Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: Emmastory    13/05/2017    2 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo XIX

In balia del falso

Era lentamente trascorsa un’altra settimana, e nonostante questo, nulla cambiava. Il sole giocava nel cielo, la pioggia cadeva ma poi si asciugava, e la luna ci faceva visita ogni notte, ma la situazione rimaneva tristemente uguale, ed io on ero che un fascio di nervi. Ora come ora, vivo ad Ascantha, ma avendo vissuto ad Aveiron per lunghi anni, non riesco a mettermela alle spalle. Prima che il regno crollasse in ginocchio e in rovina, tutto pareva andar bene, e benché ogni sera, con le mani giunte e gli occhi verso il cielo, pregassi senza sosta sperando che tutto tornasse normale, le mie aspettative finivano sempre deluse. Come sempre, cercavo di tener duro ed essere ottimista, ma dopo quanto era accaduto, e tutte le novità di cui ero venuta a conoscenza, mostrarmi calma e forte stava diventando sempre più difficile. Combattevo contro le mie stesse emozioni da ormai una vita, e per fortuna, Stefan e i miei amici mi erano sempre accanto. Fra tutti loro, lui era l’unico a sapere di Alisia e del bambino, e mentre il tempo passava, il pensiero andava a lei e al piccolo, che avevo appena conosciuto e che già amavo. In fin dei conti, era il mio primo nipote, e anche se lo avevo visto per la prima volta in circostanze a dir poco singolari, ne ero felice. Mia sorella non ne aveva idea, ma ero sicura che in qualche modo, quel dolce fagottino ci avrebbe avvicinate. Erano passati anni, ma ancora ricordavo il doloroso giorno in cui mi aveva letteralmente cacciata dalla sua vita. Era strano, ma pensandoci, ero arrivata a pensare che la sua decisione avesse un significato particolare. Come solo io e Stefan sapevamo, infatti, mi aveva fatto una richiesta, ovvero scegliere il nome del mio stesso nipotino. Non ne sapevo ancora il perché, e ingannavo le lunghe ore cercando di capirlo, fino a qualche giorno fa, quando mia madre e mio padre bussarono alla mia porta. “Rain, vieni. Alisia ha bisogno di te, ed è urgente.” Mi dissero, seri e visibilmente preoccupati. “Subito.” Lasciai intendere, annuendo energicamente e guadagnando la porta di casa. Di lì a poco, arrivai a casa loro, e trovai la mia povera sorella seduta sul pavimento della sua stanza. Aveva il viso rosso per via del pianto, gli occhi gonfi per la stessa ragione e le labbra rovinate da morsi di dolore e frustrazione. Non proferendo parola, si limitava a singhiozzare, e i miei genitori mi guardavano, sconvolti. “Abbiamo provato di tutto, ma non sappiamo cosa fare. Disse mia madre, rompendo il silenzio creatosi fra di noi e spostando lo sguardo su Alisia, ancora preda del suo stesso dolore. “Vado a parlarle.” Risposi, facendomi coraggio e muovendo qualche passo in avanti. Annuendo, i miei genitori mi lasciarono fare, e chiudendo la porta, mi lasciarono da sola con lei. “Alisia?” la chiamai, preoccupata. Ancora muta come un pesce, lei mi guardò, e solo allora, prese un respiro. “Sì?” azzardò, uscendo finalmente dal mutismo in cui era scivolata. “Ti va di parlare?” proposi, sperando che non si rifiutasse e mi desse una risposta positiva. “Certo, in fondo sei l’unica con cui posso farlo.” Disse, parlando in tono mesto e spostando lo sguardo dal mio viso a quello del piccolo, accoccolato e addormentato in braccio a lei. Ascoltando ogni parola, non interferii, e semplicemente guardandola, le diedi il permesso di continuare. “Avevi ragione. Era sciocco credere il contrario, ma avevi ragione.” Ammise, vergognandosi della sua ingenuità e forse perfino di sé stessa. “Non… non ti seguo. Che significa?” Non potei evitare di chiedere, troppo confusa dalle sue parole. “Ho visto il modo in cui guardavi Ashton, e me ne rendo conto solo ora, ma non fa per me. Avete tutti avuto dubbi su di lui sin dall’inizio, ma non ho voluto ascoltare, e ora eccomi qui a disperarmi per le mie scelte. Non mi rispetta, mi tratta da schiava e mi picchia ogni giorno, ma io…” fece una pausa, prendendosi del tempo per respirare. “Io ho paura di lasciarlo.” Confessò poi, cogliendomi alla sprovvista. “Come?” replicai, incredula. “Mi hai sentito bene, ho paura. Sono rimasta con lui dopo che mi ha messa incinta per il bene del bambino, ma… ho sbagliato, e adesso non so cosa fare. Mi sento in trappola, capisci? Se resto continuerà a farlo, e se solo provo ad andarmene, temo che mi ucciderà.” Concluse, sentendo gli occhi bruciare per il pianto e non riuscendo a fermare la fuga di alcune lacrime, che nella loro folle corsa, le bagnarono il viso. “Non riesco a crederci, sai? Quando l’ho conosciuto sembrava così dolce, e invece… invece è soltanto un mostro!” gridò poi, dopo attimi di silenzio passati a tentare di regolarizzare il suo stesso respiro. Inviperita, si guardava attorno, e in quell’istante, il bambino si svegliò. Piangendo, pareva tremare di paura, e allargando le braccia, mi offrii di aiutarla. “Dallo a me.” Sussurrai gentilmente, sorridendo al solo scopo di confortarla. Guardandomi negli occhi, Alisia obbedì, e ben presto, il bimbo fu tra le mie braccia. In silenzio, lo strinsi a me, e cullandolo, ebbi un’illuminazione. “Va tutto bene, Lienard, avanti.” Sussurrai al suo indirizzo, continuando a cullarlo con dolcezza. “Hai scelto Lienard? Mi piace. È un bel nome.” Disse allora mia sorella, sorridendo felice. I suoi occhi erano ancora bagnati e pieni di lacrime, ma almeno ora si era calmata. “Ma aspetta, perché proprio questo?” chiese poi, confusa e stranita dalla mia così originale scelta. “Mi ispira forza e fiducia, ecco perché.” Risposi, con la calma di un monaco durante i suoi rituali e le sue preghiere. “Adesso vieni, alzati da terra.” La esortai, adagiando il piccolo nella sua culla e tendendole una mano amica. “No, voglio stare qui da sola.” Rispose, sorridendo debolmente. Confusa, non feci che guardarla andando alla ricerca di spiegazioni, che arrivarono appena un istante dopo, non appena lei completò la frase. “Da sola con il mio Lienard.” Disse, riuscendo a farmi sorridere e rendendomi felice. In quel momento, mi voltai per raggiungere la porta della stanza e realizzare il suo desiderio, ma prima che potessi muovermi, lei mi parlò ancora. “Grazie.” Una sola parola che racchiudeva in sé tutta la stima che mi aveva donato, e tutta la fiducia che sapevo avesse riposto in me. “Non lo dimenticherò mai, sorellina.” Disse poi, concludendo quella frase con una nota di dolcezza e amore fraterno, che in quel momento, mi fece scendere una lacrima. Pur continuando a darle le spalle, sorrisi leggermente, e lei lo notò. Da allora in poi, le parole non ci servirono, e allontanandomi, richiusi la porta. “Ora sta meglio.” Dissi ai miei genitori, che per tutto quel tempo erano rimasti proprio lì in ascolto. “Cos’aveva?” chiese mio padre, preoccupato. Guardandolo, mi feci seria, e solo allora, decisi di non mentire e raccontargli la pura verità. “Stava male, ed è guarita, ma per tutto questo tempo è stata sola e in balia del falso.”
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: Emmastory