre le tendine della carrozza e notò che era già il tramonto, segno che avrebbero raggiunto presto la capitale. Si stiracchiò le gambe intorpidite e guardò l’interno del veicolo. Sia lui che il più grande indossavano dei completi neri con ricami oro e argento, oro per Heechul, argento per lui. Dopotutto l’imperatore era appena morto ed entrare a Soul vestiti a lutto era d’obbligo, soprattutto per loro. Dall’altra parte della seduta Kyuhyun li sbirciava di sottecchi apparentemente indifferente, tuttavia tratteneva a stento espressioni facciali più che significative su quelli che dovevano essere i suoi pensieri.
Kibum soffiò, poi volse un’occhiata in direzione di Heechul che aveva allungato un braccio sulla testata imbottita, accavallato le gambe e portato una mano sotto il mento.
-Fatto dei bei sogni? – domandò Heechul con una punta d’aspettativa nella voce.
Kibum gli rivolse uno sguardo annoiato e sbadigliò portandosi una mano inanellata alla bocca. Certo che li aveva fatti! Per tutto il dannato tempo aveva creduto di essere ancora al Rifugio e di star dormendo tra le braccia calde e rassicuranti di Jonghyun.
-No – rispose stizzito.
-Meglio la realtà, dico bene? –
La realtà è un incubo, fece Kibum tra sé.
Heechul gli diede un buffetto sulla guancia, poi fece scivolare le punte delle dita sul suo collo dove aveva lasciato quell’orrendo segno rosso. Kibum l’aveva osservato attentamente quella mattina e l’aveva trovato orribile sotto molti punti di visti. L’umiliazione pungeva ancora sulla sua pelle come tanti piccoli spilli. Si era sentito usato, un oggetto di cui il più grande poteva disporre a sua piacimento.
Jonghyun non si è mai permesso di farmi una cosa simile, come se fossi una sua proprietà.
Volente o nolente i suoi pensieri finivano sempre per essere rivolti a lui, Jonghyun.
Sono una bambola fredda e perfetta, pensò cercando d’ignorare il ghigno compiaciuto che doveva essere dipinto sul viso di Heechul.
Aprì la tendina della carrozza nella sperando di trovare aria respirabile. Gli sembrava di soffocare. Due secondi dopo la richiuse perché il profumo di liberata che si respirava all’esterno dell’abitacolo era troppo allettante. Iniziò a muoversi freneticamente alla ricerca di un ventaglio, era sicuro di averne portato uno con sé e in un modo o nell’altro aveva bisogno d’aria.
Heechul lo guardò inarcando un sopracciglio.
-Che stai facendo? –
-Cerco il ventaglio. Ho caldo -, rispose sbrigativo.
-Hai chiuso la tenda due secondi fa. –
Kibum sbuffò. Oh era assurdo, ora non poteva nemmeno cercare un ventaglio in pace! Intendeva monitorare ogni aspetto della sua vita?
Perché non si trova un cane?
Come se avesse udito i suoi stessi pensieri Heebum, acciambellato su un cuscino di seta dall’altra parte della seduta, miagolò con disappunto.
Kibum assottigliò gli occhi ingaggiando una lotta di sguardi felini e fu allora che individuò il manico del suo ventaglio sotto il cuscino spocchioso del dannato gatto. Recuperò il ventaglio in malo modo facendo rizzare il pelo a Heebum.
-Cosa se ne farà un gatto di un ventaglio? – disse sbuffando e tornando a sedersi.
Heebum si riaccomodò impettito sul cuscino e si leccò le zampette grigie facendo tintinnare il campanellino dorato che portava al collo.
Heechul scoppiò a ridere e guardò il principe di sottecchi. –Oh non lo so, dimmelo tu? –
Kibum colse subito il sottointeso del più grande e roteò gli occhi.
Almeno io ho i pollici opponibili!, pensò facendo una linguaccia a Heebum. 
-Invidioso?-, sogghignò Heechul. - Vuoi anche tu un collare di seta con un luccicante campanellino? –
Kibum arricciò il naso, era nauseante e la cosa peggiore era che probabilmente Heechul non scherzava.
Iniziò a sventolarsi. Dall’esterno giungeva il suono dello scalpiccio degli zoccoli dei cavalli ed il cinguettare degli uccelli.
-Yah mi fa male il polso -, fece ad un tratto. Allungò mollemente il polso verso Heechul che lo guardò stranito.
-Chulll – miagolò.
Heechul gli prese il ventagliò e proseguì al suo posto, mentre con l’altra mano si massaggiava una tempia.
-C’è qualcosa che non suscita la tua irritazione oggi? –
-Un bravo fidanzato -, proseguì Kibum, - mi sventolerebbe di sua iniziativa pur di alleviare il mio malessere. Tu te ne stai a guardare il mio polso dolorante. Chul, stai cercando di alleviare le mie sofferenze o di generare un ciclone?  Non sei bravo a sventolare. -
Heechul lo guardò di sbieco indeciso se sorridere con sarcasmo o mostrarsi irritato. Era impressionante come il più piccolo riuscisse a suscitargli contemporaneamente due reazioni così diverse.
 -Scusami tesoro se non lo faccio di professione. -
-Potresti seguire un corso. -
Dall’altra parte della carrozza Kyuhyun simulò un colpo di tosse per nascondere una risata. Heechul gli lanciò un’occhiata di fuoco e tentò di colpirlo con un calcio.
La carrozza iniziò a rallentare sino a fermarsi e Heechul scostò le tende.
-Soul-, disse orgoglioso, - siamo arrivati.-
Che gioia, pensò Kibum.
Già immaginava il più grande gongolare all’idea di farsi vedere in giro con lui al fianco.
La carrozza superò le mura d’ingresso alla città imperiale e proseguì lungo il viale principale che conduceva al palazzo.
Kibum si passò una mano sul viso, indeciso se sbirciare Soul dispiegarsi oltre le tende o rimanere rintanato nel veicolo. Sentiva già le viscere del suo stomaco contrarsi. Sospirò, ma alle fine si fece coraggio ad allungò il viso all’esterno. Quella città aveva sempre avuto il potere di farlo sentire in trappola, ma se voleva prendere il posto che gli spettava non poteva più guardarla come una prigione, ma come un regno che poteva essere cambiato in meglio. Quei pensieri gli attraversarono le mente in modo così naturale da lasciarlo spiazzato, rendendosi conto che mesi addietro non lo avrebbero mai toccato. Capì di essere davvero cambiato perché non voleva più fuggire, né essere disposto a crogiolarsi nella solitudine.
Io voglio più luce, pensò.
La città corse ai lati della carrozza regalandogli la visione di scorci su cui non aveva mai posato lo sguardo. Piazze, botteghe, le case della gente comune e della nobiltà. Intanto il cielo vermiglio del tramonto sfumava in note blu e viola e una luna pallida si profilava all’orizzonte. I soldati di Busan erano ovunque, mischiati a quelli di Soul, così come il suo stendardo garriva al vento affiancato da quello del lord di Busan. Questo lo fece infuriare. Quando giunsero in vista dei cancelli del palazzo reale richiuse le tende, quello sì che per i giorni futuri sarebbe stato la sua prigione.
Superati i giardini reali i cavalli si fermarono. Kibum attese, come da etichetta, che qualcuno gli aprisse le porte, ma non appena i suoi piedi toccarono il selciato non furono le torri e le cupole del palazzo ad attirare la sua attenzione. Davanti a sé incontrò una figura famigliare che per anni era stata al suo fianco e che credeva di aver perso mesi addietro tra i rami intricati della foresta. Era impeccabile come sempre nella sua divisa, i capelli perfettamente pettinati, una nuova spada sfavillante al fianco ed il volto serio e composto che tuttavia tratteneva a stento l’emozione. Kibum sgranò gli occhi.
-Siwon? – sussurrò.
Siwon s’inchinò portandosi una mano al petto. –Signorino, ben tornato a Soul. –
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e di essere riuscita nel mio intento di mettervi ansia (muahaha) Image and video hosting by TinyPic ma anche di farvi divertire!
 
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Se vorrete dedicare due minuti del vostro tempo per lasciarmi un commento ricordo che sono sempre graditi, le opinioni altrui fanno sempre bene a chi scrive ^^
 
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A presto!
 
 
 
[1] Termine gentilmente preso in prestito dai commenti di Blugioiel XD
   
 
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